Tweet


BUDDHISMO
Dottrina religiosa nata dall'insegnamento del Buddha. Sorto verso la fine del VI secolo a.C. all'interno della crisi del sistema castale (vedi caste) a base brahmanica causata dall'evoluzione delle antiche società agrarie verso forme economiche e sociali più evolute nella vallata del Gange, non costituì, all'origine, un complesso organico di particolari verità rivelate, e quindi di dogmi, né si presentò come una religione particolare contrapposta alle altre. Secondo il suo insegnamento la verità è universale e atemporale, al di sopra dei singoli insegnamenti. La legge buddhista (dharma) è l'ordine delle cose, la loro natura o condizione. Le cose stesse sono dei dharma in quanto "fissati" secondo questa legge. Il punto di partenza della riflessione del Buddha è la constatazione della presenza del dolore nel mondo: la vita è dolore (duhkha). L'esistenza della sofferenza (nascita, vecchiaia, malattia e morte ecc.) può essere considerata come la diagnosi del male. Essa è la prima delle "quattro sante verità" in cui si riassume la dottrina buddhista. Seguono: l'origine (samudaya) del dolore (desiderio e attaccamento); l'eliminazione (nirodha) del dolore; il cammino che conduce all'eliminazione del dolore (duhka-nirodha-gamini-pratipad); quest'ultimo è a sua volta diviso in otto tappe "perfette". L'esistenza del mondo è spiegata come una concatenazione di cause chiamata "coproduzione condizionata" (pratitysamutpada), non esiste quindi una divinità creatrice. All'origine della sofferenza vi sono le passioni e il desiderio. Per raggiungere il nirvana è necessario rendersi conto di tutto ciò ed eliminare ogni concatenazione causale. Le prime comunità buddhiste, chiamate sangha, accolsero monaci e laici di entrambi i sessi. Contrariamente ai dettami del Buddha si sviluppò ben presto l'elemento fideistico, individuabile persino nella formula dei "tre rifugi" (Buddha, dharma, sangha) che costituisce la professione di fede buddhista; ciò condusse all'adorazione del Buddha (Buddha-puja). Inizialmente essa si esplicò soprattutto nell'adorazione dello stupa (modello in muratura del cosmo) contenente le reliquie del Buddha. Il buddhismo dal Magadha e dal Koshala si diffuse ampiamente in tutta l'India durante il regno di Ashoka (III secolo a.C.) della dinastia Maurya. Fu in questo periodo che avvenne la prima frattura in seno al buddhismo attuata da un gruppo di riformatori, alla quale seguirono ulteriori scissioni fino al I secolo a.C., in cui si poterono contare venti scuole diverse. La grande varietà di opinioni e di interpretazioni in seno ai vari gruppi trovò espressione in trattati a volte molto voluminosi, chiamati abhidharma. Con il re kushana Kaniska il buddhismo fiorì nell'attuale Afghanistan e cominciò a diffondersi in Asia centrale. In questo periodo sorse e si sviluppò un movimento di vaste proporzioni che si autodeterminò Mahayana (o "grande veicolo" in quanto si diceva capace di offrire salvezza a vasti strati sociali), il quale entrò in polemica con quello più conservatore chiamato Hinayana, o "piccolo veicolo", per la sua limitata capacità di condurre al "risveglio" gli esseri. In contrasto con il concetto che ciascun uomo debba salvarsi da solo praticando le virtù, il buddhismo Mahayana nacque con lo scopo di aiutare tutte le creature al conseguimento della salvezza, sostenendo l'ideale della "compassione" perseguita dal bodhisattva, figura che rinuncia a diventare buddha per aiutare gli altri esseri a divenirlo. Si rifà al Mahayana la scuola Madhyamika, fondata da Nagarjuna (II-III secolo), che attraverso la negazione costante di ciò che viene affermato intendeva mettere l'accento sul vuoto (sunyata). La scuola Yogacara o Vijãnanavada, rappresentata da Asanga e da Vasubandhu (IV secolo d.C.), concepiva il mondo come una creazione umana originata da una specie di coscienza immagazzinatrice detta alayavijãnana. Dalla scuola Yogacara si sviluppò una filosofia della conoscenza che ebbe nel VII secolo il suo massimo rappresentante in Dharmakirti. Con l'avvento in India dei Gupta (320-600 ca.), il buddhismo adottò dei compromessi con lo stato feudale centralizzato e col risorgente brahmanesimo. Dopo la distruzione musulmana dei monasteri buddhisti nel XII e nel XIII secolo, il buddhismo fu quasi sradicato dall'India. Il cosiddetto "buddhismo meridionale" fu dovuto all'opera di missionari di Ashoka inviati in India meridionale e in Sri Lanka e da qui si diffuse nel Sud-est asiatico. La forma di buddhismo che ivi si sviluppò fu quella Theravadin, una delle sette del Piccolo veicolo, basata sul canone pali. In Cina (buddhismo cinese), dove il buddhismo è attestato sin dalla metà del I secolo d.C. (An Shigao), ebbe maggiore fortuna il Grande veicolo. Dalla Cina fu introdotto nel IV secolo nel regno di Koguryo, che dominava sulla parte settentrionale della penisola coreana. Da lì quindi si diffuse negli altri due regni coreani, Silla e Pakche. Il periodo di massima fioritura del buddhismo in Corea fu sotto la dinastia Silla, dopo l'unificazione (668-935). Già nell'VIII secolo il chan penetrò in Corea e dopo secoli di vicissitudini, durante i quali la scuola di Avatamsaka cercò di arginarlo, finì per dominare assorbendo praticamente le altre scuole. Come altrove in Asia orientale, l'affermazione del chan coincise con il trionfo del neoconfucianesimo. Il buddhismo penetrò in Giappone dalla Corea nel VI secolo, mentre nel VII secolo fu introdotto nel Tibet dalla Cina. Inizialmente il tantrismo non ebbe un ruolo considerevole nel Tibet; la situazione mutò con l'arrivo dall'India del maestro tantrico Padmasambhava, noto anche come Guru Rimpoche, che nel 749 assistette al completamento del monastero di Samye vicino a Lhasa, dove alla fine del secolo si sarebbe svolto un famoso dibattito alla presenza del re, che avrebbe segnato il prevalere in Tibet del buddhismo di origine indiana su quello di origine cinese. Ciò che comunemente si chiama lamaismo (buddhismo tibetano) fu il risultato della fusione della scuola indiana Madhyamika con tantrismo e shamanesimo.

A. Forte
eXTReMe Tracker