I MILLE PERCHÉ - CULTURA E CIVILTÀ - LA MUSICA: LINGUAGGIO DI SUONI

PERCHÉ C'È LA MUSICA?

Basta girare un bottone per inondare la nostra casa di musica.
Oggi essa fa parte della nostra esistenza tanto che, se d'improvviso ogni strumento cessasse di suonare ed ogni disco di girare, il mondo ci sembrerebbe troppo silenzioso, tristemente vuoto e privo d'armonia.
Molti ritengono che la musica sia la più eccelsa e sublime delle arti, poiché parla direttamente al cuore. Essa, infatti, non passa attraverso il cervello, non viene, cioè, analizzata dalla nostra mente e dalla nostra coscienza, come avviene solitamente per le altre arti, ma entra immediatamente in contatto con la nostra sensibilità.
Ascoltando la musica ci sentiamo toccare intimamente, poiché l'insieme armonico dei suoni mette in subbuglio la gamma dei sentimenti di cui il nostro animo è capace.
Ecco perché ad ogni uomo sensibile piace ascoltare la musica.
Essa provoca sensazioni diverse, ci commuove, ci fa provare gioia, ci stupisce spesso per il dolore che esprime, illanguidisce la nostra anima per certi suoi toni accorati, ci esalta per certe sue note epiche, parla al nostro cuore in un linguaggio senza parole, ma che tutti, chi più chi meno intensamente, comprendono.
Ci sono molti tipi di musica (leggera, classica, operistica, jazz), ognuno dei quali rappresenta un mondo poetico, un linguaggio particolare che noi siamo più o meno portati a capire e a godere.
La musica leggera è quella di più facile comprensione poiché, consistendo in brevi componimenti, non può esprimere che un sentimento alla volta. Essa si manifesta grazie ad una breve melodia, accompagnata da un testo, non sempre poetico e profondo, e ci serve come «scacciapensieri».
Molto spesso, più che la melodia, è il suo ritmo, unito alle moderne orchestrazioni, a fornirci qualche piacevole emozione.
Affine alla canzonetta, ma di gran lunga più complesso e più profondo, è il jazz, in cui ritmo e melodia affondano le loro radici in un passato molto lontano e si manifestano con un linguaggio primitivo ed immediato che parla direttamente alla parte più antica di noi, all'istinto.
Linguaggio assai complesso e spesso incomprensibile è la musica classica, in cui il musicista versa tutto se stesso, la somma delle sue conoscenze, il patrimonio culturale e musicale del proprio popolo, la gamma infinita dei propri sentimenti. Per questo ci è spesso difficile capire a fondo un brano di musica e dobbiamo ascoltarlo più volte per penetrarne il senso.

PERCHÉ CI PIACE LA MUSICA?

La capacità del suono di esprimere i sentimenti umani è nota fin dai tempi più remoti.
La musica, prodotta dalle corde vocali o dagli strumenti primitivi, era un mezzo fondamentale per i numerosi contatti che si stabilivano magicamente tra gli uomini e le «forze divine» che, per essi, animavano la natura. Il linguaggio delle parole non era sufficiente per comunicare con esse: solo la musica (unita alla danza) poteva parlare l'indefinibile linguaggio della natura, esprimere desideri, interpretare riti. La musica, dunque, fu linguaggio magico presso i primitivi e, per molto tempo, strettamente legata alla liturgia.
Tutte le antiche religioni contengono formule rituali o cantici da interpretare coralmente.
La musica, dunque, ebbe il potere di unificare una moltitudine e di condurla alla comunione con Dio. Questo suo potere non l'ha mai perso del tutto: ancor oggi è capace di sollevarci al disopra dell'umana condizione e di immetterci, almeno per qualche attimo, in un mondo ricco di poesia.
In passato la musica era spesso di sostegno alla poesia, quasi a voler fornire agli ascoltatori sensazioni ed immagini che le parole erano incapaci di dare. Quindi divenne sempre più autonoma non tralasciando però di sostenere ancora la poesia e soprattutto il teatro.
Il melodramma è l'esempio più noto di questa felice unione tra musica e teatro.
Ma la musica si presenta nella sua veste più pura, quando è musica e basta.
L'artista che l'ha composta ha voluto esprimere pensieri e stati d'animo e non ha usato parole, ma note musicali, in un insieme armonico.
Noi, nell'ascoltarla, interpretiamo a seconda della nostra sensibilità, ciò che egli ha voluto dirci e, anche se non comprendiamo totalmente questo suo strano discorso fatto di suoni, essi ci procurano, comunque, delle emozioni e mettono a nudo determinati sentimenti che, educando a poco a poco la nostra sensibilità, ci renderanno migliori.

