Cristoliti.
Cristoliti. Aderenti ad una eresia, attestata nel VI sec., secondo la quale Cristo sarebbe asceso al cielo con la sola natura divina spogliandosi di quella umana: si separava in questo modo l'unione ipostatica delle due nature. Eresìa. Termine di derivazione greca (propriamente scelta) usato per indicare una dottrina o una tesi che si oppone direttamente e contraddittoriamente a una verità rivelata e, in quanto tale, proposta dalla Chiesa. Con significato più generale il termine viene usato per indicare qualsiasi idea che si contrapponga a un'opinione comunemente accettata come vera. ● Teol. - Il termine, già usato con il significato di "scelta" e poi di "scuola filosofica", assunse il significato di tesi contraria alla verità della fede nella patristica cristiana, a cominciare da san Paolo. Nella Chiesa dei primi secoli, il Cattolicesimo si trovò a dover combattere le deviazioni di singoli pensatori o di gruppi di cristiani. Nell'ambito della Patristica, non è possibile capire integralmente l'opera dei Padri apostolici e in particolare quella dei Padri controversisti, se non si tengono presenti le principali e. che divisero, nei primi secoli, i credenti in Cristo: Gnosticismo, Manicheismo, Montanismo, Encratismo, Millenarismo. Con lo stabilirsi di rapporti più stretti tra la Chiesa e l'Impero, l'e. cominciò a essere considerata e condannata anche come un vero e proprio delitto politico. A partire dal XII sec., con la netta affermazione del potere pontificio, venne considerato e condannato come e. ogni rifiuto di obbedienza al volere del papa. Dopo i numerosi movimenti ereticali dei primi secoli, scarso fu il fenomeno sino all'XI sec. quando, nel furore di rinnovamento religioso, si ebbe tutta una fioritura di movimenti e di dottrine condannate come e.: Manicheismo, Valdismo, Catarismo, ecc. Condannate come e. furono anche molte delle tesi sostenute da vari studiosi nel fervore di rinnovamento religioso e civile dei secc. XIV-XV. Severamente condannato fu il Defensor Pacis di Marsilio. Le questioni del potere papale e delle sue varie ramificazioni furono portate dinanzi al foro della discussione popolare da John Wyclif e Jan Hus, mentre ferveva la riforma del potere ecclesiastico che doveva portare alla costituzione delle chiese riformate. Tra i successivi movimenti religiosi, particolare importanza ebbero nel XVII sec. il Giansenismo e il Quietismo e all'inizio del nostro secolo il Modernismo. (dal greco Christós: unto). Termine del greco biblico, omologo dell'ebraico mashîah, che indicava colui che era stato consacrato ad un grave compito religioso-sociale. Nell'Antico Testamento C. è usato come sostantivo con l'aggiunta di Yahvé, per indicare che l'atto simbolico dell'unzione consacrava totalmente l'"unto" a Dio, da cui proveniva la missione affidatagli. Durante il periodo della Monarchia e poi dei due Regni, venivano unti i sacerdoti, i profeti e i re; dopo l'esilio babilonese, invece, l'unzione fu riservata solo ai sommi sacerdoti. Nel tardo postesilico, tuttavia, rinfocolandosi le attese messianiche, il termine C. fu attribuito al venturo Figlio di David, il Messia che avrebbe liberato Israele dal giogo straniero (via via rappresentato dalla dominazione persiana, tolemaica, seleucide, romana). Per tale motivo, coincidendo per il Cristianesimo primitivo le figure del Messia liberatore e di Gesù redentore, invalse nell'uso il binomio Gesù C., anche se Gesù stesso, per quanto sappiamo dai Vangeli, non si attribuì mai esplicitamente tale appellativo. Nelle versioni cristiane delle Bibbia, l'ebraico mashîah è tradotto "unto" nell'Antico Testamento; C. nel Nuovo Testamento se riferito a Gesù (V. GESÙ CRISTO). Gesù Cristo. Per i Cristiani il figlio di Dio, seconda persona