SCIENZE - FONTI ENERGETICHE - LE ENERGIE ALTERNATIVE

PRESENTAZIONE

Finora si è parlato di come ottenere energia elettrica dai fiumi, dall'atomo, dal petrolio e dal carbone ma questi non sono gli unici modi per produrre energia, ne esistono infatti molti altri, alcuni dei quali antichissimi.
Millenni addietro, l'uomo imparò a sfruttare l'energia del vento per spingere le imbarcazioni, ebbe poi l'idea di collegare mulini e pompe per l'acqua a grandi ruote munite di pale che il vento avrebbe provveduto a muovere. I primi mulini a vento furono costruiti in Mesopotamia, Egitto e Cina, paesi fertili e investiti da venti regolari; in Iran sono ancora oggi in funzione modelli di mulini simili a quelli usati dagli Assiro-Babilonesi. L'imperatore Hammurabi aveva progettato di irrigare la pianura di Babilonia con pompe mosse da ruote a vento 1700 anni prima della nascita di Cristo. Nel III secolo a.C. Erone di Alessandria nel suo libro Delle Macchine Pneumatiche illustra il progetto di un organo azionato da un mulino a vento. Ma le prime testimonianze di un utilizzo estensivo e continuato dell'energia eolica risalgono al 640 d.C. sotto il regno del califfo Omar II. Nell'occidente il mulino a vento viene importato dai crociati e subisce modifiche sostanziali: infatti, le ruote orientali avevano l'asse verticale, mentre quelle europee orizzontali; queste modifiche furono necessarie per rendere i mulini più efficienti anche in paesi dove i venti non erano così costanti per forza e direzione. Il primo mulino a vento europeo venne realizzato in Inghilterra nel 1192.
Tra il 1730 e il 1800 molti scienziati, meccanici ed ingegneri si occuparono dello sviluppo teorico e pratico della tecnica di costruzione delle macchine eoliche: nel 1737 Belidor propone l'uso di profili aerodinamici per le pale; nel 1750 Meikle e Lee trovano il modo di orientare automaticamente la ruota nella direzione del vento; nel 1759 Smeaton inventa una macchina per provare l'efficienza delle pale e sviluppa modelli matematici per la progettazione. Ma tutto questo fermento intorno alle macchine eoliche viene soffocato dagli sviluppi dei motori a vapore. Pian piano il mulino viene sostituito dalle macchine termiche.
L'idea di sfruttare l'energia del vento sembrò essere caduta nel dimenticatoio finché nel 1905 l'esploratore danese Fridtjof Nansen decise di servirsi di un piccolo generatore eolico ideato da La Cour: una piccola dinamo azionata da un rotore eolico forni a Nansen l'energia elettrica tra i ghiacci del Polo Nord. Un altro revival si ebbe intorno agli anni '20 in America: il notevole sviluppo dell'aviazione e dell'aerodinamica indusse qualcuno a riesumare il buon vecchio mulino a vento. Due ditte, la Jacobs e la Wincharger, riuscirono ad installare circa 175.000 generatori eolici prima che la politica energetica del presidente Roosevelt, allacciamenti gratuiti e costi per chilowattora irrisori, spegnesse nuovamente gli entusiasmi dei sostenitori del vento.
Durante la seconda guerra mondiale, la scarsità di combustibile fossile (carbone e petrolio) indusse alcuni paesi a riconsiderare il vento come fonte di energia alternativa; ma solo negli USA, precisamente a Grandpa e Knop, venne costruito un primo gigantesco generatore che rimase in funzione dal 1943 al 1945. Perché si parlasse ancora di vento e di ogni altra fonte di energia alternativa, bisogna aspettare il 1973 quando i paesi dell'Opec, i produttori di petrolio arabi, decidono l'embargo petrolifero gettando i paesi occidentali industrializzati in piena crisi energetica.
Attraverso i mulini a vento si sfrutta l'energia eolica

