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BOTANICA GENERALE - ANATOMIA DELLA PIANTA

INTRODUZIONE

Il corpo delle angiosperme, delle gimnosperme e delle pteridofite è differenziato nei tre organi fondamentali della vegetazione: radice, fusto, foglie e queste piante vengono anche chiamate cormofite. Al contrario, in muschi, licheni, funghi ed alghe, che non presentano delle vere radici, fusti e foglie, il corpo è chiamato tallo e quindi vengono denominate con il nome di tallofite. Questa organizzazione delle piante è il risultato di una specializzazione raggiunta dalle piante nel corso dell'evoluzione. Infatti nelle forme primitive unicellulari la vita si svolgeva nell'acqua e la stessa cellula provvedeva alla fotosintesi, all'assorbimento degli elementi dall'ambiente, alla riproduzione ed a tutte le altre funzioni. Nel corso dell'evoluzione, in seguito all'aumento delle dimensioni degli organismi e con il passaggio alla vita terrestre, si è realizzata la separazione delle varie funzioni mediante formazione di organi specializzati: cosicché per la fotosintesi si sono specializzate le foglie, per l'assorbimento delle soluzioni le radici e per il trasporto delle sostanze il fusto. Questi organi sono tra loro intimamente integrati a costituire un'unica entità, che è l'intera pianta, per cui la parte aerea non può prescindere dalla presenza delle radici. Queste, infatti, oltre ad assorbire le soluzioni nutritive dal terreno, sono in grado di sintetizzare altre sostanze, che vengono poi inviate alle parti aeree della pianta, che, a loro volta, proprio mediante l'attività metabolica, sono indispensabili alla crescita dell'apparato radicale. Analizzando la forma del fusto e la sua struttura, ci si rende conto che esso è fatto in modo tale da consentire la più efficiente funzionalità delle foglie. Queste sono inserite lungo il fusto in specifici punti chiamati nodi, situati a una determinata distanza fra loro; le porzioni di fusto comprese fra i nodi sono chiamate internodi. Nella zona molto giovane, situata all'apice del fusto, gli internodi sono molto corti tanto da essere indistinguibili ad occhio nudo e le foglie, che a questo livello si trovano sotto forma di bozze fogliari, sono molto ravvicinate. Più ci si allontana dall'apice più gli internodi sono lunghi, e le foglie, ormai completamente sviluppate, risultano ben distanziate. L'allungamento degli internodi è molto importante: infatti, se questi non si accrescessero adeguatamente, le foglie mature sarebbero troppo vicine tra loro e quindi si ombreggerebbero a vicenda, ostacolandosi nella importantissima funzione della fotosintesi clorofilliana.

Schema delle ramificazioni

Schema delle ramificazioni

La radice, invece, è sprovvista di foglie e non si differenzia in nodi ed internodi.

Essa, accrescendosi, si addentra sempre più nel terreno, secondo le linee di gravità.

Anche il fusto si sviluppa secondo le linee di gravità ma nel verso opposto, verso l'alto.

Per questo si dice che la radice ha geotropismo positivo ed il fusto geotropismo negativo, intendendo per «geotropismo» la proprietà degli organi vegetali di orientarsi rispetto alla forza di gravità.

In qualsiasi modo un seme venga posto sul terreno si noterà sempre, nel suo sviluppo, questo andamento:

se infatti proviamo a mettere dei semi in un germinatoio con il polo radicale verso l'alto ed il polo apicale verso il basso, sia la radichetta che il piccolo fusto che germineranno compiranno un'ampia curvatura per poter assumere la direzione giusta.

LA CURVATURA GEOTROPICA DI FUSTO E RADICE

La curvatura geotropica di fusto e radice avviene nella zona sottostante all'apice (escluso il fusto delle graminacee nelle quali la curvatura avviene a livello del nodo anziché dell'internodo).

La zona interessata rappresenta i primi 2-3 centimetri nel fusto e pochi millimetri nella radice.

Le cellule della zona nella quale avviene la curvatura sono cellule giovani, capaci di effettuare un'intensa crescita per distensione che è resa possibile dalla presenza di ormoni tra i quali il più importante è l'auxina.

L'auxina, sintetizzata da cellule indifferenziate dell'apice del germoglio, viene trasportata nelle zone sottostanti dove è utilizzata dalle cellule che si accrescono per distensione.

Quando il fusto è in posizione normale, gli ormoni vengono traslocati molto regolarmente dall'apice e, distribuendosi regolarmente, la distensione delle cellule avviene in modo armonico ed il giovane fusticino si accresce verticalmente.

