Scienza e Tecnica Scienze Cosmonautica Le Missioni Spaziali

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Scienza e Tecnica Scienze Cosmonautica Le Missioni Spaziali














SCIENZE E TECNICA - SCIENZE - COSMONAUTICA - LE MISSIONI SPAZIALI

DONATE

SCIENZE - COSMONAUTICA - LE MISSIONI SPAZIALI

PRESENTAZIONE

La possibilità di investigare l'universo, gli altri pianeti e i misteri del mondo spaziale è stata senza dubbio la più grande aspirazione di tutti i tempi. Anche se solo da pochi anni l'uomo ha avuto la possibilità di uscire dall'orbita terrestre, possiamo trovare testimonianze di viaggi fantastici su altri pianeti che risalgono sino ai tempi della Magna Grecia. Già 1800 anni fa un greco beffardo, irridente, spregiatore di uomini e di dei, Luciano di Samosata, seppe arditamente volare con la sua fantasia sulla Luna, spedendovi, in un racconto, il povero Ulisse, risucchiato sin lassù da una tempesta. Anche Keplero dimostrò una fervida fantasia, immaginandosi la Luna dotata di atmosfera ed abitata; a conclusioni peraltro molto simili era giunto anche il francese Fontenelle, che anzi aveva supposto che tutti i pianeti fossero abitati. Non possiamo poi dimenticarci di Jules Verne, scrittore assai fantasioso e arguto pensatore: nel suo romanzo Dalla Terra alla Luna del 1865 riuscì a formulare alcune ipotesi non prive di fondamento, fra le quali le modalità per sfuggire alla forza di gravità terrestre. Ma ben presto gli scienziati dell'epoca incominciarono a rendersi conto della possibilità di un viaggio extraterrestre. La base dei loro studi furono i razzi, unici mezzi per sfuggire alla gravità terrestre. Da sempre questi sofisticati apparecchi avevano trovato largo uso in campo militare, ma mai erano stati utilizzati per scopi di interesse civile. I tentativi di usare i razzi in guerra hanno una lunga storia, che affonda le sue radici nel nostro passato. Nell'anno 1232, tremila mongoli guidati da Ogodai Khan, figlio di Genghis Khan, attaccarono Kaifeng Fu, capitale della Cina settentrionale; durante questi scontri apparvero i primi prototipi di razzi militari. I difensori cinesi accolsero i terribili mongoli con delle frecce infuocate che utilizzavano polvere da sparo per la propulsione: la nuova arma, dotata di effetti devastanti, causava un rumore simile ad un tuono e raggiungeva il nemico alla distanza di cinque leghe. Dove cadevano i razzi cinesi, si diffondeva un incendio nel raggio di centinaia di metri. Da allora molti altri popoli seguirono l'esempio cinese e diedero vita a razzi sempre più precisi e potenti. Un testimone della campagna del 1814 scrisse che il razzo era un'arma molto pericolosa sia per chi la possedeva che per chi doveva subirne le disastrose conseguenze: infatti oltre a spargere la distruzione fra le fila nemiche, i razzi dell'epoca potevano anche rivoltarsi contro chi li usava provocando vasti incendi nelle retroguardie. In seguito l'uso del razzo come arma scomparve quasi totalmente e con l'avvento della radio all'inizio del XX secolo, cessò anche la sua utilità come strumento di segnalazione. Fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento tre pionieri dettero inizio alla linea di sviluppo che avrebbe portato la tecnica moderna alla costruzione del primo missile balistico: essi furono Konstantin Eduardovitch Tsiolkowski che operò in Unione Sovietica, Robert Hutchings Goddard che lavorò in America ed Hermann Julius Oberth che condusse i propri studi in Germania.

