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RIZÂ PAHLAVÎ
(Teheran 1919 - Il Cairo 1980). Figlio del fondatore della dinastia Pahlavî, Rizâ Khân, salì al trono nel 1941 in seguito all'abdicazione del padre col nome di Muhammad Rizâ Shâh. Si trovò immediatamente a dover fronteggiare l'influenza dei religiosi ('ulamâ e mullâh guidati dall'ayâtollâh Kâshânî), dei comunisti del Tudeh e dei nazionalisti di matrice liberale che avevano un prestigioso punto di riferimento in Musaddiq. Dopo un fallito attentato (4 febbraio 1949) frettolosamente attribuito ai comunisti, mise al bando il Tudeh e fece modificare la costituzione del 1906 per acquisire il diritto di sciogliere il parlamento (majlis). Ne scaturì un conflitto di potere con questo, dominato da Musaddiq, a cui pose termine il colpo di stato del 1953 che sancì lo stretto rapporto tra lo scià e il governo degli Usa. Su consiglio di esperti statunitensi lo scià varò nel 1963 la cosiddetta rivoluzione bianca, una riforma agraria accompagnata da campagne per l'alfabetizzazione, l'emancipazione della donna e l'industrializzazione, che fu bene accolta da chi ne trasse vantaggio, come i piccoli proprietari contadini e gli ambienti vicini alla corte in grado di inserirsi nel gioco degli indennizzi concessi in cambio delle terre espropriate; fu invece duramente avversata dal Fronte nazionale e dalle sinistre, perché non teneva conto dei contadini senza terra (la stragrande maggioranza), e dai notabili religiosi, colpiti sia in quanto proprietari terrieri sia in quanto difensori di una tradizione che vedevano minacciata dai rapporti sempre più stretti con gli Usa. La dinastia non temeva espropri perché le sue terre (circa un decimo del totale) erano state assegnate già nel 1961 alla Fondazione Pahlavî, un ente formalmente assistenziale che in realtà consentiva allo scià e alla sua famiglia di investire con discrezione all'interno e all'estero. Represse le proteste del 1963, lo scià finì col trovarsi prigioniero del circolo vizioso terrorismo-controterrorismo, violenza-controviolenza. I suoi ambiziosi programmi di industrializzazione, fondati sull'investimento dei proventi del petrolio, videro un inizio di realizzazione (soprattutto dopo il brusco aumento dei prezzi del greggio del 1973-1974) a costo però di enormi tensioni che sfociarono nella rivoluzione islamica del 1978. Costretto a lasciare l'Iran il 16 gennaio 1979, si rifugiò in Egitto e successivamente in Marocco, nelle Bahamas, in Messico e negli Usa, quindi nuovamente in Egitto, dove morì.

P.G. Donini



A. Bausani, I persiani, Sansoni, Firenze 1962; R. Sanghvi, Aryamehr: the Shah of Iran. A Political Biography, Macmillan, Londra 1968.

 

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