Di nova pena mi conven far versi
e dar matera al ventesimo canto
de la prima canzon, ch'e d'i sommersi.
(3)
Io era già disposto tutto quanto
a riguardar ne lo scoperto fondo,
che si bagnava d'angoscioso pianto;
(6)
e vidi gente per lo vallon tondo
venir, tacendo e lagrimando, al passo
che fanno le letane in questo mondo.
(9)
Come 'l viso mi scese in lor più basso,
mirabilmente apparve esser travolto
ciascun tra 'l mento e 'l principio del casso,
(12)
ché da le reni era tornato 'l volto,
e in dietro venir li convenia,
perché 'l veder dinanzi era lor tolto.
(15)
Forse per forza già di parlasia
si travolse così alcun del tutto;
ma io nol vidi, né credo che sia.
(18)
Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto
di tua lezione, or pensa per te stesso
com' io potea tener lo viso asciutto,
(21)
quando la nostra imagine di presso
vidi sì torta, che 'l pianto de li occhi
le natiche bagnava per lo fesso.
(24)
Certo io piangea, poggiato a un de' rocchi
del duro scoglio, sì che la mia scorta
mi disse: «Ancor se' tu de li altri sciocchi?
(27)
Qui vive la pietà quand' è ben morta;
chi è più scellerato che colui
che al giudicio divin passion comporta?
(30)
Drizza la testa, drizza, e vedi a cui
s'aperse a li occhi d'i Teban la terra;
per ch'ei gridavan tutti: "Dove rui,
(33)
Anfïarao? perché lasci la guerra?"
E non restò di ruinare a valle
no a Minòs che ciascheduno afferra.36)
Mira c'ha fatto petto de le spalle;
perché volse veder troppo davante,
di retro guarda e fa retroso calle.
(39)
Vedi Tiresia, che muto sembiante
quando di maschio femmina divenne,
cangiandosi le membra tutte quante;
(42)
e prima, poi, ribatter li convenne
li duo serpenti avvolti, con la verga,
che rïavesse le maschili penne.
(45)
Aronta è quel ch'al ventre li s'atterga,
che ne' monti di Luni, dove ronca
lo Carrarese che di sotto alberga,
(48)
ebbe tra ' bianchi marmi la spelonca
per sua dimora; onde a guardar le stelle
e 'l mar non li era la veduta tronca.
(51)
E quella che ricuopre le mammelle,
che tu non vedi, con le trecce sciolte,
e ha di là ogne pilosa pelle,
(54)
Manto fu, che cercò per terre molte;
poscia si puose là dove nacqu' io;
onde un poco mi piace che m'ascolte.
(57)
Poscia che 'l padre suo di vita usào
e venne sena la città di Baco,
questa gran tempo per lo mondo gio.
(60)
Suso in Italia bella giace un laco,
a piè de l'Alpe che serra Lamagna
sovra Tiralli, c'ha nome Benaco.
(63)
Per mille fonti, credo, e più si bagna
tra Garda e Val Camonica e Pennino
de l'acqua che nel detto laco stagna.
(66)
Loco è nel mezzo là dove 'l trentino
pastore e quel di Brescia e 'l veronese
segnar poria, s'e' fesse quel cammino.
(69)
Siede Peschiera, bello e forte arnese
da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi,
ove la riva 'ntorno più discese.
(72)
Ivi convien che tutto quanto caschi
ciò che 'n grembo a Benaco star non può,
e fassi fiume giù per verdi paschi.
(75)
Tosto che l'acqua a correr mette co,
non più Benaco, ma Mencio si chiama
fino a Governol, dove cade in Po.
(78)
Non molto ha corso, ch'el trova una lama,
ne la qual si distende e la 'mpaluda;
e suol di state talor esser grama.
(81)
Quindi passando la vergine cruda
vide terra, nel mezzo del pantano,
sanza coltura e d'abitanti nuda.
(84)
Lì, per fuggire ogne consorzio umano,
ristette con suoi servi a far sue arti,
e visse, e vi lasciò suo corpo vano.
(87)
Li uomini poi che 'ntorno erano sparti
s'accolsero a quel loco, ch'era forte
per lo pantan ch'avea da tutte parti.
(90)
Fer la città sovra quell'ossa morte;
e per colei che 'l loco prima elesse,
Mantua l'appellar sanz' altra sorte.
(93)
Già fuor le genti sue dentro più spesse,
prima che la mattia da Casalodi
da Pinamonte inganno ricevesse.
