Intra due cibi, distanti e moventi
d'un modo, prima si morria di fame,
che liber' omo l'un recasse ai denti;
(3)
sì si starebbe un agno intra due brame
di fieri lupi, igualmente temendo;
sì si starebbe un cane intra due dame:
(6)
per che, s'i' mi tacea, me non riprendo,
da li miei dubbi d'un modo sospinto,
poi ch'era necessario, né commendo.
(9)
Io mi tacea, ma 'l mio disir dipinto
m'era nel viso, e 'l dimandar con ello,
più caldo assai che per parlar distinto.
(12)
Fé sì Beatrice qual fé Daniello,
Nabuccodonosor levando d'ira,
che l'avea fatto ingiustamente fello;
(15)
e disse: «Io veggio ben come ti tira
uno e altro disio, sì che tua cura
sé stessa lega sì che fuor non spira.
(18)
Tu argomenti: "Se 'l buon voler dura,
la vïolenza altrui per qual ragione
di meritar mi scema la misura?".
(21)
Ancor di dubitar ti dà cagione
parer tornarsi l'anime a le stelle,
secondo la sentenza di Platone.
(24)
Queste son le question che nel tuo velle
pontano igualmente; e però pria
tratterò quella che più ha di felle.
(27)
D'i Serafin colui che più s'india,
Moïsè, Samuel, e quel Giovanni
che prender vuoli, io dico, non Maria,
(30)
non hanno in altro cielo i loro scanni
che questi spirti che mo t'appariro,
né hanno a l'esser lor più o meno anni;
(33)
ma tutti fanno bello il primo giro,
e differentemente han dolce vita
per sentir più e men l'etterno spiro.
(36)
Qui si mostraro, non perché sortita
sia questa spera lor, ma per far segno
de la celestïal c'ha men salita.
(39)
Così parlar conviensi al vostro ingegno,
però che solo da sensato apprende
ciò che fa poscia d'intelletto degno.
(42)
Per questo la Scrittura condescende
a vostra facultate, e piedi e mano
attribuisce a Dio e altro intende;
(45)
e Santa Chiesa con aspetto umano
Gabrïel e Michel vi rappresenta,
e l'altro che Tobia rifece sano.
(48)
Quel che Timeo de l'anime argomenta
non è simile a ciò che qui si vede,
però che, come dice, par che senta.
(51)
Dice che l'alma a la sua stella riede,
credendo quella quindi esser decisa
quando natura per forma la diede;
(54)
e forse sua sentenza è d'altra guisa
che la voce non suona, ed esser puote
con intenzion da non esser derisa.
(57)
S'elli intende tornare a queste ruote
l'onor de la influenza e 'l biasmo, forse
in alcun vero suo arco percuote.
(60)
Questo principio, male inteso, torse
già tutto il mondo quasi, sì che Giove,
Mercurio e Marte a nominar trascorse.
(63)
L'altra dubitazion che ti commove
ha men velen, però che sua malizia
non ti poria menar da me altrove.
(66)
Parere ingiusta la nostra giustizia
ne li occhi d'i mortali, è argomento
di fede e non d'eretica nequizia.
(69)
Ma perché puote vostro accorgimento
ben penetrare a questa veritate,
come disiri, ti farò contento.
(72)
Se vïolenza è quando quel che pate
nïente conferisce a quel che sforza,
non fuor quest'alme per essa scusate:
(75)
ché volontà, se non vuol, non s'ammorza,
ma fa come natura face in foco,
se mille volte vïolenza il torza.
(78)
Per che, s'ella si piega assai o poco,
segue la forza; e così queste fero
possendo rifuggir nel santo loco.
(81)
Se fosse stato lor volere intero,
come tenne Lorenzo in su la grada,
e fece Muzio a la sua man severo,
(84)
così l'avria ripinte per la strada
ond' eran tratte, come fuoro sciolte;
ma così salda voglia è troppo rada.
(87)
E per queste parole, se ricolte
l'hai come dei, è l'argomento casso
che t'avria fatto noia ancor più volte.
(90)
Ma or ti s'attraversa un altro passo
dinanzi a li occhi, tal che per te stesso
non usciresti: pria saresti lasso.
