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La beatificazione di Padre Pio da Pietrelcina Lettera circolare del ministro provinciale PAPI E BEATI - PADRE PIO - ANEDDOTI E RICORDILe qualità delle stigmateLe stigmate di Padre Pio ebbero due qualità: il profumo e la luminosità.Le testimonianze in merito al profumo (10), in vita e post mortem, sono innumerevoli: da sole basterebbero a riempire un grosso volume. Il fatto, quindi, è fuori dubbio. Ma qual è la sua origine? Il dottor Festa, che ne parla nella seconda relazione, scrive testualmente: «Sembra che tale profumo, più che dalla persona del Padre Pio in genere, emani dal sangue che stilla dalle sue piaghe» (26). Lo stesso dottore parla a lungo dell'esperienza da lui fattane, proprio da lui che era «affatto privo del senso dell'odorato». Per quanto ne sappiamo, la seconda qualità è attestata soltanto dallo stesso dottor Festa e limitatamente alla piaga del costato. Essa fu constatata nel corso della visita da lui fatta nel 1925, subito dopo l'intervento chirurgico: «Per amore di verità e di esattezza debbo soltanto aggiungere che la sottile escara, da cui nel precedente esame avevo trovato ricoperta la ferita che ha sull'emitorace sinistro, è ora caduta; di modo che questa appare fresca e vermiglia, in forma di croce, e con brevi, ma evidenti radiazioni luminose che si sprigionano da suoi contorni» (27). La scomparsa delle stigmateSul corpo del venerato Padre Pio le stigmate rimasero aperte, fresche e sanguinanti per mezzo secolo (1918- 1968). Ma, verso la fine della sua vita, cominciarono a chiudersi.Le prime a rimarginarsi furono quelle dei piedi e del costato, probabilmente circa due anni prima della morte. Nell'estate (luglio-agosto) del 1968, non si vedevano le piaghe alle mani, almeno sui dorsi. Noi stessi lo constatammo. Durante la celebrazione dell'ultima Messa (22 sett. 1968), era ancora visibile la stigmata nel palmo della mano sinistra. In meno di 24 ore, anche questa scomparve completamente. L'ultima rilevanza crostosa dalla faccia palmare sinistra cadde al momento della morte. Così la mano sinistra, che era stata la prima ad essere interessata in modo più sensibile ad una delle prime apparizioni delle stigmate (cfr. Epist. I, 234), fu anche l'ultima a perdere ogni segno di ferita. La teologia delle stigmateIl mistero della croce è essenzialmente il mistero pasquale: cioè, il mistero della morte e della risurrezione di Cristo.Secondo la dottrina di San Paolo, ogni cristiano, per mezzo del Battesimo, diviene partecipe di questo mistero (Rom. 6,3-5). Nel corso dei secoli, però, Dio sceglie delle anime, nelle quali, in modo particolare, rinnova il mistero pasquale del Figlio suo. Nel sec. XX ha scelto Padre Pio da Pietrelcina, l'umile cappuccino del Gargano, passato alla storia della Chiesa come il primo sacerdote stigmatizzato. Gli elementi, con i quali Dio ha rinnovato in lui il mistero della morte di Cristo, sono due: la volontà di coimmolazione e i dolori, morali e fisici, tra i quali occupano il primo posto le stigmate. Il cumulo di sofferenze, che la Provvidenza divina si degnò di caricare sulle sue spalle, costituirono il suo «calvario» e lo posero in uno stato di continua agonia, per tutta la vita. Ma Dio ha rinnovato in Padre Pio da Pietrelcina anche il mistero della risurrezione di Cristo. Per illustrare questo punto è necessario ricordare che, in Padre Pio, la scomparsa delle stigmate fu accompagnata dall'assenza completa di ogni segno di cicatrizzazione. Al posto delle stigmate, c'era nuova carne, rigenerata (ri-creata?). Questo fenomeno, che giustamente viene considerato «fuori di ogni tipologia di comportamento clinico e di carattere extra naturale» (dottor Sala), non trova alcuna spiegazione scientifica. Ci chiediamo, pertanto: che cosa rappresenta il fenomeno della scomparsa delle stigmate e della rigenerazione di nuova carne al posto