I PRIMI MISSILI

Il primo profeta moderno dell'avventura spaziale, considerato oggi universalmente il padre dell'astronautica, fu Tsiolkowski. Nato il 17 settembre del 1857 nella provincia di Rjazan, Tsiolkowski lavorò per molti anni in una scuola del luogo in qualità di maestro; ma la vera passione del matematico e fisico russo era la conquista dello spazio, allora considerata ancora come un progetto assolutamente fantastico. Nella sua instancabile attività Tsiolkowski pubblicò numerosi saggi sull'argomento; non va infatti dimenticato che lo scienziato russo era principalmente un teorico. Fu lui a risolvere i principali problemi matematici e a descrivere il principio del razzo multistadio. Chi invece passò dalla teoria alle vie di fatto fu l'americano Robert Hutchings Goddard. Nato nel 1882 a Worcester nel Massachusetts, Goddard si interessò sin dall'infanzia alla ricerca spaziale. Molto prima dei trent'anni incominciò gli esperimenti pratici in laboratorio sulla propulsione a reazione nel vuoto e sui differenti tipi di propellenti. Dopo aver pubblicato nel 1919 il suo primo saggio intitolato Un metodo per raggiungere grandi altezze, passò all'esperimento decisivo nel 1926. Il 19 marzo del 1926 ad Auburn (nel Massachusetts), Goddard lanciò il primo missile della storia: il Kittyhawk (questo era il suo nome) era alto poco più di un metro e funzionava grazie ad un motore a reazione alimentato da una miscela di benzina e ossigeno liquido. Il volo del Kittyhawk durò solo pochi secondi: alla velocità massima di 103 chilometri orari il missile toccò un'altezza di cinquantasei metri e poi, avendo consumato tutto il propellente, si schiantò al suolo. Il terzo protagonista della conquista dello spazio fu Hermann Julius Oberth, un modesto professore di liceo di origine rumena che insegnava in Germania negli anni Venti. Oberth, che era giunto alle conclusioni di Tsiolkowski e di Goddard pur non conoscendone le opere, nel 1923 pubblicò un opuscolo intitolato Il razzo verso gli spazi interplanetari lanciato in cui fissò i principi fondamentali del volo a reazione e delle propulsioni di un veicolo nel vuoto siderale. Oberth si occupò inoltre di esemplificare la possibilità di porre un missile in orbita intorno alla terra. Nonostante l'insuccesso di questa prima opera, Oberth non si arrese e con alcuni giovani appassionati fondò nel 1927 la Verein für Raumschiffhart ("Società per i viaggi nello spazio"), una vera e propria associazione dedicata allo studio dei viaggi extraterrestri. Il 23 luglio 1930 la Società per i viaggi nello spazio, sulle orme di Goddard, realizzò e sperimentò un missile a propulsione. Il Kegeldüse, questo era il nome del missile di Oberth, funzionò per un minuto e mezzo, bruciando sei chili di ossigeno liquido e un chilo di benzina, ottenendo una spinta costante di 7 chilogrammi. Accanto ad Oberth in questo esperimento, in qualità di aiuto assistente, vi era Werner von Braun. Von Braun, che in futuro divenne famoso per la realizzazione dei terribili missili da guerra V2, si dedicò subito attivamente alla ricerca spaziale. Dopo aver diviso con la Società per i viaggi nello spazio successi e fiaschi clamorosi, nel 1932 incominciò a lavorare per conto della Wehrmacht. Grazie ai mezzi tecnici e finanziari messi a sua disposizione dall'esercito tedesco, von Braun poté migliorare il suo missile sino a ottenere il modello A4. Da Peenemünde, una sperduta località su un'isoletta nel mar Baltico, il 3 ottobre del 1942 l'A4 era pronto per il collaudo: era alto 14 metri e pesava 12 tonnellate. Al via il missile di von Braun aumentò la velocità sino a superare il muro del suono, raggiunse l'altezza di 96 chilometri e poi ridiscese nelle acque del mar Baltico, esattamente nel punto in cui era stato posizionato il bersaglio. Una volta collaudato il missile A4, von Braun dovette preparare il modello destinato ad usi bellici: nacque così il Vergeltungswaffe-2 (cioè "arma di dissuasione numero 2"), soprannominato da tutti V2. Sotto la guida di un manipolo di tecnici delle SS, i primi V2 vengono lanciati dalla base olandese di Wassenaar verso Londra. Da quel momento sino al marzo del '45 sulle città inglesi verranno lanciati più di 3600 missili V2. Al termine della seconda guerra mondiale von Braun si rifugiò in America, dove poté proseguire i propri studi sul volo spaziale. Trapani Un'immagine di Werner von Braun Trapani Spaccato di un missile V2