(93)
Io t'ho per certo ne la mente messo
ch'alma beata non poria mentire,
però ch'è sempre al primo vero appresso;
(96)
e poi potesti da Piccarda udire
che l'affezion del vel Costanza tenne;
sì ch'ella par qui meco contradire.
(99)
Molte fïate già, frate, addivenne
che, per fuggir periglio, contra grato
Si fé di quel che far non si convenne;
(102)
come Almeone, che, di ciò pregato
dal padre suo, la propria madre spense,
per non perder pietà si fé spietato.
(105)
A questo punto voglio che tu pense
che la forza al voler si mischia, e fanno
sì che scusar non si posson l'offense.
(108)
Voglia assoluta non consente al danno;
ma consentevi in tanto in quanto teme,
se si ritrae, cadere in più affanno.
(111)
Però, quando Piccarda quello spreme,
de la voglia assoluta intende, e io
de l'altra; sì che ver diciamo insieme».
(114)
Cotal fu l'ondeggiar del santo rio
ch'uscì del fonte ond' ogne ver deriva;
tal puose in pace uno e altro disio.
(117)
«O amanza del primo amante, o diva»,
diss' io appresso, «il cui parlar m'inonda
e scalda sì, che più e più m'avviva,
(120)
non è l'affezion mia tanto profonda,
che basti a render voi grazia per grazia;
ma quei che vede e puote a ciò risponda.
(123)
Io v'eggio ben che già mai non si sazia
nostro intelletto, se 'l ver non lo illustra
di fuor dal qual nessun vero si spazia.
(126)
Posasi in esso, come fera in lustra,
tosto che giunto l'ha; e giugner puollo:
se non, ciascun disio sarebbe frustra.
(129)
Nasce per quello, a guisa di rampollo,
a piè del vero il dubbio; ed è natura
ch'al sommo pinge noi di collo in collo.
(132)
Questo m'invita, questo m'assicura
con reverenza, donna, a dimandarvi
d'un'altra verità che m'è oscura.
(135)
Io vo' saper se l'uom può sodisfarvi
ai voti manchi sì con altri beni,
ch'a la vostra statera non sien parvi».
(138)
Beatrice mi guardò con li occhi pieni
di faville d'amor così divini,
che, vinta, mia virtute diè le reni,
e quasi mi perdei con li occhi chini.
(142)
NOTE AL CANTO IV
(1-12) Intra due cibi, ecc.: Per le parole di Piccarda, elli era entrato in due dubbi, dei quali avea equale desiderio d'avere dichiarazione; e pertanto non sapea da quale incominciare, né potea: imperò che tra li equali beni non cade elezione, e così tra li equali mali, se l'uomo è in sua libertà. «Se uno uomo libero, che non fosse costretto da violenzia, fusse posto in mezzo di du' cibi li quali li fussono parimenti di lungi, e che movessono l'appetito di pari, ecc.» (B.). Ognuno rammenta l'asino di Buridano, che posto a eguale distanza tra due eguali profende d'avena, morì di fame; intra due brame: grandi fami; si starebbe un cane intra due dame: «Lo cane da caccia è perseguitatore dei daini e delle fiere» (B.); dame: Orl. Fur., XXIV, 13: «Le damme leggiere». «Nella prima similitudine è da ambe parti uguale il timore; nella seconda la voglia» (T.); per che, ecc.: «per lo che io non meritava lode nè biasmo del mio tacere; essendovi costretto da necessità» (Ces.); sospinto: «sollicitato» (B.); ello: desiderio.
(13-18) qual fe': come fece; Danïello: profeta; Nabuccodonosor: re di Babilonia; levando d'ira: levando dall'ira sua; ingiustamente fello: «corruccioso contra ragione» (B.). Quel re aveva dimenticato il suo sogno, ed era par le furie, perché i suoi indovini non sapevano raccapezzarsi. Daniello lo ritrovò e spiegò. Inf., XIV, 103 e segg.; lega: impedisce; che fuor non spira: «non esce fuora della tua mente» (B.). «In parole» (T.).
