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Francia.

Stato (543.965 kmq; 59.183.000 ab.) dell'Europa occidentale. Confina a Nord-Est con il Belgio, il Lussemburgo e la Germania, a Est con la Germania, a Sud-Est con la Svizzera e l'Italia, a Sud-Ovest con la Spagna e Andorra. Si affaccia a Nord sul Mare del Nord, a Nord-Ovest sul Canale della Manica, che lo separa dalla Gran Bretagna, a Ovest sull'Oceano Atlantico, a Sud sul Mar Mediterraneo. Fa parte del territorio francese anche la Corsica, isola del Mediterraneo centro-settentrionale, situata a Nord della Sardegna, da cui è separata dalle Bocche di Bonifacio. Comprende 22 regioni amministrative (di cui la Corsica è autonoma), 10 dipartimenti e territori d'oltremare, 4 dipartimenti, 2 collettività territoriali e 4 territori. Capitale: Parigi. Città principali: Marsiglia, Lione, Tolosa, Bordeaux, Nizza, Nantes, Strasburgo, Lilla, Le Havre, Reims. Ordinamento: Repubblica presidenziale; il presidente, eletto ogni cinque anni a suffragio universale, ha ampi poteri: nomina il primo ministro e, su sua proposta, il Governo; presiede le riunioni dell'Esecutivo; assume, in caso di emergenza, poteri straordinari. Il potere legislativo appartiene all'Assemblea Nazionale (577 membri eletti per 5 anni a suffragio universale) e al Senato (321 membri eletti per 9 anni). Il voto contrario del Senato può essere superato da un secondo voto positivo dell'Assemblea Nazionale. Il potere esecutivo è attribuito al Governo che non è vincolato all'eventuale sfiducia espressa dall'Assemblea Nazionale, la quale può emettere al massimo un voto di censura. Moneta: fino al 31 dicembre 2001, franco francese; dal 1° gennaio 2002, euro. Lingua ufficiale: francese. Religione: cattolica; vi sono minoranze protestanti, musulmane ed ebree. Popolazione: francese; sono presenti immigrati portoghesi, italiani, algerini, marocchini, spagnoli e turchi.

GEOGRAFIA

Morfologia: ai movimenti orogenici erciniani del Paleozoico risale la formazione del Massiccio Armoricano e dei rilievi della Vandea, delle Ardenne, dei Vosgi e del Massiccio Centrale. L'azione di erosione ha sovente ridotto tali rilievi a un penepiano (Ardenne, Massiccio Armoricano) e ha creato nei Vosgi e nel Massiccio Centrale vasti altipiani pianeggianti, dai bordi arrotondati e di altitudine mediocre. L'era mesozoica fu un periodo di calma, che vide una vasta sedimentazione in fondo ai mari che ricoprivano gran parte del territorio francese. Si formarono il Bacino Aquitano, quello Parigino e la geosinclinale alpina. Nel Cenozoico avvenne nei grandi bacini la sovrapposizione di terreni vari e il movimento orogenico alpino che diede alla F. le Alpi, i Pirenei, il Giura, la cui elevazione testimonia l'età recente. A questa era risalgono pure il cambiamento di livello marino e la conseguente costituzione della linea di costa attuale, come pure l'accumulo di materiali prodotto dall'erosione glaciale e fluviale che contribuirono a creare le pianure alluvionali dei grandi fiumi. Si possono quindi distinguere in F. due paesaggi dominanti: a Ovest e a Nord dominano le pianure interrotte da rilievi mediocri. Nelle sezioni centrali, orientali e sud-orientali predominano le montagne antiche e recenti. Sul Mediterraneo le coste sono varie: alte, frastagliate, rocciose a Est; basse, sabbiose, orlate di lagune, a Ovest. ║ Clima e vegetazione: la F. ha un clima temperato, variante dal tipo oceanico a quello continentale. Possiamo distinguere sei tipi di clima, insieme ai quali varia la vegetazione del Paese. a) Clima oceanico vero e proprio: in Normandia e Bretagna, con piovosità e nebulosità intensissime e temperature piuttosto basse. La flora è costituita da prati, da colture di meli e dalle lande. b) Clima aquitano: con massima piovosità in primavera, temperatura più elevata e venti violenti. Prevalgono le querce e i pini marittimi, e le colture del grano e del granoturco. c) Clima parigino: assai instabile per l'incontro dell'influsso oceanico con quello continentale: forti sbalzi di temperatura e massima piovosità alla fine dell'estate e in autunno. La messa a coltura dei territori è quasi completa. d) Clima dell'Est: continentale di transizione, con estati brevi e calde ed inverni rigidi: massime piovosità estive. Assai diffusa la foresta. e) Clima mediterraneo: sulla fascia dell'omonimo litorale. Inverni miti, estati calde, piogge autunnali. La vegetazione è di pini marittimi, ulivi, macchia mediterranea. f) Clima di montagna: diminuzione della temperatura verso le alte quote e aumento di precipitazioni spesso nevose, con inverni lunghi e rigidi. Colture nei fondivalle, vaste foreste di querce, faggi, abeti e larici, quindi i pascoli e gli alpeggi. ║ Idrografia: i fiumi principali sono: la Senna, la Loira e la Garonna sul versante atlantico, il Rodano su quello mediterraneo. Questi quattro fiumi, ai quali bisogna aggiungere il Reno che interessa per un breve tratto la F., presentano caratteristiche assai complesse legate ai regimi dei loro affluenti provenienti sovente da regioni a caratteristiche climatiche differenti. I tre fiumi atlantici hanno importanza a causa dei loro vasti estuari che permettono l'accesso alle navi e l'instaurarsi di vasti impianti portuali, ma solo la Senna permette la navigazione fino all'interno del Paese.
Cartina della Francia


ECONOMIA

Agricoltura: la F. è il primo produttore agricolo dell'Unione europea e uno dei principali esportatori di derrate alimentari. Il 30% della superficie coltivata è destinata a cereali (frumento, avena, orzo, segale, mais, riso, sorgo). Diffuse sono anche le coltivazioni di patate, ortaggi, frutta e fiori sulla Costa Azzurra (Antibes). La F. è inoltre tra i primi produttori mondiali di vino, insieme all'Italia. Si distinguono cinque grandi distretti vitivinicoli: la Champagne (vini spumanti), la Loira, il Sud-Ovest (Bordeaux, Médoc), l'Est (Borgogna) e il Midi Mediterraneo. Bordeaux e Parigi sono celebri per i liquori, Cognac e Armagnac per le acquaviti. Le più diffuse colture industriali sono la barbabietole da zucchero, il lino e il tabacco. ║ Allevamento: intenso l'allevamento di bovini, ovini, suini, cavalli (il consumo di carni è tra i più elevati d'Europa); pregiata la produzione di latticini - burro e formaggi - largamente esportati. La pesca si colloca, per il suo valore, ai primi posti nel mondo (ostriche, aragoste, tonni, sardine), alimentando una cospicua industria conserviera. ║ Industria: ad eccezione del ferro e del carbone, che hanno permesso il decollo industriale, le risorse minerarie non sono molto consistenti (manganese, rame, piombo, zinco). Le risorse idroelettriche sono bene sfruttate. La F. ha registrato nell'ultimo dopoguerra un intenso sviluppo industriale, che l'ha stabilmente collocata tra i primi sette Paesi più sviluppati del mondo. Sono molto fiorenti le industrie siderurgiche, meccaniche (automobilistiche, aeronautiche e navali), tessili, chimiche, dei tappeti, della carta, del tabacco, nonché il settore informatico e delle telecomunicazioni. Particolarmente rinomate sono altre produzioni come le porcellane di Sévres e di Limoges, i cristalli di Baccarat, gli orologi e gli articoli della moda, concentrati soprattutto a Parigi. Florido, infine, il turismo.

