Stato (1.285.216 kmq; 26.152.265 ab.) dell'America Meridionale. Confina a Nord
con la Colombia e l'Ecuador, a Est con il Brasile e la Bolivia, a Sud con il
Cile, ad Ovest è bagnato dall'Oceano Pacifico. Capitale: Lima.
Città principali: Arequipa, Chimbote, Sullana, Juliaca, Huacho, Talara,
Pisco, Tarapoto. Ordinamento: Repubblica presidenziale.
In base alla Costituzione del 1993, il potere legislativo spetta al Congresso,
composto da 120 membri rinnovabili ogni 5 anni a suffragio diretto. Anche il presidente
della Repubblica viene eletto per 5 anni a suffragio diretto: egli nomina il Primo
ministro e controlla l'attività del Governo.
Amministrativamente il
P. è diviso in 24 dipartimenti cui si aggiunge
la provincia costituzionale di Callao. Moneta: nuovo
sol. Lingue ufficiali: spagnolo e quechua; sono diffusi i dialetti
amerindi (aymará). Religione: cattolica (89,2%) e
protestante (6,5%); diffusi i culti animistici.
Popolazione: è composta da amerindi, meticci, creoli, negri e mulatti;
sono presenti numerosi Indios della giungla non censiti.
GEOGRAFIAMorfologia: il
territorio peruviano, allungato da Nord-Ovest a Sud-Est e attraversato da una
fitta serie di catene montuose parallele, è contraddistinto dalla
presenza di tre principali regioni geografiche, che si susseguono procedendo da
Ovest verso Est: la
Costa, la
Sierra e la
Montaña.
La prima è una stretta striscia di terra arida, con una altitudine media
di circa 450 m, luogo di insediamento privilegiato per i maggiori agglomerati
urbani del Paese. Nel complesso, la regione costiera si presenta con
un'alternanza di alte scogliere, lunghi cordoni sabbiosi e promontori rocciosi,
qua e là intervallata dalla presenza di alcune oasi irrigue
corrispondenti alle vallate digradanti dal ripido versante montuoso interno.
Questa zona presenta, anche a causa del basso livello di precipitazioni piovose
e della corrente temperato-fredda di Humboldt che ne lambisce la costa, una
vegetazione rada, costituita in prevalenza da boscaglia xerofila, da carrubi e
cactus. La
Sierra, nella fascia intermedia, è costituita dai
rilievi andini della Cordigliera Occidentale, della Cordigliera Centrale e della
Cordigliera Orientale, con altitudini medie che vanno dai 3.000 ai 6.000 m e con
il punto più elevato nel massiccio dello Huascarán (6.768 m). Le
catene montuose che costituiscono il sistema dorsale peruviano appaiono a volte
saldate in
nudos (nodi), intersecate da solchi vallivi lunghi e profondi
e da estesi altipiani. Tale complesso quadro orografico viene solitamente
descritto sulla base di una distinzione fra la catena andina settentrionale,
estesa dal nodo di Loja (in territorio ecuadoregno) al nodo di Pasco, e, a Sud
di quest'ultimo, la catena andina meridionale. Il nodo di Moyobamba, punto di
congiunzione tra la Cordigliera Centrale e quella Orientale nel Nord del
P., costituisce anche la zona di passaggio ideale tra la
Sierra e
la
Montaña, verso la quale digrada dolcemente in un paesaggio
caratterizzato da un alternarsi di foresta pluviale e vaste savane. Tutta la
regione montuosa è soggetta a frequenti fenomeni sismici, data anche la
presenza di un vulcanismo estremamente attivo specialmente nella parte
meridionale della Cordigliera Occidentale (Coropuna, 6.425 m; Ampato, 6.312 m;
Chachani, 6.075 m). La parte più occidentale del
P., la
Montaña, è la regione dei bassopiani (circa 900 m
l'altitudine media) ed è caratterizzata da un clima umido e da
temperature estremamente elevate, con vegetazione tropicale lussureggiante.
║
Idrografia: la dorsale andina nel suo complesso costituisce anche
la linea dello spartiacque fra il bacino amazzonico, verso il quale si dirigono
i principali corsi d'acqua del Paese (Ucayali e Marañón, entrambi
tributari del Rio delle Amazzoni), e la costa del Pacifico, dove si versano
corsi d'acqua più brevi, molti dei quali a carattere torrentizio. A Sud,
in un altopiano situato a un'altitudine di circa 4.000 m, si trova il più
elevato bacino lacustre del mondo, il Lago Titicaca (8.288 kmq), attraversato
dal confine con la Bolivia. ║
Clima: a causa della grande
varietà del territorio anche il clima presenta caratteri fortemente
disomogenei. Mentre la zona costiera, nonostante temperature piuttosto miti,
presenta un'accentuata aridità, con una piovosità media che supera
di poco i 20 mm in un anno, la zona andina presenta fasce climatiche a seconda
dell'altitudine: la
yunga, con clima caldo e piogge abbondanti
responsabili di frequenti valanghe di fango; la
quechua, con clima
temperato; la
suni, con clima freddo e frequenti gelate; la
puna,
caratterizzata da forti escursioni termiche e rare precipitazioni; infine, la
janca, nella quale la temperatura rimane spesso al di sotto dello zero.
La regione amazzonica presenta clima caldo con frequenti e abbondanti
precipitazioni nella fascia al di sotto dei 400 m s/m.; solo nella fascia
superiore gli inverni tendono a farsi più freddi con l'aumentare
dell'altitudine. ║
Flora: la vegetazione del
P. è
particolarmente abbondante e ricca di specie; essa è tuttavia concentrata
nella regione orientale del Paese, corrispondente alla foresta pluviale
amazzonica, nella quale sono presenti specie quali cedro, mogano, palissandro,
ebano, preziose per l'economia del Paese. Nelle altre zone del
P. la
vegetazione si presenta invece piuttosto scarsa e povera (pioppi, , eucalipti,
steppa erbosa e arbustiva). ║
Fauna: il
P. è famoso
per la presenza di specie animali particolari, quali il lama, l'alpaca, la
vigogna e il guanaco nella zona degli altipiani, e il capibara, il bradipo e il
giaguaro nel bacino amazzonico.