Quando però le posizioni del piccolo fusto o della radice non sono quelle normali, gli ormoni che vengono traslocati dall'apice si accumulano sul lato rivolto verso il basso mettendo a disposizione delle cellule del lato inferiore una maggiore quantità di ormoni.

Questi determinano una maggiore crescita delle cellule di questo lato, rispetto a quelle del lato superiore, per cui si origina una curvatura che riporta il fusto nella normale direzione verticale.

Nella radice, invece, la più elevata concentrazione di ormoni, accumulatisi nelle cellule del lato più basso, provoca in esse una certa inibizione della crescita rispetto a quelle del lato superiore le quali, accrescendosi invece normalmente, fanno sì che la radice si curvi verso il basso.

La curvatura geotropica è quindi un movimento di accrescimento cellulare: nel fusto risulta dalla stimolazione della crescita delle cellule del lato inferiore, come conseguenza dell'accumulo in esse di auxina; nella radice, la curvatura risulta dall'inibizione della crescita delle cellule del lato più basso nelle quali si accumula auxina.

Le ragioni per cui le auxine esplicano azioni così contrapposte nel fusto rispetto alla radice non sono ancora completamente chiarite.

LA RADICE

La radice è uno dei tre organi fondamentali delle piante provviste di veri tessuti. Si origina dalla radichetta dell'embrione, contenuto nel seme. É l'organo generalmente destinato ad approfondirsi nel terreno, dove svolge funzioni di vario tipo, tra le quali le più importanti sono: ancoraggio di tutta la pianta, assorbimento dell'acqua e dei sali minerali, accumulo di sostanze di riserva. La prima radice che si sviluppa in una pianta a seme è comunemente chiamata radice primaria o radice principale. Da questa radice principale molto presto, ad una certa distanza dall'apice, si formano numerose radici laterali le quali a loro volta danno origine ad altre radici secondarie: in questo modo si forma un complesso di radici (l'apparato radicale) che si irradia in tutte le direzioni e assicura alla pianta l'esplorazione capillare del terreno. Nelle dicotiledoni e nelle gimnosperme la radice principale resta viva per tutta la vita della pianta, si sviluppa sia in lunghezza che in spessore più delle radici laterali e per questo prende il nome di fittone. L'apparato radicale fittonante sarà costituito da una radice principale piuttosto grossa che si dirige verso il basso e da una serie di radici laterali che prima si sviluppano orizzontalmente, e poi tendono ad incurvarsi verso il basso. Un tipico esempio di fittone è costituito dalla carota. Quando le radici laterali si accrescono molto, possono uguagliare o addirittura superare la lunghezza ed il diametro della radice principale: in questo caso si parlerà di apparato radicale fascicolato od affastellato. Nelle monocotiledoni la radice principale in genere muore dopo poco tempo dalla germinazione del seme e l'apparato radicale della pianta si forma grazie alla comparsa di numerose radici avventizie che nascono alla base del fusto, in corrispondenza delle gemme ascellari.

Tipi di radici

Tipi di radici

Osservando una giovane radice si può notare la presenza di zone profondamente diverse sia per la loro forma che per la struttura anatomica interna. La punta della radice è costituita da un apice radicale, formato da un gran numero di cellule meristematiche protette da un complesso di cellule, che continuamente si sfaldano verso l'esterno e vengono riformate più profondamente, chiamate cuffia. Nella parte che segue vi è la cosiddetta zona liscia dove si decide il destino delle varie cellule che si differenzieranno nei vari tessuti della parte adulta della radice. Alla zona liscia segue la zona pilifera, riconoscibile per la presenza di sottili peli assorbenti (peli radicali). Segue una porzione radicale piuttosto lunga e di aspetto rugoso poiché le cellule sono qui rivestite da una parete impermeabile che impedisce la penetrazione dell'acqua e delle soluzioni saline. Questo strato di cellule prende il nome di esoderma e si estende fino alla zona del colletto, che rappresenta il tratto di passaggio fra radice e fusto. Le radici giovani posseggono nel loro interno una struttura che è detta primaria e che nelle monocotiledoni non viene mai sostanzialmente modificata, mentre nelle grosse radici delle dicotiledoni e delle gimnosperme viene sostituita da una struttura secondaria, facilmente riconoscibile al microscopio. Nel caso di radici primarie si vede all'esterno l'esoderma, più internamente al quale vi è uno spesso strato di cellule parenchimatiche (strato corticale o corteccia primaria) che terminano verso l'interno con un particolare strato di cellule (endoderma) ben riconoscibili perché posseggono ispessimenti delle loro pareti. Tali ispessimenti sono molto importanti in quanto fanno sì che le soluzioni assorbite passino attraverso il protoplasma vivente di queste cellule, che funzionano come filtri. Internamente all'endoderma si trova il cilindro centrale costituito da uno strato periferico (periciclo), da tessuti conduttori (fasci fibrovascolari) e dal midollo situato al centro della radice. I fasci conduttori costituiscono il sistema vascolare che è specializzato nel trasporto delle soluzioni. I vasi sono deputati al trasporto dell'acqua dalle radici alle foglie e si chiamano xilema o legno, e sono praticamente costituiti da elementi ormai morti. La linfa elaborata, che percorre la pianta dalle foglie alla radice, scorre invece lungo dei tubi cribrosi che vanno a costituire il floema o libro. Il numero dei fasci fibrovascolari è piuttosto basso nelle radici di monocotiledoni, mentre è elevato in quello delle dicotiledoni. Nella struttura secondaria, la disposizione dei vari tessuti risulta leggermente modificata perché interviene l'attività di due meristemi secondari: il cambio suberofellodermico, nella corteccia, ed il cambio cribrolegnoso nel cilindro centrale. Il primo dà luogo a formazioni sugherose all'esterno ed al felloderma (tessuto parenchimatico) all'interno, il secondo invece dà luogo a legno e libro secondari che vengono deposti l'uno all'interno e l'altro all'esterno, secondo ritmi annuali. Ed è appunto contando questi anelli cambiali che si può risalire con una certa esattezza all'età della pianta.

