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Pellìcola.

(dal latino pellicula, der. di pellis: pelle). Pelle sottile. ║ Per estens. - Strato superficiale leggero; membrana; buccia particolarmente fine. • Fotogr. e Cin. - Nastro di celluloide, o di acetato di cellulosa, ricoperto da un'emulsione sensibile alla luce, su cui si fissano le immagini negative. Una p. è in genere costituita da uno o più strati di emulsione, stesi sopra un supporto trasparente piuttosto flessibile. Un ulteriore strato di gelatina trasparente ricopre l'emulsione, allo scopo di proteggerla da eventuali graffi, e uno strato di vernice antialonica, a base di gelatina, viene disteso sulla faccia della p. non sensibilizzata. La p. si presenta come un lungo nastro molto sottile (di circa un decimo di mm), contenente, in singoli fotogrammi in successione, le immagini dei soggetti ripresi con la macchina fotografica o cinematografica. Delle immagini possono essere fissati i soli livelli tonali, nel caso della p. in bianco e nero, o le differenze cromatiche, in caso di p. a colori; attraverso lo sviluppo e il fissaggio della p., le immagini diventano visibili e permanenti, pronte per la stampa (p. negativa, presente, con caratteristiche differenti, sia in ambito fotografico, sia cinematografico) o, in caso di p. cinematografica, per la proiezione. ║ P. cinematografica: perché sia possibile il suo trascinamento da parte dei congegni meccanici delle macchine fotocinematografiche, possiede una serie di perforazioni lungo i bordi, disposte nel senso della lunghezza, a intervalli regolari. La p. di formato normale, cioè di 35 mm (con riferimento alla larghezza), presenta una doppia fila di fori da entrambi i lati, con quattro perforazioni su ogni fotogramma e distanza tra i fori di 4,75 mm. Accanto a questo formato, sono stati introdotti formati maggiori (da 56 a 70 mm), utilizzati nella cinematografia spettacolare a grande campo orizzontale. Esistono anche formati minori, i cosiddetti formati ridotti (16 mm, a doppia fila di fori; 8 mm, a perforazione normale), che venivano ampiamente utilizzati negli ambiti della cinematografia amatoriale o di reportage (passo ridotto) prima dell'impiego delle videocamere portatili. A differenza di ciò che avviene con la p. da 35 mm, nel passo ridotto lo sviluppo della p. permette di ottenere direttamente la copia, unica (duplicabile) per la proiezione, quindi la p. risulta invertibile. Nel cinema professionale invece, che utilizza p. da 35 mm, si impiega una p. negativa, da cui si ricavano, dopo il montaggio finale, le molteplici copie positive da utilizzare per le proiezioni. Le emulsioni sensibili di cui sono ricoperte le p. cinematografiche sono caratterizzate da un'elevatissima finezza di grana, che rende possibili i notevoli ingrandimenti dei singoli fotogrammi richiesti durante la proiezione. D'altra parte, questo tipo di p. non raggiunge valori particolarmente alti di sensibilità, a cui si cerca di supplire con altri sistemi, come l'uso di particolari tipi di illuminazione nel corso delle riprese. ║ P. fotografica: la prima p. fotografica fu ideata nel 1861 dallo statunitense A. Parkes, il quale utilizzò, invece della tradizionale lastra in vetro, il nitrato di cellulosa come sostegno sensibile su cui stendere l'emulsione. Nel 1888 G. Eastman, con la Kodak n. 1, iniziò a diffondere l'uso della p. in rullo, caratterizzata da un'emulsione alla gelatina-bromuro su supporto di celluloide. Negli anni Trenta, infine, si affermò l'uso del supporto ininfiammabile in acetato di cellulosa. L'emulsione fotografica contiene elementi fotosensibili che, modificati dalla luce e in seguito sottoposti al trattamento di sviluppo, subiscono trasformazioni fisico-chimiche, con conseguente definirsi dell'immagine. L'esposizione alla luce provoca in ogni areola elementare dell'emulsione un mutamento del livello