Cartina del Perù
ECONOMIA
Il
P. presenta un'economia mista in via di sviluppo, prevalentemente
basata sul concorso di
attività manifatturiere, agricole e minerarie. L'industria petrolifera,
così come molte altre attività industriali, venne nazionalizzata
tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta, e l'appoggio
dato dal Governo affinché i lavoratori prendessero parte alla gestione
produttiva contribuì a scoraggiare gli investimenti stranieri.
L'agricoltura concorre oggi per circa un decimo alla creazione del prodotto
interno lordo e occupa più di un terzo della forza lavoro. Le aree
irrigue della costa forniscono i migliori terreni agricoli, coltivati
prevalentemente a cotone e canna da zucchero che, insieme al caffè e alla
frutta, costituiscono le principali voci dell'esportazione agricola peruviana;
il consumo interno si avvale delle coltivazioni di frumento, riso, cacao e,
nelle zone montuose, di mais, patate ed ortaggi. Vaste zone, negli altipiani
dell'interno, sono dedicate alla coltivazione della coca. Nel complesso, solo il
3% dell'intero territorio risulta adatto alla coltivazione, mentre i frequenti
periodi di siccità e la scarsità dei sistemi irrigui
contribuiscono ad accentuare la dipendenza del Paese dalle importazioni. La
legge sulla riforma del territorio, che portò nel 1969 all'espropriazione
di oltre 10.000 ettari di terreno, ha in realtà apportato dei benefici
sensibili solo per un numero limitato di individui. Se l'allevamento offre
discrete prospettive (bovini e ovini forniscono carne, pelli e lana soprattutto
al mercato interno), ottime possibilità di sviluppo presenta
l'attività della pesca, data anche la ricchezza della fauna ittica
peruviana (tonno e pesce azzurro). Il sottosuolo del Paese presenta una
straordinaria varietà di risorse minerarie, che vanno dal minerale di
ferro all'oro, all'argento, al rame, al piombo, allo zinco, al bismuto, al
vanadio, ai fosfati e al manganese; vasti giacimenti petroliferi e di gas
naturale sono stati rinvenuti nelle zone desertiche settentrionali e nel bacino
amazzonico, mentre un ricco deposito di uranio è venuto recentemente alla
luce nei pressi del Lago Titicaca. L'attività estrattiva nel suo
complesso incide anch'essa per circa un decimo alla formazione del PIL, ma
attraverso un impiego di manodopera che non supera il 2% del totale. Il
controllo governativo sulle attività minerarie si esercita attraverso la
Empresa Minera del Perú e la Empresa Minera del Centro del Perú,
mentre la commercializzazione è controllata dalla Minero Perú
Comercial. Il settore industriale, per altro favorito da numerose agevolazioni
fiscali, sta diventando di gran lunga quello più importante nel panorama
economico peruviano (quasi un terzo del PIL è generato
dall'attività manifatturiera) e impiega attualmente circa il 10% della
popolazione attiva. Gli impianti industriali risultano quasi tutti concentrati
nell'area metropolitana della capitale e nei dintorni di Callao; i settori
interessati spaziano dal cementifero al tessile, all'alimentare,
all'elettronico, alla raffinazione di prodotti petroliferi, fino alla produzione
di pneumatici. I maggiori partner commerciali del
P. sono gli Stati
Uniti, la Germania e il Giappone. In generale, l'economia peruviana è
stata sempre condizionata dalle tormentate vicende della storia nazionale, con
una repentina sostituzione del capitale straniero (e nord-americano in
particolare) alla dominazione coloniale spagnola. Il compromesso secolare tra le
classi commerciali, che gestivano il settore minerario, e i grandi latifondisti
venne meno con l'avvento della dittatura militare negli anni Settanta, che
mirò a una statalizzazione pressoché generalizzata dell'economia.
La fase successiva, coincidente con il ritorno ad un regime civile, vide
l'avvento di un nuovo corso di tipo neoliberista che, se da un lato
favorì l'ingresso dei capitali stranieri, dall'altro sottopose la
nascente industria a contraccolpi negativi, contribuendo a far impennare il
passivo della bilancia commerciale. L'abbassamento dei prezzi a livello mondiale
intervenuto nel corso degli anni Ottanta ebbe pesanti ripercussioni
sull'economia peruviana, riducendone in misura notevole gli introiti derivanti
dall'esportazione di materie prime. Contestualmente all'impossibilità di
far fronte a un debito estero in forte crescita, anche le sovvenzioni del Fondo
Monetario Internazionale subirono una forte riduzione, provocando un ulteriore
peggioramento delle condizioni economiche. Solo all'inizio degli anni Novanta,
con la nazionalizzazione del sistema finanziario, si è assistito a una
sia pur parziale inversione di tendenza.
STORIA Il territorio
dell'attuale
P. coincide con gran parte dell'area all'interno della quale
si svilupparono le maggiori civiltà precolombiane. Le prime tracce di
presenza umana, riferite a popolazioni non stanziali, paiono risalire al 15.000
a.C., mentre fu soltanto intorno all'VIII millennio a.C. che cominciarono a
installarsi dei piccoli nuclei abitativi fissi. A partire dal V millennio a.C.,
con la nascita delle prime colture, cominciò il processo di insediamento
di comunità agricole più numerose nelle vallate e lungo la costa.
Tali comunità, nel corso dei tre millenni successivi, diedero vita a
civiltà estremamente raffinate, caratterizzate dalla presenza di grandi
tumuli funerari e di imponenti complessi cerimoniali (Las Haldas, Chuquitanta).
L'epoca immediatamente successiva (1800-400 a.C.) fu contraddistinta dalla
realizzazione di grandi opere di irrigazione e da un'arte figurativa nella quale
il tema dominante è quello del giaguaro. La civiltà di
Chavín, dal nome del centro più importante nella parte
settentrionale dell'attuale
P., si diffuse anche a Sud, influenzando in
maniera decisiva le culture successive. Il millennio successivo (fino al 600
d.C.) vide l'affermazione di organismi socio-politici più strutturati,
con una tendenza evidente alla centralizzazione del potere e all'attività
bellica, come testimoniano il sorgere di città dotate di fortificazioni e
il graduale abbandono delle opere idrauliche. In questo periodo fiorirono la
cultura Salinar e Mochica nell'area costiera settentrionale, le civiltà
di Paracas e di Nazca più a Sud, e quelle di Pucara, di Tiahuanaco e di
Wari all'interno. Il declino dei centri urbani meridionali coincise con
l'affermazione, nei quattro secoli successivi, del grande Regno di Chimú
e della sua civiltà raffinatissima, caratterizzata da un'abbondante
produzione di ceramica e da un pregevole artigianato dei metalli. L'ascesa
irresistibile degli Incas, fra il 1450 e il 1532, portò alla
sottomissione di tutte le preesistenti culture al dominio dell'Impero di Cuzco.