DALLA TERRA ALLA LUNA

Nonostante gli sforzi di von Braun, i primi a tagliare il traguardo dei voli spaziali furono i russi: il 4 ottobre del 1957 il gruppo di Mosca guidato da Korolev, lanciò in orbita il primo satellite artificiale terrestre, lo Sputnik 1. Questa prima meraviglia della tecnologia russa era, in sostanza, una palla d'acciaio pesante 83 chilogrammi e mezzo e contenente strumenti per misurare temperature e densità atmosferica. Un mese dopo, il 3 novembre, i Sovietici lanciano in orbita il secondo satellite: lo Sputnik 2. A bordo di questo satellite, pesante 508 chilogrammi, oltre alle solite strumentazioni scientifiche c'è anche il primo essere vivente: la cagnetta Laika. Il 6 dicembre 1957 gli Americani tentano il loro primo lancio di un satellite nello spazio, il Vanguard, ma falliscono. Nel gennaio del 1958, sotto la direzione di von Braun, con un missile Jupiter C viene messo in orbita il primo satellite americano: si chiama Explorer 1 e pesa 14 chilogrammi. Ma la gara fra le due superpotenze non si concluse qui: i Sovietici, tecnologicamente più avanzati, compiono il primo grande passo dell'astronautica. Il 12 aprile 1961, a bordo di una Vostok, il primo uomo si allontana dalla terra: è Juri Gagarin, che compie in 89 minuti il volo intorno alla terra. Poi toccherà a Titov, che compirà 17 giri del globo, e alla prima donna nello spazio, Valentina Tereskova, che rimarrà 70 ore a bordo della Vostok 6. I primi Americani a staccarsi dal suolo verso lo spazio furono Shepard e Grissom, che a bordo di una Mercury realizzarono dei voli suborbitali, e, il 20 febbraio 1961, John Glenn che compi tre giri intorno al globo terrestre. La gestione del progetto di mandare i primi uomini sulla Luna venne affidata a Werner von Braun che, nel 1960, aveva lasciato l'esercito americano per passare alla NASA. Grazie al finanziamento di venticinque miliardi di dollari, von Braun poté realizzare un'astronave adatta alla missione. Si trattava infatti di costruire un mezzo sollevato da un razzo, il quale doveva essere in grado non solo di portarlo su un'orbita terrestre, ma anche di riaccendersi, trasportarlo in un'orbita lunare e indirizzarlo con precisione millimetrica nello spazio. Durante queste fasi di sperimentazione vi furono anche delle vittime: i tre astronauti Gus Grissom, Roger Chaffee e Edward White, che erano stati prescelti per l'avventuroso viaggio verso la luna, perirono in un incendio scoppiato a bordo del veicolo Saturno-Apollo durante una simulazione di volo a Capo Kennedy. Ma il grande giorno arrivò: il 16 luglio 1969 da Capo Kennedy partì il complesso Apollo 11 dotato del modulo lunare LEM, con a bordo i tre astronauti Neil Armstrong, Edwin Aldrin e Michael Collins. Trapani Gli astronauti Gus Grissom ed Edward White

L'APOLLO 11

Il missile vettore gigantesco e potentissimo, il Saturno 5, al completo della capsula Apollo 11 era alto 110 metri e col solo primo stadio generava una spinta di quasi 4 milioni di chilogrammi consumando ben 15 tonnellate di propellente al minuto secondo. Il primo stadio alla partenza portava un carico di circa 1000 tonnellate di ossigeno liquido e 500 tonnellate di cherosene, mentre il secondo e il terzo funzionavano grazie ad una miscela di ossigeno- idrogeno. Durante la fase attiva del primo stadio, che durava meno di 3 minuti, gli astronauti a bordo pesavano 4 volte e mezza più di quanto non pesassero a terra, a causa della fortissima accelerazione a cui erano sottoposti. Per mettere l'Apollo 11 in orbita intorno alla Terra furono necessari soltanto dodici minuti. Una volta entrato in orbita intorno alla terra, il primo stadio del Saturno venne spento e venne acceso il secondo, che aveva il compito di imprimere all'astronave la spinta e la direzione necessaria per raggiungere un'orbita lunare. Verso la Luna procedette un veicolo formato da tre elementi: la capsula con gli astronauti, il modulo di servizio e il modulo lunare o LEM, l'unico destinato a posarsi sul suolo lunare. Il 19 luglio l'Apollo 11 entrò in orbita intorno alla Luna. Il 20 luglio alle ore 20,17 di Greenwich il LEM incominciò l'allunaggio. Pesante 14 tonnellate e alto in tutto 7 metri, il LEM portava un abitacolo e, al di sotto, un apparato propulsore, con un sistema di getti direzionali. Al momento dell'allunaggio il LEM, con a bordo Armstrong e Aldrin, si distaccò dalla capsula spaziale, che, guidata da Collins, rimase in orbita intorno alla Luna in attesa del comando del rientro dei compagni. L'allunaggio "morbido" fu reso possibile dalla spinta frenante esercitata dall'apparato propulsore, e così il modulo lunare poté appoggiarsi al suolo sulle sue quattro zampe telescopiche. Alle 4 e 57 minuti (ora italiana) Armstrong e Aldrin, nell'ordine, uscirono dall'abitacolo e mediante una scaletta posero il primo piede umano sulla Luna. Ben protetti dagli scafandri spaziali muniti di impianto di respirazione autonomo, di visore filtrante e di radio, i due astronauti americani dovettero fare molta attenzione e non guardare in direzione del Sole; i raggi della grande stella infatti, in mancanza di atmosfera, surriscaldano la superficie lunare fino a 120 gradi. Una volta fatti i rilevamenti e recuperati alcuni reperti di suolo lunare, i due astronauti rientrarono nel LEM. Dopo aver azionato il sistema propulsore dello stadio ascendente, si immisero in un'orbita circumlunare e attaccarono la capsula cosmica e il modulo di servizio, con a bordo Collins. Armstrong e Aldrin riportarono 400 chili di suolo lunare sulla terra che, dopo essere stati analizzati dai laboratori della NASA, vennero distribuiti a tutte le università del mondo per poter permettere loro di proseguire le analisi. Da tutti gli studi non si scopri nulla di nuovo, o meglio nulla che non si sapesse già attraverso le osservazioni indirette. Sulla Luna, dato il minor peso del corpo umano (la forza di gravità è sei volte minore di quella terrestre), si salta facilmente ma ci si muove con un certo impaccio per il ridotto attrito tra le scarpe e il terreno; inoltre le asperità del terreno non vengono stimate in modo giusto, e questo è dovuto alla totale assenza di chiaroscuri, dovuta alla mancanza di atmosfera e quindi di un cielo riflettente e rifrangente. Trapani Sbarco sulla Luna: 21 luglio 1969