Modello tridimensionale di anemometro

I MOTORI A VENTO

I motori a vento sono costituiti da un rotore e da una ruota munita di pale, che il vento provvede a muovere; all'asse del rotore possono essere collegate macine, pompe, seghe, torni, generatori elettrici ecc.
Una prima grande suddivisione la si può fare in base all'asse del rotore: possiamo quindi distinguere tra rotori ad asse verticale, orizzontale e rotori ibridi. Per intenderci, alla prima categoria, quella dei rotori ad asse verticale, appartengono: gli antichi mulini a vento degli Assiri; il rotore Savonius, costituito da due mezzi cilindri traslati lungo una retta passante per l'asse centrale; il rotore a coppette, utilizzato dagli anemometri, strumenti per determinare la forza del vento; sono tutti esempi di rotori ad asse verticale. Questo genere di rotori è più adatto a muovere direttamente i macchinari che a produrre energia elettrica, offrendo il vantaggio di funzionare qualsiasi sia la direzione del vento.
Più adatti a muovere generatori elettrici sono i rotori ad asse orizzontale, come i mulini olandesi a quattro pale, i mulini cretesi con le pale di stoffa, o i multipala che tante volte abbiamo intravisto nei film western americani. Più moderni sono i rotori ad elica, dove eliche simili a quelle degli aeroplani, con pale dotate di profili alari, sono impiegate al posto dei rotori di tipo tradizionale; i rotori a elica possono essere mono, bi e tri-pala. Tutti i rotori ad asse orizzontale devono essere orientati in modo tale che le pale presentino la massima superficie al vento; con la sola eccezione dei mulini cretesi, tutti gli altri devono essere disposti manualmente con il rotore perpendicolare alla direzione del vento, come i mulini olandesi.
Grazie alle più moderne tecnologie è nata un'ultima generazione di rotori detti ibridi perché combinano le caratteristiche dei rotori ad asse verticale e orizzontale; in genere hanno un asse verticale ma, grazie alla particolare struttura delle pale, sono capaci di prestazioni tipiche dei generatori eolici ad asse orizzontale e, quindi, possono venire impiegati con successo nella produzione di elettricità. In realtà, ogni modello di rotore ibrido meriterebbe una trattazione particolareggiata per le diversità spesso sostanziali dei vari progetti. Tra di essi ricordiamo: il rotore Darrieus, il Delta Darrius, il Cicloturbina, il VGWT, il Tetrahelix e il rotore Enfield-Andreau, tra gli altri, l'unico ibrido a rotore orizzontale.