La superiorità incaica fu dovuta in primo luogo a un'organizzazione dello
Stato affatto nuova rispetto al passato (unità amministrative decentrate
e direttamente dipendenti dal potere centrale), che consentì un controllo
rigoroso del territorio e della forza-lavoro; in secondo luogo, l'uso di una
lingua, il
quechua, e di una religione comuni favorirono ulteriormente la
coesione fra le varie parti dell'Impero che, al momento del suo massimo
splendore, era estesissimo. L'arrivo dei colonizzatori spagnoli coincise con la
fine drammatica della civiltà incaica. Alle prime spedizioni esplorative
seguì l'impresa di Francisco Pizarro e Diego de Almagro che, con l'avallo
delle autorità spagnole e favoriti dall'aspra contesa dinastica per la
successione al trono, riuscirono ad avere la meglio sulle forze avversarie.
Attirato in un tranello e ucciso il nuovo imperatore inca Atahualpa e decimatone
l'esercito (1532), gli Spagnoli iniziarono una sanguinosa avanzata che
portò rapidamente al crollo dell'Impero inca. Conquistati vasti
territori, nel 1538 Pizarro e Almagro vennero in conflitto, rimanendo entrambi
vittime di congiure di lì a poco. Analoga sorte toccò ai loro
successori: il figlio di Almagro, Diego il Giovane, insediatosi nel 1541 dopo
l'uccisione di Pizarro, fu battuto e spodestato da Gonzalo Pizarro; la creazione
del Vicereame del
P. (1542) non valse a porre fine alle lotte tra i
pizarriani e i loro avversari, che si protrassero anche negli anni seguenti.
Solo sotto il viceré Francisco de Toledo (1565-81) fu posto termine al
dominio incontrollato dei conquistatori e imposta la sovranità della
Spagna, attraverso una profonda riorganizzazione del territorio e del sistema
amministrativo (utilizzo dei capi indigeni per il reperimento di tributi e forza
lavoro; introduzione della figura del
corregidor, governatore, poliziotto
e giudice insieme; introduzione delle
corveé obbligatorie). La
diffusione di malattie sconosciute alla popolazione indigena, unitamente alla
violenza della conquista e delle rappresaglie contro le numerose rivolte
capeggiate da capi-guerrieri, portarono a un vero e proprio crollo demografico.
Lo spopolamento e l'arretratezza dei metodi estrattivi portarono, nella prima
metà del XVII sec., a una grave crisi nella produzione di argento. La
conseguente recessione economica venne aggravata da tutta una serie di
provvedimenti amministrativi, che nel corso del Seicento e del Settecento
sottrassero al
P. parte dei principali sbocchi commerciali e delle
miniere più ricche e a Lima il monopolio dei traffici. La serie di
rivolte a sfondo etnico che accompagnò il progressivo declino economico
della colonia e la crescita di potere dei
fazenderos, i grandi
proprietari terrieri, fu solo il preludio alle lotte armate condotte all'inizio
del XIX sec. La lotta per l'indipendenza ebbe tuttavia successo solo grazie
all'intervento, nel 1821, di truppe argentine e cilene guidate dal generale J.
de San Martín e, tre anni più tardi, all'irruzione da Nord dei
contingenti colombiani di Simón Bolívar. Una volta assunti i pieni
poteri, Bolívar non riuscì tuttavia a concretizzare il suo disegno
finalizzato alla creazione di una confederazione andina tra
P., Bolivia e
Colombia a causa dell'emergere di nazionalismi interni. Gli stessi tentativi di
riforma agraria da lui messi in atto fallirono miseramente, in quanto la
mancanza di mezzi economici costrinse gli Indios che avevano ricevuto gli
appezzamenti, a vendere ai latifondisti per saldare i propri debiti. Gli anni
immediatamente successivi all'indipendenza furono caratterizzati da sanguinose
lotte per il potere tra gruppi militari rivali e da conflitti con gli Stati
vicini per questioni di confine. La situazione rimase confusa sino al 1845,
quando il potere fu assunto dal generale meticcio Ramón Castilla, che
dominò la vita politica peruviana sino al 1862. Egli si impegnò in
un'opera di pacificazione nazionale e di sviluppo economico (fu lui ad avviare
lo sfruttamento sistematico dei giacimenti di guano), seguendo un indirizzo
moderatamente liberale che, tra l'altro, portò all'abolizione della
schiavitù (1850), degli obblighi di contribuzione da parte indigena
(1854) e della pena di morte. Dopo la presidenza del generale J. Rufino
Echenique (1851-54), egli ritornò al potere, proseguendo sulla via
già precedentemente tracciata, varando nel 1860 una nuova Costituzione e
dando inizio a una diffusa campagna di alfabetizzazione. Al termine della sua
seconda presidenza, nel 1862, la situazione politica si fece nuovamente
instabile, anche in seguito al peggioramento delle condizioni economiche del
Paese, divenuto sempre più dipendente dall'estero. Alla ripresa delle
lotte intestine si accompagnò un nuovo contenzioso con la Spagna durante
la presidenza di J.A. Pezet (1862-65); il contrasto, sfociato in aperto
conflitto nel 1866 sotto la guida del dittatore M.I. Prado, fu ricomposto solo
nel 1871, grazie a una mediazione statunitense. Negli anni successivi, mentre i
militari erano estromessi dall'amministrazione pubblica, il Paese fu colpito da
una nuova, grave crisi economica, ulteriormente aggravatasi a causa della caduta
dei prezzi del guano sui mercati internazionali e della sconfitta militare
patita a opera del Cile nella guerra del Pacifico (1879-84). Nonostante la grave
situazione interna, la fazione militare continuò a detenere il controllo
formale dello Stato almeno fino alla fine del secolo, quando un accordo tra il
Partito civilista e quello democratico (tradizionalmente vicino alle posizioni
dell'esercito) condusse al potere Nicolás de Piérola (1895). Il
periodo di relativa stabilità che ne seguì, unitamente all'aumento
dei prezzi sui mercati internazionali, consentì un massiccio ritorno del
capitale straniero (soprattutto statunitense) e una ripresa economica
generalizzata, caratterizzata tuttavia da una ulteriore concentrazione della
proprietà nelle mani di pochi latifondisti. Nel corso del lungo periodo
durante il quale rimase al potere, l'esponente civilista Augusto Leguía y
Salcedo (1908-12, 1919-30) si mantenne coerente alla linea seguita dai suoi
predecessori in campo economico, favorendo ulteriormente la penetrazione degli
investimenti americani, in special modo nei settori minerario ed estrattivo.