(19-24) voler: «delle smonacate» (T.); Ancor: inoltre; parer tornarsi, ecc: «Tu di': Come son queste anime nella luna, che falliron nel voto? Forse elle arano, prima di venire a' corpi, in questo pianeta mutabile, donde portarono la mobilità nel voto? Ed ora tornarono al luogo natio?» (Ces.); secondo la sentenza di Platone: «imperò che Platone in un libro, che si chiama Timeo, pone che Iddio nel principio della creazione del mondo creò tutte l'anime umane, e ciascuna accompagnò colla sua stella, e ch'elle descendono di cielo in cielo, e coniungensi ai corpi; e quando l'omo muore, s'elli è stato virtuoso, l'animi rimonta di cielo in cielo, in fin che torna alla sua stella; e così poi anco discende secondo la virtù celeste, et incorporasi ancora, e così dice che è circulare processo dell'anime; e se viveano disonestamente si purgavano colle pene, e poi purgate ritornavano alla sua stella» (B.). Petr.: «Nel suo paese E' ritornata ed alla par sua stella».
(25-27) nel tuo velle: «nella tua voluntà» (B.); pontano: «s'appuntano nel tuo volere: chiedono spiegazione» (T.); igualmente: in tanto che tu non sapevi da quale incominciare; pria: prima; tratterò: «determinandola; quella: questione, più ha di felle: più ha di veleno e d'amaritudine, quella che è più pericolosa, cioè l'ultima: imperò che induce errore nella fede» (B.).
(28-36) De' Serafin: «Li serafini sono lo supremo ordine degli agnoli, e sono più presso a Dio che nessuno altro ordine, e però dice: colui, quello angelo del detto ordine; che più s'india: più partecipa della beatitudine creata da Dio, e più s'accosta a lui» (B.); Maria: «più alto» (T.); i loro scanni: «le loro sedie, nelle quali stanno perpetualmente beati» (B.); né hanno a l'esser lor: «alla durabilità loro nella beatitudine che serà perpetua; più o meno anni: che abbiano quelli spiriti che t'apparirono nella spera lunare: imperò che così serà la loro vita perpetua in quella beatitudine, come quella delli agnoli e dei santi di sopra nominati» (B.). «Non sono dispersi per li pianeti, né tornano dopo certi anni alla terra» (T.); fanno bello il primo giro: «lo primo cielo empireo, nel quale sono come splendori rilucentissimi più che il sole, sì che il cielo di loro viene adornato come s'adorna la città de li onorevoli et ornati cittadini; e differentemente, ecc.: imperò che ciascuno ha beata vita, piena di diletto e di contentamento tanto quanto ne cape nel suo vagello (vasello): sì che, ben che l'uno sia in più basso grado che l'altro et abbia meno beatitudine, così si contenta di quella che ha come colui che n'ha più» (B.); spiro: «l'ispirazione celeste» (Bl.).
(37-39) non perché sortita: «data in parte; sia questa spera: lunare; lor: alli detti spiriti; ma per far segno - c'ha men salita: la quale ha minore salita, cioè per mostrare che, come questa spera lunare è la prima spera che trovi chi monta suso e la più bassa di tutte le spere celesti; così la sedia loro nel cielo empireo è la prima che si trovi e la più bassa che vi sia; e questa è la cagione, perché li beati si rappresentano in queste spere celesti, non perché stiano quine; ma per mostrare lo grado in che sono in vita eterna» (B.).
(40-48) vostro: umano; sensato: «da oggetto sensibile apprende quel che poi diviene intelligibile. Gal.: "Sensata esperienza"» (T.). «Da cosa ricevuta ne' sensi: e questo gradino è scala all'opere dell'intelletto, ad intendere le cose immateriali» (Ces.); Per questo: «per consideazione della debilezza del vostro ingegno; la Scrittura: santa; condescende a vostra facultate: alla vostra possibilità; et alcuno testo ha: A vostra feviltà, cioè debilezza; ed altro intende: imperò che per li piedi intende la voluntà e la benivolenzia, e per le mani intende l'opera e la potenzia» (B.). «Altro, atti spirituali» (T.); a l'altro: agnolo; Tobia rifece sano: «imperò che li levò le squame dagli occhi che l'avevano fatto cieco, e riebbe la vista: lo quale agnolo si nominò a lui Rafael» (B.).