Sezione di radice di Ranunculus velutinus

Sezione di radice di Ranunculus velutinus

Radici tuberificante di patata

Radici tuberificante di patata

RADICI METAMORFOSATE

Numerose sono le metamorfosi cui possono sottostare le radici in relazione a particolari funzioni che da esse vengono svolte. In molte piante di luoghi acquitrinosi, specialmente delle regioni tropicali, le radici si trasformano in organi respiratori oppure vengono coadiuvate nella loro funzione da numerose radici avventizie che sorgono dai rami e costituiscono un sostegno indispensabile per queste piante, caratteristiche delle cosiddette formazioni a mangrovie. Radici aeree particolari sono quelle di molte orchidee; in questi casi la radice può apparire verde (a causa della presenza di cloroplasti) ed è capace di fotosintetizzare. Queste radici svolgono, inoltre, l'importante funzione di assorbire l'aria direttamente dall'atmosfera che è ricca di vapore acqueo e riescono a compiere tale assorbimento, perché sono tutte avvolte da una specie di manicotto di cellule morte. Molto diverse dalle normali radici, sia per forma che per struttura anatomica, sono anche quelle in cui è particolarmente sviluppata la funzione di accumulo di riserve. Queste radici sono spesso simili a tuberi come nelle dalie, carote, ecc. Abbiamo ancora delle radici particolari nelle piante semiparassite e parassite che sono trasformate in austori. Numerose radici hanno valore alimentare e sono largamente usate in cucina, come ad esempio la scorzonera.