Nonostante una debole apertura nei confronti dei ceti medi e operai, l'adozione
di una nuova Carta costituzionale (1920) e formali prese di posizione a tutela
della componente indigena, l'indirizzo politico di Leguía fu
caratterizzato dalla difesa ad oltranza dei privilegi dell'oligarchia dominante,
e ben presto il mandato presidenziale si trasformò in potere
dittatoriale. Il progressivo peggioramento della situazione economica,
unitamente alla nascita, nel corso degli anni Venti, del movimento nazionalista
APRA (Alianza Popular Revolucionaria Americana) da parte di V.R. Haya de la
Torre, e del Partito socialista di ispirazione marxista a opera di José
Carlos Mariátegui, portarono alla destituzione di Leguía e alla
sua sostituzione con il colonnello Luis Sánchez del Cerro (1931). Dopo la
sanguinosa repressione del tentativo insurrezionale perpetrato dall'APRA (messa
al bando fino al 1945), l'assassinio di Sánchez del Cerro consentì
l'ascesa al potere al generale Oscar R. Benavides che rimase in carica per otto
anni attuando una politica populista, mirata al tentativo di riavvicinare le
masse popolari al regime in un momento di estrema difficoltà per il
Paese. Nel 1939 la presidenza fu assunta dal conservatore moderato Manuel Prado
y Ugarteche, esponente dell'oligarchia finanziaria, che riuscì ad
aggiudicare al
P. una vasta area di territorio equadoregno e
contemporaneamente a intensificare i legami con gli Stati Uniti, a fianco dei
quali partecipò al secondo conflitto mondiale. Al pari dei suoi
predecessori, Ugarteche non avviò alcun serio programma di riforma. Dopo
la caduta di José Luis Bustamante Rivero, eletto nel 1945 grazie
all'appoggio della borghesia progressista e autore di alcune timide riforme in
campo sociale ed economico, nell'ottobre del 1948, con un nuovo colpo di mano
militare, il potere venne assunto dal generale Manuel Odría; tuttavia i
suoi metodi repressivi finirono per alienargli le simpatie dei conservatori e di
una parte dell'esercito, portando alla sua deposizione nel febbraio 1956. Le
elezioni del giugno successivo condussero nuovamente alla presidenza l'anziano
Ugarteche, appoggiato anche dall'APRA (ormai lontana dall'originario programma
rivoluzionario), il quale impostò una politica ispirata al più
rigido conservatorismo, pur nel rispetto della legalità. Le forze
antidemocratiche, sostenitrici di Odría, presero nuovamente in mano la
situazione nel giugno 1962, invalidando le elezioni vinte da Haya de la Torre
che fu costretto a riparare all'estero, mentre il Governo venne assunto da una
giunta militare. Ogni evoluzione politica in senso progressista venne ancora una
volta bloccata e nessuno dei problemi strutturali della società peruviana
giunse a soluzione neppure nel corso del mandato presidenziale del moderato
Fernando Belaúnde Terry (1963-68). La svalutazione della moneta del 50% e
il mandato di concessione alla statunitense International Petroleum Products per
lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi peruviani portò, nell'ottobre
del 1968, a un nuovo colpo di Stato militare capeggiato dal generale Juan
Velasco Alvarado: si trattava della prima, vera prova di forza da parte delle
classi intermedie di orientamento progressista. Nel tentativo di tutelare le
risorse nazionali e di avviare il Paese verso il progresso liberandolo dalla
dipendenza esclusiva dai capitali occidentali, furono allacciati contatti
commerciali e diplomatici con il blocco socialista e con i Paesi non allineati.
