Con questo nome e con quelli equivalenti di
Israeliti (discendenti da
Israele, figlio di Isacco) e di
Giudei (discendenti da Giuda), viene
indicato il popolo che, a partire circa dal secondo millennio a.C., ha avuto la
sua sede nella regione del fiume Giordano. Esso, attraverso una serie molteplice
di eventi, si è sparso, nel corso della storia medioevale e moderna,
praticamente in tutte le regioni del mondo ritrovando solo recentemente una sua
unità biblica. L'origine del popolo ebraico va rintracciata in una
tribù semitica discendente in linea diretta da Sem figlio di Noè e
che aveva per capo Thare. Successivamente ad una divisione della tribù,
un ramo che aveva per capo Abramo andò a stabilirsi nella regione di
Canaan. In seguito il nipote di Abramo, Lot, si trasferì con la sua gente
nella regione del Mar Morto mentre Isacco, figlio di Abramo, sposatosi con
Rebecca, generò Esaù e Giacobbe. Quest'ultimo ebbe dodici figli
dai quali ebbero origine le dodici tribù ebraiche. Uno dei dodici
fratelli, Giuseppe, venne in seguito venduto dagli altri agli Egizi ma
riuscì a entrare nelle grazie del faraone che lo nominò
viceré e gli concesse di chiamare presso di sé i suoi fratelli.
Gli
E. si stabilirono quindi in Egitto ma, dopo un periodo di accordo con
gli Egiziani, caddero in disgrazia presso i faraoni che presero a perseguitarli.
Per eliminarne completamente la stirpe un faraone ordinò che tutti i
figli maschi degli
E. venissero annegati nel Nilo. Una donna della
tribù di Levi, nell'intento di salvare suo figlio, lo espose in un cesto
nel medesimo luogo dove soleva andarsi a bagnare la figlia del faraone.
Quest'ultima lo vide e lo adottò, facendolo allevare a corte e
chiamandolo Mosè, cioè salvato dalle acque. Divenuto adulto e
venuto a conoscenza della propria origine, Mosè, assieme al fratello
Aronne, decise di tentare la liberazione del proprio popolo. Dopo una lunga
lotta con il faraone durante la quale, per volere di Dio, il popolo egiziano
venne colpito dalle
dieci piaghe, il sovrano d'Egitto consentì la
partenza del popolo ebraico. In seguito tornò sulla propria decisione, ma
l'esercito che aveva mandato a ricondurre indietro gli
E. venne
inghiottito dalle acque del Mar Rosso. Nel frattempo Mosè aveva condotto
il suo popolo nella regione del Monte Sinai e, salito sulla montagna, ricevette
da Dio le tavole della legge. In esse veniva anche minuziosamente regolata la
vita privata di ciascuno, venivano stabilite dure disposizioni penali e,
innanzitutto, veniva prescritta agli
E. l'adorazione di un solo Dio al
quale era consacrato un giorno della settimana che doveva essere trascorso nel
più assoluto riposo. Gli
E. rimasero, sempre sotto la guida di
Mosè, vaganti nel deserto per quarant'anni nel corso dei quali si venne
formando una nuova generazione più preparata ad affrontare le ultime
difficoltà per la conquista della terra promessa. Dopo la morte di
Mosè, che non ebbe modo di poter mettere piede in Palestina, il comando
venne assunto da Giosuè che, passato il Giordano, conquistò la
regione alla destra del fiume e lo ripartì fra le varie tribù.
Alla tribù di Levi toccò la sorte di adempiere, per conto di tutta
la nazione ebraica, alle mansioni sacerdotali. Dopo la morte di Giosuè
gli
E. scelsero di governarsi attraverso un sistema federativo e di non
eleggere più un capo, se non in condizioni di particolare pericolo per
tutto il popolo. Tali capi vennero chiamati
Giudici e i più famosi
fra questi, Gedeone, Jefte, Sansone, Aod, vedono narrate le loro gesta nel libro
della Bibbia detto appunto il
Libro dei Giudici. Il compito di questi
capi consistette specialmente nel guidare il popolo ebraico nella sua lotta per
affermarsi come indipendente nei confronti delle altre popolazioni della
regione, Ammoniti, Moabiti e, in primo luogo, i Filistei che, per lunghi
periodi, dominarono le tribù ebraiche. L'ultimo dei Giudici, Samuele,
dopo aver liberato gli
E. dal predominio dei Filistei, si vide chiedere
dal popolo un re che fosse garanzia di unità tra le varie tribù.
