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Pinacologìa.

Scienza che studia i colori, la fattura, le tecniche delle opere pittoriche antiche, servendosi dei raggi X o ultravioletti, e che tratta le opere pittoriche sotto l'aspetto chimico-fisico. Gli aspetti fondamentali che la p. prende in considerazione in un dipinto sono: il supporto, la stratigrafia interna e la composizione chimica della superficie pittorica. Il supporto può essere in legno, in tela, o in carta; se è mobile, lo si esamina con radiografie a profonda penetrazione oltre che con le abituali analisi chimiche di laboratorio. La stratigrafia interna è costituita dai ritocchi, dai rifacimenti, dalle vernici protettive nonché dal sudiciume che formano la disposizione in piani microscopici e paralleli dei vari strati di preparazione e di pigmento, delle vernici e delle incrostazioni posteriori. Prelevando un campione si può ottenere un esame più completo, conglobandolo in resina ed esaminandolo al microscopio; esso, però, intacca il dipinto e allora viene limitato a settori isolati e molto piccoli. Il procedimento scientifico dell'esame pinacologico più frequente è la radiografia con l'uso dei raggi röntgen. Le lastre così ottenute permettono una lettura che si basa sulle differenze di coefficiente di assorbimento dei raggi X, diverso riguardo ai vari materiali. Nel caso di dipinti a tempera, però, questo procedimento presenta rilevanti difficoltà a causa dei molti strati pittorici e dell'opacità del legno che ne fa da supporto; inoltre è un metodo che non si può adottare per le pitture a fresco. La composizione chimica dei differenti materiali può essere esaminata soltanto da campioni prelevati in modo da poter essere indagati a mezzo di analisi chimica, sia qualitativa sia quantitativa, attraverso comuni metodi di laboratorio. Ma per l'esiguità del campione, adottando tale metodo d'esame non si può attingere a risultati assolutamente validi nemmeno a mezzo di tecniche molto raffinate, quale può essere, ad esempio, quella microchimica. Per questo si tende all'impiego di indagini fisico-chimiche, poiché i diversi materiali vengono identificati spettrofotometricamente, sfruttando cioè i diversi indici di assorbimento delle onde luminose o mediante osservazione mineralogica microscopica o cromatografica oppure spettrografica ai raggi X, basandosi sulle differenze di coefficiente di diffrazione dei medesimi raggi.