COME FUNZIONA UN RAZZO A PROPULSIONE

Le intuizioni di Tsiolkowski, Goddard, Hubert e von Braun portarono alla realizzazione del terribile missile V-2, che, esaminato da un punto di vista tecnico, rappresenta la base dell'astronautica moderna. Il motore a propulsione è totalmente diverso da tutti gli altri, in quanto non abbisogna dell'aiuto di alcun mezzo esterno per potersi muovere. Per fare un esempio, potremmo prendere in esame una automobile: il motore dell'auto, per funzionare, ha bisogno dell'ossigeno dell'aria (che riceve dall'esterno) per bruciare il combustibile, e del terreno (altro mezzo esterno) su cui poggiare le ruote. Allo stesso modo un aereo utilizza a sua volta, mediante le ali, la forza portante dell'aria (mezzo esterno). Il motore a propulsione, a differenza dagli altri presi in esame, non necessita di nessun fattore esterno, in quanto è totalmente autosufficiente. L'apparato propulsivo di un missile è costituito da uno o più motori a getto, il cui funzionamento si basa sul principio fisico dell'azione e reazione: al getto di gas che fuoriesce dagli ugelli del razzo corrisponde l'azione contraria del razzo, che subisce una spinta in avanti. Per fare un altro esempio pratico, provate a gonfiare un palloncino e a liberarlo: l'aria che era presente all'interno del pallone viene spinta violentemente all'esterno, provocando il moto del palloncino nel senso opposto. Naturalmente il razzo, a mano a mano che procede, brucia sempre più propellente e quindi diminuisce notevolmente di massa; la spinta sviluppata dall'apparato propulsore mantiene sempre la stessa intensità, ma la massa del razzo diminuisce. La quantità di energia sviluppata da ogni grammo di propellente può variare di molto (dalle 500 alle 2000 calorie) a seconda del tipo di carburante che viene adottato. La scelta in quest'ambito è molto più complessa di quello che potrebbe sembrare, in quanto alcuni di questi propellenti sono altamente tossici, altri corrosivi e altri ancora difficili da maneggiare o addirittura pericolosi. Ad esempio l'accoppiamento ossigeno- idrogeno sarebbe senza dubbio l'ideale per l'energia che è in grado di sviluppare (3000 calorie al grammo), ma viene spesso evitato per il pericolo di una fuga di idrogeno liquido. Il secondo stadio del Saturno utilizzava proprio questa miscela; ma per i missili maggiori, cioè per quelli che costituiscono il primo stadio dei vettori spaziali, si preferisce ricorrere ad altri tipi di combustione. Tra i vari propellenti hanno particolare importanza l'idrogeno, il metano, l'ammoniaca, l'alcool etilico, il cherosene e tutta una serie di idrocarburi; per quanto concerne invece i comburenti, o ossidanti, i principali di essi sono l'ossigeno, l'azoto, l'acqua ossigenata, l'acido nitrico. Quando il motore viene messo in funzione, sia il combustibile che il comburente scorrono nell'intercapedine della camera di combustione, preriscaldandosi; in seguito la miscela viene accesa da un arco elettrico o mediante altro sistema. Per quello che riguarda la guida del veicolo spaziale, essa può avvenire in tre differenti modi: da terra, da terra con correzione finale e dalla navicella. Il metodo classico per controllare la traiettoria di un missile consiste nell'impiego di un certo numero di razzi propulsori assai più piccoli di quelli principali, disposti a corona alla base del razzo; tali propulsori sono orientabili, possono venire accesi o spenti più volte e sono predisposti per sviluppare più o meno potenze. In sostanza sono manovrabili e, a seconda della posizione e dell'intensità, possono correggere e cambiare la rotta del missile in volo. È bene precisare a questo punto che questi propulsori direzionali verranno utilizzati soltanto dopo la partenza. Affinché un corpo cosmico artificiale possa venire immesso in un'orbita circumterrestre, occorre portare la sua velocità a circa 8 chilometri al minuto secondo; per lanciarlo nello spazio e quindi al di fuori dell'orbita terrestre, occorre invece una velocità di 11,2 chilometri al minuto secondo. Queste due velocità vengono chiamate velocità orbitale (quella di 8 chilometri al secondo) e velocità di fuga (di 11,2 chilometri al secondo). Va detto anche che la scelta della traiettoria e la precisione con cui essa deve venir seguita, hanno importanza capitale per il buon esito del lancio; se un razzo non funzionasse, o se solo imprimesse una velocità anche di poco inferiore a quella richiesta, l'astronave mancherebbe il bersaglio e vagherebbe per secoli nello spazio vuoto dell'universo. A proposito di traiettorie, è bene precisare che a volte non è la più semplice e la più breve quella che viene considerata la più conveniente per il viaggio; questo è dovuto al fatto che tutti i corpi celesti sono in movimento e che anche l'astronave risente dell'attrazione del sole. Trapani Il razzo vettore sovietico A1 Trapani Schema di funzionamento di un razzo a propulsione

