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TRIESTE, QUESTIONE DI
(1945-1975). Contenzioso internazionale fra Italia e Iugoslavia relativo alla definizione dei confini tra i due stati. Il 1° maggio 1945 distaccamenti di partigiani sloveni occuparono Trieste, di cui rivendicavano l'appartenenza alla Iugoslavia; poco dopo giunsero nella città anche truppe alleate britanniche che accolsero la resa dei tedeschi (3 maggio). Nei quaranta giorni successivi la situazione fu assai tesa, poiché gli iugoslavi insediarono una amministrazione civile senza il consenso alleato. Dopo forti pressioni, anche sovietiche, Tito ritirò le sue truppe e si giunse a un accordo per la creazione del Territorio libero di Trieste diviso in due aree: una zona A (ossia la città e i dintorni a Occidente) posta sotto controllo britannico, e una zona B (da Capodistria al fiume Quieto), sotto controllo iugoslavo. L'atteggiamento intransigente di Tito riguardo la questione di Trieste guastò non solo i rapporti con gli alleati occidentali, ma anche quelli con l'Unione sovietica, che secondo il leader iugoslavo non aveva adeguatamente sostenuto la sua causa. Dopo la rottura con il Cominform (1948), la diminuita tensione con l'Occidente e l'esigenza di definire le frontiere settentrionali indussero la Iugoslavia a cercare una soluzione al contenzioso triestino, che suscitava in città e in tutta l'Italia, anche in ricordo della Prima guerra modiale, forti emozioni di cui si alimentava il movimento neofascista. Pur tra difficoltà e tensioni diplomatico-militari, giunte alla mobilitazione di truppe al confine ordinata a scopo dimostrativo dal governo Pella nel 1952, nel 1954 fu stipulato un accordo fra Roma e Belgrado grazie al quale la zona B passò alla Iugoslavia (con alcune modifiche di confine a suo vantaggio), mentre la zona A venne restituita all'Italia; ma solo nel 1975, con la firma del trattato di Osimo, vennero sanciti i confini fra i due paesi.
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