STORIA

Preistoria: in F. le ricerche preistoriche hanno particolare importanza, tanto che le fasi tipiche della preistoria e la loro nomenclatura prendono nome dai giacimenti francesi. L'industria di amigdale chelleane o abbevilliane venne trovata in grandi depositi alluvionali nelle valli della Somme e della Senna. Nel Belgio i giacimenti all'aperto e le caverne fornirono industrie corrispondenti a quelle delle prossime regioni francesi. Durante il Paleolitico Superiore, i territori vennero abitati da genti dedite alla caccia e in continuo movimento per spostamento stagionale. In queste stazioni sovente gli strati archeologici appaiono sovrapposti con livelli mousteriani, aurignaciani, solutreani e magdaleniani e talvolta mesolitici. Gli aspetti di civiltà mesolitica sono ampiamente rappresentati dall'Aziliano, frequente nell'Ariège, nella Dordogna, mentre nel Settentrione sono largamente diffuse le industrie microlitiche tardenoisiane. Durante il Neolitico gli aspetti culturali furono vari: l'industria campignana della selce era diffusa e abbondante nel Nord e nell'Ovest; essa parrebbe rappresentare una fase neolitica antica, mentre mescolata con altri elementi sembra abbia raggiunto la fine della civiltà litica. L'industria microlitica tardenoisiana ebbe analoghe vicende. Sono celebri le grandi officine litiche delle quali si rinvennero tracce nel luogo del Grand-Pressigny, donde i prodotti litici di selce si esportavano fino alla Bretagna. Durante il periodo di transizione dal Neolitico al Bronzo in quasi tutto il territorio francese si hanno costruzioni funerarie dolmeniche e di oggetti di corredo, che dimostrano una penetrazione di nuove genti nel Mezzogiorno francese dalla penisola Iberica, attraverso i valichi dei Pirenei. Nel territorio francese durante il Bronzo si ebbero tre gruppi archeologici regionali: uno S-orientale i cui aspetti culturali rimasero in stretto contatto con quelli della Svizzera occidentale e dell'Italia settentrionale; un secondo, che comprende i territori volti alla valle del Reno e alla Germania meridionale; un terzo comprende le regioni occidentali, dove si continuò a subire influssi culturali iberici. Sul finire della civiltà del Bronzo si introdusse e si diffuse in Francia il rito funebre della cremazione con sepolcreti a tombe piane, nei quali predominava la cremazione sull'inumazione. La prima civiltà del Ferro francese, detta di Hallstatt, è caratterizzata da sepolture a tumulo con rito di seppellimento misto: inumazione e cremazione. Durante questa civiltà si osservano vari gruppi nel territorio francese; il principale, detto orientale, si collega alla regione renana, alla Germania meridionale, alla Boemia, costituendo una sola grande provincia archeologica propriamente celtica. Nel Mezzogiorno si esercitò un influsso greco con la fondazione delle colonie focesi. Con il V sec. a.C., sorse e si sviluppò la civiltà gallica o celtica, detta di La Tène. ║ Medioevo: le invasioni barbariche del V sec. eliminarono il dominio romano sulla Gallia, senza peraltro riuscire a costituire un unico regno romano-barbarico. Intorno al 476, in Gallia sussisteva ancora, nei pressi di Soissons, una piccola zona romana: il resto del territorio fa parte di tre distinti regni barbarici: a Sud quello dei Visigoti, che si stende anche su buona parte della penisola iberica, a Est quello dei Burgundi, comprendente pure buona parte dei territori dei Franchi Salî; destinati i primi due a scomparire assai presto. L'inizio della storia della F. moderna può farsi coincidere con le imprese guerresche dei Franchi Salî e della loro dinastia merovingia, sebbene fino all'843 circa debba parlarsi piuttosto di regnum Francorum, con implicazioni territoriali sensibilmente diverse, anziché di F. Morto nel 481 il re merovingio Childerico, il Governo dei Franchi Salî di Tournai passò al giovane Clodoveo, che eliminò i Romani di Soissons (486-487) e, grazie alla sua conversione al Cattolicesimo e ad un'abile politica verso il clero e la popolazione gallo-romana, riuscì assai presto a costituire il proprio popolo in una forza compatta e ad assicuragli una notevole espansione. Con la vittoria di Vouillé (507) su Alarico II, eliminò i Visigoti dalla Gallia, assorbendo il loro regno ad eccezione della Settimania. Alla morte di Clodoveo (511), il regno si divise tra i figli Teodorico, Clodomiro, Childeberto, Clotario. Per il momento, tale divisione non segnò la fine del processo di espansione della monarchia merovingia: penetrazione in Settimania (534); spedizioni contro i Turingi (529-534); tentativi a danno della Spagna visigota (541). Nel 558, Clotario I poté riunire in uno solo i vari regni franchi. Alla morte di Clotario I (561) nuovamente lo Stato venne diviso tra i suoi quattro figli. Si apre così un periodo di guerre civili, aggravato da un intenso processo di aristocratizzazione della struttura sociale dei regni merovingi, per cui accanto alle guerre fratricide tra i vari sovrani fanno sentire il loro peso, spesso determinando le prime, i contrasti tra i potenti gruppi aristocratici delle varie regioni. In tali lotte, sebbene essa possa annoverare dei ritorni di potenza e di unità statale con Clotario II (613-629) e il figlio Dagoberto (629, 638), la dinastia merovingia finì con l'esautorare se stessa. Il vero potere passò all'aristocrazia, il cui strumento per soppiantare il potere monarchico fu la nuova istituzione dei maggiordomi o maestri di palazzo, capi dell'aristocrazia locale. Tra costoro raggiunse una notevole potenza Ebroino, autentico padrone della Neustria e dell'Austrasia sotto lo schermo del re nominale Clotario III, che combatté contro Pipino II, figlio di un assassinato maestro di palazzo, attorno al quale si era raccolta l'aristocrazia dell'Austrasia. La vittoria di Tertry (687) segnò la fine del predominio della Neustria; l'iniziativa passò dunque all'Austrasia e al suo maestro di palazzo, Pipino II, poi (714) al bastardo di questi, Carlo Martello, il quale dopo un iniziale periodo di lotte, impose il suo effettivo dominio sulla Neustria, l'Austrasia e l'Aquitania e iniziò l'età della ricostruzione interna e di una nuova egemonia del regnum Francorum. A Carlo Martello spetta il merito di avere, con la vittoria di Poitiers (732), respinto l'invasione araba. Nel 751, Pipino il Breve, figlio di Carlo, deposto il re Childerico III, ultimo dei Merovingi, si proclamò re in sua vece. Nasce così la dinastia dei Carolingi, che con Carlomagno, figlio di Pipino (768-814) portò il regno dei Franchi alla maggiore estensione e potenza. Carlo assunse il titolo di imperatore romano d'Occidente (800), creando un nuovo organismo politico che,specie sotto i suoi successori, si venne distinguendo dal regno franco. Il trattato di Verdun dell'843 divise l'Impero, assegnando rispettivamente ai tre figli superstiti di Lodovico il Pio la F. orientale (Germania), l'Italia con la Lotaringia (F. media) e la F. occidentale. Quest'ultima, ingrandita (870) da una parte della striscia intermedia (Lotaringia) in seguito all'estinguersi del ramo di Lotario, sarà poi, sia pure con notevoli oscillazioni, la F. storica, il cui concetto sorge, si può dire, con Carlo II il Calvo e prende consistenza dopo che la deposizione di Carlo il Grosso (887) ha posto definitivamente termine all'impero franco-carolingio. Il secolo che segue vede alternarsi sul trono con gli ultimi carolingi i primi Robertingi. Una nuova epoca nella storia della F. si iniziò nel 987 con l'ascesa al trono del robertingio Ugo Capeto, i cui discendenti (Capetingi) regneranno ininterrottamente per oltre 800 anni. Allo spezzettamento operato in F. dal feudalesimo fu posto rimedio da Filippo Augusto (1180-1223) che tolse ai re d'Inghilterra in Normandia, il Poitou, l'Angiò, la Turenna, la Bretagna e il Maine, lasciando loro solo la Guascogna, e consolidò la sua posizione con la vittoria di Bouvines (1214) sull'Impero. Sotto Luigi VIII (1226) anche la Contea di Tolosa fu sottomessa e il Mediterraneo venne nuovamente raggiunto. L'opera di Filippo Augusto che aveva favorito il movimento comunale, fu continuata da Filippo il Bello che per primo riunì i rappresentanti dei comuni in quelli che saranno poi gli Stati Generali. Malgrado ciò, è con lui che sorse la monarchia assoluta e dispotica, alla quale fu sottomesso perfino il Papato, che nel 1307 stabilì la sua sede in Avignone, ove rimase più di 70 anni. Nel 1328 Edoardo III d'Inghilterra si oppose all'avvento sul trono francese del ramo capetingio del Valois. Fu l'inizio della guerra dei Cent'Anni. La F. sconfitta a Crécy (1346) ed a Poitiers (1356) oltre alle mutilazioni territoriali subì una crisi economica e finanziaria gravissima. Funestata dalla peste nera e sconvolta da violente e feroci sommosse nelle campagne (le Jacqueries), la F. riuscì a ritrovare la propria coscienza nazionale e con la pace del 1453 ricacciò definitivamente gli Inglesi dal proprio suolo (Calais eccettuata). Nasceva intanto dalla disgregazione feudale la nuova borghesia francese, una classe di proprietari terrieri e di mercanti senza scrupoli. Il regno di Luigi XI (1461-1483) segnò la rapida ricostruzione della ricchezza nazionale e un'esplosione territoriale mai conosciuta. ║ Il XVI secolo: nella seconda metà del XVI sec. il Paese fu straziato dalle guerre di religione. Famosa la strage della notte di San Bartolomeo (1572). La spirale della violenza e dell'intolleranza tra i cattolici, capitanati dai Guisa, e tra gli ugonotti fu spezzata dal capo di questi ultimi, Enrico di Borbone Navarra, che dopo l'assassinio di Enrico III (1589) e con l'estinzione del ramo dei Valois Angoulême, si convertì al cattolicesimo così che gli Stati Generali del 1593 lo invocarono come unico re di F. (1594-1610). Riconobbe la libertà di culto ai Riformati, con l'editto di Nantes (1598). Ad opera del ministro Sully la F. riacquistò il suo posto di grande potenza. ║ I secoli XVII e XVIII: a Enrico IV successe Luigi XIII (1610-1643), il quale chiamò al potere il Richelieu (1624). Scopi essenziali della politica della monarchia francese furono allora l'esautoramento della nobiltà e l'abbassamento degli Asburgo. Tale politica fu proseguita con maggior vigore dal Mazzarino che, succeduto al Richelieu, grazie alla minorità di Luigi XIV (1643-1715) rimase fino alla morte (1661) l'arbitro assoluto della F. Assunto il Governo effettivo del Paese (1661), Luigi XIV pose il proprio assolutismo a base di tutta la sua politica: ridusse la nobiltà a nobiltà di corte a Versailles, combatté i giansenisti, revocò l'editto di Nantes contro i calvinisti (1685), si oppose alle pretese papali con 4 articoli della dichiarazione gallicana del 1682, riorganizzò l'esercito, adottando il sistema difensivo delle grandi fortezze del Vauban, risanò le finanze con J.