L'ENERGIA SOLARE

La più grande fonte di energia a disposizione dell'uomo resta comunque senza dubbio il sole. Da milioni di anni molti esseri viventi hanno imparato a sfruttarla per sopravvivere; tutti i vegetali sono in grado di sintetizzare le sostanze di cui abbisognano partendo da semplici molecole d'acqua e anidride carbonica con l'aiuto dell'energia solare (fotosintesi). L'uomo ha imparato a sfruttare metodicamente e in maniera indiretta l'energia solare con l'agricoltura.
Dovevano passare millenni prima che Archimede inventasse grandi specchi concavi capaci di riflettere e concentrare i raggi del sole per incendiare e affondare le navi della flotta romana che assediavano Siracusa. È il primo resoconto storico-fantastico di uso diretto dell'energia solare.
Per altri secoli il sole sorse e tramontò compiendo il rituale viaggio quotidiano senza che nessuno sapesse come raccogliere e sfruttare il suo calore. Finalmente, a rivoluzione industriale già avviata, il fisico francese Mouchot ideò un concentratore solare in grado di fornire il vapore necessario per muovere un motore watt o una turbina. Il concentratore non era altro che uno specchio rettangolare a sezione parabolica, in grado di riflettere e dirigere tutti i raggi del sole che colpivano la sua superficie in un unico punto, cioè il fuoco della parabola, nel quale era posta una caldaia d'acqua per la produzione del vapore. Tutti i concentratori solari si basano sull'idea originale di Mouchot e di Archimede. Il concentratore di Mouchot funzionava bene ma nessuno pensò di utilizzarlo praticamente: bisognava continuamente orientarlo verso il sole, non funzionava quando il cielo era coperto o pioveva e di carbone e petrolio ce ne era così in abbondanza che non sembrava neanche possibile una crisi energetica. L'esperienza di Mouchot venne ripetuta su più vasta scala da Shuman, nel 1911, che dispose molti specchi parabolici in maniera tale che concentrassero tutti i raggi verso un'unica caldaia, ottenendo così maggiore potenza. Oggi sono in funzione parecchie centrali di questo tipo in grado di produrre energia sufficiente per le esigenze domestiche di piccoli agglomerati abitativi; gli specchi, spesso centinaia, sono mossi da motorini elettrici comandati da un computer centrale. Per scopi scientifici sono stati costruiti concentratori detti fornaci solari, con i quali si possono ottenere temperature di parecchie migliaia di gradi.
Un vecchio adagio popolare sentenzia che "la necessità aguzza l'ingegno". Durante la prima guerra mondiale carbone e benzina erano razionati; per ovviare a questa scarsità di combustibile un certo Abbott costrui un recipiente trasparente che ne conteneva un altro più piccolo dipinto di nero nel quale c'era dell'acqua. I raggi del sole penetravano attraverso le pareti trasparenti del primo vaso, venendo quasi completamente assorbiti dal vaso nero e quindi riscaldando l'acqua. Tale fenomeno era possibile grazie alla capacità di tutti i corpi scuri, di assorbire le radiazioni infrarosse più degli oggetti dipinti di chiaro. Per rendervene conto, osservate come un' automobile nera si riscaldi molto prima di un'automobile bianca.
Inoltre i pochi raggi riflessi dal vaso interno nero, colpendo di nuovo le pareti del contenitore trasparente, venivano nuovamente riflessi parzialmente e diretti ancora verso la superficie nera (effetto serra).
Il semplice dispositivo ideato da Abbott si chiama collettore solare. Oggi sono numerose le installazioni di collettori solari, usati esclusivamente per il riscaldamento diretto dell'acqua e dell'aria. I collettori non sono utilizzabili per produrre energia elettrica dato che le temperature che possono raggiungere raramente superano i 100 gradi centigradi.
L'uomo ha ideato dispositivi solari in grado di sfruttare direttamente l'energia solare per distillare l'acqua marina e per pompare il prezioso elemento.
Un altro modo per sfruttare il sole è quello di convertire direttamente la sua energia in elettricità; esistono, infatti, apposite celle fotovoltaiche, che se vengono colpite dai fotoni producono una debole corrente elettrica; più celle fotovoltaiche collegate in maniera opportuna sono in grado di fornire una corrente utilizzabile. Tra tutti, questo è il metodo più semplice e migliore di ottenere elettricità dal sole.
Purtroppo, il costo di una singola cella è ancora troppo elevato per un utilizzo comune. Per ora le installazioni di batterie di celle fotovoltaiche non sono ancora numerose; vengono già da molti anni impiegate soprattutto nel campo aerospaziale come generatori di energia a bordo dei satelliti. Recentemente sono anche stati costruiti prototipi di veicoli elettrici terrestri e aerei alimentati da batterie solari. Progetti ambiziosi prevedono la costruzione di estese batterie solari, orbitanti intorno alla Terra (fuori dalla sua atmosfera che filtra la maggior parte delle radiazioni solari); l'energia prodotta verrebbe teletrasmessa sulla superficie del pianeta sotto forma di micro-onde. Per ora questa è ancora fantascienza, ma lo sarà ancora per poco. Il sole rappresenta per ora la più promettente delle energie pulite, cosiddette perché non comportano il minimo degrado e pericolo per l'ambiente. Infatti, la terra riceve dal sole una quantità di energia spaventosa: in soli 10 giorni sulla superficie del nostro pianeta arrivano tanti chilowattora sotto forma di luce e calore, quanti se ne potrebbero produrre bruciando le intere riserve mondiali di combustibile fossile.

IL BIOGAS

Nelle zone paludose o presso molti stagni si verificano spesso fenomeni di autocombustione, cioè la vegetazione prende fuoco da sé, per la grande presenza di gas naturale: il metano (vedi capitolo idrocarburi). Questo non significa che sotto tutti gli stagni ci siano giacimenti metaniferi, ma semplicemente che in quelle acque ferme e senza ricambio si accumulano sul fondo i resti della vegetazione e le carogne di piccoli animali. Specie nei periodi estivi, quando il sole riscalda l'acqua, da quella massa organica in decomposizione fuoriesce gas naturale.
Riproducendo quello che avviene in natura, l'uomo ha costruito grossi recipienti nei quali versare escrementi e ogni altro tipo di rifiuto organico perché fermentino e producano metano da utilizzare subito per uso domestico. I rifiuti della fermentazione si sono dimostrati eccellenti fertilizzanti per uso agricolo, assolutamente naturali e non inquinanti.
Ogni piccolo centro rurale dove esistono stalle (anche gli escrementi umani sono adatti a tale processo) può dotarsi di un fermentatore.

