SCIENZE - ELETTRICITÀ

PRESENTAZIONE

Il termine elettricità proviene dal greco electron, che significa "ambra" e sta ad indicare una proprietà fondamentale della materia; tale proprietà permette scambi reciproci di cariche elettriche tra corpi materiali, visibili sotto forma di scintille o fenomeni di attrazione o repulsione dei suddetti corpi.
I fenomeni elettrici interessarono gli scienziati già dell'antichità, ma solo nel XVII secolo iniziarono veri studi in merito. Nel 1600 W. Gilbert pubblicò la sua opera De Magnete nella quale affrontò, per la prima volta, la differenza tra attrazione magnetica e attrazione elettrica; egli si preoccupò, inoltre, di fare una distinzione tra i corpi, suddividendoli in due categorie: quelli che, dopo essere stati strofinati, ne attiravano altri, e quelli che non possedevano tale caratteristica.
A seguito del lavoro di Gilbert, per meglio studiare i fenomeni di "strofinio" vennero costruite le prime macchine elettrostatiche, che permisero di sperimentare i fenomeni di attrazione. Tra il 1730 e il 1740, grazie agli studiosi S. Gray e F. du Fay, vennero focalizzati due tipi di elettricità (vitrea e resinosa) e si sottolineò il fenomeno della conduzione.
All'invenzione delle macchine elettrostatiche si affiancò quella dei primi rudimentali accumulatori, creati appunto per "catturare l'elettricità", considerata da B. Franklin, nel 1750, un fluido che a seconda della quantità presente in corpo veniva detta positiva o negativa.
Alla fine del XVIII secolo si giunse a quantificare i fenomeni elettrici, e Coulomb, facendo uso della bilancia di torsione, mise a punto una legge che consentiva di misurare la carica elettrica ottenendo quindi la "quantità" di fluido (elettrico). Sempre alla fine del `700 si scoprirono fenomeni elettrici nuovi e diversi da quelli conosciuti; grazie agli studi condotti da A. Volta e L. Galvani, si giunse alla conclusione che non esistevano solo fenomeni ottenuti meccanicamente, come con lo strofinio, ma che ne esistevano di spontanei.
Ad Alessandro Volta si deve l'invenzione della pila, risalente al 1799; con essa si potè produrre corrente elettrica continua. Questo nuovo traguardo venne collegato da Davy alla chimica e si passò, grazie alla pila, dall'elettricità statica a quella in movimento.
Nel primo ventennio dell'800 si studiarono i risultati ottenuti applicando corrente ad un ago magnetico, e fu con Ampère che si giunse ad una prima adeguata disposizione scientifica dei fenomeni elettromagnetici.
I punti di incontro tra elettricità, chimica e magnetismo, aprirono molte vie alle applicazioni pratiche; J.C. Maxwell, infatti, per formulare le sue teorie e le sue equazioni in campo elettromagnetico, fece uso di quella sintonia tra elettricità e magnetismo per giungere alla conclusione che le perturbazioni si muovevano alla velocità della luce; da qui l'accostamento dei fenomeni elettrici a quelli ottici e magnetici.
Nel 1866 H. Hertz dimostrò l'esistenza delle onde elettromagnetiche, e i suoi continui studi in campo elettrico aprirono nuovi obiettivi e nuove strade agli studiosi di varie materie; Thomson e Wien dimostrarono l'esistenza rispettivamente degli elettroni e dei protoni, e le scoperte conseguenti ai risultati degli studi compiuti da Faraday sull'elettrolisi furono il primo passo verso la fisica atomica.