PERCHÉ CI SONO SUONI DIVERSI?

Ad ogni strumento corrisponde un suono. L'unione di suoni diversi è un brano musicale.
Gli strumenti che vediamo oggi in un'orchestra hanno origine antica, e la loro forma attuale è il risultato di progressive trasformazioni. Gli strumenti musicali vengono classificati secondo il modo in cui emettono suoni.
D'origine più antica sono gli strumenti a percussione, xilofoni, gong, tam-tam, noti presso tutti i popoli primitivi.
Fin dalle primissime manifestazioni musicali umane, il ritmo, questo alternarsi continuo ed ossessivo di suono e di silenzio, fu il mezzo più usato per il progressivo distaccarsi della mente dalle cose del mondo e per favorire un maggiore abbandono nella comunione con la divinità.
Anche oggi tamburi e timpani sostengono un componimento musicale segnandone il tempo.
Dalle vibrazioni della corda di un arco è nata l'idea per gli strumenti a corda, tanto che i più primitivi conservano ancora la forma dell'arco.
Essi furono molto in voga nell'antichità classica, nelle varie forme di cetra e di lira e, col passare del tempo, si sono trasformati, soprattutto nella cassa armonica, differenziandosi in strumenti ad arco (violino, viola, violoncello, contrabbasso), a corde pizzicate (chitarra, mandola, mandolino) e a corde toccate (clavicembalo, pianoforte).
Forse dal suono emesso dal vento che penetra in una canna vuota, son nati gli strumenti a fiato. I più antichi sono il flauto a becco e la siringa, noto come flauto di Pan, ma già i Babilonesi conoscevano l'oboe, la cornamusa, il corno, la tromba e i Greci l'organo.
Oggi gli strumenti a fiato hanno una fondamentale importanza nell'orchestra, per la estesa gamma di suoni che emettono.
A questi appartengono tutta la serie degli ottoni, trombe, tromboni, corni, e i cosiddetti legni, flauti, oboe, clarinetti, fagotti, sassofoni.
Avendo a disposizione tanti strumenti diversi, ai quali corrispondono suoni ben precisi, come si compone un brano musicale?
Occorre conoscere bene gli strumenti per poter assegnare ad ognuno la parte più adatta alle loro risorse tecniche ed alle loro qualità timbriche.
Si assegna poi a certi strumenti il compito di interpretare la melodia e agli altri di fare da contrappunto a questa, oppure, assegnando una parte ad ogni tipo di strumento, si cerca di farli procedere assieme, in combinazione armonica.
Struttura di orchestra wagneriana

Modello tridimensionale di nacchere, strumento musicale a percussione costituito da una coppia di pezzi di legno duro, avorio o materiale sintetico, a forma di valve di conchiglia, legati fra loro in modo da essere a stretto contatto

Modello tridimensionale di piatti, strumento musicale a percussione costituito da un un sottile disco, di solito in bronzo, di forma concava

Modello tridimensionale di clarinetto, strumento musicale a fiato ad ancia semplice

Pianoforte digitale - Mac Flash Piano

Modello tridimensionale di ciaramella, strumento popolare ad ancia doppia, dal quale si fa derivare il moderno oboe

Modello tridimensionale di bifira o oboe popolare, strumento ad ancia doppia

Modello tridimensionale di dulciana, strumento musicale rinascimentale ad ancia doppia, antenato del moderno fagotto

Modello tridimensionale di salterio, antico strumento musicale a corde pizzicate di origine orientale

Modello tridimensionale di tastiera elettronica

Modello tridimensionale di chitarra classica

PERCHÉ L'ORGANO HA CANNE DI VARIA MISURA?