(96)
Però t'assenno che, se tu mai odi
originar la mia terra altrimenti,
la verità nulla menzogna frodi».
(99)
E io: «Maestro, i tuoi ragionamenti
mi son sì certi e prendon sì mia fede,
che li altri mi sarien carboni spenti.
(102)
Ma dimmi, de la gente che procede,
se tu ne vedi alcun degno di nota;
ché solo a ciò la mia mente rifiede».
(105)
Allor mi disse: «Quel che da la gota
porge la barba in su le spalle brune,
fu - quando Grecia fu di maschi vòta,
(108)
sì ch'a pena rimaser per le cune -
augure, e diede 'l punto con Calcanta
in Aulide a tagliar la prima fune.
(111)
Euripilo ebbe nome, e così 'l canta
l'alta mia tragedìa in alcun loco:
ben lo sai tu che la sai tutta quanta.
(114)
Quell' altro che ne' fianchi è così poco,
Michele Scotto fu, che veramente
de le magiche frode seppe 'l gioco.
(117)
Vedi Guido Bonatti; vedi Asdente,
ch'avere inteso al cuoio e a lo spago
ora vorrebbe, ma tardi si pente.
(120)
Vedi le triste che lasciaron l'ago,
la spuola e 'l fuso, e fecersi 'ndivine;
fecer malie con erbe e con imago.
(123)
Ma vienne omai, ché già tiene 'l confine
d'amendue li emisperi e tocca l'onda
sotto Sobilia Caino e le spine;
(126)
e già iernotte fu la luna tonda:
ben ten de' ricordar, ché non ti nocque
alcuna volta per la selva fonda».
Sì mi parlava, e andavamo introcque.
(130)
NOTE AL CANTO XX
(3) canzon: cantica; ch'è de' sommersi: che tratta dei sommersi, «cioè messi sotto la terra, nelle sue interiora; l'anime di coloro che sono dannati» (Anonimo fiorentino).
(4-9) Io era già disposto, ecc.: Io m'era già posto con tutta l'attenzione; ne lo scoperto fondo: nel fondo che dal sommo dell'arco dov'era (Inf., XIX, 128), gli si spiegava alla vista in tutta la sua ampiezza; pianto: «de' peccatori che vi si punivano» (B.); al passo - che fanno le letane: al passo lento e posato delle processioni, dette letane (litanie, supplicazioni), per le preghiere che vi si fanno. «Così chiamano le processioni i Greci tuttavia e gl'Illirici del rito greco» (T.). «Le processioni de' cherici col popolo dietro quando circundano l'estremità della città e li luoghi pubblici cantando le letanie» (B.). «Wie Büsser hier auf Erden gehn» (Bl.).
(10-14) Come 'l viso, ecc.: «quando scesi giù con l'occhio a mirare le altre parti più basse» (Ces.). «Quando essi furono più presso, più sotto a me» (B. B.); 'l principio del casso: fin dove comincia il torace; casso: «imbusto» (B.); da le reni: dalla parte delle reni, sul di dietro; tornato: voltato. «Nella Vita di S. Vincenzo Ferreri v'è appunto contato di uno così travolto, e da lui raddrizzato» (Ces.); ed in dietro, ecc.: avendo il viso dalla parte della schiena, per vedere ove si andassero, convenia loro andare all'indietro, al contrario dell'andar nostro.
(16-18) parlasia: paralisia; né credo che sia: che trovisi al mondo.
(19-20) Se Dio, ecc.: forma desiderativa; prender frutto - di tua lezione: lezione, lettura, del leggere queste cose. «Et heic nota, quod fructus hujus lectionis est, quod Lector discat expensis istorum, non inquirere vane futura, et dicere multa mendacia cum perditione animae et irrisione sui» (Benv.).
(22-24) la nostra imagine: l'umana figura; le natiche, ecc.: «Finge che le lagrime, che cadono dal volto in sulla concavità delle spalle, entrassono nel canale delle reni, e così andassono giù tra il fesso delle natiche» (B.).
