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La Divina Commedia di Dante Alighieri Inferno Canto XXIV
La Divina Commedia di Dante Alighieri Inferno Canto XXIVLA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri (INFERNO) - CANTO XXIVIn quella parte del giovanetto anno E se non fosse che dal quel precinto Non so che disse, ancor che sovra 'l dosso Né O sì tosto mai né I si scrisse, poi disse: «Più mi duol che tu m'hai colto NOTE AL CANTO XXIV(1-3) giovanetto: «di fresco incominciato - cominciando l'anno dal primo di gennaio, secondo lo stile romano» (B. B.); che: in cui; i crin: i raggi; Aquario: segno dello zodiaco, col quale cammina il sole per circa una terza parte di gennaio e due terze parti di febbraio; tempra: rinforza alquanto, riscalda; al mezzo di: «Dì prendesi qui per lo spazio di 24 ore, che è il dì civile. E vuol dire che la durata delle notti scema e si accosta ad essere di 12 ore» (L.).(4-6) assempra, ecc.: ritragge l'imagine della neve. Il Buti: «t'appresenta»; ma poco dura a la sua penna tempra: la temperatura le dura poco. Assemprare valeva in antico ricopiare, onde la conseguente imagine della penna temperata. (7-9) la roba manca: onde pascere il gregge. Purg., XIII, 61: a cui la roba falla; la campagna: «la latitudine de' campi» (B.); si batte l'anca: per rammarico. (12-18) ringavagna: racquista; L'Anonimo fiorentino: «Gavagne sono certi cestoni che fanno i villani: sì che ringavagnare non vuole dire altro che incestare, cioè insaccare speranza»; il mondo: la terra aver cangiata faccia, non esser più bianca; vincastro: «è quella vergella che portano li pastori del bestiame» (Lanèo); e così tosto: come si dilegua la brina per sole; al mal, ecc., fu applicato il rimedio. «Al mio temere lo conforto» (B.). «Virgilio vide che quella menzogna aveva avuta corta coda; onde fugò la malinconia; così fece Dante il quale ogni passione di Virgilio sente e di quelle si qualifica» (O.). (20-21) piglio: aspetto; a piè del monte: quando gli apparve a soccorrerlo e scorgerlo all'Inferno (I, 61 e segg.). (22-24) Le braccia, ecc.: «Riguardando ben prima la ruina, dopo eletto seco alcun consiglio, o fermato il modo di farmi salire, aperse le braccia e mi diè di piglio» (L.). «Lo afferrò per di dietro, in modo da averlo davanti a sé e spingerlo su per quella macìa di sassi» (F.). (25-30) ch'adopera ed estima: «che mentre colle mani opera una cosa, cogli occhi ne affissa e scandaglia un'altra» (L.). L'Anonimo fiorentino: «Gli uomini provveduti non basta loro pur quello che al presente adoperano; ma sempre si guardano innanzi, simili al buono lettore, che, mentre legge l'uno verso, ha l'occhio all'altro che segue»; ronchione: «grande rocchio - pezzo di scoglio» (B.); avvisava: notava; t'aggrappa: «t'appicca» (Anonimo fiorentino); reggia: regga. «T'afferra innanzi che tu ti li affidi» (B.). «Essaye si ce rocher peut te porter» (Ls.).
(31-36) da vestito di cappa: da quegl'ipocriti, a cui la cappa impacciava
mani e piedi, che qui bisognava avere spediti; ei lieve: come spirito; io
sospinto: da lui, da Virgilio; di chiappa in chiappa: di scheggia in scheggia.
Secondo il Daniello, chiappa non è altro che un pezzo di vaso di terra rotto.
L'Anonimo fiorentino: «Chiappa è ciocco d'erba o di radici». Il Lanèo: «Proprio
è parte di coppo; è quasi a dire come ad andare suso un tetto di casa, il quale
è difficile cammino». Il Buti: «Di pietra in pietra»; precinto: dal latino
praecingo: argine cingente la fossa; non so di lui: «di Virgilio, che non avea
corpo vero, quel che si fosse stato» (B.); «ma io sarei stato ben vinto,
trafelato, prima d'arrivarci» (Ces.).
(65-68) onde: il perché, essendo io stato udito; de l'altro: vale dal
seguente al sesto già descritto fosso; dalla settima bolgia; disconvenevole: non
conveniente, non atta, inarticolata, qual è di fatto la voce di chi ad ira parea
mosso. E l'ira veniva forse dell'essere veduti nella pena dei ladri (cfr. vv.
133 e segg.); sovra 'l dosso... de l'arco: in su la sommità di esso ed in luogo
che sovrastava al mezzo della fossa.