IL FUTURO NELLO SPAZIO

Dopo i voli mitici di Gagarin e degli americani Amstrong, Aldrin e Collins, gli enti spaziali statunitensi, sovietici ed europei mandarono in orbita satelliti per le comunicazioni e per lo studio dello spazio e, soprattutto, degli altri pianeti del sistema solare.

MARTE

Il pianeta Marte è stato meta di numerose missioni, essendo il più simile e il più vicino alla Terra tra tutti i pianeti del sistema solare. Nel 1965 sonde orbitanti o in transito raccolsero immagini della sua superficie. Nell'agosto e nel settembre 1975 partirono le sonde statunitensi Viking 1 e 2, costituite da un modulo destinato a rimanere in orbita intorno a Marte e da una sezione progettata per posarsi sul suolo del pianeta, dotata di telecamere, strumenti meteorologici e sismologici e un braccio meccanico lungo 3 metri, che poteva essere manovrato dalla Terra. Esse trasmisero a Terra una serie di importanti notizie sul "pianeta rosso". Dopo gli insuccessi dei voli delle sonde Mars 4, 5, 6 e 7 (1973), di Phobos 1 e 2 (1988) - progettate per raggiungere Phobos, uno dei satelliti di Marte -, nel 1997 la sonda statunitense Mars Pathfinder depositò sulla superficie del pianeta il rover Sojourner, che effettuò escursioni intorno al sito di sbarco e sondò la superficie del pianeta alla ricerca dell'acqua, la cui presenza è condizione necessaria per il proliferare della vita. Stesso scopo ebbero le missioni statunitensi Mars Express (2003), Mars Exploration Rovers (2003) e l'europea Mars Reconaissance Orbiter (2005), che fornirono immagini estremamente importanti circa la possibile esistenza di acqua su Marte. Trapani Robot utilizzato per l'esplorazione di Marte

VENERE

I primi tentativi di lanciare delle sonde spaziali verso Venere non ebbero successo: inutilmente furono lanciati il missile sovietico Venera 1 (1961) e quello statunitense Mariner 1 (1962). Il 27 agosto 1962 la NASA lanciò il Mariner 2, che riuscì a trasmettere alla Terra una serie di dati che rivelarono che Venere, data l'altissima temperatura, è pressoché priva di acqua e simile a un deserto. Il 12 giugno 1967 anche l'URSS lanciò il suo primo veicolo spaziale in direzione di Venere, il Venera 4 che, dopo essere entrato in orbita attorno al pianeta, espulse una capsula che trasportava strumenti scientifici e che disponeva di un paracadute per rallentare la discesa sul pianeta. Ma fu la sovietica Venera 7, lanciata nell'agosto 1970, a penetrare per la prima volta con successo nella fitta atmosfera di Venere. Il progetto sovietico proseguì con Venera 8 (1972), Venera 9 e 10 (1975) che scattarono le prime fotografie, Venera 11 e 12 (1978) che registrarono una temperatura superficiale di 460° C, Venera 13 e 14 (1982), Venera 15 e 16 (1983) che inviarono alla Terra immagini radar, Vegas 1 e 2 (1985) che sganciarono quattro sonde nell'atmosfera venusiana. Il programma statunitense iniziò nel 1962 con le missioni Mariner e continuò nel 1978 con le Pioneer Venus 1 e 2. L'ultima missione del programma venusiano è stata quella della sonda Magellano (1989).