della Santissima Trinità, incarnatosi per virtù dello Spirito Santo nel grembo di Maria Vergine e morto sulla croce a salvezza di ogni uomo. Fonti storiche della vita terrena e dell'insegnamento di G. sono i quattro Vangeli, alcune testimonianze di parte ebraica, un passo delle Antiquitates dello storico ebreo romanizzato Giuseppe Flavio, un passo degli Annali di Tacito, una lettera di Plinio il Giovane a Traiano e la relativa risposta, passi dello storico Svetonio nelle Vite di Nerone e di Claudio. G. nacque a Bethlehem, villaggio presso Gerusalemme, nel dicembre di uno degli anni fra il 747 e il 749 dalla fondazione di Roma, durante il Regno di Erode. Sua madre fu Maria, discendente dalla famiglia di Davide, vergine, quantunque da poco sposata a Giuseppe, anch'egli della regia stirpe di Davide, ma modesto artigiano, che aveva fissato con la sposa la sua residenza a Nazareth e che fu solo padre putativo. Giuseppe e Maria si erano recati a Bethlehem, paese originario della loro famiglia, a causa di un censimento; ma nel paese affollato trovarono come alloggio solo una grotta che serviva anche da stalla, e lì si compì l'evento, accompagnato e seguito da fatti miracolosi, come l'annuncio dato dagli angeli ai pastori e la comparsa di una cometa che guidò alcuni Magi (sapienti astronomi della Mesopotamia) a rendere omaggio al nato sotto quel segno celeste, profetato nei loro libri sapienziali come un uomo eccezionale. La notizia della nascita di questo fanciullo sotto segni straordinari insospettì Erode che paventò in lui un futuro antagonista e cercò di sopprimerlo ordinando l'uccisione di tutti i nati in quella zona in quel periodo di tempo. Ma Giuseppe e Maria, per divino avvertimento avuto in sogno, posero in salvo il loro bambino attraversando il confine egiziano. Solo dopo la morte di Erode (4 d.C.) la famiglia ritornò a Nazareth, dove G. dimorò fino a 30 anni, aiutando Giuseppe nella bottega di falegname. Di questi anni le fonti non dicono quasi nulla. Si conosce soltanto l'episodio della sua disputa con i dottori della legge nel Tempio di Gerusalemme ove, dodicenne, si era recato con i suoi per la Pasqua. Dopo il trentesimo anno, ricevette il battesimo da Giovanni il Battista, mentre una voce annunciava dall'alto ai presenti che egli era il Messia figlio di Dio. Iniziò la sua vita pubblica, cioè la sua rivelazione agli uomini mediante la predicazione e i miracoli, intorno al capodanno del 27. G. si ritirò su un monte e pregò e digiunò in solitudine per 40 giorni alla fine dei quali fu tentato dal demonio con lusinghe e promesse che respinse. Qualche tempo dopo si recò in Bethabara (o Bethania), dove incontrò ancora almeno due volte il Battista che lo indicò ai suoi discepoli come l'"agnello di Dio che toglie il peccato del mondo". Due discepoli del Battista, Andrea e Giovanni (il futuro evangelista), si recarono a visitare G. e, qualche giorno dopo, Andrea ritornò col fratello Simon Pietro. Con questi primi seguaci G. ritornò in Galilea, ove si unirono a lui anche Filippo e Nataniele Bartolomeo. In quel periodo G. fu invitato al villaggio di Cana a una festa di nozze; qui compì il primo miracolo, la trasformazione di acqua in vino, essendo questa bevanda venuta a mancare. Dopo questa festa G. si recò sul lago, a Cafarnao, dove iniziò la sua predicazione e restò fino alla Pasqua che celebrò a Gerusalemme. Qui diede prova dell'autorità di cui si sentiva investito scacciando i mercanti profanatori del Tempio e predicando alle folle. Prolungato il suo soggiorno in Gerusalemme e in Giudea, mentre Giovanni il Battista veniva arrestato, G. ritornò in Galilea. Si soffermò a Cana di Galilea, guarì miracolosamente il moribondo figlio di un ufficiale regio, quindi tornò a Cafarnaum