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Panegìrico.

(dal greco panéghyris: adunanza di tutto il popolo). Opera in prosa o in poesia di tono oratorio, con fini celebrativi. ║ Discorso in lode di una persona illustre, in particolare di un santo. ║ Fig. - Esaltazione esagerata o adulatoria di qualcosa o qualcuno. • Encicl. - Nell'antica Grecia, discorso di carattere elogiativo ed encomiastico, pronunciato davanti a tutto il popolo in occasione di una adunanza festiva, convocata generalmente per ragioni agonistiche o cultuali. Il p. risulta affine all'encomio, all'elogio e all'epitaffio; veniva pronunciato, generalmente, durante una delle quattro grandi feste nazionali panelleniche: le Olimpie, le Pitiche, le Istmiche, le Nemee. Da discorso occasionale si trasformò in un vero e proprio genere letterario nel V sec. a.C., ad opera della sofistica, assumendo caratteristiche letterarie codificate e ricorrenti. Famosi furono i p. dell'oratore Lisia (Olimpico, 388 a.C.) e i due discorsi di Isocrate intitolati Panegirico (380 a.C.) e Panatenaico. Definitivamente consacrato dalla seconda sofistica, il genere si diffuse anche nella letteratura romana, soprattutto durante il periodo imperiale, quando assunse toni aulici e adulatori, configurandosi per lo più come discorso, in lode dell'imperatore o di qualche personaggio potente, condotto in toni particolarmente enfatici e solenni e con finalità adulatorie. Famosi sono il P. a Traiano di Plinio il Giovane, i p. scritti da Claudio Claudiano in favore dell'imperatore Onorio e del generale Stilicone. Albio Tibullo è autore, attorno al 30 a.C., del primo p. in versi, scritto in onore di Messalla Corvino, mentre altri p. furono inviati per esempio da Marziale all'imperatore Domiziano e da Magno Felice Ennodio tra il 493 ed il 521 d.C. a Teodorico.