(91-93) copia: di serpenti; pertugio: «buco ove si potessono appiattare»
(B.); elitropia: «è verde, salvo ch'ella hae venuzze sanguigne, e per virtù del
pianetto di Marte... (bagnandola nel sugo della cicoria, quam dicimus mirasolem;
Pietro di Dante) chiunque l'ha addosso il rende invisibile sì che bene è pietra
da ladri». Così l'Anonimo fiorentino, e aggiunge: «che nell'anello di Gige era
tal pietra». Il Buti: «Questa è una pietra, che, secondo che dice il Lapidario,
vale contro a' veleni, sì che questi miseri peccatori non sperano rimedio alle
morsure e punture de' serpenti». Dittam.: «Questa nel mondo è molto cara e nuova
- Di color verde, salvo che un poco - E' più oscura che il verde non prova, -
Macchiata è di sanguigno a loco a loco, - E se si pone in acqua e al sol si
traggia - Par ch'essa bolla, come fosse al foco. - E chi la mette, dove il sole
raggia, - In chiara fonte, l'aere intorno oscura, - E in sanguigno color par che
ritraggia. - Util si crede a colui che fura... V. Boccaccio, Decamerone, VIII,
3».
(127-135) che non mucci: «che non si parta» (B.); uomo di sangue, ecc.:
«sì che a lui si convenia lo cerchio de' violenti e non de' fraudolenti» (B.);
non s'infinse: non finse di non aver inteso; che quando fui, ecc.: «che quand'io
morii (o fui giustiziato); più che la morte stessa; pel rossore d'essere
scoperto ladro sacrilego, e molto più per la persuasione che Dante si
compiacesse di tale suo castigo, come di parte contraria. Vanni Fucci era di
parte Nera, Dante allora di parte Bianca» (L.).
(138-139) a la sagrestia de' belli arredi: alla sacristia di San Jacopo di Pistoia, chiamata il Tesoro. L'Anonimo fiorentino: «Vanni Fucci venne in Pistoia segretamente a casa ser Vanni della Nonna; il quale, volendo bene a una donna, andò una notte a fare una mattinata et con lui andò Vanni Fucci. Sonando e cantando costoro, Vanni con alcuno suo compagno si partì da loro, e andò alla chiesa di Santo Jacopo, e per forza e per ingegno rompendo i serrami, entrò nella sagrestia e nella cappella e la rubò, e venne con queste cose ch'egli avea imbolate a casa ser Vanni, e dissegli il fatto. Ser Vanni, per non vituperare né i parenti suoi, né lui, gli ritenne. La mattina, trovandosi l'uscia rotte, e rubata la sagrestia, tutti quelli che per verun modo si poté pensare che fatto l'avessono, furono presi, fra' quali uno Rampino, figliuolo di messer Francesco Vergellesi (o de' Foresi; B. e Benv.), et tanto fu tormentato, che disse ciò che il Rettore volle udire. Fugli assegnati tre dì ad avere acconci i fatti suoi; la novella si spande... A Vanni increbbe di questo giovane, ch'era suo amico; mandò per messer Francesco; gli disse come avea tolte quelle cose e messe in casa ser Vanni. Detto il fatto al Podestà, mandò e trovò ch'egli era vero, et riebbonsi le cose, et il Rampino fu libero et i colpevoli condannati». «Da un documento sincrono pubblicato dal Ciampi, si ritrae che Vanni Fucci della Dolce, Vanni della Monna, e Vanni Mirone (di Laminona fiorentino; Benv.), pistoiesi, si riunirono per rubare il tesoro; ma che fugati da qualche rumore che intesero, non consumarono il furto; che la giustizia fece arrestare diversi come sospetti del delitto, e fra gli altri un Rampino di Ranuccio che fu presso a perderne il capo; e che finalmente Vanni della Monna, presa l'impunità, confessò il vero, e gli altri due Vanni furono impiccati. Ciò avvenne nel 1293» (F.); e falsamente già fu apposto: a Rampino. «Questo fu per la potenza de' Cancellieri, de' quali Vanni Fucci era» (O.). (142-151) al mio annunzio: «meo pronostico» (Benv.); Pistoia in pria, ecc: «La divisione de' Bianchi e de' Neri nacque in Pistoia da izza tra i due rami dei Cancellieri, distinti in Bianchi e Neri. Di Pistoia passò a Firenze. Onde Vanni dice che primamente i Neri in Pistoia avranno la peggio, e ne saranno cacciati, come avvenne di fatto nel 1301 (28 maggio) per opera de' Bianchi di quella città, aiutati da quelli di Firenze (G. Vill., VIII, 45). Dipoi questi saranno cacciati da Firenze dai Neri; e Firenze rinova gente (ammettendo i Neri, prima esuli, in luogo de' Bianchi) e modi di governare. - E dice: si dimagra, per indicare come dopo cacciati li caporali della parte Nera, Andrea de' Gherardini, capitano di Pistoia, andò con le calunnie e i tormenti struggendo e cacciando i caporali de' popolari Neri» (St. Pist.); Tragge Marte, ecc.: «Intende, con questa allegoria, l'uscire che nel 1301 fece di Val di Magra Moroello Malaspina, marchese di Giovagallo in Lunigiana, a porsi alla testa de' Neri di Pistoia, e la rotta che dette a' Bianchi, che in campo Piceno lo attaccarono; rotta che fu in gran parte cagione che poco tempo dopo anche i Bianchi di Firenze fossero dai Neri cacciati, e che lo stesso poeta n'andasse, senza più tornare, in esilio. La battaglia avvenne l'anno 1302 nel piano ch'è tra Seravalle, castello de' Pistoiesi, a cui il marchese avea posto assedio, e Montecatini, vale a dire nell'agro o campo pesciatino, o piscense» (F.).
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