La scelta di Samuele cadde su un giovane della tribù di Beniamino
chiamato Saul. Questi decise di terminare immediatamente la guerra contro
Filistei, Ammoniti e Moabiti ma, in seguito, inorgoglito dalle sue vittorie,
volle rendere la Monarchia indipendente dal sacerdozio e venne per questo
maledetto da Samuele che volle come erede al trono il giovane David appartenente
alla tribù di Giuda. Per qualche tempo Saul nutrì verso David un
sentimento misto di amore ed odio, prendendo poi a perseguitarlo apertamente e a
mandare a morte quanti lo sostenevano. Quindi, perso definitivamente il favore
di Dio, venne sconfitto in battaglia dai Filistei e si uccise. Dopo una lunga
lotta con gli eredi di Saul, David venne riconosciuto re da tutte le
tribù di Israele e, per meglio stabilizzare la ritrovata unità del
popolo, iniziò la costruzione della nuova capitale, Gerusalemme.
Consolidò quindi la sua opera sconfiggendo ripetutamente le tribù
ostili ed allargando i confini dello Stato fino al Mar Rosso e, a settentrione,
fino alla città siriaca di Damasco. Alla sua morte (circa il 975 a.C.)
gli succedette il figlio Salomone che, approfittando della sicurezza che era
stata guadagnata dal padre, sviluppò il Regno sotto il profilo economico
e culturale. Allacciò relazioni con molti potentati e fece costruire due
porti sul Mar Rosso che servirono a stabilire regolari contatti commerciali con
le città dell'Arabia meridionale. Salomone fece inoltre innalzare a
Gerusalemme il famoso Tempio ornato di marmi di Paro e di cedro del Libano e
dove fece trasportare la sacra Arca dell'alleanza fra le tribù. Tuttavia
l'ultimo periodo del Regno di Salomone venne caratterizzato da una accresciuta
pressione delle popolazioni confinanti con il regno di Israele. Gli Edomiti
strapparono agli
E. una serie di territori che erano stati loro tolti da
David e la città di Damasco si rese indipendente tagliando fuori il Regno
di Salomone dai commerci nel Mediterraneo. Salomone, per sostenere le finanze
del Regno, venne costretto ad aumentare le tasse provocando un'ondata di
impopolarità verso la Monarchia. Dopo la sua morte un'assemblea dei capi
delle tribù chiese al nuovo re Roboamo una diminuzione del carico delle
imposte. Il rifiuto del re causò una ribellione delle tribù di
Samaria, Perea e Galilea che elessero loro re Geroboamo. Si vennero in questo
modo formando due Stati: il regno di Israele e quello di Giuda, più ricco
e popolato del primo e che continuava ad avere Gerusalemme per capitale. Dopo
una serie di lotte interne, causate anche da divisioni di carattere religioso,
il Regno di Israele cadde sotto la dominazione degli Assiri. Un tentativo di
ribellione venne frustrato da Sargon II che nel 722 a.C. prese e distrusse
Samaria deportandone la popolazione. Il Regno di Giuda, sempre guidato dai
discendenti di David, cadde per qualche tempo sotto la dominazione degli Assiri
ma se ne liberò con il re Ezechia. Dopo un nuovo periodo di dominazione
assira, il Regno di Giuda cadde sotto il dominio degli Egiziani e,
successivamente dei Babilonesi che ne deportarono la popolazione a Babilonia
dando inizio alla "cattività babilonese" (586 a.C.). Dopo la caduta
dell'Impero babilonese ad opera dei Persiani, gli
E. ottennero di poter
far ritorno in Palestina dove costituirono un nuovo Stato che rimase nell'orbita
dell'Impero persiano. Dopo i Persiani fu la volta dei Macedoni che esercitarono
il loro controllo sull'area. Le persecuzioni cui i Seleucidi sottoposero i
sostenitori della libertà religiosa provocarono una rivolta guidata da
Giuda Maccabeo che ne abbatté il dominio e rese nuovamente indipendente
lo Stato ebraico sotto la dinastia sacerdotale degli Asmonei. Le divisioni
interne fra le varie sette religiose offrirono però ai Romani lo spunto
per impadronirsi della regione che, nel 63 a.C., li rese padroni di Gerusalemme.