MERCURIO

Mercurio, il pianeta più vicino al Sole, è stato osservato per la prima volta dalla sonda statunitense Mariner 10, che nel 1974 arrivò a 692 chilometri da Mercurio, fornendo la prima immagine della superficie del pianeta, che apparve costellata di crateri. Essa rivelò inoltre la presenza di un campo magnetico intorno al pianeta.

GIOVE

Le sonde statunitensi Pioneer 10 e 11 sorvolarono il pianeta gigante a distanze di 130.400 chilometri e 46.700 chilometri, rispettivamente nel dicembre 1973 e nel dicembre 1974. Pioneer 10 fu la prima sonda a uscire nello spazio interstellare. Voyager 1 e 2 entrarono nel sistema di Giove nel marzo e nel luglio 1979, effettuando varie misurazioni e scattando fotografie.

SATURNO

Saturno fu studiato la prima volta dalla sonda Pioneer 11 nel settembre 1979. Voyager 1 e 2 raggiunsero il sistema di Saturno nel novembre 1980 e nell'agosto 1981; esse rivelarono la presenza di migliaia di anelli e individuarono nuove lune prima sconosciute. Nel luglio 2004 la navicella Cassini Huygens, frutto della collaborazione tra ESA e USA, giunse su Saturno. Nel marzo 2006 la sonda spaziale Cassini fotografò un getto di vapore acqueo sulla superficie di una delle lune di Saturno, Enceladus. Questa preziosa testimonianza dimostrò la presenza di acqua a una profondità di circa 10 metri.

URANO

Nel gennaio 1986 la sonda Voyager 2, dopo aver superato Saturno, transitò a una distanza di 80.000 chilometri da Urano, scoprendo quattro nuovi anelli e dieci nuovi satelliti. La sonda si avvicinò a una delle lune, Miranda, trasmettendo bellissime immagini di questo corpo celeste ghiacciato.

Il SOLE

Nel 1995 la sonda SOHO (Solar and Heliospheric Observatory), frutto della collaborazione tra l'ESA e la NASA, venne lanciata in orbita intorno al Sole. A differenza delle sonde precedenti posizionate su orbite terrestri, SOHO è in orbita intorno al Sole e può pertanto compiere con continuità osservazioni dirette, rivelando preziosi dettagli sui cicli di attività e sulle caratteristiche del campo magnetico della nostra stella. Trapani La superficie del Sole

