I MILLE PERCHÉ - GEOGRAFIA - I GRANDIOSI FENOMENI DELLA NATURA

PERCHÉ CI SONO I VULCANI?

Potremmo paragonare i vulcani ai comignoli delle nostre case, alle cappe che raccolgono il fumo dei camini e delle stufe e lo scaricano all'esterno. Sì: potremmo ben dire che i vulcani sono i fumosi comignoli della Terra.
Essi sono, infatti, profonde spaccature della superficie terrestre in comunicazione con l'interno, da cui fuoriescono gas, lava ed altri materiali incandescenti.
Dovrebbe essere esatto ritenere che il nucleo centrale della Terra sia ancora, com'era l'intero pianeta alle origini, una massa fluida a temperatura assai elevata, un caotico amalgama di minerali fusi, un globo di fuoco avvolto ed imprigionato da tutto il resto della Terra, ormai solida e fredda da milioni di anni.
Potete immaginare quale sia la pressione che esercita l'involucro solido sul nucleo fluido. Questo, pressato da ogni parte, è sottoposto ad una continua tensione, ad un insopprimibile desiderio di liberarsi e di uscire all'esterno.
A tutto ciò si aggiunge, probabilmente, l'infiltrazione dell'acqua di mare (ciò si presume osservando che la maggior parte dei vulcani sono allineati lungo le fasce costiere) acqua che, a contatto con quelle temperature elevatissime, si tramuta in vapore ed esercita una pressione sempre più forte verso l'alto.
Ed ecco che, sfruttando sia crepe e percorsi naturali, sia aprendosi una strada nei punti di minor resistenza, dove la crosta terrestre è meno spessa e meno dura, vapore e massa fluida riescono finalmente ad uscire all'esterno.
Assistiamo così allo spettacolo terrificante di un vulcano in eruzione: dal profondo cratere salgono al cielo pietre infuocate, lapilli, lava ed altissime colonne di vapore.
A contatto con l'esterno, tutto questo materiale si raffredda a poco a poco, si deposita intorno all'apertura e fa assumere al vulcano, col tempo, la caratteristica forma di un cono.
Colata lavica di un vulcano

PERCHÉ CI SONO I TERREMOTI?

Vi sono molte ipotesi che spiegano i terribili sconvolgimenti della superficie terrestre ai quali diamo il nome di terremoti.
Il disastroso fenomeno può essere attribuito ad eruzioni vulcaniche sotterranee, a masse di materia incandescente desiderosa di venire alla luce ma che non trova sfogo, e che attacca con furia rabbiosa l'involucro solido che la imprigiona. Oppure, cosa questa molto più probabile, può essere dovuto a crolli e sprofondamenti di grandi quantità di roccia, in prossimità del nucleo del pianeta. Se una certa quantità di roccia sprofonda, infatti, si forma un vuoto tra questa e la roccia sovrastante. Questa, non trovando più appoggio, crolla a sua volta, determinando uno sprofondamento a catena che raggiunge a volte la superficie.
Di solito questi crolli ed assestamenti avvengono nelle parti più profonde della crosta terrestre, eppure noi li avvertiamo lo stesso. Perché? Ciò è dovuto alle cosiddette «onde sismiche» che si propagano dall'epicentro, dal luogo cioè in cui avviene il gigantesco crollo, grazie all'enorme spostamento d'aria e di materia, verso la superficie. Da ciò deriva che gli effetti catastrofici di un terremoto saranno più rilevanti quanto più ci si troverà vicini all'epicentro e si faranno sempre più lievi man mano che ci si allontanerà da esso.

PERCHÉ CI SONO I CICLONI?

Il ciclone, questo terribile spauracchio per i marinai e per le popolazioni costiere per i danni che provoca, di solito prende vita al largo, in zone di depressione.
Grandi masse d'aria calda e umida, frutto della lenta e costante evaporazione del mare, sotto il calore dei raggi del sole, prendono a salire in una lenta spirale verso l'alto sia perché divenute più leggere, sia perché spinte da altre masse di vapore provenienti dalla superficie del mare.
Come raggiungono altitudini tali da incontrare temperature basse, si condensano tramutandosi in pioggia e liberando ancora calore.
Le masse sottostanti sia sotto il cocente martellamento dei raggi solari, sia per il calore che piove loro addosso dalle masse sovrastanti condensatesi bruscamente, si surriscaldano e prendono a salire in alto sempre più in fretta.
Ed ecco che quella che in un primo momento era una lenta spirale, si tramuta in una vorticosa e gigantesca girandola che sprigiona venti impetuosi, capaci di superare i 240 chilometri orari.
Questa spirale, che ruota vorticosamente su se stessa, corre sul mare con un «occhio» d'aria calma al centro e, per alcune settimane, semina morte e distruzione dove passa; quindi, scemando a poco a poco il suo poderoso slancio iniziale, si estingue.

PERCHÉ CI SONO I DESERTI?

Se, per ipotesi, sulla Terra cessasse d'improvviso di piovere, il nostro pianeta si tramuterebbe ben presto in un immenso deserto.
Noi sappiamo che, per vivere, ogni essere vivente ha bisogno d'un elemento essenziale: l'acqua. Venendo questa a mancare, sulla Terra non ci sarebbe più vita; caldo e freddo, alternandosi rispettivamente il giorno e la notte in modo brusco, avrebbero buon gioco sulla superficie terrestre riducendola, in breve tempo, in una completa e totale duna di sabbia. Vi sono delle zone, sul nostro pianeta, che possono essere prese ad esempio della nostra ipotesi. Sono esse chiamate deserti perché, non piovendo mai o quasi mai, hanno un aspetto brullo e sabbioso, e non vi si nota che scarsissime forme di vita.
Perché in queste zone non si hanno mai precipitazioni atmosferiche, salvo qualche acquazzone di tanto in tanto, magari a distanza di anni?
Solitamente, pur trovandosi nei pressi degli oceani, ne sono separate da alte catene montuose che impediscono alle umide masse d'aria provenienti dal mare di penetrare nell'entroterra.
Qui il terreno è in balia di formidabili agenti di erosione quali il caldo, il freddo, il vento, che lentamente ed inesorabilmente frantumano tutto, anche le rocce più dure, tramutandole in sabbia.
I monti vulcanici del Tibesti (deserto del Sahara)

 

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