delle ferite? La risposta è duplice. In relazione a Padre Pio, esso ci appare come il segno manifesto che Dio ha gradito ed accettato il suo lungo e cruento sacrificio, ed ha dato a lui, primo sacerdote stigmatizzato, glorificata ricompensa attraverso quel germe di risurrezione della carne. In relazione agli uomini, ci sembra che quel germe di glorificazione sia un segno dell'entrata di Padre Pio nella gloria del cielo, per continuare, presso Dio, il ruolo di intercessione in loro favore. ConclusioneVolendo indicare brevemente il significato teologico globale delle stigmate di Padre Pio da Pietrelcina, viste nel contesto della sua vita santa, tutta dedicata alla gloria di Dio ed al bene delle anime, ci sembra di poter citare con ragione le parole dell'Apostolo San Paolo ai Colossesi: «Io godo delle sofferenze in cui mi trovo per voi, e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo, che è la Chiesa» (Col. 1,24).Chiuso nel suo mistero, in profondo raccoglimento e in costante colloquio con Dio, il venerato Padre poteva esclamare con lo stesso grande Apostolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo... D'ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo» (Gal. 6,14.17). San Giovanni Rotondo, 23 settembre 1984, 16°; anniversario della morte di Padre Pio da Pietrelcina. Padre Gerardo Di Flumeri Vice Postulatore (1) L'ultimo accenno è del 10 ottobre 1915: cfr. Epist. I, 669. (2) Il dottor Festa descrive direttamente la stigmata della mano sinistra, ma, com'egli stesso afferma, la descrizione è valida anche per le «lesioni esistenti sul dorso e nella palma della mano destra»: cfr. doc. n. 52, p. 179. (13) Nella stessa lettera, il dottor Romanelli afferma che il dottor Festa, nella prima visita, «vide una croce a branche eguali». L'affermazione non corrisponde a verità. Per il dottor Festa la branca più larga doveva essere quella trasversale. Scrive, infatti, nella seconda relazione: «Mentre l'asta trasversale, forse alquanto più larga e più lunga» (4) E' possibile che la divergenza del dottor Bignami sia dovuta al diverso punto dal quale fu fatta l'osservazione e anche alla posizione assunta da Padre Pio. (5) Nella nostra esposizione, non abbiamo preso in considerazione l'attestato del dottor Sala. Questo, infatti, non ha nessun valore, perché il dottor Sala, com'egli stesso confessa, non ha mai eseguito nessun controllo diretto delle ferite. Quindi, è frutto di fantasia «la ferita del costato... a forma di losanga». Inoltre c'è da dire che, a causa dell'ignoranza del problema della ubicazione della stigmata del costato, il dottor Sala è incorso in un altro grave errore. Quando, dopo la morte del venerato Padre Pio, Padre Giacomo Piccirillo fece il servizio fotografico per documentare la scomparsa delle stigmate, il dottor Sala, che era presente, non indicò il punto esatto del lato del costato sinistro da fotografare. Scoprì, infatti, il costato fino a poco sotto la mammella sinistra, ignorando che la stigmata del costato, partendo dalla linea ascellare anteriore, solcava la cute a circa due dita trasverse al disotto della papilla mammaria). (6) Il dottor Michele Capuano ne dà una spiegazione «naturalistica»: «Divergenze? Contrasti? Io penserei a due aspetti dello stesso fenomeno. A manifestazioni "successive" nello stesso organismo, dove modifiche "biologiche", cioè spontanee, sono sempre possibili in ogni tempo - anche a distanza ravvicinata - sotto le oscillazioni del ricambio, degli equilibri biochimici e delle secrezioni interne, in vista delle trasformazioni che caratterizzano le attività vitali». (7) Nella lettera del 5 sett. 1918, scritta esattamente un mese dopo il fenomeno della transverberazione, Padre Pio parla di «ferita riaperta che sanguina e sanguina sempre», «ferita che sempre è aperta» (Epist. I, 1072 s.). Queste espressioni suggeriscono indubbiamente l'idea di una ferita fisica; però