Titolo di un'orazione del retore greco Isocrate. Scritta a novant'anni, fu la
sua ultima orazione, che conserva un carattere di testamento politico e
spirituale. A differenza delle precedenti, questo discorso appare meno legato
alla concreta realtà della lotta politica in Grecia, e volto alla
celebrazione di un ideale sempre più astratto, quale era ormai quello
dell'unità dei Greci sotto l'egemonia ateniese. Questo tema è
ricorrente in Isocrate; ora, quando ormai la decadenza ateniese appare
irrimediabile, Isocrate si limita a ricordare i bei tempi passati. Non a caso,
ampio spazio ha nel discorso la rievocazione della mitologia greca, quasi a
sancire il distacco fra i nobili re dell'antichità e la difficile
realtà contemporanea. L'omaggio che il novantenne maestro di retorica
rivolge ad Atene è appassionato e commosso, come duro è il
giudizio nei confronti di Sparta e del suo gretto imperialismo; ma quelle
polemiche sono ormai superate, in quanto Atene e Sparta non sono più che
due città destinate a sottostare alla supremazia della potenza
macedone.