L'ENERGIA ELETTRICA DI USO DOMESTICO

L'energia elettrica è ormai una comodità insostituibile in una casa; preziosa e di facile utilizzo, è pronta, senza fatica da parte dell'uomo, in qualsiasi momento. È sufficiente premere un pulsante per avere luce, ma non solo, il suo campo d'azione è assai più vario: serve per raffreddare e per riscaldare, dà "vita" a tutti gli elettrodomestici così comodi ed efficaci, per pulire, per cuocere ecc. Nonostante tutte queste virtù esiste però un rovescio della medaglia; infatti l'elettricità è anche molto pericolosa se usata in modo non corretto. La comune presa elettrica da appartamento si presenta come una piastra di materiale isolante, ad esempio di plastica, porcellana o bachelite, con due o tre fori: questi fori portano in cavità metalliche non unite tra loro, in cui verrà inserita la spina formata da piccoli steli anch'essi metallici.
220 volt è il potenziale elettrico corrispondente alla tensione tra i due fili, ed è già una quantità molto pericolosa; se una mano viene a contatto con uno o tutti e due i poli in tensione di una presa di corrente, subisce la cosiddetta scossa, che non è altro che il passaggio della corrente attraverso il corpo, ottimo conduttore, provocando una violenta stimolazione nervosa, sempre pericolosa e a volte mortale.

LE MACCHINE ELETTROSTATICHE

Le macchine elettrostatiche consentono di accumulare cariche elettriche, anche di potenziali diversi, dai più bassi ai più alti (fino addirittura a milioni di volt) per fornire, quando serve, una ingente energia con un minimo utilizzo di tempo.
Generalmente, le macchine sono fondate su dischi isolanti che ruotano, ed è appunto su questi dischi che l'elettricità viene accumulata, per induzione elettrostatica o tramite strofinio. Ma le macchine elettrostatiche ora vengono utilizzate solamente a scopi di sperimentazione o di laboratorio; le cariche elettriche vengono raccolte in esse con il lavoro meccanico che permette ai dischi di percorrere la loro rotazione.
Il generatore elettrostatico più grande è quello di Van de Graaf, dove una sfera, cava all'interno e del diametro di qualche metro, è la parte elettrizzata.
Per l'induzione elettrostatica, sulla sfera vuota si accumula energia prodotta dallo strofinio della stessa con un nastro di gomma che entra ed esce (dalla sfera).
Giunti ad un accumulo di energia di vasta portata, si riscontrano reazioni visibili, come la fuoriuscita di scariche luminose che ramificandosi raggiungono la lunghezza di qualche metro.
Generatore elettromagnetico di corrente di Faraday

LA PILA

Al termine di una giornata, quando avanza il buio della notte, basta un minimo movimento per premere un interruttore e ridare immediatamente la luce, sia nelle abitazioni sia nelle strade delle grandi città.
Tanti scienziati hanno dedicato la vita allo studio e agli esperimenti nel campo dell'elettricità; uno di essi è Alessandro Volta ed è forse a lui che si deve maggiormente lo sviluppo tecnico e scientifico in questo campo.
La sua invenzione, la pila, oltre ad essere un'importante scoperta, è anche veicolo di una immensa serie di possibilità positive per il progresso.
La pila è un punto focale che divide il periodo dell'elettrostatica, con scintille e scariche, da quello in cui l'elettricità è continua e può essere controllata e regolata.
A seguito degli esperimenti intrapresi da Galvani sulla presunta elettricità animale, Alessandro Volta riuscì per primo ad ottenere una sorgente di energia elettrica continua e costante. La pila, questo era il nome dell'invenzione di Volta, era costituita da tazze di vetro contenenti acqua e una piccola quantità di acido solforico; nel liquido ottenuto erano inoltre immerse, non completamente, delle piastre, due per la precisione, una di zinco e una di rame.
A questo punto si passava a collegare, con un filo metallico, la piastra di rame di una tazza con quella di zinco dell'altra, lasciando invece libere da collegamenti le altre piastre.
Le piastre libere venivano in seguito collegate ai morsetti di un elettrometro; compiuti i movimenti sopra descritti risultavano i potenziali delle piastre: quello dello zinco era negativo mentre quello del rame era positivo. Le differenze di potenziale, risultate ai capi della pila, indicano la presenza di cariche elettriche.
Ora, collegando all'estremità della pila, con un conduttore di metallo, le due piastre, ci si aspetta una scintilla, con conseguente annullamento della differenza di potenziale, ma ciò non avviene, e il potenziale rimane inalterato anche se le due piastre sono unite da un filo di metallo; per di più, se il filo in questione sarà sottile e avvolto come una spirale, fino a che il collegamento sarà attivo, esso si surriscalderà fino ad ottenere un colore rosso incandescente.
 

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