Il Regno ebraico venne costituito in provincia sotto il diretto controllo di
Roma e, nel 37, vi prese il potere Erode il Grande, sotto il cui Regno avvenne
la nascita di Cristo. Seguì poi un lungo periodo di governatori romani,
interrotto solamente dal breve Regno di Erode Agrippa, nipote di Erode il Grande
ed amico personale dell'imperatore Claudio. Le continue ribellioni che
periodicamente scuotevano la Palestina, convinsero i Romani ad operare una forte
repressione. Essa venne affidata al generale Vespasiano e, quando questi divenne
imperatore, a suo figlio Tito che, nel 70 d.C., prese e distrusse Gerusalemme
uccidendo molte migliaia di persone. I superstiti si dispersero per tutte le
regioni dell'Impero dando origine alla cosiddetta
diaspora. Gerusalemme
venne fatta successivamente ricostruire dall'imperatore Adriano con il nome di
Colonia Elia Capitolina. Nel 132 d.C. una insurrezione venne domata dalle
truppe romane capitanate da Giulio Severo che fece distruggere la maggior parte
dei villaggi della Galilea e mise a morte centinaia di migliaia di uomini. La
continuità della tradizione ebraica venne affidata ad una serie di
accademie di studio che svolsero un attivo compito di collegamento con i nuclei
di
E. usciti dalla Palestina e sui quali cominciava a farsi sentire la
persecuzione cristiana. Nel 425 un editto di Teodosio II soppresse la carica di
patriarca privando gli
E. degli ultimi centri tradizionali a cui potevano
far riferimento tutte le popolazioni giudaiche. Successivamente gli
E. si
sparsero in tutti i territori dell'Impero romano, accentuando sempre più
una tendenza che aveva cominciato a manifestarsi al momento della caduta di
Gerusalemme. Nuclei ebraici si vennero formando in vari paesi esercitando
l'agricoltura e l'artigianato. Spesso questi gruppi erano senza alcun rapporto
fra loro. La tradizionale tolleranza dei Romani permise a questi gruppi di
vivere secondo la propria religione e di essere esentati da tutti quegli atti
pubblici che fossero in contrasto con le leggi moseiche. Venne anche loro
permesso di servirsi, entro determinati limiti, di magistrati propri e di
amministrarsi economicamente in maniera autonoma. Con l'affermarsi del
cristianesimo come religione di Stato questa situazione mutò
radicalmente. Già con Giustiniano venne emessa una serie di disposizioni
di legge restrittive della libertà di culto e di organizzazione. Le prime
invasioni barbariche, se si eccettua il caso dei Visigoti, non peggiorarono la
situazione delle comunità ebraiche che vennero considerate alla stregua
delle altre minoranze etniche trapiantate in Italia e negli altri territori
dell'Impero romano. Il periodo più difficile per gli
E. si
aprì con le crociate, nel corso delle quali molte comunità
ebraiche vennero saccheggiate e distrutte. Nel 1215 Innocenzo III fece emanare
una legge speciale che imponeva agli
E. l'uso di un disco giallo da
portare sulle vesti in modo da renderli immediatamente riconoscibili. Nel 1348
lo scatenarsi della peste in Europa venne addebitata agli
E. e divenne il
pretesto per una nuova serie di persecuzioni. Progressivamente le
comunità ebraiche vennero espulse da tutte le nazioni europee.