Secondo la tradizione, l'organo è stato inventato nel III secolo avanti Cristo; originariamente era uno strumento profano e a Roma durante l'epoca imperiale, era molto importante per il suo impiego nel Circo.
Giunto in Occidente da Bisanzio nell'VIII secolo, si diffuse nelle chiese cristiane a partire dal IX secolo.
Com'è fatto un organo? L'organo è un complesso strumento composto da tre parti, più o meno dipendenti tra loro: le canne, il mantice ed i registri.
Il complesso delle canne costituisce una evidente derivazione del primitivo «piffero di Pan» ed è una combinazione di canne ad una sola nota: l'organo deve comprendere perciò tante canne quante sono le note comprese nell'estensione dello strumento. Una serie di canne dello stesso tipo forma un «registro».
Il suono viene prodotto dalle vibrazioni della colonna d'aria contenuta in una canna e la altezza del suono è data, naturalmente, dalla lunghezza della canna: le canne più alte daranno suoni gravi, le canne più corte suoni acuti. Per quanto riguarda il «timbro», esso dipende dalla particolare forma in cui le canne dell'organo sono state costruite e dalla natura del materiale usato.
Secondo il suono prodotto, le canne vengono divise in due categorie: canne ad anima e canne ad ancia. Le canne ad anima sono canne ad una sola nota nelle quali il suono viene prodotto, come in ogni altro strumento a fiato, dalla vibrazione di una colonna d'aria; le canne ad ancia invece funzionano come casse armoniche in cui il suono viene prodotto dalle vibrazioni di una «ancia», di una lamella di metallo, cioè, libera di vibrare.
I mantici, dalla struttura piuttosto complicata, predispongono e distribuiscono l'aria necessaria ad alimentare le canne.
I registri, infine, sono un insieme di tiranti che, azionati dall'organista, mettono in moto un meccanismo pneumatico o elettrico che accende un ventilatore il quale indirizza l'aria verso l'apertura della serie di canne che si vogliono far suonare.
Se l'organo dispone di molti registri (di diverse serie di canne), aumenta di conseguenza il numero delle tastiere. Per facilitare l'esecuzione del basso, si aggiunge alle tastiere manuali una tastiera a pedale (pedaliera).
Possedendo vari registri, l'organo ha la possibilità di produrre una grande varietà di suoni. Uno dei più perfetti strumenti oggi esistenti al mondo è l'organo del Duomo di Milano, un «Masconi e Tamburini» del 1938, con 5 manuali e 180 registri.
Schema: due tipi di organo

PERCHÉ PER SUONARE UNO STRUMENTO CI VUOLE «ORECCHIO»?

Abbiamo già parlato del suono e abbiamo detto come esso sia provocato, sempre, da vibrazioni.
Una forza qualsiasi che agisce su un mezzo, liquido, solido od aeriforme, provoca una perturbazione che si propaga con velocità variabile, a seconda della natura del mezzo.
Per quanto riguarda la musica, le vibrazioni di uno strumento musicale (le corde di un violino, ad esempio, o la pelle di un tamburo) provocano una perturbazione nell'aria che raggiunge il nostro orecchio: la membrana timpanica, eccitata dalle onde sonore, entra per simpatia in vibrazione e comunica la serie alternata di contrazioni e di espansioni al sistema uditivo interno collegato al cervello, che ci trasmette così un'impressione sonora.
C'è una differenza fondamentale tra suono e rumore: il primo è prodotto da vibrazioni periodiche di un corpo elastico, il secondo da vibrazioni confuse ed aperiodiche.
Nell'udire dei suoni noi avvertiamo dapprima la loro «altezza», data dal numero delle vibrazioni in un secondo (frequenza): quanto è maggiore la frequenza, tanto più acuto risulta il suono. Quindi avvertiamo la loro «intensità», la loro forza, data dall'ampiezza delle vibrazioni: quanto più ampie sono le vibrazioni, tanto più forte noi udiamo il suono.
Altre caratteristiche del suono sono il «timbro», l'armonicità e il «tono».
Quest'ultima caratteristica è data dalla cosiddetta «qualità» del suono, non giustificabile fisicamente ma solo musicalmente.
La qualità di un suono è riferita, infatti, ad altri suoni ed è sempre una questione di rapporti e di affinità. Ad esempio, la nota «do» è qualitativamente simile in ogni ottava, se pure diversa per quanto riguarda l'altezza. Ciò è valido per tutte le note.
Per essere dei buoni musicisti e dei buoni cantanti, occorre avere un udito fine e sensibile, così da riconoscere senza ombra di dubbio un suono dalle sue caratteristiche, una nota giusta, cioè, da una nota falsa.
Questa capacità è un dono naturale, che dipende esclusivamente dal perfetto funzionamento del nostro sistema uditivo, dall'esatta corrispondenza tra impulsi ricevuti, trasmessi al cervello, ed impressione sonora.
Tutti, dunque, posseggono due orecchie, ma non sempre capita di «avere orecchio»: in questi casi, volendo fare della musica, invece di suoni (vibrazioni periodiche gradevoli) generalmente si produce del volgarissimo rumore (vibrazioni aperiodiche sgradevoli).
 

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