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Palinodìa.

(dal greco palinoidía, der. di pálin: di nuovo e oidé: canto). Propriamente, ritrattazione poetica, ovvero componimento in versi, che modifica quanto si sia detto in altro canto precedentemente composto. Il termine deriva, secondo quanto narra Isocrate, dal titolo di un componimento di Stesicoro di Imera che, perduta la vista dopo aver scritto il poemetto Elena (la protagonista era considerata la causa della guerra di Troia), la riacquistò dopo aver composto una p. (di cui è rimasto un breve frammento) in cui cercò di scagionare Elena da ogni colpa: non essa, infatti, ma un simulacro creato dagli dei sarebbe stato rapito da Paride e condotto a Troia. La p. si diffuse come genere sia presso i latini sia presso i moderni, diventando spesso un espediente retorico: ne sono un esempio il carme di Orazio O matre pulchra filia pulchrior e la Palinodia al marchese Gino Capponi (1835) di G. Leopardi, in cui il poeta finge di ritrattare la sua concezione pessimistica della vita. ║ Per estens. - Si dice, per lo più scherzosamente, di qualsiasi scritto o discorso nel quale si ritrattino precedenti affermazioni, illustrando i motivi del cambiamento.