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Conservatorismo.

Comportamento politico di chi vuole mantenere inalterati gli ordinamenti e i rapporti sociali in vigore, contro ogni riforma o programma rivoluzionario. ● Encicl. - Nella storia politica il c. ha in realtà svolto una funzione frenante nei confronti dello sviluppo socio-politico, assumendo forme differenti (moderatismo liberal borghese, fascismo illiberale). Una prima teorizzazione del c. moderno venne compiuta nel Settecento da Edmund Burke, nei cui discorsi e opuscoli sono rintracciabili i principi fondamentali di tale dottrina: dall'affermazione della complessità del sistema sociale e della solida struttura dei suoi ordinamenti tradizionali, al rispetto e al mantenimento delle istituzioni stabilite, in particolare per quanto riguarda la proprietà e la religione. Nel tentativo di conservare i privilegi politici di un partito che, sotto l'incalzare del Liberalismo, andava perdendo il controllo del Governo inglese, Burke insisté sui valori della stabilità sociale e della continuità storica della comunità, ma le sue idee ebbero applicazione assai più ampia rispetto alla difesa contingente del Partito Tory e dell'oligarchia liberale degli Whig. Lo stesso Hegel accolse e rese sistematici i principi presenti nel pensiero di Burke; dalle sue dottrine derivò anche il c. di B. Disraeli, proclamatosi difensore della stabilità e della sicurezza, contro i troppo drastici e rapidi cambiamenti causati in Inghilterra dall'espansione del commercio e dell'industria sostenuti da una politica tipicamente liberale. La strenua difesa delle istituzioni e degli ordinamenti vigenti hanno sempre posto il c. in netta contrapposizione con le istanze progressiste, prima con il Liberalismo, poi con il Socialismo. La denominazione di conservatore si applica pertanto a tutti quei movimenti e partiti che esprimono gli interessi delle classi e dei gruppi dominanti, siano essi fautori di un pressoché totale immobilismo o di un moderato rinnovamento conciliabile con la salvaguardia dei valori tradizionali. Tra gli assertori del c. si possono ricordare in Europa Gentz, Metternich, De Maistre, De Bonald, Lamennais, Ballanche, Haller; in Italia Canosa, M. Leopardi, Solaro dalla Margarita. Esponenti di un c. più moderno vanno inoltre considerati Balbo, D'Azeglio, Durando, che si mostrarono in genere più sensibili alle istanze liberali destinate a prevalere sulle forze democratiche e repubblicane. Nel XX sec. la presenza di un forte potere operaio modificò anche i caratteri del c. che assunse le caratteristiche di un moderato riformismo economico. Nei Paesi a regime bipartitico il c. è rappresentato da un unico partito, mentre in Paesi con governo pluripartitico si distinguono correnti conservatrici anche all'interno di formazioni politiche di ispirazione diversa.