e, percorrendo i villaggi intorno al lago, compì prodigi. Dopo una pesca miracolosa sul lago, elesse definitivamente a collaboratori diretti quattro dei suoi primi seguaci tra cui Simon Pietro e il fratello Giovanni. Successivamente si aggiunse il gabelliere Levi Matteo, cui poi seguirono altri 7 eletti a completare il numero di 12 Apostoli. Durante questo lungo soggiorno in Galilea, G. tenne il discorso della montagna, annunciando le beatitudini e le previsioni escatologiche; raccontò le sue più belle parabole, compì prodigi resuscitando morti, dando la vista a ciechi, sanando i malati e i deformi. Da Cafarnaum inviò per la prima volta i 12 Apostoli a predicare in luoghi a ciascuno assegnati mentre Egli tornò a Nazareth, dove venne accolto con diffidenza e infine scacciato per aver attribuito a sé un passo di Isaia. Ritornò a Cafarnaum; attraverso il lago si recò a Bethsaida dove venne seguito da grandi folle alle quali parlò e che sfamò con la prima miracolosa moltiplicazione dei pani e dei pesci. Non è chiaro se G. si sia recato a Gerusalemme per la Pasqua o per la successiva Pentecoste. Qui guarì il paralitico della piscina di Bezetha, ebbe dispute con gli Scribi e i Farisei e dopo un soggiorno probabilmente non lungo tornò in Galilea; poi, forse per sfuggire a persecuzioni, andò in Fenicia e compì un miracolo presso Tiro, quindi si recò nella Decapoli donde, lungo il Giordano, risalì verso il lago di Tiberiade. Qui compì la seconda miracolosa moltiplicazione dei pani per sfamare le turbe accorse ad ascoltarlo. Nei pressi di Cesarea di Filippo avvenne la confessione di Pietro, il quale, anche a nome dei 12 apostoli, riconobbe che G. è il Messia figlio di Dio. Successivamente G. cominciò a spiegare più diffusamente il senso della sua missione messianica. Poco dopo la confessione di Pietro avvenne la trasfigurazione (non si può precisare se sul monte Hermon non lungi da Cesarea o, dopo il ritorno in Galilea, sul monte Tabor). G. intensificò la sua predicazione nella Galilea che non abbandonò più fino alla festa dei Tabernacoli da lui celebrata a Gerusalemme dove si recò segretamente, ma venne subito riconosciuto. I Farisei tentarono, senza riuscirvi, di lapidarlo e di arrestarlo. Mandò i discepoli a predicare in vari luoghi della Giudea e della Transgiordania, mentre Egli non si allontanò molto da Gerusalemme e fu spesso ospite in Bethania, quasi alle porte della città, di Lazzaro e delle sorelle Marta e Maria. In questo periodo insegnò il Pater noster. Si recò poi in Transgiordania, ma per la festa della Dedicazione era ancora a Gerusalemme. Passò nella Perea, risalì in Galilea, poi ancora in Transgiordania continuò la sua missione di diffusione del Verbo. Qui lo raggiunse la notizia della morte dell'amico Lazzaro. Si mise in cammino per Bethania e risuscitò Lazzaro sepolto da quattro giorni. La notizia di questo miracolo, pur suscitando grande commozione, turbò i maggiorenti che, riuniti presso il sommo sacerdote Caifa, si consultarono sull'opportunità di sopprimere G. Egli intanto lasciò Gerusalemme e si recò a Efraim, poi a Gerico. Consapevole della prossima morte, l'annunciò ai discepoli che ancora non avevano capito l'essenza della missione messianica. Avvicinandosi la Pasqua lasciò Gerico e si avviò a Gerusalemme. Vi giunse la domenica 9 del mese di Nisan, accolto trionfalmente dalle folle. All'alba si recò di nuovo nel Tempio a predicare e così il giorno successivo, martedì. Interrogato capziosamente, rispose sul tributo dovuto a Cesare. Rispondendo a uno scriba, affermò che il massimo comandamento è "amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente e amare il prossimo come se stessi". Approssimandosi la sera, pronunciò il discorso escatologico ultimo, parlando