(49-54) Quel che Timeo: «Timeo forse non parla per figura come è qui: ma letteralmente crede la cosa come la dice» (Ces.); esser decisa: «essere partita» (B.). «Forse dal latino: decidere, caduta, discesa» (Bl.); natura: «Nel III del Paradiso distingue Dio e natura. Nel XVI e nel XXV del Purgatorio dice l'anima ispirata direttamente da Dio» (T.); per forma la diede: «quella anima al corpo ch'ella vivifica, e fa uomo» (B.). Platone, nel Timeo, tradotto dall'Erizzo: «Avendo (l'eterno Fattore) costituito l'universo, divise l'anime pari di numero alle stelle, a ciascheduna assegnando ciascuna, et a quelle, come sopra un carro poste, mostrò la natura dell'universo, et le leggi fatali lor disse; mostrando veramente, che la prima generazione a tutti, per un certo ordine aveva da essere una, acciocché da quello meno alcuno non ricevesse. Conciosia cosa che assai sofficiente fosse, che quelle anime spargendo per ciascuni istrumenti de' tempi convenevoli a ciaschedune, nascesse uno animale, che infra tutti gli animali fosse grandemente al culto divino inclinato. Et essendo di due sorti la natura umana, il genere di quella dovesse essere più prestante, che si avesse a chiamare uomo. Et conciosia cosa, che le anime sieno per certa necessità innestate ne' corpi, et che al corpo di quelle alcuna cosa si sia aggiunta, et alcuna cosa levata, prima veramente era necessario il senso, uno a tutti natio, et per natura congiunto, ivi dalle violenti passioni essere eccitato. Dappoi lo amore col piacere, et col dolore mescolato; appresso di questi, il timore, et l'ira, et tutte quelle cose, che o veramente seguitano questi, o vero che da questi, come contrarie sono distinte. Queste coloro, che supereranno, giustamente viveranno, et ingiustamente quegli, che da queste sieno superati, et quello veramente, il quale, il corso della sua vita trapasserà dirittamente, da capo a quella stella ritornando, alla quale fu accomodato, menerà una vita beata. Et da queste cose mancando, sarà costretto nella seconda generatione, di trasmutarsi in natura di femmina». V. la nota ai vv. 19-24.
(55-66) e forse una sentenza, ecc.: «di Platone detta di sopra, che l'anime umane tornino alle stelle, è d'altro modo e d'altra forma che le parole non dicono» (B.); influenza: «che non toglie libertà» (T.); percuote: «dice in parte vero» (T.); «E secondo questo principio si mostrerebbero quelle anime nella luna, a denotare la mutabilità da quel pianeta in loro influita» (B. B.); torse: traviò; nominar: «invocare - adorare» (T.). «A dare a' pianeti il nome di Giove, Mercurio e Marte, reputandoli abitati e regolati da questi dei. Par., VIII, 10-11: e da costei... pigliavano il vocabol de la stella» (F.); L'altra dubitazion: «la prima, che fu questa: Se 'l buono volere dura, come può la forza altrui mancare (scemare) lo merito dello sforzato: con ciò sia cosa che la voluntà libera sia quella che meriti e demeriti? E però se Piccarda e Gostanza furno sforzate a uscire del monasterio, per che cagione durando elleno in quel buono volere, meritorno d'essere nel primo grado dei beati e non in quello nel quale sarebbono state, se fussono state nel monasterio?» (B.); che ti commove: «Som.: Pati motum dubitationis» (T.); a men velen: «ha meno di periculo, che quella che determinata è: imperò che quella potrebbe menare l'uomo in eresia, questa no» (B.); da me: Beatrice; altrove: «ad altra determinazione, che fusse eretica e non approvata da santa Chiesa» (B.).
(69-72) non d'eretica nequizia: «non di malizia, che induca eresia» (B.). «L'ingiustizia apparente de' giudizj divini è argomento a più credere, non già a dubitare, facendoci intendere l'incertezza del nostro vedere, e la necessità d'una vita futura, ove a tutti sia reso secondo il merito. - Ma qui può la ragione arrivarci, però te lo spiego» (T.).
