Monaco britannico. Originario dell'Inghilterra, si stabilì a Roma verso
il 384, e qui raggiunse notevole prestigio negli ambienti religiosi grazie alla
sua abilità di oratore e di scrittore. Quando Alarico giunse alle porte
di Roma (410),
P. si allontanò dalla città e si
trasferì in Africa insieme a Celestio, il monaco che gli fu discepolo e
collaboratore. La dottrina pelagiana si fonda sulla convinzione che l'uomo con
le proprie forze morali sia capace di operare in modo da salvarsi; la Grazia, in
tale prospettiva, non è dono interiore che illumina e guida l'uomo, ma
fatto esterno che ha soltanto il compito di rendere più facile l'azione.
La decisione dell'uomo riguardo al proprio destino dipende solo dalla sua
libertà (
possibilitas peccandi et non peccandi), dal momento che
la forza del libero arbitrio non è offuscata in lui dal peccato
originale, che secondo la dottrina pelagiana riguarda il solo Adamo, non i suoi
discendenti. Dopo una prima condanna del concilio di Cartagine (411), che lo
incluse tra le eresie, il Pelagianesimo incontrò la strenua opposizione
di sant'Agostino, che in quest'occasione giunse a chiarire la sua dottrina della
Grazia e del libero arbitrio. Mettendo in particolare evidenza i legami tra la
sua visione e certi aspetti della teologia orientale,
P. riuscì
per un certo periodo a sfuggire condanne e addirittura ad essere assolto da
accuse (Diospoli, 415), ma non poté difendersi dall'intensa reazione dei
successivi sinodi di Cartagine e di Milevi, che rinnovarono le condanne nei
confronti della sua dottrina (416), con tesi poi ratificate da papa Innocenzo I
(417). Il successore, papa Zosimo (417-18), dapprima biasimò l'eccessiva
severità dei vescovi africani, annullò la condanna e, dopo aver
ottenuto una generica accettazione della Grazia da parte di
P. e
Celestio, dichiarò ortodossa la dottrina di
P., ma in seguito
mutò nettamente atteggiamento. Un nuovo infuocato intervento di Agostino
(
De Gratia Christi et de peccato originali), e una nuova presa di
posizione dei vescovi, riunitisi in un sinodo plenario a Cartagine (418),
riconfermarono la sentenza di condanna e Zosimo, a questo punto, chiese
all'episcopato di far propria la condanna dell'eresia (enciclica ai vescovi del
418). I pelagiani furono allora banditi in Occidente dall'imperatore Onorio, che
li cacciò dall'Italia, e in Oriente da Teodosio II, che li espulse da
Costantinopoli. Il concilio ecumenico di Efeso (431) riprese e confermò
le condanne dei concili occidentali. La disputa teologica continuò per
diversi anni, coinvolgendo Agostino e i suoi seguaci da una parte, i pelagiani e
i semipelagiani (questi ultimi attivi soprattutto in Gallia) dall'altra. Nel 529
il concilio riunitosi ad Orange elaborò i famosi 25 canoni della dottrina
cattolica sulla Grazia, contro le tesi pelagiane e semipelagiane: venne
affermata la necessità dell'intervento della Grazia sia per l'insorgenza
della fede, sia per la perseveranza nelle buone opere; dopo aver definito il
libero arbitrio non sufficiente, da solo, a innalzare l'uomo a Dio e al Bene, il
concilio espresse comunque una ferma condanna della predestinazione al male e
della predestinazione incondizionata. Le formulazioni del concilio furono
approvate da papa Bonifacio (530) e la controversia ebbe termine, anche se
lasciò profondi segni in dispute successive, in ambito protestante,
baiano e giansenista. Degli scritti di
P. si conservano varie lettere e
frammenti, i trattati
De vita christiana e
De Castitate, il
Commento alle lettere di San Paolo e le
Lettere a Demetriade
(Inghilterra 354 circa - Egitto 427 circa).