-B. Colbert, inaugurò una politica economica mercantilistica e condusse una serie di imprese militari, alcune delle quali assai fruttuose. All'avvento di Luigi XVI (1774-1792) se le condizioni economiche del Paese erano ancora buone, il dissesto delle finanze dello Stato andò sempre più aggravandosi; inoltre l'Illuminismo aveva spezzato tutte le tavole dei valori tradizionali. Rivoluzione, guerra, dittatura, impero, restaurazione, furono le basi d'appoggio degli avvenimenti che si susseguirono in F. tra il 1789 e il 1815. ║ La Rivoluzione e l'Impero napoleonico (1789-1815): la situazione rivoluzionaria era venuta a crearsi sulla base di contraddizioni e squilibri accresciutisi col crescere della stessa potenza della F. Alla vigilia della Rivoluzione, la F. si presentava come un paese di venticinque milioni di abitanti, da vari secoli ricco e potente, in cui la borghesia mercantile e imprenditoriale costituiva una classe piuttosto vasta e in rapida ascesa e nel quale gli stessi contadini (possessori dei due quinti dei terreni), godevano di un benessere maggiore rispetto a quello dei contadini di qualsiasi altro Paese europeo. Pertanto, la condizione economica e sociale della F. era molto più avanzata rispetto al sistema politico e amministrativo che la reggeva. Fu questo il motivo determinante per cui il cauto tentativo di modificare la struttura politica in modo da consentire una maggiore partecipazione al potere delle classi in ascesa, fece crollare la vecchia impalcatura, basata su secolari meccanismi di comunicazione tra monarchia, aristocrazia, alto clero, da un lato, e, dall'altro lato, la grande maggioranza della popolazione, raggruppata sotto la generica etichetta di "Terzo Stato". Luigi XVI cercò di risolvere la situazione critica in cui il Paese era venuto a trovarsi con procedimenti antiquati e meccanismi ormai troppo arrugginiti, dando così il via a una serie di avvenimenti che dovevano sfociare nella proclamazione della Repubblica (1791). Dal 1792 la F. rivoluzionaria si trovò a dover contemporaneamente sostenere la rivoluzione e la guerra contro il resto d'Europa. Sul piano interno, le conseguenze furono, oltre al rovesciamento della monarchia, l'instaurazione della dittatura di Robespierre, il Terrore e l'ascesa al potere di Napoleone Bonaparte. Tra il 1800 e il 1803, Bonaparte nella sua qualità di primo console si dedicò alla riorganizzazione interna del Paese, compiendo un lavoro che doveva dimostrarsi come il più valido e costruttivo del suo Governo. Contemporaneamente, Napoleone, che nel 1802 si fece nominare console a vita, compiendo così il primo passo verso il titolo di "Imperatore dei Francesi", si stava preparando alla ripresa della guerra contro le potenze europee. Dal maggio 1803, quando si riaccese la guerra, sino all'abdicazione di Napoleone nel 1814, la F. non ebbe più tregua. Se l'Impero napoleonico rimase presto vittima delle sue stesse contraddizioni interne, esso ebbe il merito di estendere e perpetuare in Europa i risultati della Rivoluzione francese, distruggendo i residui feudali in buona parte dell'Italia, della Germania e nei Paesi Bassi. ║ La Monarchia costituzionale (1815-1848): la Restaurazione borbonica del 1815 non poté cancellare tutte le nuove istituzioni che la F. si era data con la Rivoluzione e che l'Impero napoleonico aveva consolidate. Pertanto, il regime monarchico instaurato da Luigi XVIII non poté costituirsi su solide basi di assolutismo e la restaurazione formale coprì un ambiguo compromesso tra Governo parlamentare e assolutismo monarchico. Questo difficile equilibrio poté reggere finché sul trono rimase Luigi XVIII, cauto e rispettoso delle regole parlamentari. Ma, quando l'ultraconservatore Carlo X, che era succeduto al fratello nel 1824, si mostrò intenzionato a restaurare l'ordine pre-rivoluzionario, scrisse l'atto di morte della monarchia borbonica. Pertanto, la rivoluzione del luglio 1830 fu la logica conseguenza di una politica di assolutismo monarchico ormai incompatibile con le nuove tendenze di Governo. La caduta del re era stata provocata dai rappresentanti di quel moderato conservatorismo liberale assai più favorevole a una monarchia costituzionale che non a una Repubblica parlamentare. Il prevalere delle tendenze monarchiche su quelle repubblicane e bonapartiste, portò alla decisione di offrire la corona di F. al duca d'Orléans, discendente da un ramo collaterale e rivale dei Borboni, salito al trono col nome di Luigi Filippo. Il nuovo regime monarchico-costituzionale (1830-1848) assicurò alla F. un periodo di pace e di prosperità, durante il quale l'alta finanza, l'industria e il commercio ebbero grande impulso. Esso però dovette contemporaneamente fronteggiare, da un lato, la sorda opposizione dei clericali e dei monarchici legittimisti che giudicavano il nuovo re un usurpatore, dall'altro lato, la lotta aperta dei bonapartisti, repubblicani e radicali, che si erano sentiti truffati dalla soluzione del 1830. La solidità del nuovo regime apparve perciò assai precaria, mentre le sinistre repubblicane, facendo leva sulle tradizioni rivoluzionarie delle masse, organizzavano dimostrazioni, scioperi, sommosse soffocate nel sangue (1832, 1834, 1839). Assai diversi erano gli scopi che si proponevano i vari gruppi repubblicani. Alcuni di essi si battevano in nome di una repubblica democratico-parlamentare, altri, invece, in nome di una nuova società organizzata su basi socialiste e comuniste. Era questo il caso dei gruppi influenzati da Philippe Buonarroti, Auguste Blanqui e da altri discepoli di Babeuf, che si tenevano in contatto con la Lega dei Giusti (divenuta poi Lega dei Comunisti), fondata a Parigi nel 1830 da un gruppo di esuli tedeschi ai quali si unì nel 1847 Karl Marx. ║ La seconda Repubblica (1848-1851): questi movimenti furono gli animatori della rivoluzione scoppiata a Parigi nel 1848 e del primo scontro di classe del proletariato contro la borghesia. Dopo l'insurrezione popolare del 22 febbraio di quell'anno anche la Guardia nazionale si era schierata dalla parte dei repubblicani, costringendo Luigi Filippo a lasciare il trono. Nel maggio-giugno successivo, la Guardia nazionale rivolse invece le armi contro la folla che reclamava lo scioglimento dell'Assemblea nazionale in cui prevalevano i deputati di tendenza monarchica e i repubblicani moderati, mentre socialisti e radicali erano riusciti a conquistare appena un centinaio di seggi su 876. Essi furono dichiarati decaduti dopo l'insurrezione del giugno 1848, la cui repressione aprì la strada alla restaurazione conservatrice, sancita dalla nuova Costituzione del novembre successivo. In dicembre si svolsero le elezioni presidenziali in cui Luigi Napoleone Bonaparte, nipote del grande Napoleone, ottenne cinque milioni e mezzo di voti, su sette e mezzo. Questo consenso quasi plebiscitario fu interpretato come un rifiuto, da parte del popolo, della Repubblica liberale e segnò l'inizio della restaurazione monarchica e della dittatura militare. ║ Il secondo Impero (1852-1870): nel 1851 il nuovo capo dello Stato rovesciò il regime parlamentare, assunse i pieni poteri e decretò il prolungamento per altri dieci anni della sua presidenza. L'anno successivo diede al regime forma pienamente bonapartista, proclamando il Secondo Impero e assumendo il nome di Napoleone III. L'iniziale autoritarismo andò però gradatamente allentandosi e, dopo il 1860, il regime bonapartista sviluppò gradualmente le istituzioni parlamentari, lasciando maggiore margine di manovra all'opposizione repubblicana che, nel 1869, contava un centinaio di deputati. Premuto dalle forze di opposizione e screditato da una lunga serie di insuccessi in politica estera, l'Impero stava già barcollando, quando fu travolto dalla disfatta militare di Sedan (1870). ║ La terza Repubblica (1871-1918): molto difficili furono gli inizi della Terza Repubblica, costretta ad accettare le dure condizioni imposte dalla Prussia per la firma della pace (1871), dovendo cedere l'Alsazia-Lorena e impegnandosi a pagare una forte indennità, garantita dalla presenza di truppe tedesche nelle province settentrionali. La protesta nazionale contro l'umiliazione della disfatta trovò elementi di coesione con l'opposizione repubblicana contro il Governo provvisorio, presieduto da Adolph Thiers nel quale prevalevano gli elementi monarchici. A questa opposizione moderata si aggiunse la lotta di classe del proletariato urbano che esplose infine nella rivoluzione che va sotto il nome di Comune di Parigi (18 marzo-28 maggio 1871). Dopo due mesi di violente battaglie, le forze nazionali di Thiers si imposero sulla rivoluzione. Si ebbero feroci rappresaglie, furono imprigionate e deportate migliaia di persone, e avviata una politica che ben qualificava una "Repubblica" istituita da un'Assemblea composta in maggioranza da elementi monarchici. Nel 1875, con un solo voto di maggioranza, fu approvata la nuova Costituzione repubblicana e nel 1877, fallito il tentativo di un colpo di stato da parte del presidente monarchico M.E. Mac Mahon, i repubblicani riuscirono ad eleggere 320 deputati contro 210 monarchici. Nel 1879 Mac Mahon entrò nuovamente in conflitto col Parlamento e si dimise. L'elezione alla presidenza del vecchio repubblicano Jules Grévy concluse il primo e travagliato periodo della Terza Repubblica. Tuttavia, anche negli anni seguenti essa fu a varie riprese messa in pericolo dai furiosi attacchi sferrati dalla destra monarchica in occasione di alcuni sensazionali scandali politici. Particolarmente gravi furono lo scandalo riguardante il finanziamento del Canale di Panama (1891) in cui erano implicati ben sei ministri, e il clamoroso caso Dreyfus (1894-1900), il capitano accusato di spionaggio in favore della Germania e condannato da un tribunale militare sulla base di prove risultate poi false. La battaglia politica condotta intorno al caso Dreyfus ebbe importanti conseguenze poiché consentì ai socialisti di insediarsi saldamente nella vita politica della Terza Repubblica. Uscita dall'isolamento in cui l'aveva costretta la disfatta del 1870, la F. aveva operato nel frattempo un avvicinamento alla Gran Bretagna e alla Russia, partecipando inoltre largamente all'espansione coloniale europea in Africa e Asia: imposizione del protettorato sulla Tunisia nel 1881: occupazione dell'Indocina e di Gibuti nel 1883-85, del Madagascar nel 1895, ecc. Sul piano interno, caduto l'iniziale appoggio dei socialisti ai governi radicali e accentuatosi il carattere rivoluzionario del movimento sindacale, facente capo alla CGT, il Governo, capeggiato dapprima dal radicale G. Clemenceau, poi dagli ex socialisti A. Briand e R. Viviani, operò una sterzata a destra, reprimendo duramente ogni manifestazione operaia. La relativa esiguità della classe operaia francese e la scarsa partecipazione sindacale non consentirono una concreta attuazione, nello sciopero generale, delle enunciazioni teoriche sulla conquista del potere. Da parte sua, l'esigua rappresentanza parlamentare socialista (74 seggi nel 1910) non era in grado di influire efficacemente sull'orientamento del Governo. Nel 1912 il potere fu assunto da Raymon Poincaré che nei dodici anni successivi esercitò la propria influenza, oltre che sulla F., sul resto dell'Europa, sconvolta dalla guerra. Pur avendo subìto l'invasione di una parte del proprio territorio, la F. uscì dalla guerra 1914-18 con una struttura economica più salda di quella degli altri paesi europei e ciò le consentì di assumere una posizione di egemonia. ║ Il ventennio tra le due guerre (1919-1939): il Parlamento eletto nel 1920 venne denominato Chambre bleu-horizon, poiché in esso erano presenti numerosi ufficiali in uniforme ed era composto in grande maggioranza da accesi nazionalisti e da conservatori cattolici. Le elezioni del 1924 fecero giustizia di questa Assemblea conservatrice, così come del Governo di destra presieduto da Poincaré e dello stesso presidente della Repubblica, A. Millerand. Esse portarono infatti alla vittoria le sinistre riunite nel Cartel des Gauches che affidarono la presidenza del Governo dapprima al radical-socialista E. Herriot, poi al socialista indipendente L. Blum. L'ibrida coalizione liberal-socialista, fortemente ostacolata dalle destre e dagli ambienti economici e finanziari, non riuscì a sanare la difficile situazione economica in cui versava il Paese e nel 1926 cedette il posto al Bloc National capeggiato da R. Poincaré al quale vennero concessi poteri speciali. La situazione, resa incandescente da frequenti manifestazioni e tumulti di piazza, precipitò in seguito allo scandalo bancario Stavisky che provocò la caduta del Governo presieduto da C. Chautemps (1934). Seguirono poi un tentativo di colpo di stato da parte di elementi filofascisti e la costituzione di un Governo "nazionale d'emergenza", ossia di destra, presieduto dal vecchio G. Demergue, di cui era ministro degli Esteri Pierre Laval, che perseguì una politica condiscendente nei confronti dei governi nazi-fascisti. La minaccia del Fascismo favorì la costituzione del Fronte popolare, ossia della coalizione di sinistra (comunisti, socialisti e radicali) affermatasi nelle elezioni del 1936. Si formò un Governo, appoggiato all'esterno dai comunisti, presieduto da L. Blum. Tra innumerevoli difficoltà e violente opposizioni il Rassemblement populaire portò avanti una politica per molti lati fallimentare, e riuscì a sopravvivere per soli due anni. Infine fu costretto a cedere il posto a un nuovo Governo presieduto dal radicale E. Daladier (1938-1940) che governò con decreti speciali, mentre si addensavano