Componimento poetico. Sin dall'antichità la
l. è la forma
poetica in cui trova espressione il sentimento personale dell'artista,
comprendente la dimensione psicologica, introspettiva, memoriale e fantastica
dell'io. Dalla
l. greca, che prevedeva l'accompagnamento della musica (il
nome deriva dalla
lira, strumento a corde di cui ci si serviva per
sottolineare ritmicamente le parole) derivano tutte le diverse tipologie e le
loro strutture metriche e stilistiche. ║ Insieme di composizioni coeve
omogenee, tradizione poetica in genere riferita ad un popolo, ad una regione
geografica, sulla base di affinità storiche, filologiche e stilistiche
(
l. provenzale, l. romantica). ║ Breve componimento musicale per
canto e pianoforte o per altri strumenti d'accompagnamento. ║ Musica
operistica, sinonimo di melodramma. • Lett. - Poesia inizialmente
destinata al canto, come avveniva nell'antica Grecia. In seguito, questo termine
ha abbracciato ogni componimento in cui emergesse la soggettività
dell'artista in rapporto al mondo, il suo modo personale di esprimere la
realtà che lo circonda. La
l. è nata in contrapposizione
all'
epica, che canta invece le gesta dell'eroe proiettato in uno scenario
mitico e atemporale. Attualmente l'odierna denominazione di
l. serve a
indicare sia certe forme di componimento di solito brevi (elegia, epigramma,
canzone, sonetto), sia l'affiorare in una composizione, anche in prosa, di un
sentimento affettivo ed emotivo, l'espressione di un particolare stato d'animo.
Vale la pena di tracciare seppur per sommi capi l'evoluzione di questo genere
letterario. Nell'ambiente mediterraneo che fece da culla alla
l., i Greci
designarono con tale termine, legato a
mélos (da cui deriva anche
il nome di
melica, altro nome della
l.), un componimento destinato
al canto e all'accompagnamento musicale di strumenti a fiato e a pizzico, talora
allietato anche con danze. L'importanza della
l. crebbe a partire
dall'VIII sec. a.C., diffondendosi in tutto il mondo egeo, nelle due forme di
l. monodica e
l. corale: la monodica (per una sola voce)
fiorì soprattutto nell'eolia Lesbo (maggiori poeti: Saffo e Alceo); la
corale (cantata da un coro), apparve più legata alle genti doriche
(principali artisti: Alcmane, Simonide e Pindaro) e divenne ben presto una delle
espressioni più autentiche della vita della
polis, dalle feste
religiose alle celebrazioni civili. Con il tempo, il termine
l.
abbracciò un ambito più ampio, comprendendo anche generi come
l'epigramma o l'elegia che non prevedevano il canto: in età alessandrina
e più tardi nel mondo romano si perse l'accompagnamento musicale e poeti
come Callimaco, Catullo o Orazio continuarono ad esser definiti "lirici" sebbene
i loro versi non contemplassero più un sottofondo musicale. ║
L.
moderna: le sue origini vanno ricercate nel Medioevo e precisamente in
quelle composizioni da recitarsi con accompagnamento musicale (albe, pastorelle,
canzoni). Dopo l'età barbarica, la
l. ebbe una grande fioritura in
tutt'Europa: in particolare si irradiò dalla Provenza dove conobbe una
ricca produzione ispirata ai temi dell'amore cortese. Degni eredi di questa
poesia trobadorica furono in Italia la corte di Palermo che fu la culla della
cosiddetta Scuola siciliana e lo Stil novo. Da questo punto in poi il destino
della
l. s'intrecciò con le sorti del volgare, legittimato nel
rango di lingua letteraria: il genere trovò quindi in Francesco Petrarca
il suo eccelso cantore. Imitata ovunque, nel risveglio dell'Umanesimo, la
l. petrarchesca rappresentò un modello insuperato per almeno tre
secoli in tutt'Europa. Con la produzione lirica proliferò anche l'opera
teorica dei trattatisti: grazie a Minturno e ad Alessandro Guarini, critici del
tardo Cinquecento, la
l. venne definita come "il genere che imita il
sentimento". In età barocca, la
l. si trasformò seguendo il
gusto dell'epoca, teso alla ricerca del sorprendente e dell'artificioso
(gongorismo, marinismo). Seguì, per reazione un periodo di ricercata
semplicità e di voluta ingenuità fanciullesca (Arcadia,
particolarmente in Italia e in Francia, tra la fine del XVII sec. e quella del
XVIII sec.). Appena dopo la metà del XVII sec. si risvegliarono anche in
Germania e in Inghilterra nuovi motivi lirici che scaturirono in un lirismo
patetico, talora lugubre. Da questo clima prese avvio la grande
l. del
Romanticismo, che celebrò le nuove forme di libertà politiche,
morali e sociali, si erse in difesa delle ingiustizie umane, diede voce al
sentimento che dal profondo si espande nell'infinito e da questo si ripiega sul
proprio segreto dolore rappresentando il difficile rapporto tra l'io e il mondo;
oppure cantò l'arte e la bellezza e attinse le immagini dagli eventi
passati colti nel loro recondito senso di evoluzione storica. Un lirico tra
più grandi dell'età romantica, quale fu Giacomo Leopardi riconobbe
alla
l. il primato dell'autenticità poetica in quanto "espressione
libera e schietta di qualunque affetto vivo e ben sentito dell'uomo". Nelle
estetiche del Novecento, particolarmente in Croce, l'espressione lirica
s'identifica con la poesia, mirabile sintesi di forma e sentimento.
All'alienazione dell'uomo nella società moderna il poeta lirico (da
Baudelaire in poi) contrappone un suo universo separato, onirico o simbolico che
giustifica anche la rottura con il linguaggio tradizionale. La
l. va
sempre più intesa, nelle tendenze della letteratura contemporanea, come
terreno di conquista di una dimensione autentica affidata innanzi tutto alle
potenzialità espressive (musicali ed allusive) della parola poetica.
• Mus. -
L. da camera: composizione per voce e pianoforte o per
voce e complesso strumentale, che ha per supporto un testo poetico. Comune nella
produzione dei maggiori compositori del Novecento, tale genere trae la sua
origine nella romanza vocale. ║ Nella lingua corrente con il termine
l. si intende la musica operistica e il melodramma
(V. OPERA).