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VENDITA DI BENI ECCLESIASTICI E DEMANIALI
Operazione effettuata dallo stato italiano a partire dal 1862 per raccogliere capitali per finanziare il deficit statale. Furono venduti beni per circa 200.000 ettari per un incasso di quasi 300 milioni, molto inferiore al valore dei beni. Gli acquirenti furono principalmente borghesi, e spesso esaurirono i propri capitali nell'acquisto, senza poter investire successivamente nelle terre acquistate. L'operazione quindi non raggiunse lo scopo di stimolare il progresso agricolo e di sviluppare la piccola proprietà contadina.
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