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Naturalismo.

Concezione assolutizzante della natura, tendente a considerarla unico referente della realtà. Può riguardare l'etica, l'estetica, il diritto, la pedagogia, ecc. ● Filos. - Tendenza ad assorbire la totalità del reale nella natura, non riconoscendo nessun'altra realtà al di fuori di essa e spiegando, così, qualsiasi fenomeno attraverso le sole leggi naturali. Esistono diversi tipi di n., a seconda del significato preciso attribuito alla natura stessa, ma comune a tutti è il carattere monistico e, spesso, panteistico, cioè l'attribuzione all'unica realtà riconosciuta di un carattere metafisico. Escludendo ogni spiritualismo, nel campo dell'etica le azioni vengono considerate espressione di bisogni fisici, in ogni caso, deterministicamente intese. Storicamente le dottrine naturalistiche risalgono alla filosofia greca presocratica (VI sec. a.C.): la divinità viene a coincidere con il grande organismo della natura; dunque, interrogando la natura stessa se ne scopriranno le leggi. Le speculazioni dei filosofi ionici (Talete, Anassimandro, Anassimene) mirano a ricercare nella sconfinata varietà del mondo naturale uno o pochi principi sufficienti a spiegare tutti i fenomeni e i comportamenti della natura. Un n. pluralistico è alla base del materialismo atomistico di Democrito, che spiega la realtà fisica e psichica attraverso la legge della necessità meccanicistica, per cui il mondo non è che il risultato di aggregazioni casuali fra atomi. In età ellenistica, l'eudaimonismo epicureo e il panteismo stoico (IV sec. a.C.) sviluppano la concezione materialistica della vita, rispettivamente riconoscendo come unica realtà quella fornitaci dai sensi, e individuando un principio di razionalità che governa il mondo, con la conseguente necessità di sottomettersi all'ordine divino della natura. Dopo la parentesi spiritualistica e mistica del Medioevo, durante il quale le dottrine naturalistiche, in quanto negatrici di ogni principio trascendente, dunque dell'esistenza di Dio, subiscono una generale condanna, il n. torna ad affermarsi nell'Umanesimo e nel Rinascimento, con Pomponazzi, Telesio, Bruno e Campanella, lungo i due filoni del panteismo vitalistico e del meccanicismo materialistico. Nel primo filone confluiscono, successivamente, Spinoza, Schelling, Goethe e i romantici, opponendosi al meccanicismo della scienza secentesca e dell'età illuministica. Al secondo orientamento fanno riferimento gli empiristi a partire da Hume, fino ai positivisti Comte, Spencer, Darwin. In polemica con le tesi naturalistiche sono Cartesio, che distingue la realtà in materia e spirito; Kant, che separa la realtà fenomenica, teoreticamente conoscibile, dal mondo morale; gli idealisti, che distinguono la natura dallo spirito. Le più moderne concezioni scientifiche limitano la sfera delle proprie indagini al campo del mondo fisico, senza pronunciarsi su un'eventuale realtà al di fuori di esso. ● Teol. - Dottrina che, affermando la bontà della natura umana, nega o limita fortemente la necessità della grazia; suo opposto è il soprannaturalismo. ● Lett. - Corrente letteraria, sorta in Francia nella seconda metà dell'Ottocento, ispirata al Positivismo, che assume come oggetto di indagine artistica il vero, evitando qualunque mediazione letteraria. Nato come reazione all'Idealismo romantico, il n., negando ogni verità metafisica, si proponeva di analizzare la realtà ambientale ed emotiva dell'uomo attraverso i metodi propri delle scienze sperimentali; da qui l'attenzione, nell'opera letteraria, per la dimensione sociale e l'ambientazione storica. Il termine n. viene impiegato per la prima volta dal critico letterario H. Taine, nel 1858, in un saggio su Balzac: sono individuati tre fattori che lo scrittore deve tenere presenti nel caratterizzare una vicenda o un personaggio: race, fattore ereditario, milieu, ambiente