ALCOOL DALLE PIANTE

In piena crisi energetica, nel 1973, molti paesi industrializzati, i più colpiti dalla crisi, iniziarono a cercare un carburante sostitutivo della benzina, che potesse essere prodotto a basso costo in ogni parte del mondo. L'alcool etilico, più correttamente etanolo, sembra ancora oggi il probabile candidato.
L'etanolo è il prodotto di un particolare processo fermentativo condotto da un determinato genere di batteri: dai vegetali, contenenti molto amido e zuccheri, si ottiene una poltiglia liquida che si chiude ermeticamente in botti particolari, riposte poi lontano da fonti luminose. La fermentazione alcoolica è un processo che deve avvenire soprattutto in mancanza di ossigeno, sostanza capace di uccidere i batteri. Alla fine della fermentazione la poltiglia conterrà una buona percentuale di alcool che viene estratto per successive distillazioni.
L'etanolo è un liquido incolore e infiammabile: usato come carburante consente prestazioni molto superiori a quelle della benzina super senza essere inquinante, tuttavia presenta anche una serie di inconvenienti: per prima cosa i motori normali devono essere modificati per poterlo utilizzare; secondo, l'etanolo è una sostanza molto igroscopica, cioè capace di assorbire spontaneamente l'acqua, e a contatto con l'aria umida perde molte delle sue caratteristiche; terzo, per soddisfare un fabbisogno nazionale occorrono quantità di vegetali enormi.
Finora, solo in America Latina, soprattutto in Brasile, circolano automobili ad alcool, là sono state selezionate piante che vengono coltivate in maniera estensiva ed economica e che consentono ottime rese durante la fermentazione.

ENERGIA DAL MARE

Questo capitoletto dovrebbe essere contenuto, a rigor di logica, nelle pagine dove si illustra l'energia idrica. Tuttavia, essendo le tecniche per ricavare energia dal mare nuove e inconsuete, abbiamo preferito includerle tra le energie alternative.
Molti di voi avranno osservato il mare in tempesta: onde enormi sconvolgono con rabbia ed immensa energia la superficie dell'acqua. Giustamente qualcuno ha pensato che anche il moto ondoso potesse essere sfruttato per ottenere energia.
L'esperimento più interessante è stato condotto in Giappone: una vecchia nave in disarmo è stata modificata affinché l'acqua potesse liberamente entrare in parti dello scafo attraverso una serie di fori eseguiti nello stesso. Quando la nave viene investita dall'onda, il livello dell'acqua sale all'interno delle camere comprimendo l'aria in esse contenuta. L'aria compressa fuoriesce da aperture praticate nel soffitto provocando il movimento delle turbine, collegate a generatori. Viceversa, quando l'imbarcazione si trova nel cavo dell'onda, l'acqua esce dalle camere richiamando aria dall'esterno e muovendo le turbine in senso contrario.
La nave venne ancorata vicino alla costa, dove le onde diventano più possenti, e il sistema dimostrò di funzionare egregiamente. Un'altra maniera di trarre energia dal mare consiste nello sfruttamento della differenza di temperatura tra le acque in superficie e quelle profonde: le acque calde di superficie vengono poste in contenitori dove viene praticato il vuoto per abbassare il loro punto di ebollizione; basta quindi fornire poco calore per produrre vapore con il quale muovere i rotori di una turbina; l'acqua fredda pompata dal fondo del mare serve per il raffreddamento implicito nel ciclo tecnologico. La quantità di energia prodotta supera quella spesa per pompare l'acqua e dalla condensazione dei vapori si ottiene anche acqua dissalata. Una variante prevede che le acque calde provochino la rapida evaporazione di un liquido a basso punto di ebollizione che venga poi condensato dall'acqua fredda (ciclo chiuso).
Il sistema si chiama Otec (Ocean Thermal Energy Conversion) e venne ideato da uno scienziato francese del secolo scorso, Jacques Arsene d'Arsonval, ma i primi esperimenti vennero condotti da un suo allievo ed amico, Georges Claude, inventore della lampada al neon: egli progettò un sistema Otec a ciclo aperto che sperimentò con poco successo in Messico nel 1930. Francia, USA e Giappone conducono ancora oggi ricerche intorno ai sistemi Otec realizzando svariati impianti pilota.
Una centrale Otec può essere costruita a terra vicino alla costa, oppure su un battello.

ENERGIA GEOTERMICA

Nel sottosuolo esistono grandi quantità d'acqua che possono venire in contatto con masse laviche incandescenti ed entrare quindi in ebollizione. Per l'enorme pressione che si viene a creare, acqua e vapore riescono a fare breccia tra le rocce e a fuoriuscire con violenza alla superficie: i geiser sono causati appunto da questo fenomeno.
Questa fonte naturale di vapore può essere utilizzata dall'uomo per muovere turbine ed ottenere energia elettrica, oppure per far funzionare dei sistemi di tipo Otec modificati quando la pressione del vapore naturale è insufficiente e l'acqua non molto calda. In Italia, a Larderello, è in funzione una centrale geotermica che il vapore dei soffioni boraciferi.

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