Termine con il quale si indica sia una particolare forma
musicale, sia il far musica alla presenza del pubblico. La parola
c. fa
la sua apparizione sul finire del XVI sec. e indica una serie di combinazioni,
talora esclusivamente strumentali. Nella seconda metà del XVII sec.
queste combinazioni orchestrali tendono a formare un genere di composizione che,
nel corso del secolo successivo, raggiungerà il massimo della perfezione:
il
c. grosso. Tale forma musicale si fonda sulla distinzione e
contrapposizione, all'interno dell'orchestra, di un piccolo gruppo di solisti,
solitamente due violini o il quartetto degli archi, e della restante massa degli
strumenti. La chiave organizzativa del
c. grosso era quella di
distinguere i due gruppi diseguali di strumenti secondo una contrapposizione tra
un settore di strumenti più agile e leggero e uno più compatto e
pesante. Le diverse possibilità espressive cui dava luogo una tale
strutturazione strumentistica vennero estesamente elaborate e studiate nel corso
dei XVI e XVII da musicisti come Vivaldi, Bach e Händel, raggiungendo un
elevato grado di perfezione stilistica. La forma del
c. grosso
costituisce una particolare fase della concezione orchestrale che venne
progressivamente a decadere quando, al concetto di due masse orchestrali
contrapposte, si venne sostituendo quello di un uso più organico dei vari
settori orchestrali, all'interno del quale il momento della contrapposizione
fosse sostituito da un'integrazione articolata degli strumenti. La critica
musicale ha più volte insistito sulle differenze del
c. grosso,
individuandone due tipi fondamentali: quello in cui concertino e
c.
grosso si rimandano inalterate le medesime frasi e quello in cui si viene a
verificare una differenziazione tematica fra concertino e
c. grosso. Al
primo genere appartengono compositori come Corelli e Pasquini, nel secondo si
affermarono musicisti come Vivaldi, Stradella e Albinoni. La concezione
più organica della forma del
c. grosso spetta a Giuseppe Torelli e
Arcangelo Corelli, mentre nei sei
Concerti brandeburghesi di Bach vennero
impiegati nel concertino anche gli strumenti a fiato. La composizione del
concertino poteva variare sino a divenire rappresentata da un solo solista, le
cui abilità virtuosistiche venivano messe in maggiore evidenza del
confronto con la massa orchestrale. I primi esempi di questo genere di
concertino vennero dati dal Corelli, nelle cui opere il contrappunto al
c. grosso veniva fornito da un violino solista. Nelle composizioni di
Vivaldi questa funzione era esercitata da strumenti a fiato come l'oboe e il
fagotto. È questa particolare forma di concertino che, attraverso il
genere di
c. per strumento solista e orchestra, è giunta sino a
noi sopravvivendo all'estinzione del
c. grosso. La nuova concezione del
c. non è tuttavia più fondata, come accadeva per il
c. grosso, da movimenti brevi e talora monotematici. Il
c. moderno
si è sviluppato come varietà della
sonata bitematica e
tripartita. Seguendo lo schema classico della sonata o della sinfonia, è
generalmente in tre movimenti. In esso viene data rilevante importanza alla
parte solistica e alla contrapposizione di questa alla parte affidata al pieno
orchestrale. Il
c. tende generalmente a mettere in piena luce lo
strumento solista e l'intera gamma delle sue possibilità espressive,
cadendo talora in eccessi di virtuosismo fine a se stesso. Il trapasso dalla
forma di
c. grosso alla moderna concezione del
c. avviene con
Bach, ma trovò la sua espressione più compiuta in Mozart, autore
di numerosissimi
c. per pianoforte, violino, oboe, clarinetto, corno e
fagotto. Successivamente, al pianoforte vennero affidati numerosi
c., fra
i quali ricordiamo i cinque di Beethoven, i due di Liszt, i due di Chopin, e,
più recentemente, i due di Maurice Ravel. Il
c. per violino venne
splendidamente illustrato da Paganini. Altri
c. per violino vennero
composti da Beethoven, Mendelssohn, Brahms e, in tempi più vicini a noi,
da Stravinskij, Hindemith, Prokofiev e Sibelius. I
c. per violoncello
sono molto meno numerosi; citiamo quelli di Boccherini, Schumann, Hindemith e
Bloch. Concerti per corno sono stati composti da Haydin, mentre Weber e Strauss
si sono cimentati in lavori per oboe e clarinetto. Il
c. inteso come
forma di trattenimento musicale aperto al pubblico si è sviluppato a
partire dal XVIII sec., in collegamento con l'ascesa della classe borghese.
Precedentemente la fruizione della musica era riservata agli esponenti
dell'aristocrazia all'interno delle corti. I musicisti si trovavano quindi nella
condizione di salariati di questo o quel nobile, che li manteneva in funzione
del gradimento sociale che essi procuravano. Il regime economico dei musicisti
venne a mutare inizialmente all'interno dei teatri d'opera. Nel 1637 venne
aperto a Venezia il primo teatro aperto ad un pubblico pagante. Successivamente
la figura sociale dei musicisti si sviluppò in un regime di libera
concorrenza, che determinò anche la nascita di figure quali gli impresari
e i gestori dei teatri. Beethoven fu uno dei primi musicisti che trascorsero la
propria esistenza di compositori senza essere alle dipendenze di una corte
gentilizia. In questo modo si allargarono le basi alla libertà
individuale dell'artista ma, nello stesso tempo, si venne a determinare un
progressivo distacco dei musicisti dalla realtà sociale del loro tempo.
La prima organizzazione musicale basata sulla libera concorrenza si ebbe in
Inghilterra con l'istituzione di teatri pubblici che si battevano fra loro per
poter ingaggiare i migliori musicisti. In Francia il medesimo fenomeno si
verificò precedentemente alla Rivoluzione e, successivamente, si ebbe un
grande sviluppo dell'attività del Conservatorio di Parigi. In Italia i
primi
c. popolari se ebbero dopo l'unità sotto l'egida di diverse
società, tra le quali le più attive furono quelle di Milano e
Firenze. In tempi più recenti possiamo ricordare l'attività delle
stagioni sinfoniche organizzate dalla Rai-TV, dall'associazione Alessandro
Scarlatti di Napoli, dal Maggio musicale fiorentino e dal Teatro alla Scala di
Milano.