sociale, moment, momento storico. L'opera d'arte, quale tranche de vie, fetta di vita, viene altresì considerata un organismo autonomo, "impersonale", in cui l'intervento dell'autore non sia percepibile. Nella rappresentazione fedele della realtà, il n. giunge a superare le categorie estetiche del bello e del brutto, conferendo a quest'ultimo quella dignità artistica a lungo negatagli, così come nella scelta del linguaggio si rifugge da qualsiasi mediazione letteraria. Tra i generi letterari, soprattutto il romanzo e la novella permettono la rappresentazione di una realtà oggettiva. Precursori del n. vengono considerati H. de Balzac e G. Flaubert, rispettivamente per il romanzo di ambientazione sociale e per il carattere impersonale della narrazione. Il maggior rappresentante del romanzo naturalista è E. Zola che in Le roman experimental (1880) e in Les romanciers naturalistes (1881) ne delinea la poetica. Intorno a Zola si raccolgono i fratelli de Gongourt, A. Daudet, J. Renard, G. de Maupassant, maestro della novella in prosa. Al di fuori della Francia, il n. assume caratteri peculiari nei vari Paesi: in Germania si manifesta con G. Conrad, e nel dramma con A. Holz, G. Hauptmann; in Russia L. Tolstoj, M. Gorkij, A. Cechov sono influenzati dalle dottrine naturalistiche che pure si incontrano con le tendenze proprie della letteratura russa; in Scandinavia al n. fanno riferimento i drammi di H. Ibsen e il teatro di J.A. Strindberg. Tramite fra il n. e la cultura letteraria italiana è L. Capuana, annoverato con G. Verga e F. De Roberto fra i massimi esponenti del Verismo, che rispetto al n., appare marcatamente orientato verso la tematica sociale, legata alla problematica meridionalista. ║ Nelle arti figurative, tendenza a riprodurre nel modo più fedele la natura, evitando ogni intervento personale dell'autore. Rispetto al Realismo, di cui è talora, impropriamente, considerato sinonimo, conserva un certo grado di distacco e di idealizzazione nella riproduzione della natura. Storicamente, il termine n. si riferisce al movimento sviluppatosi in Francia alla fine dell'Ottocento come continuazione del Realismo ma, rispetto a questo, meno orientato verso la componente dell'impegno sociale. Contro l'Idealismo romantico, i pittori naturalisti rivendicavano il valore della natura come oggetto da rappresentare in tutti i suoi aspetti, belli e brutti. I due massimi esponenti si considerano J.F. Millet e G. Courbet, l'uno per la rappresentazione del mondo contadino, l'altro per il rinnovamento dei soggetti e della tecnica coloristica. ● Mus. - Poetica e tematiche del n. letterario interessano anche la produzione musicale degli inizi del Novecento. Solamente in Italia, però, l'impatto con la tradizione melodrammatica avrebbe dato vita a una rottura e, quindi, al fenomeno originale del Verismo, i cui maggiori rappresentanti si riconoscono nella cosiddetta Giovane Scuola: P. Mascagni, R. Leoncavallo, G. Puccini, U. Giordano, F. Cilea, A. Franchetti. L'adesione al n. traspare, soprattutto, nell'attenzione al rilevamento di certi elementi sonori del mondo popolare, quali grida, rumori, segnali di un ambiente proletario urbano. ● Econ. - Concezione di un ordine naturale od oggettivo, alla base dei processi economici. Questa idea discende dalle teorie della scuola fisiocratica francese (1750-1780), il cui massimo esponente fu F. Quesnay, che poneva l'accento sull'esistenza di leggi economiche oggettive, indipendenti dall'azione dell'uomo, giudicando dannosa qualunque restrizione posta autoritativamente all'operare di tali leggi. ● Pedag. - Rivalutazione della natura, per cui l'educazione non deve costringere o soffocare, ma guidare e accompagnare il naturale sviluppo della personalità. Delineatosi in età umanistica, questo principio ha trovato grandi assertori in J. Locke e J.-J. Rousseau, fino ai moderni pedagogisti Pestalozzi e Claparède.