le nubi della guerra. ║ La seconda guerra mondiale (1939-1945): di fatto il Parlamento fu svuotato di ogni potere ancor prima della sua convocazione a Vichy (1940) per ratificare l'armistizio con la Germania, dopo che le truppe tedesche avevano occupato Parigi. Esso conferì i pieni poteri al decrepito maresciallo Pétain, affiancato da P. Laval. A questo Governo filofascista, si contrappose però immediatamente il Movimento per la F. libera, costituitosi ancor prima che fosse firmato l'armistizio, in seguito all'appello lanciato da radio Londra (1940) dal generale Charles de Gaulle che incitava i Francesi a continuare la lotta. Egli si assunse il compito di riscattare l'operato del Governo di Vichy e ciò consentì alla F. di figurare tra le potenze vincitrici. All'Assemblea costituente, eletta il 21 ottobre 1945, emersero tre grandi partiti di massa: comunista, socialista (SFIO), democratico-cristiano (MRP: Mouvement républicain populaire). Su questa base tripartita, con le caratteristiche del Fronte popolare, fu costituito un Governo presieduto da De Gaulle. Nel gennaio 1946 egli però si dimise e venne sostituito dal socialista F. Gouin al quale succedettero G. Bidault e L. Blum. ║ La quarta Repubblica (1946-1958): in una situazione politicamente molto incerta, il 13 ottobre 1946 nasceva la Quarta Repubblica, e nel gennaio successivo veniva eletto presidente il socialista V. Auriol. Con la costituzione del Governo presieduto da L. Ramadier, i grandi programmi della Resistenza vennero ridimensionati e la vita politica andò assumendo un orientamento sempre più favorevole alle correnti moderate e conservatrici, arroccatesi attorno al gollista Rassemblement du peuple français. Nel maggio successivo il Partito comunista, che nelle elezioni di novembre si era affermato come lo schieramento più forte fu escluso dal Governo. Ne seguì una instabilità di governo che portò a una rapida successione di ministeri di centro-destra e di centro-sinistra, concordi nell'adozione di una politica rigorosamente occidentalista, concretatasi nell'adesione al Patto Atlantico (1949). La situazione politica interna non si presentava molto dissimile da quella dell'anteguerra a causa della cronica instabilità di governo e dell'impossibilità di elaborare un serio programma di rinnovamento strutturale. Questa situazione, già di per sé grave, era inoltre appesantita dalla mancata soluzione del problema coloniale. L'adozione di una politica di forza contro i movimenti nazionalisti dell'Indocina (Vietnam) e dell'Africa settentrionale portò la F. ad avventurarsi in una serie di conflitti che la portarono sull'orlo del collasso. Mentre di fronte all'aggravarsi della situazione P. Mendès-France, divenuto primo ministro nel 1954, ebbe il coraggio di sanare, con un taglio netto, le piaghe dell'Indocina e della Tunisia, i governanti che lo seguirono apparvero incapaci di trovare una qualche soluzione. Di fronte alla rivolta militare di Algeri (1958) e al pericolo di una guerra civile, il Parlamento (nelle elezioni del 1956 si era avuto il disfacimento dei gruppi gollisti, l'affermazione dei comunisti e la nascita del pujadismo) accettò la candidatura al potere di De Gaulle. ║ La quinta Repubblica: costituito un Governo di Unione Nazionale (1958), il generale preparò il referendum che avrebbe dato vita alla Quinta Repubblica. Salito al potere come rappresentante dei colonialisti, De Gaulle si assunse il compito di liquidare il pesante fardello coloniale, opponendosi agli oltranzisti di Algeri che, come ultima risorsa, fecero ricorso all'insurrezione armata (1961). Risolto il problema algerino con la piena indipendenza (1962), De Gaulle impostò su nuove basi, per molti versi più solide, i rapporti con le ex colonie africane. Inaugurò inoltre una politica tendente a riscattare la F. dalla soggezione agli Stati Uniti, impegnandosi per il superamento dei "blocchi", in nome della grandeur francese e di un'Europa estesa dall'Atlantico agli Urali. Le componenti di fondo su cui si erano articolate le vicende della F. gollista sino al 1969 ebbero come conseguenza il distacco della F. dalla NATO e dagli Stati Uniti, la creazione di una forza nucleare autonoma, il rifiuto di firmare il trattato per una parziale messa al bando degli esperimenti nucleari, l'adozione di una politica di apertura verso l'Unione Sovietica e gli altri paesi comunisti, compresa la Cina, riconosciuta ufficialmente sin dal 1964. Tale linea non mancò di sollevare timori e perplessità all'interno dello schieramento gollista. Sul fronte opposto, il progetto delle sinistre di costituire un'alternativa al gollismo si concretò con la candidatura, nelle elezioni presidenziali del 1965, di F. Mitterand che, al secondo scrutinio, riuscì a sottrarre il 45% dei voti a De Gaulle. Nonostante le spinte centrifughe, avvenute all'interno del Partito gollista, ribattezzato al Congresso del 1967 Union des Démocrates, la politica gollista non subì varianti e, tra l'altro, la F. continuò ad opporre il proprio veto all'ingresso della Gran Bretagna nel MEC. Molti problemi restavano però insoluti ed il Paese fu coinvolto in una grave crisi finanziaria. Nel maggio 1968 fu scosso da un'ondata rivoluzionaria, nata come agitazione studentesca e trasformatasi in un vasto movimento popolare che colse di sorpresa la stessa organizzazione comunista, impegnata, insieme con l'organizzazione sindacale, facente capo alla CGT, a incanalare l'agitazione entro gli argini tradizionali. De Gaulle sciolse l'Assemblea nazionale, appellandosi all'elettorato che, nell'atmosfera di panico, dirottava una parte dei propri voti dalla sinistra allo schieramento gollista. Nonostante il successo elettorale, la posizione di De Gaulle andò ulteriormente indebolendosi così che nel referendum del 1969, per l'approvazione della riforma amministrativa, fu messo per la prima volta in minoranza. Avendo dato al referendum un valore di fiducia, De Gaulle si dimise e, nelle elezioni presidenziali dello stesso anno, di fronte a uno schieramento di sinistra quanto mai frazionato e in piena crisi ideologica e politica, spettò a due esponenti dello schieramento conservatore di contendersi il potere. L'ex primo ministro G. Pompidou si affermò col 58,20% dei voti su Poher. Della politica gollista non rimaneva però ormai che l'etichetta. L'assunzione della presidenza da parte di Pompidou riportava infatti la F. entro gli argini di una politica moderata, meno intransigente verso l'europeismo e la politica statunitense, meno incline alla grandeur, e tesa soprattutto al risanamento dell'economia del Paese. Nel 1969, il Governo presieduto da Chaban-Delmas procedette alla svalutazione del franco (12,50%) e adottò una serie di misure restrittive, tendenti a riequilibrare l'economia del Paese e consentire una successiva fase espansionistica. La compagine gollista cominciò tuttavia a presentare sempre più evidenti segni di crisi. La nomina di Pierre Messmer a primo ministro (1972), in sostituzione di Chaban-Delmas, non valse ad arrestare lo sfaldamento dell'UDR (Union des démocrates pour la République), investita da una serie di scandali e di defezioni da parte di ex ministri gollisti, tra cui uomini di prestigio come E. Faure. Da parte loro le sinistre, in vista delle elezioni del 1973, diedero vita a un patto di unità tra comunisti e socialisti. Il primo turno delle elezioni legislative, svoltosi il 4 marzo, faceva registrare un netto avanzamento delle sinistre nel loro complesso (46,49%) e un sensibile regresso del campo gollista. Tuttavia, dato il sistema elettorale uninominale, la composizione del nuovo parlamento vide riconfermata la maggioranza della coalizione di Governo, per quanto ridimensionata: 181 seggi al gollista UDR (31,5% dei voti); 54 seggi ai repubblicani indipendenti di Giscard d'Estaing (6,9%); 21 seggi al Centro democrazia-progresso (4,2%); 31 ai "riformatori" guidati da Lecanuet e Servan-Schreiber (6,3%). Quanto alle sinistre, pur avendo guadagnato un centinaio di deputati rispetto al 1968, non riuscirono a conquistare che 181 deputati: 89 socialisti, 73 comunisti, 11 radicali, 5 di estrema sinistra, 3 del PSU. La nuova legislatura della Quinta Repubblica iniziò con le dimissioni formali del primo ministro Messmer, subito riconfermato dal presidente Pompidou. Nei mesi seguenti cominciarono a manifestarsi sempre più evidenti segni di nervosismo nella maggioranza, anche in conseguenza dell'aggravarsi dello stato di salute di Pompidou a due anni dalla scadenza del suo mandato presidenziale. Il 2 aprile 1974 George Pompidou moriva e il 5 maggio si svolgeva il primo turno delle elezioni presidenziali che segnavano il crollo elettorale del gollismo, rappresentato ufficialmente da Chaban-Delmas (15,15% dei voti), nettamente superato dal leader dei repubblicani indipendenti, Giscard d'Estaing (32,70%), fattosi portavoce di quello schieramento di centro-destra che De Gaulle aveva assorbito nel suo grande Fronte Nazionale. Al secondo turno il "fronte" delle destre si schierò compatto per Giscard che risultò vincitore, sia pure di strettissima misura, sul candidato della sinistra unita, Mitterand (49,33%), confermando la bipolarizzazione della politica francese tra destra e sinistra. Il nuovo presidente affidò l'incarico di costituire il Governo al giovane gollista Chirac, che impostò un programma piuttosto impegnativo e caratterizzato in senso riformistico, per contrastare il passo alle sinistre sul loro stesso terreno: trasformazione della società in modo da assicurare alle masse un "reddito minimo garantito" e di promuovere la giustizia sociale. Sul piano della politica estera il presidente Giscard indicava i principi ai quali si ispirava il suo programma e in primo luogo la libertà di decisione che la F. si riservava nel rispetto degli impegni internazionali precedentemente sottoscritti. Egli inoltre affermava la dimensione mondiale della politica estera francese. Sia sul piano interno che internazionale non vi erano novità di rilievo rispetto al periodo precedente, essendo le modifiche più di stile che di sostanza. Sul piano interno, nonostante le ambizioni riformistiche giscardiane, non poche erano le manifestazioni di malcontento, soprattutto da parte dei giovani, attivi nelle caserme, contro una disciplina militare oppressiva, nelle scuole, contro sistemi educativi considerati antiquati, nelle agitazioni sociali di ogni genere in cui il Partito comunista si poneva in prima linea, per non lasciare spazio ai gruppi dell'estrema sinistra. Nelle elezioni del 1978, i partiti di Governo ottenevano la maggioranza dei voti, ma nonostante ciò si apriva per Giscard un periodo di gravi difficoltà, generate innanzitutto dal fallimento del suo piano per fronteggiare l'acuta crisi economica. La difesa del franco, il contenimento della bilancia dei pagamenti e la riorganizzazione dell'assistenza sociale, non riuscivano ad impedire l'aggravarsi del deficit pubblico che provocava il dilagare di manifestazioni di protesta. Questa situazione favoriva, nelle elezioni regionali del marzo 1979, una considerevole affermazione dei partiti di sinistra. Gli anni immediatamente precedenti le consultazioni elettorali per la presidenza della Repubblica vedevano una perdita di popolarità di Giscard: gli interventi militari in Africa, la scelta nucleare e alcuni gravi scandali che coinvolgevano lo stesso presidente in carica (l'affare Bokassa; il suicidio del ministro del lavoro Robert Boulin) rendevano problematica la riconferma del mandato presidenziale di Giscard. Nel maggio 1981, infatti, veniva proclamato presidente della Repubblica il socialista François Mitterand che affidava a Pierre Mauroy l'incarico di formare il nuovo Governo. Nelle elezioni politiche tenutesi nel giugno successivo, i socialisti confermarono il proprio successo ottenendo la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Pierre Mauroy fu nuovamente indicato come primo ministro e costituì il suo gabinetto includendo nella compagine ministeriale quattro esponenti del PCF. In accordo con il programma caldeggiato anche da Mitterand, il Governo si impegnò in una serie di riforme quali l'abolizione della pena di morte, la nazionalizzazione di