della fine di Gerusalemme, della diffusione del Vangelo e del giudizio finale. Il mercoledì i sacerdoti si radunarono e decisero la morte di G.; mentre erano radunati, Giuda si presentò ad essi e si propose al tradimento in cambio di 30 sicli. Il giorno successivo G. celebrò la Pasqua con i suoi, cui lavò i piedi, e alla fine del banchetto tradizionale istituì l'eucarestia. Si trattenne poi a lungo colloquio con gli Apostoli (meno Giuda che aveva abbandonato il luogo della riunione per attuare il suo piano infame), predicò di lasciare agli uomini la pace, la sua pace, quella che il mondo non può dare. Pronunciò la preghiera sacerdotale e congedò quindi gli Apostoli, meno Pietro, Giacomo e Giovanni con i quali si recò in un oliveto al di là del torrente Cedron, poco fuori città, per pregare. I suoi compagni si addormentarono ed Egli lottò con l'angoscia per l'atroce imminente scioglimento del dramma. L'uomo che era in lui soffriva, ma Egli si affidò alla volontà di Dio. Di notte sopraggiunsero le guardie guidate da Giuda che catturarono G. e lo condussero da Anna (Hanan), sacerdote deposto dai Romani ma secondo la legge ebraica ancora nella pienezza del suo ministero, che si disinteressò delle accuse mosse a G. e lo rimandò a Caifa, il neo sommo sacerdote. Spuntò l'alba del venerdì 14: G. era davanti a Caifa che sosteneva l'accusa e il Sinedrio lo condannò come bestemmiatore. Ma poiché occorreva la ratifica del governatore romano, G. venne condotto nel pretorio di Pilato il quale, non volendo immischiarsi, mandò G. da Erode che si trovava a Gerusalemme per la Pasqua. Erode, interrogato G. e non ottenendo risposta, lo irrise come pazzo e lo rimandò a Pilato. Il governatore, non trovando colpa alcuna in G. e volendolo salvare, lo fece fustigare e lo mostrò al popolo credendo di impietosirlo. Dichiarò che secondo il costume avrebbe liberato un prigioniero in occasione della festa pasquale, ma il popolo, aizzato, domandò la liberazione del bandito Barabba, insistendo per la crocifissione di G. Sul mezzogiorno G., condotto al luogo del supplizio, una piccola altura fuori porta, detta Golgotha, venne issato sulla croce fra due ladri. Benché ogni resistenza fisica fosse già crollata (durante il tragitto dal pretorio al Golgotha era caduto tre volte sotto la croce), G. rifiutò una bevanda di vino medicato che lo avrebbe stordito attenuando i dolori (solo più tardi sulla croce, arso di sete, chiese da bere e gli vennero bagnate le labbra tumide e secche). Perdonò i suoi carnefici e pregò per loro; promise la gloria eterna dei giusti a uno dei ladroni che gli era a fianco e lo invocò; al discepolo prediletto, Giovanni, il solo che fosse presente, affidò la Madre che lo aveva accompagnato fin lì; intonò poi il salmo XXI (XXII) che inizia con le parole "Eloi, Eloi, lamma sabactani", cioè con un lamento, e dopo aver descritto ciò che allora si stava compiendo, la triste passione, conchiuse con accenti trionfali. Finito di mormorare quell'inno di Davide, G. sentì la morte sopraggiungere, e raccolte tutte le forze, ancora con le parole del salmista invocò il Padre: "Affido l'anima mia alle tue mani, o Signore". Dopo quel grido morì. Si oscurò il cielo e la terra fu scossa da terremoto: la folla si spaventò e si disperse, il centurione romano che comandava la scorta esclamò ch'era morto un giusto. Erano circa le tre del pomeriggio. Occorreva far presto per dargli sepoltura, essendo imminente il tramonto e l'inizio del sabato. Giuseppe d'Arimatea ottenne da Pilato il permesso di rimuovere il cadavere dalla croce e di chiuderlo in un sepolcro nuovo che egli possedeva presso il luogo del supplizio. I membri del Sinedrio chiesero a loro volta che il sepolcro fosse sigillato e vi fossero poste guardie. Ma