È così detta la sonata per pianoforte in do
diesis minore, opera 27 n. 2 di Beethoven, composta nel 1801. È divisa in
tre movimenti:
Adagio sostenuto, Allegretto, Presto agitato. Scritta nel
triste periodo dell'incombente minaccia della sordità e di un impossibile
amore (per Giulietta Guicciardi), rispecchia in pure emozioni sonore i
contrastanti moti dell'animo di Beethoven. L'
Adagio, che ha determinato
la denominazione di sapore letterario alla sonata, è memorabile per la
sua lunare luminosità suscitatrice di ineffabile incanto. Così ne
interpreta il senso Vincenzo Terenzi: "... l'anima del poeta poc'anzi inasprita
dalla mala sorte, soffocata da ricordi angosciosi, premuta da cupi pensieri, si
chiude rinnovellata a un magico tepore, il tepore della grazia femminea...
C'è nel sogno del poeta non so che tenerezza sconsolata, c'è nel
suo canto l'accento triste di chi presagisce che ogni voluttà gli
è preclusa".