alcuni settori economici, progetti di cogestione delle imprese, settimana lavorativa di 39 ore, una sorta di tassa patrimoniale, provvedimenti di decentramento amministrativo a vantaggio di dipartimenti e regioni, ecc. La politica estera, invece, mantenne un indirizzo europeista e filo-occidentale, pur manifestando maggior interesse e iniziativa nei confronti dei Paesi del Terzo Mondo. Tuttavia la situazione di recessione, di crescente inflazione e disoccupazione portò di necessità a un maggior rigore nella gestione dell'economia, a un blocco dei salari e ad una certa condiscendenza alle leggi di mercato. Tutto ciò portò a una rottura con il Partito comunista e ad una crisi dell'esecutivo, anche in seguito ai risultati deludenti delle sinistre alle elezioni europee del 1984 a fronte di un incremento di consensi delle destre neogolliste. Mauroy si dimise e fu sostituito da Laurent Fabius che costituì un nuovo Governo escludendo i comunisti sia dalla rappresentanza ministeriale sia dalla maggioranza politica. Questo fatto segnò la fine della Union de la Gauche che aveva di fatto caratterizzato il decennio precedente. Nei suoi due anni di vita il Governo Fabius, dimenticata la propria vocazione riformista, pur ottenendo un discreto successo contro l'inflazione (che scese al 5%) e pur operando un ribasso dei carichi fiscali, non riuscì a raggiungere apprezzabili risultati nella lotta alla disoccupazione. Ne seguì, alle consultazioni legislative del 1986, un consistente spostamento a destra dell'elettorato e una sostanziale punizione della sinistra, sia socialista sia comunista. Pur restando i socialisti il maggior gruppo rappresentato in Parlamento, l'incarico per la formazione del Governo fu di necessità affidato da Mitterand al neogollista Jacques Chirac, premier della coalizione vincente alle elezioni, le prime con il sistema proporzionale introdotto nel 1985. Si verificò così, per la prima volta, il fenomeno della "coabitazione", essendo contemporaneamente in carica un presidente della Repubblica e un primo ministro appartenenti a due schieramenti opposti. Il nuovo esecutivo si impegnò a una serie di privatizzazioni (spesso di imprese nazionalizzate pochi anni prima dai socialisti), a provvedimenti di liberalizzazione e deregolamentazione economica e, nonostante la stagnazione e una lenta crescita del prodotto interno, a un incremento delle spese militari. Il malessere sociale e le frequenti contestazioni di piazza (ricordiamo in particolare quella studentesca che coinvolse un milione di giovani contro il progetto di riforma delle università) crearono difficoltà a Chirac che infatti, nel 1988, sfidò Mitterand nelle elezioni presidenziali e ne uscì sconfitto. Il presidente socialista, non appena riconfermato, sciolse l'Assemblea Nazionale e ne indisse il rinnovo per ristabilire armonia di intenti tra i due rappresentanti del potere esecutivo. La maggioranza dei seggi ottenuta dalle sinistre gli consentì, infatti, di chiamare alla formazione del governo il socialista Rocard. Quest'ultimo, appoggiandosi ora al Partito comunista ora al centro moderato e riformista, cercò di governare la difficile situazione economica (alto tasso di disoccupati, bassi salari specie nel settore pubblico, ripresa dell'inflazione) nonché i problemi sociali legati al malfunzionamento scolastico e al fenomeno dell'immigrazione. La scarsa incisività della sua azione lo costrinse, però, alle dimissioni nel 1991 (caldeggiate dallo stesso presidente) e portò alla nomina nel maggio del 1992 di Edith Cresson, collaboratrice di lunga data di Mitterand e già titolare del ministero dell'Agricoltura e poi del Commercio. Neanche in questo caso il bilancio dei risultati fu lusinghiero, come mostrarono le elezioni cantonali della primavera 1992 con il crollo di consensi subito dal Partito socialista. La signora Cresson fu sostituita alla guida del Governo da Pierre Bérégovoy, incaricato di condurre il Paese alla scadenza elettorale del 1993 e di risollevare il credito del partito nell'opinione pubblica. Bérégovoy si concentrò nella lotta all'inflazione e nella difesa del valore della moneta nazionale anche sul mercato estero; parallelamente, però, si ebbe una crescita del tasso di interesse che, a sua volta, contribuì a portare il numero dei disoccupati addirittura all'11% della popolazione attiva. L'appuntamento elettorale, in cui fu ripristinato il sistema maggioritario, non premiò il lavoro del Governo, anche a causa di una serie di scandali in cui erano stati coinvolti alcuni dei suoi membri. Il netto successo delle destre portò per la seconda volta a una coabitazione fra Mitterand e un esponente neogollista, Edouard Balladur, che si diede due obiettivi prioritari: il rilancio dell'economia e la soluzione del problema immigrazione. Il ministro degli Interni Pasqua inaugurò una linea puramente e duramente repressiva nei confronti non solo degli immigrati recenti ma degli stranieri tout court. Le elezioni presidenziali del 1995 videro la vittoria di Chirac sul candidato socialista Lionel Jospin e l'immediata nomina di Alain Juppé come primo ministro. All'iniziale priorità conferita dall'esecutivo alla lotta alla disoccupazione, subentrò la consueta azione rigorista costituita da privatizzazioni, ristrutturazioni e interventi di tagli alla sanità e alla previdenza sociale. L'autunno fu segnato da uno sciopero, iniziato dai ferrovieri e dilagato a numerose categorie, che costrinse il Governo a recedere su numerosi punti. La cronaca interna registrò invece episodi drammatici di terrorismo compiuti dagli estremisti algerini nel 1995, mentre si acuì durante tutto il 1996 il problema dei sans papier, gli stranieri senza permesso di soggiorno. In politica estera ci furono disaccordi con gli Stati Uniti riguardo agli interventi in Iraq e all'embargo contro la Libia e Cuba; d'altra parte la decisione di effettuare sei esperimenti atomici in Polinesia costò alla Francia una censura formale da parte dell'ONU. Alle elezioni del 1997 i partiti della coalizione di Governo vennero duramente sconfitti dalle sinistre e il nuovo esecutivo, guidato dal socialista Lionel Jospin, si trovò a dover coabitare con un capo dello stato di opposta tendenza. L'affermazione dei socialisti si consolidò con la vittoria alle Europee del 1999, dovuta in buona parte ai risultati positivi raggiunti dalla politica del premier Jospin in materia di lotta alla disoccupazione. Nelle amministrative del 2001 la sinistra conquistò Parigi con l'elezione a sindaco di Delanoë, ma la destra si affermò nel resto del Paese. Nel corso del 2001 scoppiarono numerosi scandali che coinvolsero il presidente Chirac, relativi alle case popolari e ai fondi al suo partito; nonostante ciò egli si ricandidò alle presidenziali, tenutesi nella primavera 2002, che lo riconfermarono presidente, segnando la netta avanzata dell'estrema destra di Jean-Marie Le Pen. Il terremoto elettorale provocò l'abbandono della scena politica da parte del socialista Jospin, sostituito dal moderato di destra Jean-Pierre Raffarin, nominato ad interim fino alle elezioni legislative del giugno seguente. Il 1° gennaio 2002 l'euro era intanto divenuto la nuova moneta ufficiale del Paese. Nel giugno 2002 si svolsero le elezioni legislative in un clima di astensionismo record (disertò il 39% degli elettori): ai ballottaggi del 16 giugno il centro-destra trionfò, la sinistra di Jospin subì un'altra sconfitta, così come il Fronte Nazionale di Le Pen, che scomparve dall'Assemblea Nazionale. Il Governo, guidato dal confermato Raffarin, dovette presto affrontare problematiche di tipo sociale: i progetti di riforma nel settore previdenziale incontrarono una vastissima opposizione, sfociata in scioperi e movimenti di massa. In particolare i vasti scioperi del novembre 2002 (dei dipendenti pubblici contro i progetti governativi di privatizzazione) e del maggio 2003 (contro i progetti di riforma pensionistica portati avanti dal nuovo Esecutivo) bloccarono per giorni molte attività del Paese. Se la linea adottata dal Governo in ambito economico-sociale risultò nettamente impopolare, le scelte di politica internazionale ottennero, invece, un ampio sostegno da parte dei Francesi: fin dalla fine del 2002 la F. si oppose a un intervento armato in Iraq, battendosi, insieme a Germania e Russia, per la continuazione della missione in Iraq degli ispettori dell'ONU. In seguito all'attacco anglo-statunitense in Iraq (marzo 2003), si creò una seria frattura politica con i Paesi interventisti su problemi di fondamentale importanza, quali il ruolo dell'ONU e la legittimità della guerra "preventiva" statunitense. Dopo il crollo del regime di Saddam Hussein, la F., mantenutasi neutrale durante tutte le fasi della guerra, offrì il suo contributo per la ricostruzione dell'Iraq, che venne rifiutato dall'amministrazione Bush (dicembre 2003). Nel febbraio 2004 una legge approvata dal Parlamento provocò numerose reazioni all'interno del Paese: ispirata da principi di laicità, la legge obbligava i membri di gruppi religiosi a non ostentarne la loro appartenenza, proibendo quindi l'uso del velo islamico, del copricapo ebraico, del turbante Sikh e di croci vistose. In marzo si tennero le elezioni amministrative che decretarono la netta sconfitta del partito del presidente Chirac e la vittoria delle sinistre. Nonostante le sue pronte dimissioni, il premier Raffarin si vide riconfermata la fiducia presidenziale e fu incaricato di formare un nuovo Governo. Nel maggio 2005 il Paese venne chiamato a ratificare con un referendum la Costituzione europea: nonostante gli appelli del Governo, la F. decise di negare il suo consenso. Il voto negativo provocò una crisi all'interno dell'Esecutivo che si risolse con le dimissioni di Raffarin, sostituito da Dominique de Villepin. In ottobre il Paese si trovò di fronte a un'emergenza senza precedenti. Dopo la morte di due giovani nord-africani che, inseguiti dalla polizia, avevano trovato rifugio in una cabina dell'energia elettrica rimanendo fulminati, le periferie settentrionali di Parigi furono devastate da disordini che si tradussero in centinaia di auto incendiate e in violenti scontri con la polizia. Ben presto le proteste si estesero ad altre periferie francesi e il Governo decise di introdurre misure di sicurezza straordinarie, tra cui il coprifuoco. Qualche mese dopo, nel marzo 2006, il Paese fu percorso da un'ondata di protesta promossa dagli studenti liceali e universitari, i quali, appoggiati dai sindacati e dagli insegnanti, manifestarono nelle piazze il loro dissenso nei confronti del disegno di legge denominato CPE (Contratto di prima assunzione), che prevedeva la possibilità per i datori di lavoro di licenziare senza vincoli nei primi due anni. In aprile il CPE venne ritirato dal Governo. In giugno il Parlamento approvò un nuovo provvedimento restrittivo in materia di immigrazione, mentre sul piano internazionale, il presidente Chirac aveva annunciato in precedenza che l'arsenale nucleare francese era stato riconfigurato ed era ora in grado di colpire qualsiasi Paese avesse appoggiato un'azione terroristica contro la Francia. Nel maggio 2007 le elezioni presidenziali francesi videro la vittoria l'ex ministro dell'interno Nicolas Sarkozy, il candidato appoggiato dal presidente uscente Jacques Chirac, che raccolse oltre il 53% dei consensi. Nello stesso mese, le elezioni politiche registrarono l'affermazione del UMP, il partito del neo eletto presidente. L'Ump conquistò la maggioranza assoluta in Parlamento con un successo di gran lunga inferiore al previsto dopo l'andamento del primo turno. I risultati definitivi assegnarono 311 seggi all'Ump, 184 al Partito socialista (più 21 apparentati); i comunisti conquistarono 15 seggi (più 3 apparentati), i verdi 4. In percentuale l'Ump ottenne il 47,79% dei voti, contro il 46,06% dei socialisti e apparentati. Venne nominato primo ministro François Fillon. Le elezioni europee del 2009 videro l'affermazione dell'Ump, mentre i socialisti di Martine Aubry con il 16,76% ottennero uno dei loro peggiori risultati nelle consultazioni europee. La vera sorpresa di queste elezioni fu la formazione Europa Ecologia di Daniel Conh-Bendit (16,2%).

