Maresciallo d'Italia. Figlio di Raffaele, entrò nel
1865 all'Accademia militare. Nel 1868 venne nominato sottotenente, nel 1870
tenente, nel 1875 capitano e nel 1883 maggiore. Nel 1898 ottenne la nomina a
generale di divisione. Nel 1910 gli venne affidato il comando del IV Corpo
d'Armata. Alla vigilia dell'entrata in guerra dell'Italia, in seguito alla morte
del generale Pollio, divenne capo di SM dell'esercito (1914). In questa veste
C. impostò la strategia italiana che, resa più complessa e
di difficile preparazione dall'improvviso cambiamento di alleanze, prevedeva la
difesa a oltranza del Trentino e un'offensiva mobile in direzione di Lubiana e
Trieste. Questo piano offensivo venne tuttavia reso vano dalle necessità
di difendere il Trentino, minacciato in continuazione dalle offensive
austriache. Nel 1916
C. seppe fronteggiare la
Strafexpedition
austriaca bloccandola nel triangolo Cittadella-Padova-Vicenza con le truppe
della quinta Armata, successivamente riportate all'attacco verso Gorizia. In
seguito
C. chiese invano che venisse intensificato lo sforzo per
abbattere la resistenza austriaca nel corso della Conferenza interalleata di
Roma. Le sue richieste vennero in gran parte respinte e, nel 1917, l'esercito
italiano fu travolto a Caporetto dall'offensiva combinata austriaca e tedesca.
La sconfitta, della quale era responsabile per non aver saputo prevedere le
intenzioni nemiche e non aver preparato le necessarie contromisure,
obbligò
C. a lasciare il comando supremo. Venne nominato membro
del Comitato militare interalleato di Versailles ma, qualche mese più
tardi, si ritirò a vita privata. Dopo la guerra il suo operato venne
rivalutato e, nel 1924, venne nominato Maresciallo d'Italia. È autore di
numerose opere storiche e di tecnica militare tra cui ricordiamo:
Delle forme
di combattimento della fanteria (1885),
La guerra alla fronte italiana
fino all'arresto sulla linea del Piave e del Grappa (1921) (Pallanza 1850 -
Bordighera 1928).