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Chimica industriale.

Parte della chimica che studia le trasformazioni delle materie prime disponibili in prodotti utili ad altre industrie o per aumentare il benessere dell'umanità. Questo studio si articola in una parte teorica (indagine sulle proprietà che deve avere un certo prodotto per essere adatto ad un certo uso), in una parte sperimentale (ricerca in laboratorio delle condizioni in cui una data reazione è economicamente effettuabile), in uno studio di mercato (possibilità di collocazione dei prodotti e sottoprodotti sul mercato, competitività di un nuovo processo), in una fase di impianto pilota in scala più o meno grande (per avere tutte le informazioni necessarie alla costruzione dell'impianto vero e proprio) e infine nella fase di progettazione dell'impianto. Questa è affidata in parte anche alla impiantistica chimica (calcolo della maggior parte delle apparecchiature) e all'ingegneria meccanica (calcolo meccanico delle apparecchiature). Come si vede, la nascita di un nuovo processo chimico industriale segue una strada lunga e laboriosa, giustificata solo dal grande aumento di valore che subisce la materia prima nella trasformazione in prodotto oppure dalle grandissime quantità di prodotto che esce da un impianto chimico. Si pensi come esempio che oggi sono considerati ottimali impianti che producono 1.000 t al giorno di ammoniaca sintetica e raffinerie che lavorano 5 o più milioni di t di grezzo ogni anno. Molte volte si parte da un prodotto di bassissimo pregio per produrne uno di alta qualità: si pensi solo al polipropilene isotattico (noto commercialmente come Moplen) prodotto a partire dal propilene, che prima di questa sintesi si otteneva dal cracking di raffineria e non aveva nessun impiego importante. La c.i. si suole dividere (più che altro per comodità didattica) in c.i. inorganica e organica; una parte di quest'ultima che studia le trasformazioni degli idrocarburi e dei derivati viene detta petrolchimica. Oggi l'industria petrolchimica rappresenta la maggior parte di quella organica. La c.i. inorganica comprende poi tutta una grande parte che si occupa della preparazione e raffinazione dei metalli, e che viene detta metallurgia; la parte di questa che si occupa della produzione di ferro o leghe ferrose è detta siderurgia. Vediamo in breve quali sono i principali prodotti di queste industrie. ║ Inorganica. I tre prodotti principali sono l'acido solforico, l'ammoniaca e l'acido nitrico (derivato dall'ammoniaca). La produzione di questi composti è fatta in quantità gigantesche. I fertilizzanti - derivati da questi - sono pure prodotti in quantità enormi. Altre industrie base sono quella dei materiali da costruzioni (cementi, refrattari, ecc.), della soda caustica, del cloro, del metanolo, delle bevande (birra, alcoolici, succhi di frutta, ecc.), delle conserve; di molti sali inorganici, ecc. A rigore alcune delle preparazioni citate (ad es. quella delle conserve) dovrebbero essere comprese nell'industria organica; sono però dei processi di semplice trattamento di prodotti naturali, senza alterarne sensibilmente la composizione, onde possono comprendersi anche nell'industria inorganica. Questi processi inoltre sono nati prima dell'avvento della vera c.i. organica. Come industrie ausiliarie delle precedenti si può citare la preparazione dei gas di sintesi per la produzione di ammoniaca e metanolo (che oggi però si fa prevalentemente a partire da idrocarburi). Come si vede la distinzione non è netta: ad es. il carbon black (o nerofumo), tipico prodotto inorganico, è oggi appannaggio dell'industria petrolchimica. Lo stesso dicasi del fenolo un tempo sottoprodotto dell'industria del gas illuminante (distillazione del carbon fossile), oggi quasi tutto il prodotto della petrolchimica. ║ Metallurgia. Si occupa della concentrazione dei minerali contenenti metalli utili e dell'estrazione e raffinazione di questi. Anche il recupero di metalli dai rottami rientra in questa industria. Anche qui la produzione è spesso molto elevata (metallurgia dell'alluminio, del rame, del piombo, ecc.) oppure molto specializzata (produzione del sodio, del calcio, o di metalli non comuni, quali tungsteno, niobio, terre rare, silicio e germanio ultrapuri, ecc.). Le industrie metallurgiche lavorano generalmente su bassi margini di guadagno, ma la grande produzione e la lunga vita degli impianti