Nel giugno 1969 venne promulgata la legge di riforma agraria che, oltre a una
più equa ripartizione delle terre coltivate, si propose di integrare
finalmente la massa contadina india nel tessuto socio-economico peruviano. Il
regime militare non seppe però darsi una vera linea politica
appoggiandosi a un partito popolare di massa. La via militare al populismo
andò sempre più assumendo caratteri di marcato paternalismo,
attenuando l'iniziale spinta progressista e nazionalista. La grave crisi
economica internazionale, la diminuzione degli investimenti esteri e lo stato di
isolamento in cui venne a trovarsi il
P., in seguito al colpo di Stato
del generale Pinochet in Cile, ebbero pesanti ripercussioni in seno alla giunta
militare, accrescendo lo stato di tensione che già serpeggiava nel Paese
(1973-74). Nel febbraio del 1975 venne operato un rimpasto di Governo che
portò alla sostituzione di Velasco Alvarado con il generale Francisco
Morales Bermúdez, esponente dell'ala più conservatrice
dell'esercito, mentre la carica di primo ministro e di ministro della Difesa
venne assunta dal generale Oscar Vargas Priedo. I lavori dell'Assemblea
costituente, insediatasi nel giugno 1978, terminarono nell'estate dell'anno
successivo con l'elaborazione di una nuova Carta costituzionale che stabiliva
una forma repubblicana presidenziale con potere legislativo delegato a un
sistema bicamerale. Le elezioni presidenziali del maggio 1980 videro
l'affermazione del leader della formazione di centro-destra Azione popolare,
l'ex presidente Fernando Belaúnde Terry, mentre nel novembre dello stesso
anno le elezioni legislative decretarono la vittoria della coalizione Izquierda
Unida (Sinistra unita). Il nuovo Governo apportò immediatamente delle
modifiche alla legge agraria del 1969, che colpirono soprattutto le cooperative
agricole, liberalizzò i prezzi dei generi di prima necessità e
tolse qualsiasi impedimento all'ingresso dei capitali esteri. Ad acuire lo stato
di tensione presente nel Paese intervenne un nuovo scontro con il vicino
Ecuador, che si risolse solo dopo due anni di scontri. Quasi contemporaneamente
nella regione andina venne costituendosi un'organizzazione di ispirazione
politica maoista, Sendero Luminoso, che iniziò a impostare il suo
programma di lotta armata al regime. Nel 1982, di fronte all'impennata fatta
registrare dalle azioni terroristiche rivendicate da Sendero Luminoso, il
Governo si vide costretto a decretare lo stato di emergenza. Per tutto il corso
del 1983 l'offensiva di Sendero Luminoso si fece sempre più capillare; la
diffusione delle azioni terroristiche, rafforzate dagli attentati dinamitardi
del MRTA (Movimiento Revolucionario Túpac Amaru), costrinsero in
più occasioni il Governo a proclamare lo stato d'emergenza e a condurre
una massiccia campagna di repressione su tutto il territorio nazionale. Nel
1984, in un clima di ingovernabilità e sotto la spinta delle pressioni
interne ed esterne, il Governo si impegnò in un processo di rinnovamento,
che però si rivelò ben presto più apparente che
sostanziale. Nonostante gli appelli della gerarchia cattolica e le numerose
denunce di Amnesty International, l'azione repressiva nei confronti della
guerriglia venne intensificata. L'incapacità mostrata nella lotta al
terrorismo, condotta spesso in aperta violazione dei diritti umani, unitamente
all'impossibilità di far fronte alla crescita esponenziale
dell'inflazione e del debito estero, portarono in breve alla caduta del Governo,
privato di ogni sostegno popolare. Le elezioni presidenziali del 1985 videro
l'affermazione del candidato dell'APRA Alan García, portavoce della nuova
socialdemocrazia continentale fautrice di riforme e di progresso in un clima
democratico e civile. Purtroppo le riforme popolari promesse si rivelarono
attuabili solo in parte ed il malcontento iniziò a serpeggiare. In
seguito alle dimissioni del primo ministro Luis Alva Castro (1987) il nuovo
Governo fu affidato a Guillermo Larco Cox, che impresse all'economia una decisa
svolta a sinistra; questi fu a sua volta sostituito nel 1988 dal conservatore
Armando Villanueva. Il nuovo Governo varò immediatamente una serie di
misure per frenare l'inflazione, operando un forte taglio della spesa pubblica e
riducendo di fatto drasticamente il potere d'acquisto dei lavoratori. Il
violento malcontento sociale, espresso con una lunga serie di scioperi, si
manifestò apertamente in occasione delle elezioni generali del 1990, in
cui prevalse la coalizione di centro-sinistra composta da Azione popolare,
Partito popolare cristiano e Movimento libertà dello scrittore Vargas
Llosa. Lo stesso Llosa venne però sconfitto nella corsa alla poltrona
presidenziale dal candidato indipendente Alberto Fujimori, dichiaratosi
contrario alle misure di austerità invocate dal suo avversario e
sostenuto da Sinistra unita e APRA. Tuttavia Fujimori, una volta eletto,
varò una durissima manovra economica, dando contemporaneamente il via a
una radicale opera di statalizzazione. Nell'aprile 1992, sostenuto dai militari,
Fujimori sciolse il Parlamento sospendendo la Costituzione e insediando subito
dopo un apposito Congresso costituente, peraltro boicottato dai principali
partiti democratici. La nuova Carta costituzionale, promulgata alla fine del
1993, rafforzò ulteriormente il potere esecutivo detenuto dal presidente
della Repubblica. A partire dal 1992, grazie ai positivi risultati ottenuti in
campo economico e in virtù dei successi riportati nella lotta al
terrorismo, il
P. riuscì a ottenere nuovo credito da parte dei
mercati internazionali. Una decisa recrudescenza degli attentati si
verificò nel corso del 1994, mentre il 1995, anno di rielezione a
presidente della Repubblica di Fujimori, fece registrare nuovi scontri alla
frontiera con l'Ecuador. Fra il 1992 e il 1995, più di 2.000 persone vennero
condannate dai cosiddetti "giudici senza volto", così chiamati perché
durante lo svolgimento dei processi rimanevano nell'anonimato. La ripresa
dell'attività terroristica ebbe un nuovo picco fra il 1996 e il 1997 con
l'occupazione dell'ambasciata giapponese di Lima da parte di terroristi del MRTA,
conclusasi nel sangue con la liberazione dei numerosi ostaggi.Nel 1998 fu firmato un trattato
con l'Equador che mise fine ad una disputa sulla frontiera che durava ormai da
57 anni. Nel 1999 Perù e Cile raggiunsero un accordo sulla disputa
territoriale. Nel 1997 erano intanto stati destituiti cinque membri del Tribunale
Costituzionale che avevano dichiarato che
la Costituzione in vigore avrebbe vietato una terza rielezione di Fujimori.
Ottenuta la possibilità di candidarsi a un terzo mandato, Fujimori si
aggiudicò le elezioni del 2000, vincendo contro Alejandro Toledo,
esponente riformista. Il Governo statunitense negò, senza successo,
la validità del risultato elettorale. In occasione del giuramento di Fujimori,
a Lima si tenne un'imponente manifestazione delle opposizioni, cui prese parte
anche una delegazione di personalità politiche straniere; i violenti
scontri provocarono 6 morti e almeno 80 feriti. In settembre, V. Montesinos,
capo dei servizi segreti peruviani, venne coinvolto in uno scandalo; quasi
certa si rivelò la connivenza presidenziale. Nell'ottobre 2000 venne
rivelato che circa 4.000 persone erano scomparse dal 1980 a seguito dell'aspra
lotta intentata dalla destra governativa nei confronti di esponenti di sinistra;
travolto dagli scandali, Fujimori diede le dimissioni, sostenute anche dal
Congresso che lo sostituì temporaneamente con il suo presidente,
Valentín Paniagua. Fujimori scappò in Giappone e nel marzo
2001 gli venne formalmente richiesto di presentarsi in tribunale. Nel
giugno 2001 vennero indette nuove elezioni presidenziali che videro il
confronto tra l'ex presidente Alán García Perez e
l'economista di centro-sinistra Alejandro Toledo, già
candidatosi nel 2000. Con la vittoria di quest'ultimo, il Paese si
ritrovò per la prima volta guidato da un uomo di origini indigene.
