ATATÜRK, MUSTAFA KEMAL (Salonicco 1881 - Istanbul 1938). Fondatore della Repubblica turca. DAI GIOVANI TURCHI ALLA GUERRA D'INDIPENDENZA. Entrato a dodici anni alla scuola militare preparatoria ottomana di Salonicco, proseguì gli studi a Monastir e poi all'accademia di Istanbul dove partecipò attivamente alla vita delle società segrete contro il regime dispotico del sultano Abd al-Hamd II. Dopo la nomina a capitano fondò nel 1905 a Damasco il gruppo Vatan ve Hürriyet (Patria e libertà). Tornato a Salonicco, partecipò marginalmente alle attività del comitato Ittihad ü Terekki (Unione e progresso), massima forma organizzativa dei Giovani turchi, con i dirigenti dei quali, in primo luogo Enver Bey, non era in piena sintonia. Combatté in Tripolitania contro gli italiani (1911-1912), poi venne nominato addetto militare in Bulgaria. Durante la Prima guerra mondiale si distinse nella difesa dei Dardanelli (1915), quindi, come comandante d'armata, nelle campagne del Caucaso (1916) e di Palestina (1917). Qui comandò la settima armata nella ritirata fino a nord di Aleppo, dove lo sorprese l'armistizio di Mudros (30 ottobre 1918). Per il suo rifiuto di accettarne le clausole draconiane entrò in contrasto con Mehmet VI e venne richiamato nella capitale. Nominato ispettore delle truppe di Erzerum, nel maggio 1919 riuscì a convincere una parte dell'esercito a lottare per l'indipendenza del paese, minacciato di smembramento. Condannò apertamente il governo del sultano e del suo gran vizir Damad Ferid Pascià e organizzò congressi nazionalisti a Erzerum (luglio) e Sivas (settembre), mobilitando attorno alla causa dell'indipendenza e dell'unità un numero sempre crescente di personalità politiche e militari. Convocata ad Ankara il 23 aprile 1920 la prima grande assemblea nazionale, assunse la guida della lotta contro il governo di Istanbul e contro gli alleati, in particolare contro l'esercito greco, da lui sconfitto nel 1920-1922 con una serie di brillanti operazioni militari, sfociate nell'armistizio di Mudanya (11 ottobre 1922). Proclamato Gazi (il vittorioso) dall'assemblea nazionale, in novembre fece votare la soppressione del sultanato. Il successivo trattato di Losanna (1923) sancì la completa indipendenza della Turchia nelle frontiere che coincidono sostanzialmente con quelle attuali. PRESIDENTE A VITA: LA MODERNIZZAZIONE. La seconda assemblea nazionale, formata in maggioranza da rappresentanti del Partito del popolo da lui stesso fondato (poi Partito repubblicano del popolo, Cümhuriyet Halk Partisi), proclamò il 29 ottobre 1923 la repubblica, di cui gli venne attribuita la presidenza, riconfermata fino alla morte. Con l'appoggio di un governo guidato da Ismet Inönü, Atatürk avviò una radicale modernizzazione del paese, fondata in primo luogo sulla laicizzazione. Il 3 marzo 1924 venne abolito il califfato; seguì la soppressione dei tribunali religiosi e delle scuole coraniche sostituite da una rete sempre più capillare ed efficiente di scuole elementari di stato, primo livello di un sistema educativo basato su patriottismo e laicismo. Vennero messi al bando gli ordini dei dervisci, e nella costituzione fu eliminato il riferimento all'Islam quale religione di stato. Questi e altri provvedimenti, come il divieto di utilizzare l'arabo (o qualsiasi lingua diversa dal turco) nelle funzioni religiose, diedero vita a vivaci e diffuse proteste, energicamente represse, da parte dei settori più tradizionali. Analogamente fu colpita ogni espressione dell'autocoscienza etnica delle minoranze curda, armena e araba. Ancor più rivoluzionaria la riforma della scrittura, che sostituiva l'alfabeto latino a quello arabo, segnando una drastica rottura con la cultura del passato, in cui il turco era stato considerato la lingua dei contadini ignoranti, mentre la classe dirigente aveva assorbito con entusiasmo le influenze culturali arabe e persiane. All'introduzione dei caratteri latini, presupposto di una alfabetizzazione di massa, si accompagnò una campagna per l'eliminazione delle parole di origine araba e persiana: il modello da seguire era ormai la moderna Europa, non il mondo arabo o persiano di cui appariva evidente la subordinazione economica e politica. Vennero quindi adottate anche norme sull'introduzione dell'abbigliamento europeo e avviate campagne contro il velo femminile e l'onomastica tradizionale: nel 1934 l'uso del cognome fu reso obbligatorio e l'assemblea nazionale assegnò a Mustafa Kemal quello di Atatürk, padre dei turchi. Venne riconosciuto il diritto di voto alle donne e furono introdotti codici di ispirazione europea per il diritto civile, penale e commerciale. Per attuare le riforme volute da Atatürk era necessario inculcare nella mente dei turchi l'orgoglio etnico: perciò negli anni trenta fu incoraggiata la circolazione di teorie (poi sottoposte a revisione critica anche in Turchia) storiche e linguistiche esagerate, che attribuivano ai turchi un ruolo centrale nell'evoluzione dell'umanità e ponevano la loro lingua all'origine di tutte le altre. Tale nazionalismo esasperato si tradusse nel rifiuto di ammettere che in Turchia esistessero popolazioni non turche. La maggior parte dei greci e degli armeni avevano abbandonato il paese in seguito agli eventi bellici lasciando il gruppo etnico turco in netta maggioranza, ma i curdi avevano ancora una presenza rilevante (vedi Kurdistan): li si denominò allora turchi di montagna e, di fronte all'impossibilità di negare che la loro lingua appartenesse alla famiglia indoeuropea, si proibì di parlarla. Malgrado le apparenze di un regime costituzionale, la Turchia di Atatürk era una dittatura, giustificata con l'esigenza di realizzare i sei principi ideologici inscritti nella costituzione: nazionalismo, laicismo e modernismo (già presenti nel programma dei Giovani turchi), repubblicanismo, populismo e statalismo. Atatürk, del resto, non nascose mai la sua ammirazione non tanto per l'ideologia, quanto per i metodi organizzativi di regimi che si proponevano di trasformare i rispettivi paesi: il fascismo in Italia, il bolscevismo in Urss e il nazismo in Germania. In politica estera si sforzò di normalizzare, dopo il trauma della guerra e dello scambio di popolazioni, i rapporti con la Grecia. Con quest'ultima, la Romania e la Iugoslavia nel 1934 costituì una intesa balcanica, successivamente estesa verso est grazie al patto di Sa'dâbâd con Iraq, Iran e Afghanistan. Nei confronti dell'Urss, benché il panturchismo restasse una componente essenziale del nazionalismo turco, Atatürk ebbe cura di evitare ogni forma di pressione sulle repubbliche asiatiche popolate prevalentemente da popolazioni turcofone. P.G. Donini J. Benoist-Méchin, Mustafa Kémal, Albin Michel, Parigi 1954; H. Luke, The Making of Modern Turkey. From Byzantium to Angora, Macmillan, Londra 1936; P.M. Price, Storia della Turchia dall'impero alla repubblica, Cappelli, Bologna 1958. |