STAZIONI SPAZIALI

Le stazioni spaziali sono basi orbitanti abitate destinate a sperimentazioni scientifiche avanzate. La prima stazione spaziale della storia fu la sovietica Saljut 1, lanciata il 19 aprile 1971. Tre giorni dopo fu agganciata dalla Soyuz 10, ma per ragioni ignote i cosmonauti si sganciarono e tornarono sulla Terra senza essere entrati nella stazione. Nel giugno dello stesso anno la Soyuz 11 si agganciò alla Saljut 1 e i tre uomini dell'equipaggio vi rimasero per la durata record di 24 giorni, durante i quali vennero condotti diversi esperimenti scientifici. Durante il viaggio di ritorno si verificò un guasto e i tre cosmonauti furono trovati senza vita dopo l'atterraggio. Il programma sovietico proseguì con le stazioni spaziali Saljut 2 (aprile 1973), che andò fuori controllo e perse alcune sezioni in orbita, Saljut 3 (giugno 1974 - gennaio 1975), Saljut 4 (dicembre 1974 - febbraio 1977), Saljut 5 (giugno 1976 - agosto 1977), Saljut 6 (settembre 1977 - luglio 1982) e Saljut 7 (aprile 1982). Le ultime due stazioni vennero visitate da numerosi equipaggi internazionali, composti da cosmonauti cubani, francesi e indiani. La stazione spaziale Mir fu progettata per succedere alla serie Saljut. Lanciata il 19 febbraio 1986, era previsto che rimanesse in orbita per cinque anni, ma rimase operativa per il triplo del tempo e fu dismessa solo il 23 marzo 2001, quando venne guidata su una traiettoria di rientro e fatta precipitare nell'Oceano Pacifico. La Mir era un gigantesco laboratorio orbitante formato da moduli interconnessi tra di loro. A bordo della Mir furono più volte stabiliti record di permanenza nello spazio: nel 1987 da Jurij Romanenko, che vi si trattenne per 326 giorni, e negli anni 1987-88 da Vladimir Titov e Musa Manarov, che raggiunsero i 366 giorni. Il programma statunitense ebbe inizio il 25 maggio 1973 con il lancio dello Skylab da un vettore Saturn 5; la stazione venne utilizzata per studi astronomici sul Sole, per studi medici sull'effetto dell'ambiente spaziale sull'organismo umano, per osservazioni intensive e multispettrali della Terra e per vari esperimenti scientifici e tecnologici. Lo Skylab venne danneggiato durante il lancio, ma fu riparato dall'equipaggio. Con le due missioni che seguirono, il progetto Skylab ebbe completo successo: furono raccolte 175.000 immagini del Sole e 64.000 della superficie terrestre. L'11 luglio 1979, lo Skylab precipitò sulla Terra, spargendo frammenti su un'area scarsamente popolata dell'Australia e sull'Oceano Indiano. Nei primi anni Ottanta lo scopo principale del programma statunitense fu la realizzazione di un veicolo spaziale riutilizzabile più volte; fu così creato lo Space Shuttle. Lo shuttle è un'astronave multiuso pilotata, progettata per trasportare un equipaggio costituito da sette persone e un carico massimo di 30 tonnellate. La parte superiore della navetta ospita l'equipaggio e può essere riutilizzata fino a 100 volte. Per le sue caratteristiche di flessibilità e per la possibilità che offre di trasportare, porre direttamente in orbita ed eventualmente riparare in loco i satelliti, lo shuttle rappresenta un passo decisivo nella storia dell'esplorazione dello spazio. La prima navicella del programma Space Shuttle fu il Columbia, che decollò il 12 aprile 1981 per un volo di prova senza carico. Durante la prima missione operativa (11-16 novembre 1982) gli astronauti del Columbia trasportarono due satelliti commerciali per telecomunicazioni. Tra le successive operazioni, particolarmente significative furono il nono volo (28 novembre - 8 dicembre 1983), che trasportò il primo Spacelab dell'ESA, e l'undicesimo (7-13 aprile 1984), durante il quale un satellite venne recuperato, riparato e rimesso in orbita. Il 28 gennaio 1986 il programma Space Shuttle fu funestato da un tragico incidente. Il Challenger si disintegrò un minuto dopo il lancio, a causa dell'avaria di una guarnizione in uno dei razzi a carburante solido. Nel disastro morirono sette astronauti. La tragedia provocò l'immediata sospensione dei lanci per permettere un'analisi e una riprogettazione di tutti i sistemi. Il programma di lanci dello shuttle riprese il 29 settembre 1988, con il volo della navetta Discovery con cinque astronauti a bordo. Il 24 aprile 1990 lo Space Shuttle Discovery lanciò in orbita intorno alla Terra il telescopio spaziale Hubble, come progetto comune della NASA e dell'ESA. Hubble, che pesa circa 11 tonnellate, è lungo 13,2 metri e ha un diametro massimo di 4,2 metri, è posto negli strati esterni dell'atmosfera terrestre, a circa 600 chilometri di altezza. Un grave incidente coinvolse lo shuttle Columbia il 1° febbraio 2003: durante la fase di rientro nell'atmosfera la navicella esplose e persero la vita sette astronauti. Dopo una sospensione di circa due anni e mezzo, lo Space Shuttle tornò in orbita il 26 luglio 2005, con la missione STS-114 della navicella Discovery. Nell'ultimo trentennio del XX secolo anche l'Europa si attivò nell'ambito delle missioni spaziali. Nel 1975 venne fondata a Parigi l'Agenzia Spaziale Europea (ESA - European Space Agency) con lo scopo di coordinare i progetti spaziali di 17 Paesi europei. Gli Stati Uniti, la Russia, il Canada, il Giappone e gli Stati europei membri dell'ESA nel 1999 iniziarono la costruzione dell'International Space Station (ISS - Stazione Spaziale Internazionale), la più grande stazione spaziale permanente mai creata. Nell'ottobre 2000 si ebbe la prima presenza umana nella Stazione Spaziale con un equipaggio costituito da tre persone: i comandanti russi Bill Shepherd e Yuri Gidzenko e l'ingegnere di volo americano Sergei Krikalev. Dal 2003, al fianco di Russia, Europa e Stati Uniti, anche la Cina promosse un attivo programma spaziale. La prima missione cinese (ottobre 2003) consistette nel lancio nello spazio della navicella Yang Liwei, con equipaggio. Il 12 ottobre 2005 partì la seconda missione a bordo della navicella Shenzhou VI, che rimase nello spazio per cinque giorni, compiendo 80 giri intorno alla Terra. Trapani La riparazione in orbita del telescopio Hubble