In giugno, intanto, Montesinos era stato arrestato in Venezuela per
venire processato, tra l'altro, anche per traffico di droga e di armi
e per violazione dei diritti umani. Nel mese di settembre venne emesso un altro
mandato di arresto
internazionale per l'ex presidente Fujimori, mandato ulteriormente rinnovato nel
successivo mese
di gennaio. Nel mese di aprile del 2002 una commissione appositamente insediatasi
iniziò le indagini e l'ascolto di deposizioni relative alle atrocità commesse
contro i dissidenti ribellatisi al Governo dal 1980 alla fine degli anni Novanta. Nel successivo
mese di giugno venne decretato lo stato di emergenza dopo che la tentata privatizzazione di
due compagnie energetiche aveva scatenato violente reazioni popolari nella città di
Arequipa. La crisi si trasferì ben presto in ambito politico, portando
alle dimissioni del primo ministro Roberto Danino e del ministro dell'Economia:
nuovo premier venne nominato Luis Solari, esponente di Peru Posible, il movimento del presidente, mentre
per le cariche di ministro degli Esteri e di ministro dell'Economia Toledo scelse
due personaggi vicini all'ex presidente Garcìa nel tentativo di effettuare
un riavvicinamento politico e sociale nel Paese. A marzo il Governo
giapponese ribadì la propria contrarietà all'arresto di Fujimori,
nonostante l'ordine di cattura internazionale inoltrato dall'Interpol su richiesta delle
autorità di Lima. Il 28 maggio il presidente Toledo dichiarò 30 giorni di stato
d'emergenza a livello nazionale allo scopo di far fronte al caos sociale generato da un'ondata
di scioperi indetti, in particolare, dai settori agricolo, scolastico e sanitario.
Il provvedimento
detrminò la restrizioni di una serie di garanzie costituzionali, quali
il diritto alla libera
circolazione, il diritto di riunione e all'inviolabilità del domicilio.
Nel maggio 2005 il presidente Toledo e il suo partito (PP, Possibile Perú) furono
accusati da una commissione del Congresso di brogli elettorali (relativi alle elezioni
del 2001). Il Congresso, tuttavia, votò contro l'
impeachment richiesto ai danni
del presidente. Nel frattempo erano riprese le azioni di Sendero Luminoso in
alcuni villaggi andini, mentre in gennaio era stato rapidamente neutralizzato
un tentativo di sollevazione nella cittadina di Andahuaylas, nel Sud del Paese:
l'insurrezione era stata promossa da un gruppo di militari di estrema destra denominati
"etnocaceristi". Nel dicembre dello stesso anno il Perú siglò un trattato
di libero commercio con gli USA. Nel giugno 2006 si svolsero le nuove elezioni
presidenziali. Risultò vincitore Alán García Perez, rappresentante del più vecchio
partito politico peruviano, l'APRA.
POPOLAZIONELa
popolazione, due quinti della quale presenta un'età media inferiore ai 15
anni, presenta un tasso di crescita annuo sostanzialmente in linea con quello di
altri Paesi dell'America Latina. La densità risulta mediamente molto
bassa, con dei picchi significativi soprattutto in corrispondenza della regione
costiera, che rappresenta la zona maggiormente abitata (circa il 70% della
popolazione è concentrata nei maggiori centri urbani) e verso la quale si
indirizza un costante flusso migratorio dalle zone più interne. Lo
straordinario tasso di nascita mantenuto anche dalle generazioni più
recenti (29/1.000), solo parzialmente bilanciato da un tasso di mortalità
ancora molto elevato (7,6/1.000), ha determinato forti pressioni sulle risorse a
disposizione, rischiando di vanificare gli sforzi in atto per il miglioramento
delle condizioni economiche e sociali del Paese.
LETTERATURAIn campo letterario il
P. mantenne saldi legami con la Spagna nel corso dei quasi tre secoli del
periodo coloniale. Già all'indomani della
Conquista sorsero
diversi centri (la nascita dell'università di Lima è databile
intorno alla metà del XVI sec.) che favorirono la diffusione della
cultura. Il primo vero letterato peruviano è unanimemente considerato
Garcilaso de la Vega detto
el Inca (1539-1616), autore della traduzione
dei
Dialoghi d'amore di Leone Ebreo e soprattutto dei
Comentarios
reales que tratan del origen de los Incas (1609), nei quali accolse in parte
la tradizione orale della poesia inca. Degna di nota la figura del domenicano
Diego de Hojeda (1571-1615), che nel poema
Cristiada (1611) riuscì
a fondere in maniera organica l'elemento culturale classico con l'ispirazione
religiosa. Il secolo successivo vide l'affermazione di due figure eminenti, il
poeta satirico Juan del Valle Caviedes (1652 circa - 1692), autore di poesie
ritenute all'epoca così scurrili da non consentirne la pubblicazione (la
sua opera venne pubblicata per la prima volta nel 1873), e Pedro de Peralta
Barnuevo (1663-1743) che, oltre a occuparsi di matematica, storia e astronomia,
si dedicò alla realizzazione di un poema storico,
Lima fundada
(1732). Nel XVIII sec. la nascita delle accademie e la diffusione nella giovane
aristocrazia creola delle dottrine illuministiche, alla cui conoscenza concorse
la rivista "El Mercurio Peruano" promossa dal viceré Gil de Taboada,
avviarono un profondo rinnovamento spirituale, teso da una parte alla
realizzazione di idealità filosofiche, dall'altra all'affermazione del
sentimento di identità nazionale. In tale contesto, particolare rilievo
assunse l'opera, per molti versi rivoluzionaria, di A. Carrió de la
Vandera,
El lazarillo de ciegos caminantes (1775 circa), libello critico
nei confronti dell'amministrazione spagnola e della cultura dominante nelle
colonie. Tuttavia, la raggiunta indipendenza politica non valse alla maturazione
di nuove forme di pensiero e di arte; la letteratura rimase sostanzialmente
legata alla polemica giornalistica e politica, risolvendosi nella satira,
nell'invettiva, spesso nella vuota oratoria. Del resto in
P. le
tradizioni conservatrici e aristocratiche rimasero solide anche dopo la rottura
del legame coloniale, benché nei primi anni della Repubblica si fosse
manifestata una vivace polemica tra gli elementi più conservatori e la
cosiddetta
scuola nativista. Tale polemica ebbe come principali
protagonisti Felipe Pardo y Aliaga (1806-1868), nel quale le tendenze
satirico-pedagogiche rivelarono un temperamento lirico classicheggiante, e
Manuel Ascensio Segura y Cordero (1805-1871), che creò tipi e caratteri
derivati dall'osservazione delle classi popolari e provinciali. Il periodo
romantico fu contraddistinto dall'introduzione del modello francese, fuso con
sentimenti ed aspirazioni di schietto colorito locale; esso ebbe come principali
esponenti Manuel N. Corpancho (1830-1863), autore del dramma
Il poeta
crocifisso (1848) e del poema
Magallanes (1853); Arnoldo
Márquez (1831-1903); Carlos G. Amézaga (m. 1906); Ricardo Rossel
(1841-1909); Pedro Paz Soldán y Unanue (1839-1895), traduttore di
Virgilio e di Ovidio, nonché autore dei
Quadri ed episodi
peruviani (1867). Il più grande scrittore peruviano del XIX sec.