(25-30) rocchi: «Rocchio, tanto è a dire quanto pezzo informe di legno o di sasso» (B.). Ad un masso sporgente da quello scoglio sul quale stava a guardare; Qui vive la pietà, ecc.: non aver pietà delli infernali è esser pietoso; «Qui: nelli dannati e per rispetto delli dannati, vive la pietà, la congratulazione della giustizia di Dio, che giustamente dà pena a' dannati, quand'è ben morta la pietà, cioè la compassione della pena de' dannati; et avere dolore della pena, che è bene, è cosa ingiusta» (B.). Qui è pietà (religione) il non sentire pietà (compassione). Pietà ha qui senso di piété e pitié; chi è più scellerato, ecc.: chi è più empio di colui che sente dispiacere dei giudizj di Dio, e porta passione, soffre nell'animo della punizione dei rei? «Salmo LVII: Laetabitur justus cum viderit vindictam» (Ces.); passion porta: «il Bocc.: "La fante, la quale gran passione le portava" (di vederla abbrustolita dal sole, a cui nuda era stata esposta tutto un dì di luglio)» (Ces.). Altri: passion comporta, o compassion porta.
(31-36) vedi a cui - s'aperse, ecc.: Vedi colui il quale fu inghiottito dalla terra, nel cospetto dei Tebani; Dove rui: «dove va rovinando?» (B.). Anfiarao: un de' re che assiser Tebe, deriso così dagli assediati, quando traboccava in inferno. Apollodoro: «Inter haec Amphiarao ad Ismenum amnem fugienti, prius quam in humeris a Periclymeno vulnus acciperet, demisso ab Jove fulmine terra dehiscit. Mox ille cum curra simul et Batone auriga eo terrae hiatu absorptus est, et postea nunquam visus est. Illum enim Jupiter immortalitate donavit». Fu poi onorato come profeta dagli stessi Tebani e da tutti i Greci, e Creso e i Persiani, quando portarono la guerra in Grecia, consultarono il suo oracolo; a valle: al fondo; afferra: assanna.
(39) fa retroso calle: «va addietro» (B.). Cammina a ritroso, all'indietro. «Marche à reculons» (Ls.).
(40-45) Tiresia: indovino tebano, privo del vedere; cangiandosi le membra tutte quante. «La femme ne diffère pas seulement de l'homme par le sexe; mais elle en diffère encore par la taille, qui est moins élevée, par ses os, qui présentent moins d'aspérités, par sa poitrine plus évasée, son bassin plus ample, ses fémurs plus oblisques, son larynx plus étroit et moins saillant, etc.» (Bt.); e prima, ecc.: E a Tiresia convenne poi ribatter con la verga li due serpenti avvolti, prima che riavesse le maschili penne, il sesso maschile; li: altri: le; «avvolti: insieme, come stanno quando sono in amore» (B.); penne: la barba. Anche gli antichi scrittori inglesi usarono plumes in questo senso: «Ford, Lady's Trial. Now the down Of softness is exchanged for plumes of age» (Lf.). E nel Purg., I, 42, precisamente piume.
(46-51) Aronta: aruspice etrusco; presagì, dalle osservate viscere (Lucano, I), la guerra civile e la vittoria di Cesare; al ventre li s'atterga: «oppone il dosso al ventre di Tiresia» (B.); Luni: «antic. Luna, città distrutta, era situata presso la foce della Magra» (B. B.); che ne' monti, ecc.: che ebbe per sua dimora la spelonca tra' bianchi marmi ne' monti di Luni, dove lo Carrarese (quelli di Carrara), che alberga di sotto i medesimi monti, ronca, coltiva la terra. Roncare, propr. menar la ronca per nettare i campi dall'erbe inutili e nocive. «Ronca, diveglie li boschi e dimestica: imperò che roncare e divegliere le piante» (B.); onde a guardar le stelle, ecc.: per formare i suoi vaticinj, non li era la veduta tronca per l'altezza del sito. «Tronca: rotta per alcuno tramezzo» (B.). «Sans que rien lui coupât la vue» (Ls.).
(52-57) le mammelle, - che tu non vedi: Eran nella parte opposta alla faccia, e pertanto coperte dalle trecce sciolte; «di là dal ventre» (B.). Dalla parte ov'è il petto; ogni pilosa pelle dell'occipite e del pettignone; Manto: indovina tebana, figliuola di Tiresia. Dante mette qui nella quarta bolgia, qual indovina, Manto, figlia di Tiresia, e nel Purg., XXII, 113, fa dire a Virgilio che la figlia di Tiresia era con lui nel Limbo degli antichi spiriti magni. Il Blanc, nel Saggio, lo crede un fallo di memoria; altri che Dante sapesse, come dicono Diodoro Siculo e Pausania, che Tiresia ebbe due figlie, Dafne e Istoriate. E lo stesso Blanc nel Vocabolario Dantesco, crede che nel Purgatorio la figlia di Tiresia sia Dafne, non Manto; cercò: «andò errando» (B.). «S'avvolse per molti paesi» (Ces.); dove nacqu'io: dove sorse poi la mia patria, Mantova; un poco mi piace che m'ascolte: mi piace che m'ascolti un poco.