(73-81) Se vïolenza è quando, ecc.: «Lo sforzato non deve punto contribuire con la sua volontà; queste contribuirono, perché, potendo, non tornarono al chiostro» (T.); pate: «patisce» (B.); niente conferisce: «nulla dà aiuto, né di consentimento» (B.); non s'ammorza: «Nessuna violenza può spegnere una volontà che vuole o non vuol checchessia» (Ces.); ma fa: «la voluntà assoluta; come natura face in foco: lo quale sempre torna ritto in su: della fiamma si dè intendere che sempre si dirizza in alto; il torza, ecc.: se la torcia (torca), e faccia chinare in giuso; Per che: imperò che; s'ella: la volontà; si piega assai o poco: inverso alla cosa a che ella è sforzata, et allora è volontà respettiva sforzata» (B.); segue la forza: «cede alla forza» (T.); e così queste: «Piccarda e Gostanza; fero: feceno, che seguittono la forza fatta loro; possendo ritornare al santo loco: nel monasterio, del quale erano state cavate» (B.).
(82-90) intero: saldo; in su la grada: «in sulla graticula del ferro sopra lo fuoco la sua voluntà intera a sostenere quello incendio per l'amore d'Iddio, intanto che elli insultava al tiranno che lo faceva arrostire, dicendoli: Versa e manduca» (B.); Muzio: Scevola; l'avria ripinte: ricondotte nel chiostro; sciolte: «libere di ritornare alla cella» (T.); ma così, ecc.: «così soda voluntà, come fu quella di santo Lorenzo e di Muzio, si trova troppo rade volte» (B.); casso: distrutto; che t'avria, ecc.: «Oggimai non ti potrà fare più noia, perché s'è dichiarato che nel bene la voluntà conviene essere intera, altramente non merita: imperò che è parola di Cristo: Non qui inceperit; sed qui perseveraverit usque in finem, hic salvus erit; e però colla forza conviene essere la volontà costante sì che, cessata la forza e tornata la possibilità, si ritorni nel ben fare» (B.).
(91-105) Ma or ti s'attraversa un altro passo: «un'altra difficultà all'intelletto» (L.). «Io t'ho già dichiarato che l'anime beate non possano mentire (III, 31 e segg.), e Piccarda ha detto di sopra (ivi 115 e segg.) che Gostanza tenne l'affezione del monacato; ed io t'ho detto che no (sopra, v. 79 e segg.); dunque questo è contraddittorio: imperò che l'uno conviene essere falso» (B.); tal, che per te stesso: «per la ragione pura naturale» (B.); pria: «sott.: ché, imperocché» (L.). «Tu non ne usciresti che prima non ti allassassi, cercando di sviluppartene» (Ces.); al primo vero appresso: «a Dio che è la prima verità: Iddio è la prima verità, et a lui tutti li beati sono sempre appresso, e chi sta presso alla verità non può mentire» (B.); che l'affezion del vel: «la volontà e lo desiderio della religione monacale, che è significata per lo velo» (B.). «Desiderò sempre il chiostro» (T.); contradire: «imperò ch'ella dice che Gostanza tenne l'affezione del velo, et io ho detto che no: imperò ch'ella sarebbe tornata al monasterio quando avesse avuto potenzia di tornare; che l'uomo fa quello che non si conviene contra la sua volontà per fuggire pericolo, sicché per fuggire quello che l'uomo non vuole, fa quello che non vuole» (B.); contra grato: «contra suo piacere e volere assoluto» (B.). «I Latini: ingratiis» (Ces.). «A mal grado s'opera, ma se non si temesse il pericolo, si potrebbe non operare» (T.); per non perder pietà: «la quale arebbe perduta, se non avesse osservato la promessa che avea fatto al padre Amfiarao, d'uccidere Erifile sua madre, che avea dato lo marito, si può dire, per l'adornamento dell'oro per sua vendetta» (B.). Purg., XII, 56.
(106-108) A questo punto, ecc.: «c'è un po' di forza e un po' di volere, quindi un po' di colpa» (T.). «E' vero che Gostanza colla voluntà assoluta sempre tenne la religione; ma colla respettiva no, e però vero dico io Beatrice che intendo della voluntà respettiva, e vero dice Piccarda che intese della volontà assoluta» (B.); offense: peccati.
