|
METALLURGIA
Insieme degli aspetti pratici e tecnologici connessi
alla lavorazione dei metalli. Tradizionalmente è suddivisa in metallurgia
estrattiva e fisica. La prima comprende le prime fasi di
lavorazione, successive all'estrazione: la cernita, la frantumazione
e le operazioni di riduzione con carbone (per esempio l'altoforno
per la produzione di ghisa), con forni elettrici o attraverso le tecniche
idrometallurgiche, cioè lisciviando il minerale con una soluzione
per ottenere un sale solubile del metallo. La seconda riguarda la fusione,
la lavorazione plastica e ulteriori lavorazioni, come la saldatura
e la placcatura. L'arte della lavorazione dei metalli ebbe sempre
implicazioni politiche e professionali tali da rendere preziose le eventuali
innovazioni, così come incise sulla definizione delle tipologie
culturali delle società senza scrittura. La metallurgia del rame
e del piombo partì dal cosiddetto bassofuoco, una cavità
prima, un semplice forno rivestito di materiale refrattario poi, riempito
con una miscela di carbone e di minerale. L'insieme della metallurgia
non ferrosa giunse alla produzione del bronzo fuso per riduzione in crogiolo
di minerali ossidati di rame e di stagno (3000-2000 a.C.), alla produzione
di stagno e di bronzo per alligazione diretta (2000-1000 a.C.), alla produzione
di ottone da rame e calamina, di leghe di piombo e stagno (peltro), alla
lavorazione del mercurio (primo millennio a.C.) contemporaneamente alla
tecnologia della tempra e alla produzione di acciaio per cementazione
carburante di ferro dolce. Tecnica particolare fu quella dei forni a tino,
in cui la colonna di minerale mescolato a carbone si preriscaldava a contatto
con il gas ricco di ossido di carbonio prodotto in una parte inferiore;
la maggiore economia di energia era però limitata dalla necessità
del soffiaggio. Questa tecnologia non riuscì a evolversi nell'ambito
dei paesi del Mediterraneo e del medio Oriente, mentre in Cina, già
nel secondo secolo a.C., si riusciva a ottenere ghisa per getti. Soltanto
dopo il Mille in Europa, segnatamente in Germania, si sviluppò
l'altoforno, ancora rudimentale, ma alimentato da mantici azionati da
ruote idrauliche: la ghisa liquida, per l'esercizio del forno in continuo,
veniva poi convertita in ferro dolce attraverso vari metodi. Mentre l'uso
di magli a leva, e soprattutto di laminatoi, consentì la produzione
di lastre di ferro a partire dal XVI secolo, la crescita della produzione
impose il progressivo abbandono del carbone di legna. Occorrevano circa
10 kg di carbone di legna (e quindi circa mezzo quintale di legname) per
la produzione di 1 kg di ferro, il che permette di comprendere i fenomeni
di deforestazione di vaste aree europee. Il carbon fossile fu poi sostituito
ai primi del 1700 con il coke, mentre la tecnologia della distillazione
dello zinco dalla calamina in forni a storte, realizzata in Gran Bretagna
nel 1737, diffuse un nuovo tipo di forno composto da alcune centinaia
di storte, con temperature attorno ai 1250 gradi. Iniziava così
una nuova fase della produzione metallurgica (industria siderurgica).
R. Villa
|
|