LE FASI PRINCIPALI DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE
1789
5 maggio
Il re inaugura gli Stati Generali. Ha inizio la Rivoluzione.
9 luglio
Viene proclamata l'Assemblea Nazionale Costituente, col compito di preparare una Costituzione e trasformare la monarchia assoluta in costituzionale.
14 luglio
Il popolo di Parigi, guidato dalla borghesia, assalta la Bastiglia.
26 agosto
L'Assemblea Nazionale Costituente approva la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino.
1790
Dalla seconda metà dell'anno comincia a delinearsi una rottura tra la borghesia, la nobiltà monarchico-costituzionale e il popolo.
1791
20 giugno
Il re Luigi XVI e la sua famiglia tentano la fuga, ma vengono fermati a Varennes.
30 settembre
Il re approva la Costituzione. L'Assemblea Costituente si scioglie e ha inizio l'Assemblea Legislativa.
1792
20 aprile
Luigi XVI dichiara guerra all'Austria.
10 agosto
Il popolo assalta Les Tuileries, residenza del re. L'Assemblea Legislativa vota la convocazione di una Convenzione eletta a suffragio universale.
20 settembre
La Convenzione abolisce la monarchia e proclama la repubblica. I gruppi politici facenti parte della Convenzione furono i girondini, i montagnardi e la Palude.
1793
21 gennaio
Luigi XVI è ghigliottinato sulla Place de la Concorde.
febbraio-marzo Si forma la prima coalizione contro la Francia. Partecipano: Austria, Prussia, Russia, Spagna, Sardegna, Stato Pontificio, Toscana e Regno di Napoli.
6 aprile
Viene istituito il Comitato di Salute Pubblica, dominato da Danton.
10 luglio
Danton viene escluso dal Comitato; subentra Saint-Just.
13 luglio
Jean Paul Marat viene ucciso da Charlotte Corday.
27 luglio
Robespierre entra nel Comitato di Salute Pubblica. Ha inizio il Terrore.
fino all'estate del 1794 Il tribunale rivoluzionario erogherà più di 18.000 condanne a morte.
29 settembre
La Convenzione vota il maximum generale: è il culmine dell'economia controllata.
16 ottobre
La regina Maria Antonietta viene giustiziata.
1794
5 aprile
Esecuzione di Danton e degli altri capi montagnardi moderati.
22-23 luglio
Ha inizio la cospirazione di Termidoro, guidata da alcuni estremisti montagnardi.
Robespierre e i suoi vengono progressivamente isolati.
27 luglio
Robespierre e Saint-Just vengono giustiziati.
1795
maggio-giugno Aumenta la repressione di chi ha un passato giacobino: è il cosiddetto Terrore bianco.
22 agosto
La Convenzione vota la Costituzione dell'anno II, che abolisce il suffragio universale e crea due Camere e un Direttorio.
5 ottobre
Le truppe del giovane generale Napoleone Bonaparte reprimono un tentativo realista del 13 Vendemmiaio.
26 ottobre
Scioglimento della Convenzione. Ha inizio il Direttorio.
1796
aprile Comincia la grande ascesa di Napoleone.
10 maggio
In seguito ad un tentativo di rivolta, la Congiura degli Eguali, Babeuf è arrestato e ghigliottinato.
1797
Il Direttorio è ormai privo della forza per lottare. Continua l'avanzata di Napoleone (17 ottobre: Pace di Campoformio).
1798
febbraio Elezioni dei Consigli: il predominio passa ai giacobini.
11 maggio
Colpo di Stato del 22 Floreale; le elezioni non vengono svolte.
1799
18 giugno
I Consigli prendono il sopravvento sul Direttorio.
9 ottobre
Napoleone torna in Francia dall'Egitto.
9-10 novembre
Colpo di Stato del 18 Brumaio. Napoleone rovescia il Direttorio, istituisce il Consolato ponendo così fine alla Rivoluzione francese.

