PRESENTAZIONE
Il fuoco può
sicuramente essere definito una delle scoperte più importanti nella
storia della civiltà. Gli uomini conobbero il fuoco osservando la natura:
gli incendi provocati dai fulmini o le eruzioni dei vulcani. Si accorsero che il
fuoco emanava calore e illuminava la notte, e, per di più, teneva lontani
gli animali feroci. Cosi impararono dapprima a mantenerlo acceso, poi ad
accenderlo e a controllarlo; se ne servirono per riscaldare, illuminare e
proteggere le loro caverne, e si accorsero che esso poteva anche cuocere i cibi,
rendendoli più teneri, più saporiti e più digeribili.
Successivamente gli
uomini impiegarono il fuoco per indurire il legno, adatto alla fabbricazione di
armi ed utensili, e per fondere i metalli: inizialmente rame e bronzo, solo
verso il 1200 a.C. anche il ferro. Contemporaneamente il fuoco fu utilizzato per
un'altra "industria" antichissima: quella della ceramica, della quale
abbiamo numerosissime testimonianze archeologiche.
Ma che cos'è,
esattamente, il fuoco? L'intensa luminosità ed il calore che lo
contraddistingono sono il prodotto di una violenta reazione chimica in atto, con
la quale una sostanza, in presenza di un innesco di vario tipo e di ossigeno, si
trasforma rapidamente in un'altra. Ad esempio: lo zolfo s'infiamma facilmente in
presenza di aria e "produce", ossia si trasforma in anidride
solforosa.
Nella fiamma di un comune bruciatore (si definisce bruciatore
un'apparecchiatura adatta ad effettuare la combustione controllata) si
distinguono una zona centrale relativamente fredda, una zona intermedia luminosa
e una terza in cui la combustione è completa, poco luminosa e ossidante.
L'intensità di una fiamma, che un tempo era misurata per comparazione con
sorgenti luminose campione, ora si effettua con raffinati sistemi fotoelettrici.
Lo studio dei composti chimici presenti nel fuoco è piuttosto
recente, perché richiede apparecchiature in grado di rivelare reazioni
che durano solo millesimi di secondo. Oggi è comunque possibile risalire,
dall'analisi spettroscopica della fiamma, alle sostanze in essa presenti. Cosi
il radio, il calcio, lo stronzio, il bario e il rame colorano la fiamma
rispettivamente di giallo, rosso scarlatto, verde, blu.
L'ERRATA TEORIA DEL FLOGISTO
Come la storia dell'uomo è ricca di
successi ma anche di errori fatali, anche quella della scienza è
costellata di inesattezze clamorose: un esempio è senza dubbio la teoria
del flogisto che, essendo fondamentalmente errata, ha sviato le ricerche degli
scienziati per circa un secolo, sino a che Lavoisier non ne ha dimostrato
l'infondatezza. Questa teoria fu ideata dal chimico tedesco Georg Ernst Stahl il
quale, dopo essersi laureato in medicina nel 1684, si dedicò intensamente
allo studio della chimica. Secondo Stahl ogni sostanza combustibile possedeva un
elemento comune che, dal termine greco indicante la fiamma, battezzò
flogisto. Il chimico tedesco sostenne quindi che il carbone, il legno, i
metalli, ecc. erano composti almeno in parte di flogisto. Stahl e i suoi allievi
asserivano inoltre che i metalli erano corpi contenenti flogisto e materia
terrosa: questa convinzione era supportata dal fatto che quando si scalda
fortemente un metallo, in fondo al crogiolo resta una terra, detta dallo Stahl
calce (oggi invece sappiamo che si tratta di ossido di metallo). Questa teoria,
così perfetta e chiara da intendere, fu salutata come una delle più
importanti scoperte dell'epoca.
Solo nel 1782 Lavoisier, in una sua
celebre memoria, rivelò al mondo scientifico l'assoluta infondatezza
della teoria del flogisto e l'inesistenza di questo elemento all'interno dei
corpi combustibili. Lavoisier dimostrò che la fiamma è la semplice
reazione della combustione, cioè della combinazione dell'ossigeno con la
sostanza che brucia: il fuoco quindi non è altro che una reazione
violenta di ossidazione.