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BALCANICI, MOVIMENTI NAZIONALI
Movimenti di indipendenza nazionale che si svilupparono nei Balcani a partire dalla fine del Settecento.

LE NAZIONALITÁ "SENZA STORIA".
Le vicende storiche dell'Europa danubiano-balcanica furono dominate nei secoli XIX e XX dall'ascesa e dal risveglio nazionale dei popoli balcanici, che nascevano dall'aspirazione a rompere le rigide cornici sovranazionali, a base dinastica, dell'impero asburgico e dell'impero ottomano e a ricostruire i rispettivi stati scomparsi con le spartizioni avvenute nel corso dei secoli: un "risveglio delle nazionalità senza storia", perché per lungo tempo esse erano state dominate dai due grandi imperi. Nell'ambito del risveglio delle nazionalità europee sollecitato dalle idee della rivoluzione francese, dal Romanticismo, dall'individuazione di "un sistema di popoli slavi" esteso dall'Adriatico sino all'Asia, gli intellettuali balcanici seppero ritrovare il passato dei loro popoli, a volte mitizzandolo (il mito della Grande Bulgaria dello zar Simeone, quello della Grande Serbia di Stefan Dusan, quello della Grande Romania di Michele il Bravo). Questa rinascita nazionale e il tentativo di meglio definirsi finirono inevitabilmente per scardinare gli schemi dinastici e sovranazionali sia asburgico sia ottomano. Nell'Europa danubiano-balcanica, i primi a muoversi e a conseguire qualche successo verso la via dell'indipendenza furono gli ortodossi soggetti alla Turchia: i serbi, i romeni e i greci. Questi popoli, durante il dominio ottomano, avevano mantenuto in vita una loro classe dirigente grazie all'opera di conservazione dei valori e delle culture nazionali esercitata dalle singole Chiese e dal patriarcato di Costantinopoli, facilitata dalla tolleranza religiosa della Sublime porta. Inoltre, nelle popolazioni ortodosse cariche civili e religiose spesso si sommavano in un'unica persona, l'etnarca, sia rappresentante della "nazione" sottoposta, sia capo religioso e civile; proprio per questi motivi fu soprattutto dai conventi, luoghi in cui si formava la classe intellettuale e politica, che partirono le parole d'ordine per il risveglio nazionale (dopo i lunghi anni di "torpore" del dominio ottomano).

CLASSI SOCIALI E IDENTITÁ CULTURALE.
Gli intellettuali (intellighenzia) svolsero un ruolo molto importante; in genere, provenienti dalla piccola nobiltà o dalla borghesia (clero, burocrazia, insegnamento), aperti alle idee di libertà, di democrazia o delle diverse forme di socialismo, prima e dopo Marx, mantennero intensi contatti con l'Occidente, ispirandosi alle varie correnti, dal riformismo costituzionale e liberale al radicalismo rivoluzionario. Proprio a questa classe intellettuale risale, quindi, lo sviluppo del movimento di rinascita nazionale nei Balcani (ma anche nell'intera Europa orientale), di cui fu la forza propulsiva, divenendo la vera e propria classe dirigente delle singole collettività nazionali. In questo processo l'elemento contadino rimase per lungo tempo assente e solo molto tardi (ormai nel Novecento) e nelle zone dove un ceto nobiliare si sovrapponeva alle masse contadine di altra estrazione nazionale la lotta per la terra assunse un carattere di rivendicazione nazionale. Il risveglio dei popoli oppressi fu innanzitutto un fatto di cultura, in particolare storica e letteraria, prima di diventare un fatto politico. Uno dei primi obiettivi fu il recupero della lingua nazionale (da contrapporre alle lingue sovranazionali: il tedesco, il magiaro ecc.) dandole piena validità letteraria e poi politica e amministrativa. La lotta per la lingua rappresentò pertanto il primo terreno di scontro con il potere centrale, fosse esso a Vienna o a Istanbul. Si manifestò, allora, dal Settecento in avanti, una fervida attività culturale per il recupero del patrimonio linguistico: si pensi a Ljudevit Gaj e alla sua riforma della lingua e dell'alfabeto croati o all'attivismo serbo (in Vojvodina) o ancora a quello bulgaro per lo sviluppo di scuole e giornali autoctoni. Il risveglio nazionale avvenne però anche attraverso il collegamento con il passato, spesso mitizzato, a volte addirittura falsificato affinché le singole comunità nazionali potessero prendere coscienza di sé e distinguersi dalle rispettive compagini sovranazionali: si ricercarono le origini delle proprie tradizioni, dei costumi nazionali, del folklore; si raccolsero e pubblicarono i canti popolari, ritenuti in virtù della cultura romantica l'"anima" nazionale. Il passaggio dalla fase culturale a quella politica pose subito il problema della distinzione nazionale come limite fra una nazione e l'altra, nel momento in cui si tendeva a formare degli stati; si manifestarono allora le prime complessità che, dalla metà dell'Ottocento, si trascinarono fino alla fine del Novecento; è quasi sempre difficile individuare una frontiera netta in quanto i territori fra loro a contatto danno luogo a zone dalle caratteristiche etniche e culturali mescidate. Nacquero così (a partire dal 1848) lunghe e dolorose controversie territoriali: il problema della Transilvania fra magiari e romeni; il problema dei limiti fra serbi e croati; il contrasto nazionale fra serbi e magiari, croati e magiari, magiari e slovacchi, albanesi e greci, albanesi e serbi, albanesi e bulgari, bulgari e turchi, turchi e greci. Al termine di un lungo processo, culturale, sociale e nazionale, che dalla fine del Settecento giunse alla Prima guerra mondiale, con la fine dei grandi imperi dinastici, multinazionali e sovranazionali, una "nuova" Europa emerse con connotati del tutto differenti ma portando in sé le premesse degli sviluppi drammatici che si ebbero a più riprese nel corso del Novecento, fino alla sanguinosa guerra esplosa tra i diversi gruppi etnici e religiosi che tra il 1945 e il 1990 avevano costituito la Iugoslavia.

F. Privitera
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