compensano questo svantaggio che d'altronde è generale per l'industria inorganica. Ciò non toglie che spesso anche in questi campi si abbia una radicale trasformazione, come è avvenuto nella produzione dello zinco (passaggio all'altoforno), dell'ammoniaca (aumento della potenzialità degli impianti e introduzione dei compressori centrifughi) o dell'acciaio (passaggio ai convertitori LD). Tutto sommato però queste industrie sono abbastanza assestate, e un impianto ammortizzato è di solito in grado di reggere la concorrenza (vi sono impianti per la produzione di acido solforico che hanno compiuto i 50 anni e sono ancora in funzione!). ║ Siderurgia. La produzione del ferro e delle sue leghe (in particolare degli acciai) è determinante per la vita di ogni nazione, tanto che è assunta generalmente come indice di industrializzazione. In questo campo i processi sono molto stazionari; il processo si basa soprattutto su un miglioramento dei processi già esistenti. ║ Organica. Si occupa della produzione dei prodotti organici, cioè di quelli che sono studiati dalla chimica organica. Oggi è almeno per l'80% petrolchimica, onde si parlerà della c.i. organica e della petrolchimica contemporaneamente, dato che spesso alcuni prodotti derivano sia dal petrolio che da altre vie. Il grosso dei prodotti finali di questa industria sono: materie plastiche, elastomeri, fibre sintetiche, solventi. La preparazione di questi prodotti richiede però un gran numero di prodotti intermedi, quali etilene, propilene, butadiene, isoprene, stirene, ossido di etilene, formaldeide, metanolo, acrilonitrile, anidride acetica, acido acetico, anidride ftalica, acetaldeide, cumene, fenolo, cicloesano, prodotti di alchilazione e alogenazione, aldeidi e chetoni vari, acido tereftalico, esametilediammina, caprolattame, vari esteri, alcoli, ecc. Fra i solventi val la pena di ricordare: cloroformio, cloruro di metilene, acetone, trielina, percloroetilene, ecc. Un'altra fabbricazione di grandissima importanza è la raffinazione del petrolio per produrre benzine, nafte, asfalti, olii lubrificanti, gas petroliferi. A questa si accompagna sempre la produzione di olefine, aromatici, ecc. La produzione di acetilene è stata per anni uno dei punti forti dell'industria organica; oggi si tende però a sostituire questo composto con altri meno pericolosi e meno costosi. La caratteristica principale che contraddistingue l'industria organica da quella inorganica è la rapidità di evoluzione in quasi tutti i settori. Le continue nuove scoperte nel campo organico rendono continuamente disponibili nuove strade per realizzare un prodotto, oppure rendono possibile la fabbricazione economica di un prodotto migliore di uno già esistente. Questo dinamismo fa sì che anche gli impianti siano in una evoluzione altrettanto rapida: un impianto costruito oggi può divenire obsoleto nel giro di 3 ÷ 5 anni (in qualche caso anche meno) onde deve essere ammortizzato in brevissimo tempo. Questa situazione rende ragione del fatto che l'industria organica si è accentrata nelle mani di un numero relativamente basso di società, le quali possono permettersi i costosi studi necessari per la ricerca e la messa a punto del processo di fabbricazione di un nuovo prodotto o di un vecchio prodotto per una nuova via, e di sopportare gli inevitabili insuccessi e investimenti sbagliati che derivano da una situazione di questo tipo. Infatti, mentre nell'industria inorganica il prezzo di un prodotto può al massimo variare di qualche percento nel giro di un paio di anni, il prezzo di un prodotto organico nello stesso periodo di tempo può anche dimezzarsi. Ciò può imporre lo smantellamento o almeno la trasformazione di un impianto ancora pressoché nuovo. D'altra parte si tenga presente che gli impianti chimici sono altamente specializzati: ognuno di essi è destinato a produrre un prodotto dalle materie prime secondo un certo processo, ed è quasi impossibile poter cambiare una qualsiasi di queste parti senza dover sopportare una spesa paragonabile al costo dell'impianto (che spesso è di varie decine di miliardi). Oltre ai grandi prodotti cui si è accennato, esistono delle fabbricazioni della c.i. organica meno importanti quantitativamente ma non qualitativamente, quali coloranti, vernici, colle, medicinali, detersivi, esplosivi (parte dei quali sono inorganici), fluidi frigoriferi e per scambio termico, prodotti ausiliari per altre industrie, ecc.