Filos. - Nelle teorie deterministiche, elemento
esterno che condiziona e guida l'azione dell'uomo, allo scopo di renderla
conforme all'ordine del mondo. Al
d. come azione necessitante sfuggono
solo i comportamenti guidati dal libero arbitrio, cioè da quella
capacità propria degli esseri umani di operare delle scelte fra
più possibilità, sfuggendo in questo modo alla predestinazione.
Nella classicità greca e romana il
d. veniva considerato una
potenza alla quale doveva inchinarsi anche la volontà degli dei, le cui
decisioni non erano mutabili né con sacrifici né con preghiere.
Tale potenza superiore veniva indicata dai Greci con il nome di
moira e
dai Romani con quello di
fatum. Per la filosofia stoica il
d. si
identificava con una razionalità superiore che aveva il compito di
governare i comportamenti dell'uomo e della natura. Il Cristianesimo ha
introdotto il concetto di provvidenza divina, grazie alla quale tutte le cose
ricevono all'origine una propria collocazione prestabilita all'interno
dell'ordine cosmico; a questa rigida predestinazione può sfuggire
solamente l'uomo, poiché Dio stesso gli ha concesso la libertà di
aderire al suo volere o ribellarsi. Nella filosofia moderna il concetto di
d. è stato definito in modi diversi: per Hegel "la potenza come
universalità oggettiva e violenza contro l'oggetto è ciò
che vien chiamato
D."; per Heidegger e gli esistenzialisti il
d.
coincide con l'accettazione da parte dell'uomo della propria situazione
all'interno del mondo: solo mediante quest'accettazione l'uomo ha la
possibilità di vivere autenticamente la propria esistenza, ritrovando in
questo modo la propria collocazione nell'ordine universale delle
cose.