all'alba della domenica, primo giorno della settimana dopo il riposo del sabato, alcune donne (fra cui Maria Maddalena) che avevano seguito G. dalla Galilea, venute al sepolcro con unguenti profumati per completare l'imbalsamazione del cadavere, lo trovarono aperto e vuoto: corsero ad avvertire Pietro e Giovanni, i quali constatarono la verità dell'affermazione delle donne. Intanto Maria Maddalena era tornata al sepolcro; qui apparvero due angeli e le annunciarono che il Signore era risorto, e poco appresso le apparve G. stesso che ella dapprima non riconobbe. Nell'arco di 40 giorni G. apparve più volte ai suoi discepoli e in Giudea, a Gerusalemme, dove ordinò loro di restare fino alla Pentecoste. Durante queste apparizioni completò il suo insegnamento, impartì gli ultimi ordini per la loro azione missionaria e per l'organizzazione della Chiesa. Nel quarantesimo giorno apparve loro per l'ultima volta, dette gli ultimi consigli, li guidò verso Bethania sul Monte degli Olivi e scomparve verso il cielo, avvolto in una nube. L'ultimo mandato fu di diffondere la buona novella fra tutte le genti fino agli ultimi confini della Terra. Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi. Guadagnare acquistando online. Sinonimi (agg.), celestiale, soprannaturale, sovrannaturale, trascendente, ultraterreno. (agg.), eccezionale, meraviglioso, ottimo, straordinario, sublime. Dizionario divino A agg. 1 Che si riferisce a Dio o agli dei: bontà divina; i divini attributi di Giove. 2 Che ha natura di divinità: essere –d. 3 Che è degno di Dio o degli dei: tributare onori divini. 4 Che proviene da Dio: perdono –d; diritto divino | Divina Scrittura, la Bibbia. 5 (fig.) Eccellente, straordinario, sovrumano: poesia divina; SIN. Celestiale | Il divino poeta, (per anton.) Dante | (fam.) Bellissimo, buonissimo e sim.: un vestito –d. B s. m. solo sing. Essenza divina. Unione. Il mettere insieme due o più oggetti, enti, o elementi associandoli, mescolandoli o collegandoli, in modo che formino un tutto unico: l'u. di due parti del discorso si realizza tramite le congiunzioni. ║ Ciò che risulta mettendo insieme due o più cose o persone: hanno realizzato una perfetta u. professionale. ║ Termine con cui vengono designate varie associazioni, organizzazioni o istituzioni costituite da persone aventi interessi, fini o problemi comuni: U. Nazionale Ciechi. ║ Fig. - Concordia, spirito di solidarietà, comunanza di vedute: una famiglia in cui regna una perfetta u. ║ Unitarietà, coerenza, collegamento: l'opera pecca di mancanza di u. ║ Vincolo coniugale tra due persone, matrimonio: la loro è un'u. destinata a fallire perché priva di basi solide. ║ Collegamento, comunicazione: l'u. tra i due centri è assicurato da un'efficiente rete viaria. ║ Denominazione di Stati formati dalla confederazione di Paesi più o meno autonomi: U. Sovietica. • St. - L'U.: per antonomasia, gli Stati Uniti d'America. ║ Stati dell'U.: nome con cui venivano designati gli Stati dell'America del Nord durante la guerra di Secessione (1861-65). • Econ. - U. doganale: associazione tra Stati costituita mediante un trattato internazionale e avente lo scopo di uniformare o ravvicinare economicamente le parti contraenti, che si impegnano a rispettare una regolamentazione delle tariffe doganali relative alle loro relazioni commerciali, nonché a praticare una comune politica doganale nei confronti di Paesi terzi. In particolare, l'art. XXIV del GATT (V.) definisce l'u. doganale come la sostituzione di un unico territorio doganale ai diversi territori doganali delle parti contraenti; in termini di realizzazione pratica, ciò sta a significare l'abolizione delle tariffe e di tutte le altre misure restrittive degli scambi tra i territori dei membri