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BOXER, RIVOLTA DEI
(1898-1901). Movimento insurrezionale popolare
di carattere xenofobo e anticristiano che prese piede nella Cina settentrionale
a partire dal 1898 e sfociò in un conflitto aperto tra Cina e grandi
potenze, conclusosi con la sconfitta cinese (Protocollo del 1901). Gli insorti,
con riferimento alla pratica di arti marziali in alcune antiche società
segrete cui erano affiliati, usavano l'appellativo di yihequan (pugno
di giustizia e fratellanza), da cui il termine inglese di boxer.
Il movimento era, agli inizi, fortemente nazionalista e contrario alla dinastia
regnante, i Qing mancesi. Esso si estese rapidamente, con sanguinose aggressioni
ai missionari e ai convertiti, dall'originario Shandong sino alla capitale
Pechino, ove il governo imperiale cercò di deviarne la violenza contro
gli stranieri in generale, con l'assedio delle legazioni e la dichiarazione
di guerra (21 giugno 1900) alle potenze straniere che dal canto loro avevano
già occupato i forti di Dagu nei pressi di Tianjin. Il corpo di spedizione
internazionale inviato subito in Cina al comando del generale tedesco von
Waldersee e in cui era presente anche un contingente italiano, ebbe rapidamente
il sopravvento sulle truppe cinesi e le bande dei boxer. Entrato in Pechino
si abbandonò a feroci quanto indiscriminati massacri e devastazioni
(compreso l'incendio del palazzo imperiale) con la distruzione o la dispersione
di un vastissimo patrimonio culturale e artistico. I profondi disaccordi
politici tra gli occidentali impedirono tuttavia ancora una volta la spartizione
coloniale della Cina e la caduta della dinastia Qing, che sopravvisse sino
al 1911.
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