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Paleografìa.

Disciplina che studia le testimonianze scritte del passato, arrivando a collocarle in un contesto storico e culturale determinato. Oggetto d'indagine sono le forme grafiche e le tecniche esecutive che caratterizzano il singolo documento, dai segni di interpunzione e di abbreviazione ai metodi di impaginazione. Il fine è quello di decifrare testi redatti secondo modalità diverse da quelle attuali, oltre che di collocare cronologicamente un manoscritto: pur essendo una scienza autonoma, dunque, la p. è al tempo stesso uno strumento fondamentale nel campo delle ricerche storiche e filologiche. • St. - La definizione della p. risale al 1709 e va ricondotta all'opera Palaegraphia graeca del benedettino francese B. de Montfaucon, anche se già nel secolo precedente un altro benedettino d'oltralpe, J. Mabillon, aveva stilato un autentico trattato di p. latina (De re diplomatica, 1681); fra gli Italiani, merita di essere ricordato soprattutto S. Maffei (XVIII sec.), al quale si devono alcune importanti intuizioni sul rapporto fra i modelli calligrafici medioevali e quelli romani antichi. Ma la p. moderna nacque solo tra la fine del XIX sec. e l'inizio del XX sec., in particolare con il francese L.V. Delisle e il tedesco L. Traube, i primi a porsi il problema dell'identificazione della data e del luogo di stesura degli antichi testi manoscritti in base alle loro caratteristiche grafiche e tecniche. In area italiana vanno ricordati L. Schiaparelli e, verso la metà del Novecento, G. Cencetti, autore di studi importanti sull'evoluzione della scrittura latina, cui ancora oggi si rifanno i maggiori paleografi. Tra gli sviluppi recenti della disciplina, un posto di rilievo occupano le ricerche degli italiani Pratesi e Cavallo sulla p. greca, quelle sull'alfabetismo nell'antichità e quelle sull'impiego di moderne tecniche di indagine materiale. La tendenza recente alla specializzazione delle discipline filologiche ha portato la p. a focalizzare la propria attenzione sulle scritture tracciate su materiali quali la pergamena, la carta e il papiro (del quale si occupa anche la specifica papirologia), mentre è compito dell'epigrafia l'indagine delle scritture tracciate su supporti duri, come metalli, pietra o legno. Tale distinzione comporta ovviamente un diverso riferimento temporale: la p., pertanto, svolge le sue indagini per lo più su testi, risalenti al periodo medioevale e moderno, quando carta e pergamena erano ormai ampiamente utilizzati, generalmente redatti in lingua greca, latina o romanza. In virtù dello specifico campo di indagine, la p. si divide poi in diverse branche. Nonostante gli studi paleografici propriamente detti si concentrino in modo più specifico su documenti di epoca medioevale, riferimento imprescindibile resta la conoscenza delle tecniche scrittorie del periodo classico, indagate anzitutto dalla p. greca. ║ P. greca: i testi più antichi, rappresentati soprattutto da documenti di origine egiziana, per lo più papiri, sono caratterizzati da una forma grafica che predilige la struttura maiuscola, con tratti di impronta geometrica; tra i secc. III e I a.C. la maggiore diffusione di documenti scritti, anche di uso burocratico e amministrativo, comportò l'esigenza di una grafia di più rapida stesura, determinando la diffusione di forme corsive, dove le singole lettere si susseguono l'una all'altra grazie a un rapido movimento della mano. I secoli successivi, fino al III-IV d.C., videro l'affermazione sempre maggiore delle forme corsive e minuscole, e insieme lo sviluppo di varie tipologie grafiche (fra cui la maiuscola biblica e la maiuscola ogivale, destinate a grande successo in ambito librario), che si diffusero rapidamente in tutta l'area di influenza politica e culturale di Bisanzio. Già a partire dal IX sec., e ancor più dopo la presa di Costantinopoli da parte dei Crociati (1204), le forme corsive vennero sottoposte a interpretazioni sempre più varie e diversificate: sarà solo Aldo Manuzio, nel XIV sec., a fornire il nuovo modello canonico di scrittura greca corsiva per i nuovi testi a stampa. ║ P. latina: evoluzione analoga a quella della scrittura greca, almeno ai suoi esordi, ebbe anche quella latina (della quale si occupa appunto la p. latina), le cui prime testimonianze furono di forma maiuscola, spesso rintracciabili su papiro. Già nel I sec. a.C. si ebbero però esempi di scritture corsive per testi giuridici e documenti, di cui restano tracce su papiri (per i quali si ricorreva all'inchiostro), su tavolette di legno o di