lette nel contesto («sommerso in un oceano di fuoco», «anima che impiagasti»), perdono la loro forte carica di significato fisico e possono rivestirsi di un significato simbolico, metaforico, spirituale. (8) PADRE GERARDO DI FLUMERI, La transverberazione di Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 1985. (9) Per questo punto cfr. il nostro studio citato nella nota precedente. (10) Esula dal nostro intento la trattazione del profumo di Padre Pio. Per esso rimandiamo a quanto ne hanno scritto i biografi. Cfr. in modo particolare: PADRE FERNANDO DA RIESE PIO X, Padre Pio da Pietrelcina, crocifisso senza croce, 2ª ed., San Giovanni Rotondo 1984, pp. 186-19 LA BEATIFICAZIONE DI PADRE PIO DA PIETRELCINAPadre Pio proclamato BeatoAvevo appena terminato d'indossare i paramenti sacri ed ero pronto a partecipare alla concelebrazione presieduta dal santo padre Giovanni Paolo II, quando fui invaso da un forte desiderio. Dare uno sguardo alla folla accorsa alla cerimonia della beatificazione del venerabile Padre Pio da Pietrelcina.Il cortese lettore avrà certamente capito che era la mattina del 2 maggio ed io mi trovavo, con altri sacerdoti, vescovi e cardinali, nel braccio destro della basilica di San Pietro, esattamente davanti alla cappella dove troneggia la ieratica statua del papa Pio XII. Per raggiungere il portone d'ingresso, dovevo percorrere varie decine di metri, che, per il mio povero cuore visitato da fratello infarto, rappresentavano un notevole sforzo. Inoltre temevo che le intransigenti guardie, messe a custodia della via di accesso, come i biblici cherubini del giardino dell'Eden, mi avrebbero impedito di avvicinarmi a quel portone. Mi feci coraggio e mi rivolsi alle guardie. Espressi timidamente il mio desiderio e rimasi in silenziosa attesa per qualche minuto. Quale non fu la mia piacevole sorpresa, quando una di essa, col più amabile dei sorrisi, mi disse: «Ma certamente, padre!» e mi spalancò il portone. Mi precipitai fuori dalla basilica e mi fermai sul sagrato, che consentiva di avere uno sguardo panoramico su tutti i convenuti. Ebbi un tuffo al cuore e rimasi senza parola! Dall'ingresso della basilica fino al Tevere una folla immensa riempiva tutti i settori predisposti ad accogliere i fedeli in arrivo: il settore di destra e quello di sinistra, l'area di San Pietro e quella di San Paolo, i settori 1, 2, 3, 4, 5, 6, dove si poteva rimanere comodamente seduti, e i restanti settori, che consentivano soltanto una presenza in piedi. L'ordine era mantenuto nel modo più assoluto. Sembrava che quel fiume di gente stesse immobile. Il mio pensiero volò al libro dei Numeri e mi ricordai della benedizione pronunziata da Balaam su Israele: «Come sono belle le tue tende, o Giacobbe, le tue dimore, Israele! Sono come torrenti che si diramano, come giardini lungo un fiume, come aloè, che il Signore ha piantati, come cedri lungo le acque. Fluirà l'acqua dalle sue secchia e il suo seme come acqua copiosa» (Num. 24, 5-7). Mentre mi estasiavo alla vista di quel superbo spettacolo, fui favorevolmente colpito da un altro elemento, che dominava sovrano su quel popolo eterogeneo, convenuto da tutte le parti d'Italia e del mondo: il silenzio. Quel popolo viveva nel silenzio, ovattato di silenzio, cinto di silenzio come di una fascia ai lombi. Però quel silenzio non era soltanto qualcosa d'insolito nella presenza di una moltitudine così vasta, ma era anche l'habitat naturale, senza del quale quella cerimonia sacra non avrebbe potuto aver luogo né si sarebbe potuta svolgere decorosamente. Non era un silenzio imposto, ma un silenzio richiesto, come esigenza dello spirito di fronte al sacro. In quel silenzio non si avvertivano neanche dolci bisbigli e lievi mormorii, a volte inevitabili in un così vasto assembramento di persone. Da quel profondo silenzio sgorgavano, di tanto in tanto, le consolanti note delle lacrime. Non si trattava