dell'u., e l'applicazione di tariffe e misure commerciali comuni nelle relazioni con Paesi terzi. In realtà, dal momento che la tariffa esterna comune richiede il coordinamento e l'integrazione delle politiche fiscali, monetarie e creditizie dei Paesi associati, l'u. doganale finisce per rendere necessario, nei confronti dell'area di libero scambio, un grado elevato di associazione politica tra gli Stati che ne fanno parte. Difatti, le origini dell'attuale U. europea (V. UNIONE EUROPEA), dalla quale sta oggi nascendo l'Europa Unita, vanno ricercate nei trattati costitutivi della CEE (Trattati di Roma, 1957), tramite i quali fu realizzata un'u. doganale integrata anche da altri accordi relativi alla libera circolazione di capitali e lavori (Mercato Comune Europeo). ║ U. monetaria: accordo internazionale che prevede la convertibilità reciproca senza fluttuazioni di cambio e con rapporti di parità immutabili delle monete degli Stati aderenti, o anche l'adozione di una moneta unica in sostituzione di quelle nazionali. Talora l'accordo contempla anche l'attuazione di una politica monetaria comune; questo è il caso, per es., dell'U. o Lega monetaria latina, costituita nel 1856 tra Francia, Italia, Belgio e Svizzera (e dal 1868 estesa anche alla Grecia), allo scopo di regolare il sistema monetario vigente basato sull'oro e sull'argento (bimetallismo), e di prevenire le frequenti crisi che si verificavano in occasione del deprezzamento di un metallo in termini dell'altro. • Econ. pol. - U. economica: accordo internazionale volto a consentire sia la libera circolazione delle merci, delle persone e dei capitali nel territorio degli Stati contraenti, sia il coordinamento delle politiche economiche, finanziarie e sociali. ║ U. economica e monetaria: V. UNIONE ECONOMICA E MONETARIA. • Mat. - U. o somma logica di due insiemi A e B: nella teoria degli insiemi, l'insieme costituito da tutti gli elementi appartenenti ad A, a B o a entrambi, e anche l'operazione stessa che dà come risultato tale insieme. • Tipogr. - Tratto d'u.: traduzione italiana del francese trait d'union (V.). • Teol. - U. ipostatica: nella teologia cattolica, la compresenza della natura umana e della natura divina nella persona di Cristo. • Rel. - U. delle Chiese: espressione con cui si indica il riavvicinamento della Chiesa cattolica romana con quella bizantina ortodossa, ripristinato temporaneamente dal Concilio di Firenze del 1438-39. • Gramm. - Complemento di u.: complemento con funzione analoga a quello di compagnia, ma che invece di rispondere alla domanda “con chi?” risponde alla domanda “con che cosa?”: ho incontrato un uomo con un bizzarro cappello. • Ecol. - Insieme di organismi, animali e vegetali, riconducibili allo stesso tipo biologico, e quindi caratterizzati da necessità ambientali analoghe; ne sono esempi un tappeto muscoso, una formazione di alghe marine calcaree depositate sugli scogli, lo strato arboreo di una foresta di conifere. • Dir. internaz. - U. internazionali: in senso lato, qualunque accordo o legame reciproco che impegna due o più organismi statali a cooperare per il raggiungimento di interessi e obiettivi comuni. In particolare, le u. possono essere classificate in semplici e istituzionali: le prime espletano la loro attività mediante rappresentanza o organi comuni, senza dare origine a organismi diversi dagli Stati membri; le seconde, al contrario, originano nuovi enti sociali (comunità di Stati), esclusivi dell'u. in quanto tale e pertanto distinti dai singoli componenti. Questi due tipi di u. possono a loro volta essere distinte in aperte (a cui possono aderire tutti i Paesi in possesso dei requisiti richiesti dall'ordinamento dell'u. stessa) o chiuse (a cui non possono partecipare gli Stati