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AMRITSAR, MASSACRO DI
(13 aprile 1919). Eccidio compiuto dalle truppe britanniche nella principale città del Punjab, quando il generale Dyer fece aprire il fuoco senza alcun preavviso sulla folla che assisteva a un comizio in un'angusta piazzetta della città, continuando il tiro sino all'esaurimento delle munizioni. In pochi minuti vi furono 379 morti e oltre 1200 feriti. Seguirono due mesi di ferree leggi marziali in tutto il Punjab con violenze e umilianti disposizioni razziali contro gli indiani. L'accaduto, che si inseriva nelle tensioni provocate in India dal rifiuto britannico di rispettare le promesse di riforme e autonomia fatte nel corso della Prima guerra mondiale, sconvolse la stessa opinione pubblica indiana. Alcuni, come i dirigenti religiosi sikh di Amritsar, che offersero una medaglia a Dyer, o la stessa Annie Besant, appoggiarono l'operato di Dyer, temendo l'estendersi all'India di una rivoluzione sociale. Altri invece ritennero giunto il momento di passare a movimenti di massa politici e sindacali per imporre al governo coloniale un reale mutamento di rotta. Per il movimento nazionalista indiano, e per quello gandhiano in particolare, il massacro di Amritsar segnò un cruciale punto di svolta.
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