La Francia nel XVIII secolo


LETTERATURA

Medioevo: nel IX e X sec. la F. possedeva già due lingue letterarie: la lingua d'oc o provenzale, che poi decadde (XIV sec.) al rango di dialetto, e la lingua d'oïl o francese, che era formata dall'apporto di vari dialetti (lorenese, piccardo, borgognone, francien, ecc.). Il francien fu adottato come lingua ufficiale dalla cancelleria capetingia e si affermò sugli altri dialetti. I più antichi monumenti letterari francesi furono poemi epici, racconti cavallereschi. Questi poemi (detti chanson de geste) avevano come eroi personaggi, veri o fantastici, del mondo di Carlo Magno, e specialmente Orlando; il più antico è la Chanson de Roland, giunto a noi in una redazione del XII sec. Nei poemi d'amore, i personaggi erano eroi del ciclo di Bretagna, re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda (Il santo Graal, Merlino, Artù, Lancellotto del Lago, Tristano, ecc.). Un terzo gruppo di opere aveva come argomento fatti e personaggi, fantasticamente e ingenuamente deformati, di Troia, Grecia e Roma. Posteriori al XIII sec. sono vari romanzi d'avventure (Guillaume de Palerme, Floire et Blanchefleur, Aucassin et Nicolette). Prodotto caratteristico del Basso Medioevo francese sono i fabliaux, composizioni letterarie di varia forma, di intento satirico, a volte anche licenzioso, descriventi, con humour, fatti vissuti o inventati e situazioni comiche. Opere didattiche furono il Roman de la Rose (di Guglielmo de Lorris e Giovanni di Meung), i vari Bestiari, il Liber de Creaturis, L'image du monde. Fra i lirici medioevali il più grande fu Rutebeuf. Copiose erano le opere a carattere religioso, fra cui anche i drammi (sacre rappresentazioni), come il Mistero della Passione. Il teatro comprendeva nel suo repertorio anche abbondante materiale profano, e poeti come Rutebeuf o Adam de la Halle scrissero composizioni (dialoghi, canzoni, ecc.) per la rappresentazione. Fra le opere storiche, sono degne di nota le Gran cronache di Francia (dal 1274), la Cronica di Reims, ecc. Nel XV sec., che vede il crollo della feudalità medioevale, fiorì il grande poeta François Villon (1431-65 circa). Fra le opere in prosa: Chronique scandaleuse di Juvenal des Ursins (1388-1473), le Cent Nouvelles, la Chronique de Jacques de Salaing. ║ Rinascimento: in F. durante l'epoca del Rinascimento, in seguito alle guerre in Italia e all'afflusso degli artisti e letterati italiani alla corte di Carlo VIII, di Luigi XII e di Francesco I, si afferma nettamente l'influenza italiana. Legate allo spirito dell'Umanesimo, ma non ancora svincolate dal Medioevo, sono le scuole di poesia della fine del Quattrocento, in cui vengono ammirati, assieme a maestri come Marot e Scève, mediocri rimatori come Chastellain, Molinet, Meschinot. Esauriti i temi e i modi di espressioni del Medioevo, sotto l'influenza dei modelli antichi e dei poeti italiani, la lirica francese si raccoglie, nella seconda metà del Cinquecento, sotto l'insegna della nuova scuola, la Pléiade: essa si propone di trasformare la lingua poetica nazionale, difendendola dai poeti mediocri e cortigiani ed elevandola, sulla traccia degli antichi (Omero, Pindaro). Ai propositi, espressi teoricamente nella Défense et illustration de la langue française da Du Bellay (1594), i poeti della Pléiade, e principalmente il maestro Pierre de Ronsard (1524-85), risposero con energico slancio: imitando gli antichi, con una lingua copiosa e ricca, in tutti i generi letterari. I cultori della lirica, Ronsard stesso e Du Bellay, rinnovarono la lingua poetica, variando i ritmi e gareggiando in nobiltà di espressione con gli antichi e con gli italiani. Le odi, le elegie, le egloghe di Ronsard, riunite in Elégies, Mascarades, Bergeries (1565) più che i petrarcheschi Amours, dànno una piena misura della grazia e della leggerezza dell'arte del poeta. Un uguale rinnovamento formale e di temi si ha nella prosa del Cinquecento. Il romanzo cavalleresco cede il passo ai contes e alle nouvelles, dove si comincia a sentire l'influenza di Boccaccio; e diviene naturalistico con Rabelais: eccellono nell'eloquenza Michel de l'Hôpital e St. François de Sales; Montaigne nella filosofia e nella saggistica, cui seguono pensatori come Etienne de la Boétie, Pierre Charron e Jean Bodin; rivivono sotto la penna di traduttori, come Amyot, le grandi opere classiche; e l'oratoria, con la Satire Ménippée, si avvia allo splendore del secolo successivo. ║ Secolo d'oro: il XVII sec. è l'età classica per eccellenza. La cultura e l'ammirazione degli antichi ha ormai raggiunto un grado tale di raffinatezza e di equilibrio da permettere ai maggiori spiriti del tempo una eguale padronanza nell'azione e nel pensiero, nell'erudizione e nell'arte. La ricerca dell'ordine e della chiarezza domina nella prima metà del secolo, che va dalla riforma di Malherbe all'apparizione delle Provinciales (1590-1656): a questa esigenza razionalistica si accompagnano, senza però annullarsi, uno spirito cristiano di moralizzazione e di verità, e uno spirito mondano, di dialogo e di scambio del pensiero. Sono gli aspetti che confluiscono nell'opera di Descartes, di Pascal e di Corneille, dove si faranno udire le note più profonde ed interiori dell'uomo. Nella seconda metà del secolo, fu detta Scuola del 1660 quella che ebbe ad esponente critico l'Art poétique di Boileau (1674) e in cui figurano J. Racine, Molière, J. de La Fontaine. Racine, con le sue migliori tragedie profane, dall'Andromaque (1667) alla Phèdre (1677), creava una sua forma di dramma passionale e intimamente poetico. Molière portava la commedia moderna alle maggiori altezze con Tartuffe, Le Misanthrope, Le bourgeois gentilhomme e Les femmes savantes. La Fontaine dopo avere sperimentato le sue virtù di stilista nei poemetti mitologici e nei Contes in versi, animava le Fables di un'espressione libera, felice, e insieme densa e snodata. Una vita di società intensa e raffinata favorì l'osservazione dei costumi e dei sentimenti, nei moralisti, come F. de La Rochefoucauld, J. de La Bruyere, nei memoralisti, nelle dame scrittrici (Madame de Sévigné, Madame de La Fayette); mentre F. Fénelon infonde nelle sue opere educative e religiose una morbidezza e una sensibilità che paiono sottrarsi al dominio della ragione. ║ Illuminismo: La Querelle des anciens et des modernes, con le sue varie riprese tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII, chiude l'età classica e imposta i problemi critici che si renderanno sempre più imperiosi attraverso lo sviluppo dello spirito preromantico. Di questo, i primi indizi si scorgono nell'opera dell'abate A.-F. Prévost, oltre che nella letteratura narrativa con A.-L. Lesage che scrisse Gil Blas e altri romanzi (quasi tutti di derivazione spagnola) e commedie satiriche, e P.-C. de Marivaux sottile psicologo, autore di numerose opere teatrali e di due romanzi (Marianne e Le Paysan parvenu). La letteratura di memorie è rappresentata stupendamente da Saint-Simon (con le sue Mémoires), uno dei più grandi prosatori francesi. La vera centrale della cultura settecentesca è costituita dall'Illuminismo, a cui fa capo un moto di pensiero che ci è dato riconoscere negli scritti di P. Bayle, di B. Fontenelle e degli autori cosiddetti libertini o epicurei. La dottrina politica, che sarà poi chiamata liberale, si dichiara validamente nell'opera di Montesquieu. Le varie correnti ideologiche e scientifiche concorrono alla fondazione dell'Encyclopédie, il cui programma apparve nel 1750 e la cui pubblicazione, diretta da Diderot e dal d'Alembert, si estese per oltre un ventennio ed ebbe fra i collaboratori principali Turgot, d'Holbach, Quesnay, ecc. Due personalità dominanti prodigano la loro attività spirituale, che non fu solamente letteraria: Voltaire e Rousseau. Il primo, versato in ogni campo, dalla poesia al teatro, dalla storia alla filosofia, lega il suo nome al ricordo di uno spirito corrosivo, eminentemente borghese e individualista, ma elevato da un senso generoso della verità e della giustizia; il secondo, sciolto da ogni tradizione, vagheggia un'umanità primitiva, guidata verso il bene per un impulso del sentimento. L'ultima tempra di poeta settecentesco è André Chenier. ║ Romanticismo: dopo la Rivoluzione francese, Madame de Staël e Chateaubriand sono gli annunziatori di una nuova cultura e di una nuova poesia: l'una, soprattutto per le idee critiche, espressa nel trattato De l'Alemagne; l'altro, con un richiamo immaginoso alla bellezza della fede, nel Génie du christianisme e nel poema in prosa dei Martyrs. Lamartine rivendica i diritti della semplice poesia d'ispirazione sentimentale con le Méditations (1820) e le Harmonies (1830); Nodier e de Nerval si compiacciono di vaghe suggestioni fantastiche. L'energia creatrice di Victor Hugo se anche torbida a volte, e speciosa, quale fu certamente nel dramma, impronta di sé tutta la poesia francese dell'Ottocento. Spirito altero e severo è Alfred de Vigny, le cui più belle poesie costituiscono il volume postumo delle Destinées; Théophile Gautier (1811-1872) rivolse le sue attitudini ad una poesia e ad una prosa ricchissime di forme e di colori; A. Barbier, i Deschamps, A. Brizeux, H. Moreau, M. Desbordes-Valmore, A. Dumas padre, ecc., composero il vasto coro della Musa romantica. Honoré de Balzac innalzò il gigantesco edificio della Comédie humaine, che valse a orientare tutta la letteratura realista del XIX sec. Noti scarsamente nel tempo della loro apparizione, i due grandi romanzi di Stendhal Le Rouge et le Noir e La Chartreuse de Parme, furono celebrati con vasto consenso soltanto molti anni dopo la morte dell'autore, mentre declinava la rinomanza di George Sand. Gli scrittori di politica e di religione: de Maistre, Ballanche, Lamennais, gli storici Thierry, Michelet, Thiers, si susseguono con un fervore a cui non è estraneo il risveglio romantico. La critica letteraria diviene critica storica con Villemain, critica essenzialmente psicologica con il Sainte-Beuve. Dedita alla pura forma, alle belle apparenze, è la poesia parnassiana che ha il suo massimo poeta in Leconte de Lisle. Un profondo turbamento, una disperata stanchezza dell'esistenza è alla radice dei Fleurs du mal di Charles Baudelaire (1857). L'anno stesso appare il romanzo di Gustave Flaubert, Madame Bovary, dove l'arte si compenetra di un giudizio desolato sulle illusioni umane. ║ Naturalismo: il realismo, che dominava già nel romanzo, s'insediò nel teatro con Emile Augier e Alexandre Dumas figlio; poi, al cadere del secondo Impero, assunse il nome di Naturalismo e fu capeggiato da Emile Zola (1840-1902), col quale si accordarono, tranne lievi sfumature di principio, i fratelli Goncourt, Alphonse Daudet, Guy de Maupassant e la maggior parte dei narratori fin verso il 1890. Il Naturalismo fu ben presto avversato col sorgere del Simbolismo. ║ Simbolismo: nacque da un gruppo di poeti che riconobbero quali maestri Paul Verlaine e Stéphane Mallarmé, tutti e due emigrati dal parnasse. Verlaine fece conoscere i versi di Tristan Corbière e di altri "poeti maledetti", fra cui Arthur Rimbaud. Il Simbolismo radunò scrittori di varia tempra, quali Jean Moréas, Henri de Regnier, Francis Jammes, Jules Laforgue, Paul Fort, ecc.; la sua azione si estese fino a Paul Valéry, che sentì l'influsso del Mallarmé, e a Paul Claudel, che ha dichiarato il suo debito spirituale verso il Rimbaud. Il realismo regnò ancora nei drammi di Henry Becque e nel Teatro libero fondato da A. Antoine nel 1887. Edmond Rostand risuscitò, con qualche artificio, e con molta fortuna, il dramma in versi. Numerosi commediografi tennero viva in tutti i teatri d'Europa la tradizione parigina del vaudeville, dei giuochi scenici spiritosi e brillanti. A. Thibaudet apparve come il critico ufficiale della letteratura d'avanguardia. ║ Novecento: al principio del Novecento lo scrittore francese più celebre era forse Anatole France (1844-1924), insieme a Maurice Barrès, Paul Bourget, Romain Rolland. L'arte di André Gide rappresenta il punto culminante della prosa letteraria di questi ultimi anni, la più prossima ai grandi modelli, seguita da vicino da quella di Marcel Proust, scrittore dotato d'uno stile personale e aderente al gioco di quelle illuminazioni segrete che costituiscono la trama fitta e sottile del suo potere di narratore. Seguendo oltre che gli splendidi esempi di Proust e di Gide, quelli di G. Duhamel, F. Mauriac, A. Maurois, Colette, J. Giraudoux, J. Chardonne, J. Cocteau, R. Martin du Gard, J. Romains, J. de Lacretelle, A. Malraux, H. de Montherlant, P. Morand, G. Bernanos, J. Giono, variamente impegnati all'indagine psicologica, alla descrizione di ambienti, a problemi morali, la narrativa degli ultimi anni interpreta nuove correnti e descrive i nuovi tipi umani sorti dalla guerra e dalla resistenza in H. Daniel-Rops, P. Hamp, M. Jouhandeau, J. Cassou, A. Chamson, J. Prévost. Sono molto vive e operanti le istanze già delineatesi nel presentimento del crollo delle vecchie società borghesi e conservatrici: quella marxista e quella cattolica, e l'esistenzialismo (J.-P. Sartre, Albert Camus, i collaboratori di "Les Temps modernes": R. Aron, M. Merleau-Ponty, S. de Beauvoir, ecc.). Il teatro di Sartre, di un audace e pesante realismo, ha scavalcato il teatro esistenzialista cattolico di G. Marcel. Espressioni di tendenze più inerenti all'arte che alla filosofia di propaganda, accenti più decisamente vivi e poetici si ritrovano in quello di J. Anouih, A. Salacrou, S. Passeur, P. Raynal, ecc. Delle vecchie tendenze d'avanguardia, l'ultima, il surrealismo, sopravvive, anche come programma, solo nella poesia di A. Breton; ma, praticamente, ciascuna di quelle correnti s'infiltra nella poesia francese contemporanea, con una facoltà di adattamento che si scopre anche nei più attuali, dal punto di vista della tecnica e dell'ispirazione, L. Aragon, P. Eluard, J. Prévert, ecc. L'eredità poetica francese è messe così vasta che ciascuno può farsi la sua parte, e presentarsi con un messaggio sotto il quale si riconoscono, volta per volta, Mallarmé o Valéry, Apollinaire o Péguy o Claudel.