(59) serva del tiranno Creonte; la città di Baco: Tebe, patria di Bacco.
(61-63) Italia bella: «Così Virgilio la determina nella sua Eneida, e da tutte le genti ch'hanno intendimento si reputa l'Italia il più bello paese del mondo» (B.); laco: lago; sovra Tiralli: sopra il Tirolo; Benaco: il lago di Garda. «Am Fuss der Alpen oberhalb Tyrols, Die Deutschland schliessen». (Bl.).
(64-66) Per mille fonti, credo, ecc.: «il Pennino, cioè quel tratto d'alpi pennine ch'è tra Garda e Valcamonica, si bagna per mille fonti, e credo anche più, dell'acqua, che poi, giù scendendo, va a stagnare nel detto lago» (B. B.). Benv.: «Loquitur sub credulitate, ne possit errare. Sed certe credo quod sint plures quam mille quingenti. Innumerabiles enim fontes intrant lacum istum. Inter alios est unus puvius qui vocatur Sarcha, qui tam impetuose cadit in lacum, quod ex confractione aquae albescit, ita ut currus farinae cadere videatur». Apennino: il Ces.: «Niente più preciso. Pennino sono le Alpes Poenae, poste a settentrione del lago; ad oriente, Garda; a sera, Val Camonica, nel Bresciano. Pennino dunque è pieno e bagnato di polle d'acqua senza numero, che cola e stagna nel lago. Né tolgo però a chi legge: e Apennino, che anche così non dia buon senso, supplendo al si bagna così: il luogo compreso tra Garda, Val Camonica e Apennino, si bagna per mille fonti, ecc. - se non che Apennino, distendendosi a straordinaria distanza, non servirebbe alla determinazione esatta del sito del lago, come Garda e Valcamonica che gli son presso».
(67-72) Luogo è nel mezzo, ecc. «Scende il poeta col pensiero dall'Alpe, al cui pie' disse giacere il Benaco, e, venendo in giù lungo esso lago verso Mantova, di cui vuole principalmente parlare, avverte di passo un luogo, situato nel mezzo della lunghezza del lago, in cui hanno giurisdizione e possono, di là passando, segnar, cioè benedire tre Vescovi: il Trentino, il Bresciano e il Veronese. Il punto comune è quello ove le acque del fiume Tignalga sboccano nel lago di Garda. La sinistra di questo fiume è diocesi di Trento, la destra di Brescia, ed il lago è tutto nella diocesi di Verona. Scende poi il poeta a parlar di Peschiera, posta in fondo al lago, e dove esso lago esce nel Mincio» (L.); segnar poria, ecc.: «Signum crucis facere, si transirent per illam partem. Hoc pro tanto dicit, quod de jure canonico Episcopus non potest signare extra Dioecesim suam» (Benv.); Siede Peschiera, ecc.: «Ove la riva intorno più discese, è più bassa, è situata Peschiera, bella e forte rocca da far fronte ai vicini popoli di Brescia e Bergamo (ad obviandum Brixiensibus; Benv.); perciocché, chiosa il Daniello, agevolmente questi due popoli doveano essere congiunti insieme contro i signori della Scala, padroni allora di Peschiera e di tutto il Veronese» (L.); arnese: «tanto è a dire quanto adornamento. Quello castello è adornamento di quella contrada» (B.). E così Benv. «Beau et fort rempart pour faire face aux Brescians et aux Bergamasques» (Ls.). «Der Brescia so wie Bergamo kann trotzen» (Bl.).
(73-78) Ivi convien, ecc.: «Per esser ivi la riva più bassa convien ch'indi si versi la sovrabbondante acqua, della quale fassi tra que' verdi prati un fiume appellato Mincio» (L.); a correr mette co: «capo, come l'acqua comincia a correre» (B.). «Mette co, sbocca a correre» (L.); Mencio: Milton, nel Lycida: «Smooth-sliding Mincius, crowned with vocal reeds»; Governo: ora Gogernòlo, piccola terra, presso alla quale il Mincio mette in Po.