del tono di grigio, inversamente proporzionale all'intensità della radiazione incidente. Caratteristica distintiva della p. in bianco e nero è la presenza, sul sopporto in triacetato di cellulosa (o in resina poliestere nel caso delle p. piane), di un solo strato di emulsione sensibile. Quest'ultima è costituita da microcristalli di alogenuri d'argento immersi in una soluzione gelatinosa trasparente, che subiscono la trasformazione in argento metallico dopo l'esposizione e il successivo sviluppo fotografico. Le più importanti caratteristiche di una p. sono la sensibilità, la granulosità e il contrasto, grandezze tra loro connesse e notevolmente modificabili attraverso particolari procedimenti in fase di sviluppo. Dal punto di vista numerico, la sensibilità è il più basso valore della quantità di luce in rapporto ad una data densità; p. più sensibili permettono minori aperture di diaframma a parità di tempo di esposizione e viceversa. Il contrasto è dato invece dalla pendenza massima della curva ed esprime la capacità della p. di riprodurre immagini con una maggiore o minore gamma dei toni di grigio (si parla rispettivamente di "basso" o "elevato" contrasto); dipende dalle dimensioni dei cristalli di alogenuri contenuti nell'emulsione. La latitudine di esposizione di una p., infine, è la possibilità di modificarne l'esposizione senza che vi siano mutamenti della qualità dell'immagine formata. La p. a colori, a differenza della precedente, presenta tre diversi strati di emulsione, uno sovrapposto all'altro e dall'altro nettamente separato; ogni strato viene reso sensibile a una certa gamma di lunghezze d'onda, attraverso un filtraggio selettivo con aggiunta di specifiche sostanze, i copulanti. A partire dalla superficie esterna verso l'interno, la sensibilità fotometrica degli strati è crescente (in successione: blu-violetto, verde, rosso), in modo da compensare le perdite legate al progressivo assorbimento di luce. Dopo le operazioni di trattamento cromogeno e di sbianca, le immagini ricavate vengono invertite sia nei loro valori tonali sia nei colori, che risultano di conseguenza complementari a quelli reali. Le p. per diapositive, dette "invertibili", vengono sottoposte alle seguenti operazioni: sviluppo in bianco e nero, esposizione a luce bianca e sviluppo cromogeno; questi trattamenti determinano un processo di "inversione" con cui vengono restituiti ai fotogrammi i colori reali e i toni effettivi propri del soggetto fotografato. Sono in commercio anche p. invertibili, nelle quali mancano i copulanti, che vengono aggiunti durante lo sviluppo (Kodachrome). Attualmente, le p. fotografiche in rullo sono disponibili nei cosiddetti formati normalizzati indicati come 35, 120, 220 mm. Il piccolo formato, per 35 mm, permette di ottenere 12, 24 o 36 fotogrammi nel formato 24 x 36 mm; la p. possiede una doppia fila di perforazioni ed è racchiusa in un caricatore che la protegge dalla luce; a ogni scatto la p. si svolge all'interno della macchina fotografica. Nel medio formato (120, 220 mm) la p., di larghezza 64 mm, permette di realizzare fotogrammi di dimensioni maggiori (dal formato 4,5 x 6 al 6 x 6 e al 6 x 7, fino al 6 x 9 e oltre, in cm). Esiste inoltre una p. perforata da 70 mm, da utilizzare in apparecchi appositamente predisposti. Nell'ambito delle p. piane, a supporto rigido, infine, il formato più diffuso è il 10 x 12 cm (grande formato), affiancato dal recente 20 x 25 cm. ║ P. fotomeccanica: dotata di un contrasto molto elevato, si impiega in ambito grafico per la riproduzione di disegni o testi e per l'elaborazione di immagini. ║ P. per infrarosso: caratterizzata dalla particolare sensibilità dell'emulsione alle radiazioni con lunghezza d'onda fino a 1500 mm, viene utilizzata in molti settori di fotografia scientifica. • Med. - P. radiografica: di tipo piano, usata per apparecchi di radiodiagnostica.