IL FUSTO

La parte aerea delle piante è costituita dal germoglio che non è altro che il complesso formato dal fusto e dalle foglie che esso porta. Durante la fase vegetativa, il fusto produce due tipi di appendici laterali: le foglie ed i rami. Esso prende origine dallo sviluppo dell'apice del germoglio embrionale, è diviso in nodi, che rappresentano i punti di inserzione delle foglie, ed internodi e possiede, all'ascella delle foglie, le gemme laterali da cui si origineranno rami laterali e infiorescenze. Il fusto comunemente è eretto ma può essere anche inclinato o orizzontale. Nelle piante erbacee appare di consistenza molliccia, è verde ed ha un diametro modesto; nelle piante arboree è legnoso, ha una notevole consistenza e il suo diametro può raggiungere grandi dimensioni. Le funzioni fondamentali del fusto sono quelle di portare i rami, le foglie, i fiori, i frutti ed, in secondo luogo, di stabilire il collegamento tra le radici e questi organi per assicurare il trasporto delle sostanze nutritive. Quando è giovane, partecipa alla sintesi clorofilliana e, spesso, durante l'inverno, ha anche funzioni di organo di riserva, talora addirittura specializzandosi e trasformandosi in rizoma, bulbo, ecc. All'apice del fusto vi è un complesso di cellule meristematiche alla cui attività si deve l'allungamento del fusto e la formazione di tutti i suoi tessuti primari. Questa zona, chiamata zona embrionale, è sempre molto ridotta e le sue dimensioni sono di alcune centinaia di micron. Le dimensioni però di questa zona rimangono costanti nonostante l'intensa attività di divisione delle sue cellule perché se da una parte si formano nuove cellule meristematiche, dall'altra le cellule meristematiche che vengono a trovarsi distanti dall'apice diventano cellule adulte. La zona embrionale è seguita dalla zona di differenziazione dove le cellule smettono di essere meristematiche e si differenziano nei vari tipi di tessuti adulti del fusto. Questa zona ha un'estensione molto variabile nelle diverse piante e va da pochi millimetri a diversi centimetri. Segue poi la zona di struttura primaria, i cui tessuti sono ormai divenuti adulti. Nelle monocotiledoni la struttura primaria è definitiva e quindi si estende per tutto il fusto. Queste piante di solito sono erbacee ed hanno una vita piuttosto breve (circa un anno). Nelle dicotiledoni arboree e nelle gimnosperme, la zona di struttura primaria è in genere ridotta ed è seguita dalla zona di struttura secondaria, che costituisce tutta la restante parte del fusto e alla quale si deve la caratteristica durezza di queste piante. Nella struttura primaria del fusto delle dicotiledoni e gimnosperme si distinguono tre tessuti diversi: 1) l'epidermide, con stomi dotati di clorofilla e peli; 2) la corteccia primaria, con parenchima clorofilliano e amilifero (tessuti di riserva); collenchimi e sclerenchimi, ovvero tessuti specializzati nella funzione di sostegno della pianta, in quanto presentano la lignificazione delle pareti che rivestono le cellule ed endoderma; 3) il cilindro centrale, che è la porzione più interna del fusto. Lo strato più esterno è il periciclo e poi vi sono fasci conduttori, distribuiti secondo una cerchia regolare dove, nella porzione interna più vicina al centro del fusto, abbiamo lo xilema, che trasporta la linfa grezza, ed una porzione esterna, libro, che trasporta la linfa elaborata. Nella struttura primaria delle monocotiledoni, invece, questi fasci conduttori sono disposti in modo disordinato. Nelle dicotiledoni e gimnosperme, dopo la differenziazione della struttura primaria, si realizza un accrescimento secondario in spessore del fusto a carico dei tessuti detti appunto secondari. Il fusto di una pianta arborea è costituito quasi interamente da tessuti di origine secondaria, che sono il cambio cribro-vascolare, determinante l'accrescimento in spessore del cilindro centrale, e il cambio subero-fellodermico, che aumenta lo spessore della corteccia. Il cambio cribro-vascolare dà origine a legno e libro secondario che servono al trasporto degli elementi nutritivi nell'interno della pianta. Col progredire dell'età, la parte più interna del tronco (duramen) perde la sua funzionalità ed il suo legno, ormai morto, funziona solo come tessuto di sostegno; il trasporto delle sostanze viene effettuato allora solo dagli strati esterni più giovani (alburno).

FUSTI PARTICOLARI

Le piante con fusto legnoso si distinguono in alberi, arbusti e suffrutici. Negli alberi si ha un tronco o caule ramificato solo nella parte superiore (es. platano, tiglio); negli arbusti (mirto, rosmarino) il fusto legnoso si ramifica alla base; nei suffrutici (salvia, lavanda) il caule si ramifica alla base, ma gli ultimi internodi dei rami rimangono erbacei e seccano dopo la fioritura. Un tipo particolare di fusto è ad esempio il culmo delle graminacee, che è cavo negli internodi. Lo scapo è un asse fiorale allungato spesso privo di foglie, tipico di molte monocotiledoni come il giacinto e la cipolla. Lo stipite, invece, è un fusto che manca di ramificazione come ad esempio il fusto delle palme. Alcune piante, come la fragola e la violetta, dette acauli senza tronco, hanno internodi molto corti e nodi talmente vicini da far sì che le foglie siano riunite in una rosetta basale. Tra i fusti sotterranei troviamo: Rizoma: fusto sotterraneo metamorfosato, di solito a sviluppo più o meno orizzontale, avente la funzione di organo di riserva delle sostanze alimentari e la capacità di emettere continuamente radici e fusti avventizi, continuando così la vita della pianta madre da cui ha preso origine. Sui rizomi si possono infatti riconoscere le cicatrici corrispondenti ai fusti morti formatisi negli anni precedenti. Molte graminacee sono dotate di un abbondante rizoma, come ad esempio la gramigna. Tubero: rappresenta la trasformazione secondaria di un fusto che assume un aspetto globoso e funziona da organo di riserva. La patata costituisce un tipico esempio, giacché è un tubero ricco di amido. I tuberi possono essere portati in diverse posizioni sulla pianta: generalmente nella parte sotterranea o più raramente in quella aerea. Sono piante piuttosto importanti nell'alimentazione umana, come nel caso della patata e del topinambur. Bulbo: è anch'esso un organo sotterraneo, tondeggiante e rigonfio, che ha funzione di riserva e deriva da una metamorfosi del fusto. Il bulbo è infatti costituito da un fusto (disco o girello) assai raccorciato che porta all'apice una gemma e nella parte basale molte radici avventizie. Questo girello è avvolto da foglie modificate chiamate catafilli, molto addensate e ricche di sostanze di riserva. I bulbi sono caratteristici delle monocotiledoni; alcuni sono alimentari, come la cipolla, l'aglio, o il porro; altri trovano impiego per le loro proprietà medicinali (scilla, zafferano). Il bulbo è un organo perenne che assicura la propagazione vegetativa della pianta; passa l'inverno allo stato quiescente nel terreno per germinare in primavera, dando origine ad un nuovo fusto che consuma tutte le riserve accumulate.