(109-117) Voglia assoluta, ecc.: «senza alcun rispetto, non può la voluntà volere lo male quantunque piccolo» (B.). «Volontà assoluta; quella che è considerata indipendentemente, senza riguardo alle altre circostanze, per opposto alla volontà relativa e condizionata» (Parenti). «Assolutamente non assente al peccato, ma per paura gli cede» (T.); spreme: «intorno a Costanza» (T.). Il W.: espreme; ver diciamo insieme: «sotto diversi rispetti dicemmo il vero ambedue» (Ces.); Cotal fu l'ondeggiar, ecc.: «lo parlare della santa Teologia» (B.); uno e altro disio: «due dubbj: del cielo e del velo» (T.).
(118-123) amanza: amata; primo amante: Dio o specialmente lo Spirito Santo. Inf., III; diva: «Divo è di mortale fatto eterno, e però diva si dice: imperò che per lei diventano li uomini, che sono mortali, eterni» (B.); a render voi, ecc.: «a ristorare, che quanto voi amate me, io ami tanto voi: grazia, carità, affezione, dilezione et amore una medesima cosa significano» (B.). «Ringraziamento eguale al favore» (L.); quei che vede, ecc.: «Dio ve lo dica e rimeriti» (T.).
(126-132) di fuor dal qual, ecc.: «vero, lo quale hae in sè tutte le verità; e questo è Iddio» (B.). «Non si diffonde, non è verità che una» (B.); lustra: «è la tana della fiera» (B.). «Georg., II: Lustra ferarum» (T.); sarebbe frustra: «sarebbe in vano, anco tutti li umani desidèri sono vani, se non lo desiderio d'avere Iddio» (B.); per quello: «desio» (T.). «Perciò, per tal motivo» (L.); a guisa, ecc.: «a modo di pollone, che nasce a piè della pianta, così lo dubbio nasce a piè del vero per lo desiderio che l'uomo ha di giungerlo» (B.); pinge: sospinge; collo: cima. Inf., XXXIII, 43. «Conv., IV, 12: "Vedere si puote che l'uno desiderabile sta dinanzi all'altro agli occhi della nostra anima, per modo quasi piramidale, che il minimo li copre prima tutti, ed è quasi punta dell'ultimo desiderabile, ch'è Dio, quasi base di tutti"» (T.). Il Torelli vorrebbe leggere: A piè del dubbio il vero, e spiega: «Nasce per quello, per lo primo vero; a piè del vero il dubbio, il secondo vero; al sommo, al sommo vero o alla cima». Il Ces.: «I più intendono per quello (il che è la chiave di questo nodo) il desiderio della verità, che è detto: a me non pare, da che non veggo, come dal desiderio senza più della verità debba poter nascere il dubbio. Io l'intendo volentieri pel desiderio del primo Vero; di cui l'intelletto nostro non si sazia, se non raggiuntolo. Ora, posciaché questo vero non può essere affatto conosciuto di tratto, resta che noi, montando d'un vero ad un altro, cioè da una ad altra dimostrazione, possiamo, quandochessia pervenirvi. Ed ecco, come a piè d'un vero nasce il dubbio; che, dovendo noi pescare la verità prima a brani a brani, e non potendo in una conoscere tutte le altre, ci riman sempre addietro qualcosa di oscuro ed incerto; onde ci è bisogno, per forza di ricerche, chiarire le nostre dubbiezze, e per questa scala salire al sommo: che è quello che dice il terzo verso assai sentitamente; che la natura, essendo di corta vista, ne spinge al Vero primo di collo in collo, cioè montando di altezza in altezza».
(133-141) Questo: «desio non vano» (T.); se l'uom può sodisfarvi: alla corte divina; ai voti manchi: ai voti che non sono adempiuti, né osservati; sì con altri beni: che quelli che sono promessi; ch'a la vostra statera: «alla vostra iustizia del foro divino» (B.). «Sopra disse Beatrice nostra giustizia, perché tutti gli eletti giudicano con Dio. Matth., XIX, 28: "Sederete anche voi giudicando"» (T.); non sien parvi: «non siano piccoli e non equivalenti» (B.); diè le reni: volsi le spalle.