Particolarmente in Spagna, dove gli
E. avevano goduto di un periodo di
grande prosperità sotto la dominazione araba, le persecuzioni si
rivelarono in tutta la loro ferocia. Dopo la riunificazione dei regni di
Castiglia e di Aragona, i re di Spagna lasciarono mano libera all'Inquisizione
che si scatenò particolarmente contro i cosiddetti
marrani,
cioè contro gli
E. convertiti con la forza al Cristianesimo e
sospettati di rimanere fedeli all'Ebraismo. Nel 1492 gli
E. vennero
espulsi con la forza dalla Spagna e dal Portogallo. Per quanto riguarda la
presenza degli
E. in Italia, le prime notizie che li riguardano
direttamente risalgono al 139 a.C. quando si ebbe in Roma una serie di disordini
provocati da elementi ebraici che tentavano di fare opera di proselitismo.
L'afflusso di
E. a Roma si intensificava ogni qualvolta le rivolte che si
manifestavano periodicamente in Palestina portavano in Italia folti gruppi di
prigionieri di guerra che venivano poi venduti come schiavi. Dopo che Pompeo
ebbe ridotto la Palestina ad una provincia romana, il numero degli
E.
residenti a Roma andò continuamente aumentando sino a raggiungere sotto
l'Impero di Claudio, le 60.000 unità. Altri nuclei ebraici erano presenti
a Napoli, Brindisi, Pozzuoli e Pompei. Il loro numero aumentò
ulteriormente dopo la caduta di Gerusalemme nel 70 d.C. Agli
E.
trapiantati a Roma venne imposta una tassa speciale, il
fiscus iudaicus.
Dopo il 425 venne fatto obbligo agli
E. di versare al tesoro imperiale i
contributi che giungevano dalle comunità sparse per tutto l'Impero. Nel
corso del Medioevo la condizione degli
E. in Italia fu meno dura che in
altri Paesi europei. Questo avvenne anche per l'esiguità numerica della
popolazione ebraica residente nella penisola. Gli
E. ebbero, nel corso
del Medioevo, un ruolo importante nella cultura italiana, operando in tutti i
campi, dalla letteratura alla medicina, fino agli studi filosofici. Tuttavia
l'attività più comune tra gli
E. in Italia consisteva nel
commercio di denaro. Dopo il 1400 venne infatti fatto divieto agli
E. di
partecipare alle corporazioni di arti e mestieri e vennero loro poste severe
restrizioni per quanto riguarda il possesso fondiario. In questo modo, dopo
secoli di attività commerciali, gli
E. si trovarono a disporre di
un'ingentissima massa di denaro liquido da investire nel settore fondiario ed
edilizio. Mediante lo sviluppo del credito gli
E. si garantirono una
serie di privilegi quali la tolleranza religiosa e l'abolizione del disco giallo
sull'abito. Dopo la Controriforma la situazione degli
E. subì un
netto peggioramento. Il papato pretese la rigorosa applicazione delle
disposizioni antiebraiche. Agli
E. venne fatto obbligo tassativo di
risiedere in quartieri separati (i
ghetti), fu loro vietato di esercitare
professioni e di possedere beni fondiari. Successivamente la condizione delle
comunità ebraiche fu esposta alle vedute personali di ciascun pontefice.
Negli altri Stati italiani i governanti si modellarono sull'atteggiamento del
papa. Nei Paesi di lingua tedesca gli
E. (detti
Askenaziti) non
subirono le stesse persecuzioni dei loro correligionari di Francia e Spagna.