di lacrime di dolore, ma di amore: amore per Dio, per il papa, per il venerabile Padre Pio, per i sofferenti del Kosovo, per i miseri di tutto il mondo. E, infine, la commozione: una commozione profonda ed estesa, che, come una coltre, copriva tutta quella moltitudine di gente. Ma anche una commozione dignitosamente contenuta, che non dava luogo a manifestazioni incomposte e fuori luogo. Dopo aver ammirato per lungo e per largo lo straordinario scenario di piazza San Pietro e di via della Conciliazione, feci ritorno in basilica per unirmi al corteo di sacerdoti, vescovi e cardinali, che si stavano muovendo verso l'altare per la concelebrazione. Non starò qui a descrivere i vari momenti di questa sacra cerimonia tanto attesa, che saranno ampiamente illustrati nel corso di questo giornale. Qui mi limiterò a dire che gli elementi da me notati precedentemente restarono intatti, ed anzi potenziati, nel corso della celebrazione della santa messa: ordine, silenzio, lacrime, commozione. Lo zenit evidentemente fu raggiunto quando il santo padre Giovanni Paolo II dichiarò Padre Pio beato con le parole prescritte dal cerimoniale pontificio: «Con la nostra autorità apostolica concediamo che il Venerabile Servo di Dio Pio da Pietrelcina d'ora in poi sia chiamato Beato e che si possa celebrare la sua festa nei luoghi e secondo le regole stabilite dal diritto, ogni anno, nel giorno della sua nascita al cielo, il 23 settembre». A quel punto le regole del comportamento di quella moltitudine subirono una eccezione, ma sempre nella regola d'oro del rispetto e della moderazione. Molti cominciarono ad agitarsi, gridando «Viva il Papa», «Viva Padre Pio». Alcuni facevano sventolare il foulard o il cappellino. Altri piangevano dirottamente. Altri infine, profondamente commossi, singultivano per la gioia. La situazione tornò normale e il papa poté continuare a celebrare la santa messa, nell'ordine più assoluto, nel silenzio più profondo, tra lacrime segrete e nascoste, nella commozione generale, che tutti avvolgeva e copriva col suo manto leggermente ondulato e profumato. Mi è stato riferito che la stessa scena si è verificata oltre che in piazza San Pietro, anche in piazza San Giovanni in Laterano, a San Giovanni Rotondo e a Pietrelcina. Molti mi hanno chiesto: Qual è per lei, padre, il miracolo più grande di Padre Pio? Non ho esitato a rispondere: la splendida giornata del 2 maggio. di padre Gerardo Di Flumeri, vice postulatore Lettera circolare del ministro provincialeFratelli carissimi, il 2 maggio è il giorno fatto dal Signore, il giorno atteso e finalmente maturo della glorificazione su questa terra del venerabile servo di Dio Padre Pio da Pietrelcina, nostro confratello, figlio prediletto e gemma fulgida di questa Provincia di S. Angelo - Foggia, innalzato agli onori degli altari tra cori festosi ed inni di ringraziamento a Colui che ha operato questa «meraviglia» ai nostri occhi.È questo un giorno di portata storica, perché rende concreta e vera una notizia bella e dai significati profondi ed inenarrabili, diffusa da un araldo quale messaggero di lieti annunci: «Sali su un alto monte, tu che rechi liete notizie in Sion» (Is. 49, 9) e grida: «gioisci figlia di Sion, esulta Israele e rallegrati con tutto il cuore figlia di Gerusalemme» (Sof. 3, 14). Nello stesso tempo sperimentiamo in modo singolare la gratuità di un amore e di una condiscendenza infinita e traboccante che ha fecondato l'intera umanità, tutto l'Ordine e la nostra fraternità provinciale, visitati dalla «grazia» dello Spirito che ha suscitato Padre Pio da Pietrelcina, mirabile per la santità di vita ed oggi proclamato ufficialmente beato dal papa Giovanni Paolo II. A fronte di tanta benevolenza e di una ricchezza di doni e di «segni» soprannaturali caduti nelle nostre mani e in questa porzione di terra, benedetta da gocce di sangue di un crocifisso vivente, un senso di