LA FOGLIA

La foglia è il laboratorio principale di una pianta. Essa svolge diverse funzioni tra le quali la più importante è senza dubbio la fotosintesi clorofilliana. Attraverso questa reazione, la foglia sintetizza una grande quantità di zuccheri che, per la maggior parte, vengono trasportati a tutte le altre parti della pianta ove sono impiegati nella respirazione, nella costituzione della parete cellulare e in altri processi del metabolismo, oppure accumulati come sostanze di riserva. La foglia non si limita però a sintetizzare zuccheri, ma anche ormoni, vitamine e aminoacidi, tutti composti essenziali per la crescita e lo sviluppo dell'intera pianta. Nella foglia avviene anche la traspirazione, funzione strettamente collegata alla fotosintesi clorofilliana e all'assorbimento delle sostanze nutritive dal terreno. La foglia è un'appendice laterale del fusto; in genere di colore verde, è caratterizzata da una forma appiattita ed espansa che le consente un ampio contatto con l'ambiente esterno, molto importante per l'effettuazione degli scambi gassosi, che sono la base del processo fotosintetico. Le foglie sono inserite sul fusto a livello dei nodi e la distribuzione di queste è realizzata in modo da gravare uniformemente sulla pianta e da consentire a tutte la migliore utilizzazione della luce. La distribuzione delle foglie sul fusto prende il nome di fillotassi. Nelle angiosperme la foglia è formata dal lembo o lamina fogliare e da un picciolo che sorregge ed inserisce sul fusto la lamina fogliare. La lamina è di solito appiattita e molto espansa (platano ed ippocastano), ma può essere anche molto ridotta; nelle gimnosperme, ad esempio nel pino, la lamina assume un aspetto aghiforme. La lamina ha una consistenza diversa nelle varie piante: erbacea, coriacea o carnosa. Il picciolo, attraverso il quale passano i tessuti di conduzione che collegano la foglia al fusto, può essere corto, molto sviluppato o può addirittura mancare; in questo caso la foglia si dice sessile, cioè completamente priva di picciolo. A volte è provvista di guaina, che rappresenta un'espansione alla base del picciolo, e avvolge per intero o in parte il fusto. La guaina è molto comune e sviluppata nelle foglie delle monocotiledoni, mentre è più rara in quelle delle dicotiledoni. Alla base della foglia possono esservi delle appendici di varia forma e grandezza, chiamate stipole. Esiste una vasta nomenclatura delle foglie in base alla forma complessiva del lembo fogliare e del suo margine. Rispetto alla forma si distinguono: foglie lineari, aghiformi, lanceolate, ovate, rotonde, ecc.