IL CHALLENGER

La tragedia spaziale che forse più di tutte ha toccato l'animo degli uomini, è stata quella dello shuttle Challenger. Il 28 gennaio 1986 il Challenger era pronto per partire sulla rampa di lancio di Cape Canaveral con a bordo sette astronauti, fra cui due donne. Dopo soli 75 secondi dalla partenza, quando lo shuttle aveva raggiunto un'altezza di oltre 14.000 metri, una fiammata si sprigionò proprio a fianco del booster di destra (queste apparecchiature sono degli speciali serbatoi recuperabili). Un attimo dopo le fiamme avvolsero tutto il Challenger sino al definitivo scoppio della navicella, che precipitò nelle acque dell'Oceano Atlantico. Le vittime di questa terribile tragedia non ebbero neppure il tempo di dare il segnale di S.O.S. alla base. Francis R. Scobee, Michael Smith, Gregory Jarvis, Ronald Mc Nair, Judith Resnik, Ellison Onizuka e Christa McAuliffe vennero annoverati tra gli eroi nazionali americani. Tra di essi figura anche il nome del primo passeggero civile imbarcato dalla NASA su un veicolo spaziale: si tratta dell'insegnante Christa McAuliffe, che si accingeva a tenere ai suoi scolari la prima lezione di astronomia dallo spazio. La commissione d'inchiesta, che si occupò del caso Challenger, rivelò che l'astronave esplose a causa di un guasto che doveva essere previsto. Un giovane ingegnere della ditta produttrice dei booster aveva tentato inutilmente di impedire la partenza segnalando il possibile guasto a causa del freddo della notte precedente. I booster infatti sono collegati fra loro da una giuntura di rame e gomma; quest'ultimo materiale, se sottoposto a temperature al di sotto dello zero, tende a perdere elasticità, a indurirsi e a spezzarsi.

LA COMETA DI HALLEY

Le comete, sin dai tempi più remoti, hanno sempre suscitato un certo interesse: i popoli dell'antichità, ad esempio, consideravano questi corpi celesti come un presagio di una terribile catastrofe e persino la Bibbia ha parlato di una cometa per celebrare la nascita di Gesù a Betlemme. Il primo scienziato che si dedicò allo studio delle comete (parola che deriva dal greco kòme ovvero "chiome") fu Aristotele che, per una reale mancanza di mezzi tecnici, sentenziò erroneamente che questi corpi celesti altro non erano che vapori terrestri dispersi nell'atmosfera. In seguito Paolo Dal Pozzo Toscanelli, Ticho Brahe e Giovanni Borelli chiarirono l'errore dello studioso greco e giunsero alla conclusione che le comete erano dei corpi celesti, lontanissimi dalla Terra, in continuo movimento intorno al Sole. Oggi, grazie ai progressi dell'astronomia, possiamo distinguere due tipi di comete a seconda della loro orbita: quelle periodiche e quelle non periodiche. Le comete periodiche, a causa della loro orbita ellittica, compaiono ad intervalli regolari: ad esempio, la cometa di Encke, scoperta nel 1786, ripercorre la stessa orbita con un intervallo di 3 anni e 4 mesi mentre quella di Daniel, avvistata per la prima volta nel 1909, ricompare ogni 6 anni e mezzo. A questa famiglia appartiene anche la famosa cometa di Halley, scoperta per la prima volta nel 1682 dall'astronomo che le diede il nome. In quell'occasione Halley pronosticò che la cometa sarebbe ricomparsa 76 anni dopo, nel 1758: la previsione si rivelò pienamente esatta, con lo scarto di un solo mese. Quando la cometa di Halley ricomparve nel 1910, lo scarto di previsione degli astronomi dell'epoca fu di tre giorni soltanto. L'ultima apparizione della cometa Halley, quella del 1986, ha segnato un grande passo avanti nel mondo dell'astronomia: il satellite europeo Giotto, durante il suo viaggio interplanetario, è riuscito a fotografare il nucleo della cometa, dando conferma alle supposizioni astronomiche espresse a questo riguardo.

IL TURISMO SPAZIALE

L'era del turismo spaziale è iniziata ufficialmente il 28 aprile 2001 con il primo volo in orbita di un astronauta a pagamento. Lo statunitense Dennis Tito, dopo un periodo di addestramento di quattro mesi e dietro il pagamento di 20 milioni di dollari, è stato lanciato in orbita a bordo della navicella Soyuz, per un "incontro" con la Stazione Spaziale Internazionale, a bordo della quale è rimasto per sei giorni. A promuovere il viaggio è stata l'agenzia "turistica" Space Adventures Corporation, che oggi riceve decine di prenotazioni per analoghe "vacanze" spaziali.

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