stupore e di confusione ci avvolge e ci sovrasta e non si danno parole che possano esprimere la gratitudine e l'esultanza del cuore ricolmo di «gioia indicibile»; non si dà voce che possa esprimere il canto della lode e della benedizione alla Trinità santa, cui è onore, gloria e potenza nei secoli. Fratelli carissimi, in questo giorno davvero santo il nostro cuore esplode in liete parole: cosa renderemo al Signore per quanto ci ha dato? Vogliamo alzare il calice della salvezza e rendere gloria al suo nome. In eterno vogliamo lodare e cantare la sua bontà e misericordia. In questo evento di gioia e di gloria la nostra Provincia di S. Angelo - Foggia è coinvolta in prima persona, quale «carissima madre» che lo ha generato alla vita religiosa, accogliendolo e formandolo nel radicamento e nell'interiorizzazione dei valori della tradizione francescano-cappuccina; che è stata testimone dei carismi e dei fenomeni mistici legati alla sua persona ed ha condiviso con lui l'esperienza fraterna e pastorale, segnata da eventi belli e tristi, esaltanti e drammatici nello stesso tempo. In questa circostanza, in un unico abbraccio, vogliamo unire il passato con il presente e fare «memoria» di tutti quei confratelli, che, a diverso titolo e ai diversi livelli, hanno condiviso nel tempo le situazioni, le esperienze, i momenti belli e straordinari come quelli difficili e sofferti di tutti questi anni, offrendo una testimonianza di legame profondo e di affetto alla persona di Padre Pio: figure di confratelli dal volto ordinario, semplici ed austeri, ma anche dotti e dalla forte personalità posti sullo stesso cammino, segnando indirettamente la stessa esperienza di Padre Pio e restandone segnati. Qualcuno di questi ha suscitato la sua vocazione ed il fascino per l'abito cappuccino, altri lo hanno avviato alla vita fraterna e formato nelle discipline filosofiche e teologiche, altri ancora sono stati i direttori spirituali che lo hanno illuminato, consigliato ed aiutato a discernere il disegno di Dio sulla sua persona, tantissimi nel silenzio e nel nascondimento hanno vissuto accanto a lui pregando, lavorando, gioendo e soffrendo insieme. Ultimamente alcuni con sacrificio e dedizione, attraverso ricerche, scritti, testimonianze, predicazione... si sono prodigati per introdurci nel «mistero e nel segreto» di questo nostro confratello, diffondere il suo messaggio e la sua esperienza e farci giungere all'appuntamento della sua beatificazione. Il Padre Generale, in una lettera inviata alla nostra Provincia nella persona del Ministro Provinciale, dopo la promulgazione del decreto «super miraculo» ha scritto: «La vostra Provincia ha cesellato la sua statura umana e spirituale agendo e soffrendo con lui nella certezza che le opere di Dio alla fine brilleranno». In verità nessuno più dei suoi confratelli, alcuni in particolare, hanno potuto «vedere», «toccare» con mano e sperimentare le «meraviglie» che il Signore ha operato ed opera attraverso il suo servo. La nostra Provincia ed i nostri confratelli, pertanto, più di altri sono stati e sono tuttora i custodi e i testimoni oculari di questa figura carismatica e di questa esperienza unica e straordinaria. Chi eravamo o cosa rappresentavamo noi per meritare questo privilegio? La nostra Provincia ad inizio di secolo si presentava piccola e nascosta, in via di riorganizzazione e di ripresa dopo gli eventi della soppressione, senza grandi nomi e tradizioni all'interno dell'Ordine; eppure è stata scelta da Dio come «nuova Betlemme», come luogo in cui doveva brillare una «stella» ed un nostro convento, aggrappato ad un monte, sconosciuto e cadente come quello di San Giovanni Rotondo, prescelto come «nuova Assisi», come luogo in cui doveva splendere un «faro» di luce attraverso i segni della passione di Cristo, definito per questo come San Francesco «rappresentante stampato delle stigmate di nostro Signore». Come