(79-81) una lama: «una concavità» (B.). «Pianura avvallata» (Ces.). «Lama par che pigli sempre Dante, e oggi è l'uso comune in tutto il Fiorentino, di chiamare così luoghi bassi lungo i fiumi, dove, perché non vi frutterebbe altro, si pongono alberi: dico alberi al modo nostro parlando, che è specie particulare (simile al pioppo), che serve a far travi, asse e correnti» (Borghini); si distende: «si allarga e comprende assai terreno a modo di un lago» (B.); la 'mpaluda: «fa diventare quel luogo pantanoso e incolto» (B.). «Où elle s'épand, et dont elle fait un marécage» (Ls.); e suol: essa acqua: grama: «puzzolente e contraria alla sanitade: credo quando sono li grandi asciutti e secchi» (B.). Pestilenziale.
(82 -87) cruda: «perché fuggiva consorzio umano» (B.). Cruda, come l'effera Erichtho (IX, 23), crudele e spietata ne' suoi veneficj. Il Ces.: «Cruda mi par nome naturalmente proprio delle vergini; che val rigida, schiva d'amore, e con gli amanti dura e feroce». Orazio: «Metuitque tangi Nuptiarum expers et adhuc protervo Cruda marito». «La vierge sauvage» (Ls.); coltura: lavorìo; d'abitanti nuda: senza abitanti; «arti magiche» (B.); vano: «vôto dell'anima» (B.). «Seine leere Hülle» (K.).
(93-96) sanz'altra sorte: senz'altri augurj. Il Lanèo: «Anticamente si usava, quando si dovea ponere nome ad alcuno luogo, di gittarne sorte, e secondo quello che le sorti diceano, così avevano nome». «Sans autre scrutin» (Ls.); mattia: sciocchezza; da Casalodi: di quel da Casalodi. Altri: de' Casalodi; d'Alberto, conte di Casalodi, castello nel Bresciano. «Casalodi, conti guelfi, insignoritisi di Mantova il 1272. Il ghibellino Pinamonte de' Bonacossi, conoscendo quanto i nobili fossero odiati, persuase al conte Alberto relegasse per alcun tempo i gentiluomini, suoi aderenti, ch'eran più forti. Fatto questo, Pinamonte col popolo uccise gli altri nobili, e si fece signore» (T.). «Dicit ergo bene: le genti sue, scilicet Mantuanae, fuor più spesse dentro. Nam audio, quod fere L familiae fuerunt destructae per Pinamontem proditione sua» (Benv.).
(97-99) t'assenno: «t'insegno e faccioti savio e cauto» (B.). Ti avverto; originar la mia terra, ecc.: «dare origine e principio a Mantova altrimenti ch'io t'abbia detto, nulla bugia inganni la verità» (B.). Dice così perché altri originavano Mantova non da Manto, ma da Tarcone, toscano.
(101-102) prendon sì mia fede, ecc.: «vi do tanta fede, che gli altri ragionamenti non mi moverebbono a credere loro, come li carboni spenti non mi moverebbono a credere che quivi fosse il fuoco» (B.); carboni spenti: senza effetto.
(103-105) procede: s'inoltra; degno di nota: «che sia degno d'essere notato e nominato in questa mia opera» (B.); rifiede: «ferisce e intende solo a quello» (B.).
(106-111) da la gota: dalle gote; porge: stende; fu... augure e con Calcante indicò il momento propizio a salpare da Aulide, dove eran le navi greche, destinate all'assedio di Troia, quando la Grecia si votò di uomini, per la guerra, e rimasero appena i bambini in fasce.
(112-114) Euripilo: Aen., II, 114: «Eurypylum scitantem oracula Phoebi Mittimus»; tragedia: «L'Eneide; Commedia chiama la propria, come poesia più dimessa al suo credere» (T.).
