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VARSAVIA, GHETTO DI
Antico quartiere ebraico della capitale polacca nel quale, con il decreto del 16 ottobre 1940, le autorità naziste relegarono 150.000 ebrei polacchi. Nel novembre dello stesso anno fu eretto un muro destinato a segregare il ghetto, separandolo dalle zone definite "ariane". Chiuso nel suo perimetro di 17 km, il quartiere si trasformò in strumento di sterminio a causa della fame, degli stenti e delle malattie che non tardarono a imperversare per il sovraffollamento: in successive fasi vi furono infatti deportati, da ogni parte d'Europa e della Polonia, più di 400.000 ebrei, destinati poi ai campi della morte nella Polonia orientale. La resistenza all'oppressore e ai suoi collaboratori lettoni e ucraini fu dapprima passiva, decisa a mantenere vivo quanto esistesse di artistico, letterario e musicale in un ambiente in cui la lotta per sopravvivere diventò di per sé resistenza. I resistenti decisero poi di organizzarsi in gruppi armati, consci di non poter vincere, ma risoluti a testimoniare la volontà di opporsi allo sterminio. In condizioni difficilissime riuscirono a recuperare armi, addestrandosi al loro maneggio. Il 19 aprile 1943 le squadre naziste iniziarono le operazioni di "liquidazione" del ghetto, ma incontrarono un'accanita opposizione armata che protrasse la lotta fino al 12 maggio. Alla fine della battaglia il ghetto risultò interamente distrutto: 56.065 persone vi morirono, mentre altre 36.000 furono avviate al campo di sterminio di Treblinka. Le ultime resistenze si spensero il 16 maggio, quando i pochi nuclei di superstiti evasero attraverso il sistema sotterraneo del ghetto.

L. Poliakov, Il nazismo e lo sterminio degli ebrei, Einaudi, Torino 1955.
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