Vari tipi di foglie

Vari tipi di foglie

Per quanto riguarda l'anatomia delle foglie si possono distinguere fondamentalmente tre tipi, ognuno dei quali ha un gran numero di varianti. Il più diffuso è quello delle foglie tipicamente dorso-ventrali nelle quali sono presenti: - epidermide superiore - epidermide inferiore - mesofillo: parenchima clorofilliano che occupa tutta la lamina e nel quale si può distinguere uno strato a palizzata, formato da cellule allungate perpendicolarmente rispetto all'epidermide, ricche di cloroplasti, e uno strato lacunoso composto da cellule separate da ampi spazi intercellulari. I tessuti conduttori sono rappresentati dalle nervature. In genere gli stomi si aprono sulla pagina inferiore nelle foglie dorso-ventrali, nelle ninfee (con foglie galleggianti), sono situati sull'epidermide superiore, mentre nelle foglie isofacciali, che hanno esposte alla luce entrambe le loro facce (es. Iris) perché hanno posizione obliqua, si trovano sia sull'epidermide superiore sia su quella inferiore. Il terzo tipo di foglie è quello che si trova ad esempio nelle gimnosperme, che posseggono un mesofillo non stratificato. Enormi differenze esistono pure per quanto riguarda la quantità ed il tipo di rivestimenti pelosi. La foglia inoltre è un organo ad accrescimento definito, cioè arresta precocemente la formazione di nuove cellule. La durata della vita di una foglia è piuttosto limitata: un solo anno per le piante a foglia caduca, due o tre anni per le piante a foglie persistenti. La Filloptosi, o defogliazione, è la caduta delle foglie in una pianta. Si tratta di un fenomeno naturale: nelle piante erbacee le foglie muoiono, insieme al resto della pianta, alla fine del ciclo vegetativo. Le foglie di queste piante vivono quindi quanto il germoglio e periscono senza staccarsene. In tutte le altre piante, invece, hanno durata più breve del germoglio e prima o poi si distaccano dal fusto. Vi sono piante le cui foglie muoiono e si staccano tutte nello stesso periodo, che è solitamente l'autunno dell'anno in cui si sono formate (piante caducifoglie). Piante a foglia caduca sono quelle che durante l'inverno hanno i rami spogli. Vi sono altre piante, sempreverdi, nelle quali le foglie si conservano per più di una stagione vegetativa e si distaccano un po' alla volta dopo 1-2 o 3 anni.Il distacco di una foglia dal fusto avviene in seguito alla formazione di un setto di separazione chiamato zona di abscissione. Questo si forma alla base del picciolo ed è formato da cellule piccole, schiacciate e disposte molto ordinatamente. In queste cellule avvengono molti mutamenti fra i quali il più importante è rappresentato dalla sintesi di una particolare sostanza, la cellulasi, che aggredisce la cellulosa delle cellule della foglia che così si distacca. La defogliazione può avvenire anche in seguito ad attacchi parassitari, o essere la conseguenza di malattie, di cattive condizioni ambientali, come la mancanza di acqua o di luce, e di bruschi abbassamenti di temperatura o di altri fattori.

COSA SONO LE FOGLIE METAMORFOSATE?

Le foglie possono subire numerose metamorfosi, sia per svolgere determinate funzioni, sia per consentire alla pianta un migliore adattamento alle condizioni ambientali. Nelle piante dei luoghi aridi le foglie sono generalmente trasformate in spine, così da ridurre le perdite d'acqua per traspirazione. Nelle piante carnivore le foglie sono talora trasformate in organi per catturare gli insetti (ascidi); in alcune piante ancora, le foglie divengono organi assorbenti liquidi; nei bulbi esse si trasformano sia in organi di protezione esterni (per esempio cipolla) sia in organi di accumulo delle riserve: i catafilli (cioè la parte che noi usiamo nella nostra alimentazione); nelle gemme si modificano in perule per la protezione del boccio fiorale o dell'apice del fusto; nelle felci le foglie producono sporangi, involucri piccolissimi, contenenti le cellule riproduttive della pianta stessa.

LA RIPRODUZIONE

Di norma la riproduzione è quel processo mediante il quale un individuo dà origine ad uno o più discendenti simili a lui e capaci di riprodursi a loro volta. La riproduzione è quindi molto importante soprattutto per la conservazione e la diffusione delle specie. In moltissimi casi le piante, raggiunto un dato sviluppo, passano alla fase riproduttiva e muoiono al momento della produzione dei nuovi individui; ciò avviene ad esempio in tutte le piante annuali come frumento, orzo ed anche in alcune perenni come l'agave e il bambù. Queste piante vengono denominate monocarpiche perché fioriscono e producono semi una sola volta nella vita e poi, dopo aver portato a maturazione i frutti, disseccano e muoiono. Le piante policarpiche, invece, fioriscono e producono frutti per un indefinito numero di volte (pesco, melo, nocciolo, ecc.). Il raggiungimento della maturità riproduttiva delle piante è diverso a seconda delle specie; infatti nelle piante legnose prima si ha uno sviluppo esclusivamente vegetativo, che si prolunga per più anni, e solo dopo aver passato questo periodo la pianta fiorisce e fruttifica: entrerà quindi nel periodo riproduttivo del suo ciclo vitale. Sul raggiungimento della maturità sessuale hanno influenza numerosi fattori tra i quali innanzitutto quelli genetici ed in secondo luogo quelli ambientali, come il fotoperiodismo, il termoperiodismo, la quantità e tipo di sali minerali contenuti nel terreno e la disponibilità di acqua. Nelle piante si possono distinguere due grandi modi di riproduzione: vegetativa e sessuale.