Provincia e confratelli di Padre Pio dal profondo del cuore vogliamo dirgli grazie con semplicità e grande riconoscenza, oltre ogni formalismo e trionfalismo di facciata, per la sua «bella e splendida testimonianza» di frate minore cappuccino, scritta e vissuta all'interno della fraternità con una fedeltà ed eroicità a dir poco meravigliose nell'intreccio quotidiano di realtà ordinarie e straordinarie, forti ed intense da renderlo uno di noi eppure così singolare ed originale, tanto da proporsi come modello esemplare di vita religiosa. Siamo qui anche per chiedere umilmente perdono al Signore ed a lui se in tanti frangenti non abbiamo apprezzato abbastanza il dono della sua presenza e compreso i carismi ed i fenomeni di natura mistica di cui era arricchito, divenendo inconsapevolmente causa di sofferenze morali per la sua persona. Di un dato possiamo esser certi, ieri come oggi: Padre Pio, che chiamava teneramente «carissima madre» la Provincia, l'ha amata profondamente, ha pregato incessantemente per i suoi bisogni ed ha sofferto per lei offrendosi vittima «usque ad effusionem sanguinis». L'esperienza di Padre Pio è racchiusa in questa espressione tratta dal suo epistolario, che sintetizza e fotografa la sua vocazione e missione di frate cappuccino e di sacerdote: «Il tutto si compendia in questo: sono divorato dall'amore di Dio e dall'amore del prossimo. Dio per me è sempre fisso nella mente e stampato nel cuore. Mai lo perdo di vista» (Epist. I, 1247). Dio è stato il centro di gravitazione del suo essere e del suo agire, il punto di riferimento assoluto della sua vocazione e missione. Da questo centro, origine e punto focale di ogni energia e dinamismo interiore, si sprigionava quell'amore, che come calamita lo attraeva verso il peso suo: Dio ed i fratelli. Padre Pio ha sperimentato sin dalla più tenera età i «segni di predilezione» da parte di Dio ed una volta consacratosi con i voti di obbedienza, povertà e castità tra i cappuccini ha vissuto la sua consacrazione in modo pieno ed indiviso, senza riserve e cedimenti, divenendo un «degnissimo figlio di San Francesco» ed offrendo una testimonianza eccezionale e trasparente dei valori caratteristici della «forma di vita» e della tradizione francescano-cappuccina. L'eucarestia ha rappresentato sempre il momento centrale e culminante della sua giornata e della sua attività apostolica. Egli è stato il sacerdote che si è offerto vittima con Cristo sull'altare, consacrando il pane e il vino come offerta ed azione di grazie per la salvezza del mondo. È stato il confessore assiduo ed instancabile donando il perdono e la riconciliazione ed irradiando luce e conforto. È stato il frate ed il sacerdote orante e contemplativo, dell'accettazione della croce e dell'adesione alla volontà di Dio. È stato il frate e il sacerdote della fede profonda, della carità perfetta, della speranza certa, virtù professate e vissute in modo tanto semplice quanto eroico. Giorno dopo giorno nel silenzio interiore, tra sofferenze ed umiliazioni di ogni sorta, ha dato concretezza a quella voce e a «quella missione grandissima»: «santificati e santifica» nella tensione costante di volersi identificare-conformare sempre più a Cristo, povero e crocifisso. Dio e l'uomo - il polo verticale e quello orizzontale - hanno rappresentato la grande passione di Padre Pio come unico respiro, come unico amore. Dal suo cuore, innamorato di Dio e dei fratelli, sono nate con finalità specifiche le due realtà: i «Gruppi di preghiera» come tensione verso l'alto e «Casa sollievo della sofferenza», pupilla dei suoi occhi, come finestra aperta sulle sofferenze dell'umanità. Questa esperienza così intensa, cosa richiama e provoca in tutti noi in rapporto al dono della vocazione religiosa e sacerdotale? Cosa rappresenta in rapporto alla nostra identità e al nostro servizio pastorale? Se è vero che «ognuno può dire: Padre