(115-117) Quell'altro, che ne' fianchi è così poco: «Era costui spagnuolo, e perché i Spagnuoli soleano vestire stretti ne' fianchi, però dice così» (B.); poco: smilzo, sottile; Michele Scotto: scozzese, gran maestro in negromanzia, nato a Balmeare, nella contea di Fife in Iscozia, e non a Toledo, come altri vollero. Era già in fama al tempo di Onorio III, che morì nel 1227. L'Anonimo fiorentino: «Fue questo Michele della provincia di Scozia, et dicesi per novella che, essendo adunata molta gente a desinare, che essendo richiesto Michele che mostrasse alcuna cosa mirabile, fece apparire sopra le tavole, essendo di gennaio, viti piene di pampani e con molte uve mature, et dicendo loro che ciascheduno ne prendesse un grappolo, ma ch'eglino non tagliassono, s'egli nol dicesse, et dicendo: tagliate, sparvono l'uve, e ciascheduno si trovò col coltellino e col suo manico in mano. Predisse Michele molte cose della città d'Italia, cominciando da Roma, et molte cose avvennono di quelle ch'egli predisse». «Michael Scottus miscuit necromantiam astrologiae» (Benv.). Nel Lay of the last Minstrel, di Walter Scott, canto XI: «In these far climes it was my lot. - To meet the wondrous Michael Scott; - A wizard of such dreaded fame - That when, in Salamanca's cave - Him listed his magic wand to wave, - The bells would ring in Notre Dame!»
(118-119) Guido Bonatti: «Questi fu fiorentino: ma bandito dalla città, si fece chiamare da Forlì» (F.). «Fece sue arti col conte Guido da Montefeltro, e dicesi che per colui il conte Guido schifò molti pericoli, e molti danni diede a' suoi avversarj. Dicesi che usava di stare nel campanile della mastra chiesa di Forlì, e faceva armare tutta la gente del detto conte; poi, quando era l'ora, suonava la campana, e questi uscivano fuori verso i nemici. Dicesi che tra per l'astuzia del conte e l'arte di costui, elli fece de' Francesi sanguinoso mucchio, come è scritto cap. XXVII Inferni» (O.). «Fece Guido Bonatti più libri giudiciali in astrologia, che hanno più corso che altri libri d'astrologo moderno» (Anonimo fiorentino); Asdente: il calzolaio di Parma (Conv., IV, 16), che s'era fatto indovino. Dicono si chiamasse Benvenuto.
(121-123) l'ago: il cucire; la spuola: il tessere; 'l fuso: il filare; con erbe e con imago: «Puossi fare malie per virtù di certe erbe, medianti alcune parole, o per immagine di cera o d'altro, fatte in certi punti e per certo modo che, tenendo queste immagini al fuoco, o ficcando loro spilletti nel capo, così pare che senta colui a cui immagine elle sono fatte, come la immagine che si strugga al fuoco» (Anonimo fiorentino); Con imago, con imagini di cera e di terra» (B.). Envoûtement. Vedi la Strega di Michelet.
(124-126) tiene 'l confine: sta nell'orizzonte, cerchio divisorio tra il nostro emisperio e quel sotto di noi; e tocca l'onda: del mare; sotto: «al di là di Siviglia, città marittima di Spagna, e occidentale rispetto all'Italia» (L.); sotto Sibilia: «più là che Sibilia» (B.); Caino e le spine: «Per questo intende la luna, parlando a modo, de' volgari, che dicono che Caino sta nella luna, in su uno fascio di spine pungenti, e dicono che quell'ombra, che si vede nella luna, è l'ombra di Caino. Questi s'ingannano molto, perché Caino è nell'Inferno: troppo averebbe buono partito se fosse nella luna» (B.). «Portava nel mondo Caino, quando faceva sacrificio a Dio, non delle migliori cose, ma delle non fruttuose, siccome spine sono che senza frutto, e però male fruttavano le sue bestie» (O.). «V. Par., II, 51. Pare che questa credenza avesse corso anche in Inghilterra. Nel Sogno di una notte di estate (III, 1), Shakespeare: "Or else one must come in with a bush of thorns and a lantern and say he comes to disfigure, or to present, the person of moonshine"» (Lf.). «Il tocca accordato con le spine è proprio costrutto nostro, che vale Caino con le spine, come fa il Petrarca: "Onde vanno a gran rischio uomini ed armi", per uomini armati, ed è altresì il pateris libamus et auro di Virgilio, per la figura Endiadys» (Ces.).
(127-130) tonda: piena. «Nel plenilunio o nel tempo dell'equinozio, la luna tramonta quando si leva il sole. Si era dunque in terra fatto giorno, ed era questa la mattina del sabato» (F.); non ti nocque: «anzi ti fece pro, dandoti alcuno lume» (B.). Ti diresse; alcuna volta, ecc.: «perché alcuna volta li dava lume et alcuna volta no, secondo i luoghi della selva spessi o radi» (B.); fonda: profonda; introcque, inter hoc, fra tanto.