Filosofo e storico della filosofia, tedesco. Professore
nell'università di Amburgo, all'avvento del nazismo emigrò in
Svezia dove insegnò all'università di Göteborg. Trasferitosi
nel 1934 negli Stati Uniti, fu professore ad Harvard. È tra le
personalità filosofiche più rappresentative della "Scuola di
Marburgo", alla quale si deve il tentativo di interpretare le categorie kantiane
come leggi del pensiero logico-matematico. In tale ambito si colloca
l'osservazione del
C.: non basta la funzione conoscitiva scientifica per
spiegare la realtà in modo totale; il mondo non è materia dei
processi religiosi e artistici, ma questi sono un processo formativo che ha per
risultato il mondo. Successivamente
C. orientò il proprio
interesse verso quelle forme di conoscenza raggruppabili sotto il tipo della
"forma simbolica", come il linguaggio, il mito, l'arte. Per la filosofia dei
simboli del
C., il linguaggio caratterizza l'umano in quanto l'uomo
può vivere soltanto in un universo simbolico, liberandosi dalla natura e
costruendo la civiltà nelle forme simboliche ossia: arte, religione,
storia, scienza, originate dal linguaggio. Nello studio delle forme simboliche
(
Filosofia delle forme simboliche, 1923-25),
C. abbraccia la
totalità del mondo umano, affrontando il problema della civiltà
nei suoi molteplici aspetti e mettendo in luce i problemi concernenti il
linguaggio, il mito, lo sviluppo della civiltà. Nel suo
Saggio
sull'uomo, 1944, egli osserva che il pensiero logico e razionale può
comprendere solo quegli argomenti che sono scevri di contraddizioni e che hanno
una realtà e una natura coerenti; è questa omogeneità che
non si trova nell'uomo. Al filosofo pertanto non è permesso di costruire
un uomo artificiale, seguendo un metodo puramente speculativo: non c'è
altra via per conoscere l'uomo che captarne la vita e la condotta, ma ciò
sfugge a ogni tentativo speculativo di imprigionamento in una forma unitaria.
Particolarmente importante è stato il contributo di
C. allo studio
del mito, di quella sfera che egli ha definito
Das mythische Denken,
riconoscendo la posizione centrale che il mito occupa in tutte le civiltà
primitive. Infatti, mentre nella nostra civiltà la coscienza
intellettuale sembra volere esautorare la coscienza mitica, nelle civiltà
"primitive" la coscienza mitica celebra il suo trionfo e si trova nel suo
"elemento naturale".
C. analizza con grande obiettività la
struttura del pensiero mitico, osservando che per i pensatori dell'Illuminismo
"il mito era stato una cosa barbara... Tra il mito e la filosofia non poteva
esserci alcun punto di contatto". Molto diverso fu l'atteggiamento dei Romantici
nel cui sistema il mito viene considerato "la fonte della cultura umana".
C. ritiene il pensiero romantico in buona parte responsabile della
diffusione dei miti irrazionali del XX sec.; mito dell'eroe, della razza, dello
stato, della guerra, ecc. Egli distingue i prodotti spontanei e naturali della
coscienza mitica dalle manipolazioni artificiose volte a provocare la narcosi
della ragione
Il mito dello Stato, 1946. Tra le altre sue opere,
Storia della filosofia moderna, 1906-20;
Concetto di sostanza e
concetto di funzione, 1910;
Libertà e forma, 1917;
Vita e
dottrina di Kant, 1918;
Individuo e cosmo nella filosofia del
Rinascimento, 1927;
La filosofia dell'Illuminismo, 1932 (Breslavia
1874 - Princeton, New Jersey 1945).