LA RIPRODUZIONE VEGETATIVA

La riproduzione vegetativa, o agamica, consiste nel semplice distacco da un individuo di una parte più o meno grande del suo corpo e nella diretta ricrescita di questa porzione, qualora essa si trovi in un ambiente favorevole. Le cellule così prodotte derivano da una normale divisione di nucleo per cui saranno in grado di originare un nuovo individuo. Tutti i discendenti che derivano da un unico individuo per via vegetativa, costituiscono un clone, termine che indica l'insieme di individui identici fra loro, provenienti da un unico peduncolo. La riproduzione di individui, tutti geneticamente identici, viene favorita in natura ogni qualvolta sia importante la diffusione di un numero elevato di individui in un ambiente che mantenga le proprie caratteristiche. Sullo stesso principio si basano anche molte pratiche agronomiche quali la moltiplicazione delle patate per parti di tubero, moltiplicazioni per talea per le piante arboree, ecc. La riproduzione vegetativa può avvenire per scissione, gemmazione, frammentazione. ¦ Scissione: diffusa nei procarioti, funghi (lieviti), alghe. Si ha un semplice strozzamento della cellula madre che genera così due cellule figlie esattamente identiche. Queste due cellule figlie si accrescono rapidamente ed una volta raggiunte le dimensioni della cellula madre si dividono a loro volta. ¦ Gemmazione: simile alla scissione, consiste nella formazione di due protuberanze della cellula madre. Dalla gemma così formata, mentre questa è ancora unita alla cellula madre, si può formare un altro individuo e così via. Questa forma di riproduzione è tipica dei lieviti. ¦ Frammentazione: consiste nel distacco dal corpo della pianta di una porzione più o meno grande, capace di accrescersi in modo indipendente. In alcuni casi questa parte che si stacca dalla pianta madre è unicellulare come in molti muschi. Nei funghi e nelle alghe la moltiplicazione per frammentazione è molto diffusa: essa avviene tramite neutrospore. Questo sistema di moltiplicazione è notevolmente usato anche in agricoltura per propagare piante tramite rizomi, tuberi (patata), bulbi (tulipano), bulbilli (aglio), talee, propaggini, margotte ed innesti per le piante arboree ed ornamentali.

PROPAGAZIONE PIANTE SUPERIORI

La moltiplicazione o propagazione agamica è basata sull'attitudine che vari organi vegetativi della pianta hanno a produrre radici e germogli oppure ad unirsi fra loro in modo da formare un nuovo individuo. Essa comprende la moltiplicazione per autoradicazione (talea, margotta e propaggine) e l'innesto. Rispetto alla riproduzione sessuale, questi tipi di moltiplicazione offrono due sostanziali vantaggi: 1) dare origine a piante che non devono superare un lungo «stadio giovanile» e che perciò inizieranno molto presto a fruttificare e, 2) dare luogo ad una discendenza omogenea ed assolutamente identica alla pianta dalla quale viene tratto il materiale di moltiplicazione (clonazione). Per la moltiplicazione per talea si usano delle parti di pianta (rami, germogli, foglie, radici) che, distaccate dalla «pianta madre» vengono indotte, con opportuni accorgimenti, a sviluppare germogli e radici; il lampone viene moltiplicato per talea di foglia, mentre le piante arboree come melo, pesco, vengono moltiplicate per talea di ramo o di germoglio. Quando questi rametti (di circa 1 anno) vengono prelevati dalla pianta madre, formano un callo alla base della talea, che va a chiudere il taglio praticato: è quindi il risultato di un processo di cicatrizzazione. Oltre alla formazione del callo, se nelle condizioni adatte, questa talea comincerà a produrre nuove radici, ad opera del cambio secondario, che permetteranno alla porzione di ramo o foglia distaccati di dare origine ad una nuova pianta. La moltiplicazione per margotta e propaggine consiste, invece, nell'ottenere la formazione delle radici da rami ancora collegati alla pianta madre. A questi metodi si ricorre quindi per propagare quelle specie che non radicano facilmente per talea. La margotta aerea si ottiene ad esempio applicando intorno ad un ramo, un involucro di plastica contenente terreno inumidito in modo da provocare l'emissione delle radici. Questo tipo di margotta si adopera per azalee, magnolie, aghifoglie, ficus, ecc. La propaggine si ottiene piegando orizzontalmente intere piante entro una trincea che viene chiusa in modo che i germogli emessi dalle loro gemme formino alla base radici avventizie e quindi possano poi essere asportati con l'apparato radicale già formato. Viene usato soprattutto per propagare il nocciolo. L'innesto è un metodo di propagazione che consiste nell'unire porzioni di piante diverse in modo da costituire un unico individuo. In un albero innestato si distingue pertanto una parte sottostante al punto di innesto chiamato soggetto o portinnesto, provvista del sistema radicale, ed una sovrastante detta oggetto, nesto o marza, destinata a formare la chioma. L'innesto è la tecnica più diffusa per gli alberi da frutto perché si possono così utilizzare le caratteristiche positive di due piante riunendole in un unico individuo. I tipi di innesti che si praticano sono numerosissimi e possono essere divisi sommariamente in innesti a gemma, nei quali l'oggetto è costituito da una gemma provvista di una porzione di corteccia, e innesti a marza, dove l'oggetto è costituito da un tratto di ramo provvisto di una o più gemme.