terzi, non presenti all'atto stesso di costituzione dell'u.), paritarie (in cui le parti contraenti si trovano in posizione di uguaglianza giuridica) o non paritarie (in cui le parti contraenti non godono tutte dei medesimi privilegi giuridici). Le u. semplici trovano realizzazione concreta nelle alleanze, nelle u. di protettorato internazionale e nelle u. di tutela mediante mandato internazionale. Sono invece riconducibili alle u. istituzionali le u. internazionali amministrative (V. OLTRE), le confederazioni, le u. monarchiche nelle due distinte figure di u. personali (V. OLTRE) e u. reali (V. OLTRE), i protettorati coloniali, le u. regionali (V. OLTRE), le u. soprannazionali (per esempio, l'ONU), le u. particolari derivanti da imperi coloniali del passato (per esempio, il Commonwealth britannico), le u. di vassallaggio e gli Stati federali o Stati di Stati. ║ U. personale: relazione sussistente tra due o più Stati posti sotto l'autorità della medesima persona fisica, la quale, in qualità di capo dello Stato, garantisce che le rispettive Costituzioni vengano autonomamente e correttamente applicate. Da tempo scomparse, le u. personali in passato erano abbastanza frequenti; ne sono esempi le u. tra Gran Bretagna e Hannover (1714-1837), tra Paesi Bassi e Lussemburgo (1815-1880), tra Belgio e Congo (1885-1908), tra Danimarca e Islanda (1918-44). ║ U. reale: relazione internazionale sussistente tra due o più Stati i quali, oltre a essere riuniti sotto l'autorità della medesima persona fisica, hanno in comune anche altri organismi (il ministero degli Affari esteri, gli organi diplomatici, il ministero della Difesa nazionale e l'apparato militare), preposti all'espletamento di un'attività internazionale unitaria e indipendente dalla volontà dei singoli Stati membri. Esempi storici di u. reale sono forniti dalla Svezia e dalla Norvegia (1815-1905) e dall'Austria-Ungheria (1867-1918). ║ U. internazionali amministrative: così chiamate per distinguerle da quelle di carattere più propriamente politico, rappresentano le istituzioni preposte al coordinamento delle attività amministrative degli Stati membri, nonché alla promozione della cooperazione tra questi ultimi nell'ambito tecnico, economico, culturale e dei servizi pubblici. Costituitesi a partire dalla seconda metà del XIX sec., le u. amministrative operano sotto la direzione di un ufficio centrale o bureau, che rappresenta anche l'organo comune degli Stati partecipanti. Tra esse, menzioniamo: l'U. internazionale dei pesi e delle misure (Parigi), l'U. internazionale delle telecomunicazioni (Ginevra), l'U. per la pubblicazione delle tariffe doganali (Bruxelles). Dopo la seconda guerra mondiale, molte u. amministrative furono riorganizzate in “agenzie specializzate” fortemente istituzionalizzate, controllate e coordinate dal Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite; esempi di queste ultime sono la FAO, l'UNESCO e l'Organizzazione Mondiale della Sanità. ║ U. regionali: istituzioni costituite tra Stati geograficamente vicini, allo scopo di promuovere la collaborazione in determinati settori dell'attività statale (economico, militare, ecc.). Rientrano in questo tipo di u. l'Organizzazione degli Stati americani, nata nel 1910 con il nome di U. panamericana, la Lega araba (1945), l'OECE (1948), divenuta dal 1960 OCSE, la NATO (1949), l'UEO (1954). • Mecc. - U. meccanica: congiunzione o connessione di parti meccaniche realizzata mediante appositi procedimenti costruttivi o per mezzo di particolari elementi di collegamento. Dizionario agg. (pl. m. -ci ) 1 Relativo all'ipostasi | Unione ipostatica, della natura umana e divina del Verbo. 