Pio è mio», a maggior ragione lo possiamo dire noi suoi confratelli, chiamati a custodire e a rendere presente la sua esperienza, la sua spiritualità e la sua testimonianza. Al di là dei monumenti di pietra e di bronzo, dei devozionismi e dei fanatismi a volte striscianti, della spettacolarità e del «chiasso» dei mezzi di comunicazione sociale, siamo chiamati a riproporre e ripresentare la «memoria» viva e vera di Padre Pio, come frate e sacerdote, che rinnova la sua presenza in mezzo a noi additandoci la centralità di Dio nella vita e nella storia umana. I santi sono inviati nel mondo come «profezia» e «segno» forte di Dio, rappresentano una «lettera aperta» scritta con la vita, costituiscono una continua provocazione per la nostra vita dentro la storia umana. Padre Pio costituisce tutto questo: è un profeta, un segno forte del trascendente, è davvero una «lettera aperta» inviataci dall'amore di Dio, scritta non con l'inchiostro, ma con il sangue per ricordare a noi che il mondo si salva unicamente con l'amore fatto passione. In cammino verso il terzo millennio e con la sfida della nuova evangelizzazione resa urgente da un contesto storico-culturale impregnato di paganesimo e di ateismo pratico, cosa rappresenta e come interpretare l'esperienza e la testimonianza di Padre Pio? Come mediarla e trasmetterla sul piano dei contenuti teologici, spirituali e pastorali? Come gli uomini - in particolare il mondo dei giovani - possono attingere alla sua esperienza e spiritualità per incontrare Dio o tornare a Lui? Credo che, come Provincia di Padre Pio e suoi confratelli, abbiamo sì un grande onore, ma anche una grande responsabilità morale, spirituale e pastorale, in particolare dai punti focali rappresentati da San Giovanni Rotondo e Pietrelcina. Abbiamo la responsabilità di non tradire l'eredità spirituale che ci ha lasciato, ma di farla fruttificare. Risultano illuminanti - per l'approccio e per l'orizzonte che assumono - queste parole del Ministro Generale a noi indirizzate: «La Chiesa vuole additare Padre Pio ai fedeli di tutto il mondo proprio alla fine di questo secondo millennio consegnando un fratello dall'amore della vostra diletta Provincia per lui all'amore della Chiesa». Lo Spirito conceda a noi una fedeltà creativa, attenta ai «segni» dei tempi ed in sintonia con il respiro di questo mondo, sensibile a lasciarsi rinnovare da Dio alla luce dell'esperienza evangelica del nostro confratello, il Beato Padre Pio da Pietrelcina, ed a fare la nostra parte nel processo della nuova evangelizzazione. Fratelli carissimi, mentre il nostro cuore si rallegra per la sua beatificazione, interpretando i sentimenti dei confratelli cappuccini ed in particolare della nostra Provincia, chiedo al Signore per intercessione del Beato Padre Pio di voler spandere le sue grazie e benedizioni in modo abbondante sull'umanità intera, sulla Chiesa, sull'Ordine e su tutti noi e di donarci i frutti dello Spirito. Domando, inoltre, il dono delle vocazioni, l'unità e la pace per la nostra Provincia e che essa sia guardata con «occhio specialissimo». Voglio chiudere questa lettera circolare riprendendo una confessione-confidenza di Padre Pio, che rivela il suo grande amore per la Provincia e procura a noi commozione profonda e speranza certa per il futuro: «È inutile che mi raccomandiate di pregare per i bisogni della nostra madre Provincia, lo sa Iddio quante volte al giorno faccio memoria di lei davanti a Lui... Mi sono offerto qual vittima al buon Dio per i bisogni spirituali di questa carissima madre, a cui mi sento stretto da vincoli indissolubili. Una tale offerta più volte la vado rinnovando davanti al Signore... » (Epist. I, 532). Nel salutare tutti ed ognuno, auguro ogni bene e serenità del cuore. Il Signore vi dia pace! 2 maggio 1999 di padre Paolo M. Cuvino, Ministro Provinciale OFM Cap.
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