rimane tuttavia Ricardo Palma (1833-1919), che nelle sue
Tradizioni
peruviane (1872-83) riuscì a realizzare un tipo speciale e
caratteristico di narrazioni tra il descrittivo e l'umoristico. La fine del
secolo fu caratterizzata da una grande vitalità ideologica ed espressiva,
di cui si fece portavoce Manuel González Prada (1848-1918), fautore di
una letteratura nuova, ispirata ai problemi nazionali e portatrice di un nuovo
linguaggio. Il suo tentativo di riforma globale, sottolineato nella sua
attività di saggista, si riflette meno in opere poetiche quali
Minúsculas (1900) e
Exoticas (1911), più vicine al
gusto modernista. Decisamente inserito all'interno del movimento modernista, il
poeta José Santos Chocano (1875-1934) celebrò la sua terra nella
raccolta
Anima americana (1906), proclamandosi orgogliosamente l'unico
grande poeta sud-americano e celebrando il passato coloniale e la gloria della
civiltà indiana. Il tema del recupero dei valori indigeni, già
anticipato alla fine dell'Ottocento dal romanzo
Uccelli senza nido (1889)
della scrittrice Matto de Turner (1854-1909), fu oggetto anche dell'opera di
Ciro Alegría (1909-1967),
Il mondo è ampio e alieno (1941),
e dei romanzi di José María Arguedas (1911-1969), probabilmente il
più grande scrittore indianista, autore di testi quali
Ogni sangue
(1954) e
I fiumi profondi (1958), nei quali diede testimonianza della sua
convinzione che la vera cultura peruviana debba essere ricercata nella
tradizione quechua. A livello poetico, dopo la fine dell'esperienza modernista
con J. M. Eguren (1874-1942), l'apertura del nuovo secolo fu caratterizzata da
una grande varietà d'interessi, che spaziarono dalla politica alla
società e che, pur non portando allo sviluppo di movimenti autonomi,
furono fortemente influenzati dai modelli dadaisti, surrealisti e cubisti
provenienti da oltre oceano. Tra le figure principali di questo periodo, A.
Hidalgo (1897-1967), A. Guillén (1897-1935) e C. Oquendo de Amat
(1905-1936) furono i più attenti alle correnti europee, mentre A. Peralta
(1899-1973) e M. Portal (1901-1989) toccarono più da vicino tematiche
socio-politiche. Su tutti spiccò la figura di César Vallejo
(1892-1938) -
I messaggeri negri (1918),
Trilce (1922),
Spagna,
allontana da me questo calice (1938),
Poesie umane (1939) - forse il
poeta ispano-americano che più di ogni altro operò la rottura con
la tradizione, raggiungendo la più alta originalità di stile. In
tale ambito si mosse anche l'opera di C. Moro (1903-1956), E. Peña
Barrenechea (1904-1987), X. Abril (1905-1989) ed E. A. Westphalen (1911-2001). Tra
gli esponenti delle correnti poetiche più recenti ricordiamo J.E. Eielson
(1924-2006), J. Sologuren (1921-2004), A. Romualdo (n. 1926), W. Delgado (1927-2004), J.G. Rose (1928-1983),
mentre R. Hinostroza (n. 1941), A. Cisneros (n. 1942), M. Verástegui (n.
1950) e E. O'Hara (n. 1954) presentano i caratteri più originali fra le
ultime leve poetiche. Nell'ambito del romanzo la vena indigenista, affermatasi
già in chiusura del XIX sec., venne via via trasformandosi in un
sentimento di accorata solidarietà verso tutti gli umili e gli oppressi.
In tale prospettiva operarono oltre agli stessi Vallejo, autore di
Favola
selvaggia (1923) e
Tungsteno (1931), e Arguedas, anche Manuel Scorza
(1928-1983), nella serie dei suoi
cantares (o ballate)
Rulli di
tamburo per Rancas (1970),
Storia di Garambombo l'invisibile (1972) e
Cantare di Agapito Robles (1977), e Mario Vargas Llosa (n. 1936), che
specie nei suoi primi racconti -
La città e i cani (1963),
I
cuccioli (1967) - ha assunto la città come sfondo ideale allo
svolgimento delle vicende narrate, descrivendo come i valori distorti e imposti
dall'esterno costituissero una seria minaccia alla dignità individuale.
Scrittore assai sofisticato, Llosa ha introdotto nel romanzo nuove tecniche
narrative (la sincronicità degli avvenimenti) insieme all'indagine
attenta della vita peruviana, tematica approfondita nel corso di opere come
La casa verde (1966),
La guerra della fine del mondo (1981),
Storia di Mayta (1984) e
Chi ha ucciso Palomino Molero? (1986).