terracotta (dove le lettere erano incise a sgraffio) e su tavolette cerate (per le quali si usava lo stilo). Tipica dell'uso letterario, fino al VI sec., fu una scrittura maiuscola detta rustica, della quale si distinsero interpretazioni diverse, ma tutte caratterizzate da forme allungate e da vari tratti di congiunzione fra le singole lettere. La grafia destinata a maggiore successo nei secoli successivi, fino all'Alto Medioevo, fu però l'onciale, dalle forme tondeggianti, sviluppatasi in Africa settentrionale fra i secc. IV e V su imitazione della maiuscola biblica greca. Dall'onciale derivarono la semionciale e la minuscola corsiva, sempre più veloci da tracciare, dalle quali nel Medioevo trassero origine le varie tipologie grafiche dei singoli centri di produzione libraria. I manoscritti medioevali, in particolare fino ai secc. VIII-IX, presentano in genere una scrittura fitta e minuta, con frequentissime abbreviazioni, tali da consentire di ridurre enormemente lo spazio richiesto per la riproduzione di un testo: esigenza fondamentale in un periodo in cui il materiale su cui scrivere, la pergamena, risultava molto costoso e di difficile reperimento. Nello sviluppo della p. latina fondamentale è però soprattutto la creazione della minuscola carolina, una grafia elaborata in epoca carolingia, facilmente riconoscibile rispetto alle altre forme contemporanee per la sua immediata leggibilità e chiarezza, che diverrà il modello per i successivi caratteri a stampa. Ma la minuscola carolina rappresentò anche la base di partenza per numerose tipologie calligrafiche dei secoli successivi, quando la maggiore diffusione della scrittura, per testi sia letterari sia amministrativo-burocratici, determina lo sviluppo di forme diversificate in grado di rispondere alle nuove esigenze di un'utenza più vasta. Tra le molte varietà di scrittura derivate dalla carolina (alcune delle quali in uso ancora oggi), le più significative furono la minuscola gotica, diffusa fra i secc. XI e XII, molto fitta e compatta, usata per lungo tempo nei testi universitari e scolastici, e la maiuscola cancelleresca o notarile, corsiva, usata specialmente per documenti e atti burocratici. Il desiderio di ordine e compostezza formale, caratteristiche andate perse nelle grafie più in uso al termine del Medioevo, spinsero figure come Petrarca, prima, e Salutati, poi, a operare un ritorno alla minuscola carolina, con una nuova minuscola, detta umanistica o antiqua, destinata all'uso letterario, dalla quale a sua volta discendono numerose varianti. ║ P. ebraica: all'esterno della linea predominante della cultura classica greco-latina, notevoli sono anche gli studi nell'ambito della p. ebraica, attiva a partire dalla seconda metà del XX sec. La scrittura ebraica primitiva era di origine fenicia, alla quale si affiancarono poi i caratteri propri dell'aramaico, noti come assiri o quadrati, che con il II sec. d.C. soppiantarono definitivamente quelli originari. I documenti della forma fenicia sono rappresentati in prevalenza da scritte su lapidi, monete e frammenti di ceramica, mentre quelli della scrittura quadrata sono costituiti dai rotoli del Mar Morto (III sec. a.C. - 70 d.C.). La diaspora, e la conseguente dispersione del popolo ebraico in regioni di tradizioni culturali diverse, comportò lo sviluppo di forme locali, a grandi linee associabili ai gruppi ebraici moderni, i cui tre principali sono il sefardita (area spagnola), l'ashkenazita (area tedesca e dell'Europa orientale), l'orientale (area islamica). In ciascuna delle principali aree si ritrovano testimonianze di tre fondamentali tipi di scrittura, quadrata, corsiva e intermedia, a loro volta soggette a evoluzioni nelle diverse epoche storiche. Con l'avvento della stampa l'uso si è ridotto alle forme corsiva e quadrata; quest'ultima rimane quella propria di alcuni testi rituali, ancora scritti su rotoli di pergamena. ║ P. musicale: di origine recente, si è sviluppata a partire dal XIX sec. L'intento è lo studio e la trascrizione in forma moderna degli antichi canti cristiani, redatti con segni "in campo aperto", privi cioè del riferimento del rigo musicale. Particolarmente rilevante è in questo campo l'opera dei benedettini di Solesmes, restauratori del canto liturgico medioevale e autori della collezione Paléographie musicale, pubblicata in fascicoli trimestrali a partire dal 1889 e ancora oggi testo di riferimento per i moderni studiosi, dove è possibile trovare la riproduzione fotografica, con puntuali note e commenti, dei più importanti manoscritti del canto gregoriano, ambrosiano e gallicano.