ARTE

La storia dell'arte francese ha origini remote. Nelle caverne dei Pirenei, del Perigord e dell'Ariège si sono scoperti meravigliosi disegni e plastici di animali, in cui l'uomo primitivo rivela un intuito artistico sorprendente; essi rappresentano i più lontani saggi delle arti figurative. Ma non v'è continuità storica fra queste prime manifestazioni artistiche e le successive. Anche l'architettura ha i suoi prodromi in F. nei dolmen e nei menhir, peraltro non esclusivi di questo Paese. Fu la conquista romana che portò in Gallia i primi modelli architettonici. L'eredità dei Galli nelle arti plastiche si limitò ai lavori di gioielleria. Le più antiche chiese cristiane in F. risalgono al V sec. ed imitano i modelli bizantini. I Franchi non lasciarono tracce profonde. Il monumento più cospicuo dell'arte carolingia, la cappella Palatina di Aquisgrana, è ispirata a San Vitale di Ravenna. Sono invece notevoli i loro lavori e le loro miniature. Alle fondazioni monastiche francesi medioevali si deve la formazione di nuovi stili architettonici. L'Abbazia di Cluny (XI sec.) è il punto di partenza dell'arte romanica francese, che si diffuse in tutta Europa. La F. fu pure nel XII sec. la culla dell'architettura gotica; la cattedrale di Nogon è la prima chiesa gotica in ordine di tempo. Tra le successive primeggia Notre-Dame di Parigi. Cluny diede anche nuovo impulso alla scultura che si affermò in portali, capitelli, statue religiose, ecc. La pittura francese del periodo romanico continua la tradizione bizantina, mentre gli artisti gotici estrinsecano le proprie concezioni nelle vetrate dipinte. Il XIV sec. vede un rinnovamento sia in pittura che in scultura. Avignone, nuova sede del papato, e Parigi diventano importanti centri d'arte, in cui affluiscono gli artisti italiani e dei Paesi Bassi. Ne nasce un'arte nuova a tendenze naturalistiche, detta borgognona, preludio del Rinascimento fiammingo. Fouquet e Clouet furono i pittori più insigni del tempo. Nel XVI sec. tutta l'arte francese è gradualmente dominata dal Rinascimento italiano, la cui influenza perdura nei secoli successivi. Il XVII sec. segna il trionfo del barocco, da cui derivò uno stile ornamentale leggiadro e fiorito, detto rococò. Verso la metà del secolo sorsero anche in F. le Accademie che avviarono l'arte nazionale verso i modelli della Roma imperiale. Artisti notevoli furono Lebrun e Poussin. Agli inizi del XVIII sec. l'arte francese si è completamente liberata da influssi stranieri e si diffonde in tutta Europa. Dopo alcuni anni di fortuna, il nuovo orientamento, sfarzoso ed elegante, che ha avuto come interprete Watteau, è contrastato da un nuovo stile accademico classicheggiante, che si concreta nello stile impero. Ma ben presto altri concetti estetici sconvolgono il campo artistico francese e, nella prima metà del XIX sec., ridanno alla pittura e alla scultura francese un posto di primo piano. Con l'avvento del Romanticismo si ha una grande fioritura di artisti e di scuole. Insigni rappresentanti della pittura romantica sono: E. Delacroix, J.B. Corot e i paesaggisti della Scuola di Barbizon. Agli aspetti più deteriori e scenografici della cultura romantica reagiscono, in nome di un nuovo naturalismo, diversi artisti tra cui: A. Rodin in scultura e G. Courbet in pittura. La reazione proseguì, dopo il 1860, con i grandi maestri dell'Impressionismo: Manet, Degas, Renoir e altri. L'esotismo di P. Gauguin, la rigorosa struttura formale di Cézanne, la scoperta della scultura negra e la violenza cromatica di Van Gogh influiscono, all'inizio del XX sec., tanto sulla nascita del Fauvisme, con H. Matisse, G. Rouault, A. Derain, quanto su quella del più tardo Cubismo con Picasso, Braque, Gris, punto di partenza di tutte le correnti artistiche contemporanee. Nel 1919 F. Picabia e M. Duchamp trasferiscono in F. il Dadaismo; nel 1924 A. Breton stende il manifesto del Surrealismo. A varie altre tendenze, appartengono, in pittura: A. Modigliani, M. Utrillo, M. Chagall, e in scultura: H. Laurens, C. Brancusi, A. Archipenko. Nel XIX sec. nascono i primi esempi di edifici in ferro (Galleria del Louvre, Torre Eiffel). Delle possibilità costruttive del ferro e del cemento armato, nella ricerca di un nuovo linguaggio architettonico, si valgono nel XX sec. A. e G. Perret e poi tutti i maggiori esponenti dell'architettura razionale, da Le Corbusier a T. Garnier. ║ La produzione della ceramica francese, limitata nel XIV e XV sec. all'Ile-de-France, si diffonde, a partire dal XVI sec. a Nîmes, a Montpellier, a Rouen, a Lione, dove prevalgono gli influssi della ceramica faentina e di quella spagnola, e a St. Porchair, dove invece le opere di Palissy contrastano con tali tendenze. In seguito forme cinesizzanti e persianizzanti caratterizzano la produzione delle manifatture di Parigi, Saint-Cloud, Lilla e Marsiglia. Intorno alla metà del XVIII sec. la ceramica francese subisce un ulteriore rinnovamento con la tecnica a piccolo fuoco, mentre comincia a imporsi la produzione di Sèvres. Oggi anche la ceramica francese segue il generale rinnovamento delle arti visive, specialmente della pittura (Picasso, Léger, Matisse).

MUSICA

Nulla si conosce delle remote manifestazioni musicali dei Celti o dell'età gallo-romana. Nel folclore bretone, normanno e provenzale, tuttavia, esistono melodie e danze antichissime ma di oscura origine. I primi documenti attestanti l'inizio della civiltà musicale francese risalgono all'Alto Medioevo, quando sorse il canto chiesastico gallicano. A partire dalla seconda metà del IX sec., le abbazie di Saint Amand, di Jumièges, e il convento di San Marziale a Limoges divennero i fulcri della vita musicale. Nel X sec. comparvero i primi canti su un miscuglio di latino e provenzale o in lingua d'oc. Seguì, tra il XII e XIV sec., la grande fioritura poetica e musicale che ebbe per protagonisti i trovatori, in Provenza e nella F. meridionale, e i trovieri nelle regioni di lingua d'oïl. Nel XV sec. l'arte musicale francese trovò nuove linfe nella contigua area culturale dei Paesi Bassi. Tale influenza si prolungò lungo tutto il XVI sec., fatta eccezione per il genere leggero della canzone polifonica, nel quale eccelse C. Jannequin. Nei due secoli successivi la civiltà musicale francese riprese vigore con la nascita e l'affermazione del balletto e del grand-opera. Egualmente coltivate furono le forme di musica strumentale, nelle quali eccelse il clavicembalista F. Couperin. Parigi divenne il più importante centro musicale europeo, attirando molti compositori stranieri da Gluck a Rossini. Il XIX sec. vide l'affermazione di H. Berlioz e più tardi quella di G. Bizet. Altre personalità di rilievo della cerchia romantica francese furono gli operisti C. Gounod e J. Massenet. Ancora più importante il contributo francese alle ricerche compositive attuali da C. Debussy, A. Roussel e M. Ravel, a D. Milhaud, F. Poulenc, A. Jolivet, al caposcuola O. Messiaen, a P. Boulez (1925) e a P. Shaeffer, uno dei maggiori esponenti della musica concreta. ║ Musica e danza popolare: si può dire che ogni regione della F. ha le sue musiche e le sue danze caratteristiche. Ci limiteremo a segnalare le più interessanti, cominciando dalla F. Sud-orientale dove è tuttora di moda, fra le danze popolari, il Rigaudon detto anche Montagnarde: è un tipico esempio di danza di corteggiamento nella quale il ballerino batte le mani, fa schioccare le dita, saltellando davanti alla sua dama alla quale sussurra parole adatte a richiamarne l'attenzione. Chi, in Provenza, non ha mai assistito alla Farandola danzata da gruppi folcloristici? Non c'è festività della regione in cui questa celebre danza non sia eseguita nel suo ritmo allegro e veloce in tempo 6/8. In Bretagna, nel Borbonese, si balla ancor oggi la Musette, accompagnata non più dall'antica cornamusa che portava lo stesso nome, ma dalla fisarmonica. In Alsazia si balla l'Hammeltanz in cui i danzatori, uomini e donne, girano intorno a un palo adorno di nastri multicolori che essi trattengono fra le dita. La Normandia, invece ha trasformato gli antichi rondò medioevali in attraentissime danze acrobatiche. Il famoso Can can dei palcoscenici parigini deriva direttamente dall'antico Triori, tipico della Bretagna. Fra i canti, segnaliamo le canzoni a ballo, caratteristiche dell'Ile-de-France, i canti paesani gustosissimi del Berry, e le dolci melodie proprie della Loira.
Parigi: L'Hôtel de la Ville

La tour Eiffel a Parigi

Panorama di Digione

Avignone: il ponte St.-Bénezét, sul Rodano