2 (med.) Di ipostasi. Verbo. (dal latino verbum: parola). Ant. - Parola. ║ Non dire, non profferire v.: tacere. • Fil. - Nel linguaggio scolastico medioevale, concetto, pensiero, soprattutto in quanto espresso. • Teol. - Nella teologia cristiana, Gesù Cristo, la seconda persona della Trinità, il quale nella terminologia del Vangelo di Giovanni corrisponde al Logos, o V., o ragione eterna o Sapienza del Padre incarnata. • Gramm. - Parte del discorso che esprime l'azione o lo stato del soggetto, e che è variabile nel tempo, nel modo, nella persona e nel numero. ║ Voce del v.: una qualsiasi forma che appartiene alla flessione di un v.; per esempio, "andarono" è una voce del v. "andare". • Ling - Considerato da Platone e Aristotele soprattutto da un punto di vista logico, in contrapposizione al nome o soggetto, il v. venne invece studiato in quanto categoria grammaticale dagli stoici, che elaborarono un sistema organico delle forme temporali del greco antico. I linguisti moderni hanno dato del v. definizioni diverse, a seconda che, ad esempio, si ponesse (come A. Meillet) l'accento sulla funzione del v. in quanto indicante un "processo", oppure (come L. Hjemslev) lo si considerasse come un insieme di categorie grammaticali. I sistemi verbali delle varie lingue si differenziano per il diverso modo con cui si organizzano tra loro l'elemento verbale, portatore del significato (il semantema verbale), e la flessione, la quale introduce le distinzioni grammaticali nelle categorie di tempo, modo, persona, numero, ecc. Storicamente le lingue hanno preso ad organizzare le proprie forme verbali in paradigmi, in relazione ai quali si parla, per esempio, di verbi regolari o irregolari. Un sistema verbale comprende inoltre, normalmente, accanto alle forme personali, talune forme dette nominali (in quanto possono svolgere funzione nominale) e modi infiniti o indefiniti, perché non sono determinate nella persona, ma solo nella diatesi e nel tempo (infinito), o nella diatesi, nel tempo e nel numero (participio), ecc. Dal punto di vista sintattico si distinguono inoltre v. transitivi e intransitivi, a seconda che possano essere seguiti oppure no da un complemento oggetto. Ipòstasi. (dal greco hypóstasis: lo stare sotto). Filos. - Essenza, sostanza. Il termine acquistò un senso proprio col Neoplatonismo per designare le nature più profonde dell'Uno, dell'anima e dell'intelletto, e con la patristica per indicare ciascuna delle persone della Trinità insieme consustanziali. • Med. - Ristagno di sangue nelle parti declivi dell'organismo che si verifica negli scompensi circolatori, allorquando la deficienza cardiaca costituisce un ostacolo alla normale circolazione. ║ I. cadaverica: deflusso meccanico del sangue nei cadaveri, subito dopo la morte, verso le pareti declivi, con formazione, se il cadavere è supino, sulla pelle e specialmente sul dorso, di tipiche macchie rosso-violacee; al contrario le parti sollevate, testa, collo, mani, sono bianche. Stàtico. Che si riferisce all'equilibrio, alla quiete; contrapposto a dinamico. ║ Equilibrio s.: l'equilibrio delle forze di un sistema in quiete. ║ Sollecitazioni s.: sollecitazione applicata a un corpo in modo tale da non sovvertirne l'equilibrio. ║ Che presenta un buono stato di stabilità. ║ Fig. - Immobile, che tende a rimanere fermo. ║ Fig. - Privo di movimento, sviluppo, evoluzione. • Arte - Nelle arti figurative, di composizione simmetrica, geometrica, costruita secondo linee prospettiche, che dà l'impressione della stabilità, della quiete: la pittura s. di Giotto. • Econ. - Economia s.: quella relativa a un dato istante e non a un processo nel tempo. • Elettr. - Elettricità s.: carica elettrica costante nel tempo. • Mecc. - Relativo alla statica. Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
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