Nel panorama peruviano contemporaneo si sono affacciate due nuove figure di
notevole spessore: Julio Ramón Ribeyro (1929-1994), autore di
I folletti
della Domenica (1965) e
La parola del muto (1973), e Alfredo
Bryce-Echenique (n. 1939), che è riuscito a cogliere la futilità e
il cinismo dell'alta borghesia di Lima nel suo
Un mondo per Julius
(1970), dando prova di grande narratore nei successivi
L'uomo che parlava di
Ottavia di Cadice (1985) e
Magdalena Peruana (1986). Per quanto
concerne la critica e la saggistica gli interessi risultano orientati
prevalentemente in direzione di una interpretazione della società e della
cultura indigena, con una netta propensione all'idealizzazione delle
civiltà precolombiane e alla sua eredità.
ARTELa più notevole
manifestazione dell'arte peruviana precolombiana è la ceramica,
probabilmente introdotta in epoca molto antica. L'analisi degli stili consente
un raggruppamento utile anche per l'identificazione delle diverse culture che si
succedettero sul territorio. Nel periodo più antico (secc. VII-VIII
circa) sulla costa si svilupparono stili ceramici diversi a seconda delle
diverse aree geografiche. Mentre nelle valli del Sud si ebbe il predominio della
ceramica Nazca, caratterizzata da una colorazione estremamente varia e da
ricorrenti richiami all'essere mitico antropomorfo e alle teste-trofeo, nelle
valli centrali si svilupparono gli stili locali di Chancay, o del vaso
bianco-rosso, e di Proto-Lima o di Nievería; lungo l'area costiera
settentrionale fiorì la ceramica Mochica (secc. VIII-IX), contraddistinta
da raffigurazioni in rilievo estremamente realistiche riferite alla vita
quotidiana, con temi e soggetti molto vari e con figure rosse su fondo crema. Il
periodo successivo vide l'affermarsi della cultura e dello stile ceramicolo
Tiahuanaco (secc. IX-XIV), diffusosi presto in tutto il
P. e
caratterizzato da figure geometriche e da decorazioni a volte ridondanti, con il
condor e il puma come soggetti dominanti. La cultura Chimú (secc.
XIV-XV), che dalla parte settentrionale si diffuse ben presto fino alla valle di
Chancay, a Sud, produsse una ceramica certamente non al livello artistico di
quella mochica ma comunque interessante per la variazione cromatica dal nero al
rosso. Ben più pregevole fu la lavorazione dei metalli preziosi, che in
quella cultura raggiunse vertici altissimi. Nel periodo precolombiano più
tardo a questo tipo di ceramica si sovrappose quella di stile Inca (XVI sec.),
che però ebbe una qualità mediamente inferiore rispetto a quella
delle culture precedenti. Per quanto riguarda l'architettura, generalmente si
assistette al passaggio dall'interesse esclusivo per costruzioni funerarie,
religiose e celebrative (la monolitica
Porta del Sole a Tiahuanaco) a una
maggiore attenzione per la pianificazione urbanistica e per le opere di
fortificazione (le dieci cittadelle cinte di alte mura di Chanchan, capitale del
Regno Chimú). Notevoli furono le costruzioni megalitiche incaiche,
com'è testimoniato dalle grandiose rovine di Machu Picchu, di Cuzco e di
Sacsahuamán. Nel periodo coloniale il
P. risentì fortemente
del retaggio artistico e architettonico spagnolo, pur frammischiato a numerosi
elementi indigeni. Gli Spagnoli, nella prima parte del periodo coloniale,
introdussero un Barocco severo, come testimoniano i santuari intorno al lago
Titicaca, rendendolo via via sempre più ricco e sovraccarico di elementi
esornativi, come quelli che caratterizzano le cattedrali di Lima e di Cuzco,
realizzate sul finire del XVI sec. su progetto di Francisco Becerra. In diverse
aree è possibile rintracciare questa straordinaria commistione e
sovrapposizione di stili; a Cuzco, per esempio, il tracciato precoloniale
è ben visibile accanto alle opere del periodo spagnolo (notevoli i
chiostri dei conventi di San Francesco e di San Domenico, del XVI sec.). La
pittura e la scultura del periodo coloniale furono improntate ai dettami
stilistici della scuola europea, a cui, almeno inizialmente, si uniformarono
anche i primi artisti indigeni. Tra le figure più autorevoli ricordiamo i
pittori Bernardo Bitti (Camerino 1584 - Lima 1610), di origini italiane, autore
di un pregevole rilievo del retablo della chiesa di Juli; l'indigeno Diego
Quispe Tito (1611 circa - dopo il 1681), originale interprete della coeva
pittura fiamminga; Basilio de Santa Cruz, operante tra il 1661 e il 1693;
Basilio Pacheco, attivo nella prima metà del XVIII sec., e il sivigliano
José del Pozo (m. 1821); tra gli scultori, Francisco Titu Yupanqui, cui
è attribuita la
Vergine del santuario di Titicaca, e José
Martínez Montanes, che a partire dal XVII sec. influenzò
particolarmente la produzione scultorea del Paese. L'indipendenza politica
provocò una reazione antispagnola anche nel campo dell'arte, che si
rivolse prevalentemente a modelli francesi. Tuttavia, nei decenni successivi
ebbe netta prevalenza la tendenza a recuperare tutta la lunga tradizione
ispano-indigena; tale recupero diede luogo, nel corso del XX sec., al cosiddetto
Rinascimento peruviano, caratterizzato da figure quali i pittori D.
Hernández (1856-1932) e José Sebogal (1888-1956) e dallo scultore
M. Piqueras Cotolí (1886-1937).
Un quartiere di Lima sulla riva dell'oceano Pacifico
Rovine incaiche in Perù
Perù: una veduta della puna
Il mercato di Pisac, in Perù
La fortezza di Sachsauaman, in Perù
Il mercato a Puno (Perù)
Il lago Titicaca (Perù)
Piroga sul lago Titicaca, in Perù
Impianti minerari a Casapalca (Perù)
Machu Picchu
Bambino peruviano