Tuttavia vissero per secoli in totale isolamento economico e culturale dal quale
iniziarono a risollevarsi attraverso un contatto con
E. italiani e
spagnoli che si batterono contro l'intolleranza dei rabbini tedeschi. La
situazione generale delle comunità ebraiche mutò nel 1791 quando
la Costituzione francese promulgò un editto che stabiliva la
parità degli
E. con gli altri cittadini francesi. Nell'Occidente
europeo si impose successivamente un movimento riformatore che portò gli
intellettuali ebraici a mettere in discussione i principi stessi dell'ebraismo e
che, dopo un lungo dibattito interno alle varie comunità, portò
gli
E. ad inserirsi organicamente nella vita sociale ed economica degli
Stati in cui si trovavano a vivere. Questo inserimento provocò un'ondata
di antisemitismo che avrebbe raggiunto le sue fasi più acute nel corso
del XIX sec. In Russia e in Polonia gli
E. erano sottoposti ad una
legislazione durissima che tendeva ad una loro assimilazione totale. Questa
legislazione ed una serie di massacri che si ebbero dal 1881 al 1903 spinsero
numerosi
E. ad emigrare verso gli USA, dove sorsero i primi movimenti
sionisti che si proponevano un ritorno delle comunità ebraiche in
Palestina. Dopo la conclusione della prima guerra mondiale l'antisemitismo perse
terreno in tutto il mondo. In Germania tuttavia il progredire del movimento
nazista portò gli
E. verso una situazione difficilissima. Al
tradizionale antisemitismo di carattere religioso si aggiunse un elemento di
carattere razziale. Per i nazisti gli
E. erano elementi estranei ai quali
andavano attribuite le responsabilità della sconfitta subita dalla
Germania nel corso della prima guerra mondiale. I primi provvedimenti
antiebraici si ebbero immediatamente dopo la salita al potere di Hitler nel
1933. Successivamente tali provvedimenti vennero estesi a tutti i Paesi che di
volta in volta caddero sotto il dominio nazista. Dopo l'inizio del secondo
conflitto mondiale il gruppo dirigente nazista decise lo sterminio totale della
minoranza ebraica. Gli
E. vennero selezionati e raccolti in campi di
sterminio nei quali gli elementi validi venivano inviati verso i lavori forzati,
mentre vecchi, donne e bambini venivano eliminati immediatamente. Il numero
degli
E. che furono vittime di questa opera di sterminio non è mai
stato accertato ufficialmente. è tuttavia presumibile che più di
6.000.000 di
E. siano scomparsi nei vari campi di sterminio organizzati
dai nazisti. La fondazione dello Stato di Israele trova la sua origine nella
cosiddetta
Dichiarazione Balfour del 1917 con la quale il governo inglese
dichiarò apertamente la sua approvazione per l'insediamento di nuclei
ebraici in Palestina. Successivamente, provenendo in massima parte da Paesi
dell'Oriente europeo, una serie di immigranti ebraici si stabilì in
Palestina dove assunse rapporti ostili con la popolazione locale. Questa ondata
migratoria si intensificò dopo il 1933 in conseguenza dell'ondata di
antisemitismo che aveva invaso la Germania dopo la presa del potere da parte dei
nazisti. In seguito il Governo inglese, preoccupato dalle possibili conseguenze
che avrebbe potuto avere un'indiscriminata immigrazione ebraica pose una serie
di condizioni per lo stabilirsi di nuclei ebraici in Palestina. Dopo la rinuncia
al mandato sulla Palestina da parte del Governo inglese si ebbe, nel 1948, la
fondazione del nuovo Stato ebraico che ebbe come suo primo presidente David Ben
Gurion. Da allora questa parte del Mediterraneo è diventata una delle
zone con maggior tensione del mondo. La popolazione di origine araba che viveva
nel nuovo Stato d'Israele, i Palestinesi, non si integrò mai nel nuovo
Stato, né gli Israeliani riuscirono ad instaurare buoni rapporti con i
Paesi arabi confinanti; al contrario il nucleo ebraico avanzò pretese di
dominio ed espansione, facendo precipitare la situazione con l'invasione dei
territori arabi limitrofi. La guerra, che coinvolse anche le due superpotenze,
non ha trovato ancora una soluzione, mentre la nuova comunità israeliana
ha tratto sostegni dalle ingenti somme di denaro inviate dagli
E.
residenti in USA e dagli aiuti del governo americano stesso, sviluppando
così lo Stato di Israele. L'attuale distribuzione della popolazione
ebraica nel mondo è risultata estremamente influenzata dalle conseguenze
della seconda guerra mondiale. Nei Paesi europei viveva la maggiore
concentrazione di
E. Dopo lo sterminio operato dai nazisti, fu possibile
per quanti abitavano in Francia, Belgio, Olanda ed Italia tornare ai propri
Paesi d'origine e reinserirsi senza traumi nella vita normale. Per gli
E.
dei Paesi dell'Oriente europeo e per gli
E. tedeschi l'emigrazione fu una
scelta quasi obbligata. I luoghi scelti furono la Palestina e gli Stati Uniti
dove attualmente vive la più numerosa comunità ebraica, forte di
alcuni milioni di persone.