[Figura: Tipi d'innesto a gemma: a) innesto "ad occhio"; b) innesto "a pezza"; c) innesto "alla maiorchina"; d) innesto "ad anello". Tipi d'innesto a marza: e) innesto "a spacco"; f) innesto "a spacco terminale"; g) innesto "a doppio spacco inglese"; h) innesto "a sella".]

Tipi d'innesto a gemma (A e B)

Tipi d'innesto a gemma (A e B)

Tipi d'innesto a gemma (C e D)

Tipi d'innesto a gemma (C e D)

Tipi d'innesto a marza

Tipi d'innesto a marza

LE GEMME

Se è vero che radici, fusti e foglie sono gli organi principali della pianta, è anche vero che importanza non minore per l'esistenza di un vegetale rivestono le gemme. Anzi, forse è più esatto dire che esse sono l'organo più prezioso. Formata da un piccolo gruppo di cellule giovani, vitali, non ancora differenziate, dotate di una straordinaria facilità di moltiplicazione, la gemma viene costantemente difesa e protetta dalla pianta, che a questo scopo produce squame, brattee, resine, peli e così via. Ma perché tanta attenzione? E` semplice: perché alla gemma la pianta deve la possibilità di rinnovare annualmente le proprie foglie. Vediamo i compiti specifici dei vari tipi di gemme. Le gemme terminali, collocate agli apici dei fusti e dei rami, ne provocano annualmente l'allungamento. Le gemme ascellari, collocate all'inserzione dei rami e delle foglie, hanno il compito di sostituire i vecchi rami e le vecchie foglie cadute in autunno. Le gemme fiorifere, invece, generano il fiore, l'organo di riproduzione delle piante superiori che produce il seme. Le gemme dormienti, così chiamate perché per un lungo periodo non svolgono alcuna attività, protette dalla corteccia, vengono in soccorso dei germogli più giovani in casi di emergenza, vuoi per l'ostilità degli elementi atmosferici, vuoi per l'azione degli animali e dell'uomo. E` proprio per la presenza di alcune delle gemme alle quali abbiamo appena accennato che la pianta può sopravvivere alle numerose mutilazioni di cui è vittima durante la sua esistenza. La gemma apicale, situata alla sommità del fusto, è costituita da tessuto vegetale meristematico, ha forma irregolare e rigonfiamenti sottostanti spessi alla base, assottigliantisi all'apice, che saranno le foglie di domani. Le foglie, accrescendosi irregolarmente nelle due facce, restano avvolte all'asse, proteggendo il meristema da eventuali lesioni esterne e dalla traspirazione. La gemma può dar luogo a foglie e allora è detta fogliare, a fiori e prende il nome di fiorale, o alle une e agli altri e si dice mista. Ve ne sono anche di avventizie e crescono sui fusti, su margini fogliari, radici, rizomi, ecc., originando un vero e proprio nuovo elemento vegetale. Questa attitudine viene sfruttata mediante la pratica dell'innesto, per ottenere nuove colture.

LA RIPRODUZIONE SESSUALE

La riproduzione sessuale (o gamica) consiste nell'unione di due cellule altamente specializzate, i gameti, in modo da formare uno zigote che sviluppandosi darà origine ad un nuovo individuo. Questo non sarà perfettamente identico a nessuna delle due cellule del genitore in quanto possiede un genoma (derivato da cellule differenti), ossia l'insieme di tutti i cromosomi, qualitativamente differenti, presenti in ogni cellula. I gameti che si uniscono possono essere uguali o anche molto differenti. La massima differenziazione si osserva nelle piante superiori dove il gamete femminile, ovocellula od ovosfera, è grande ed immobile, mentre il gamete maschile, anterozoide o spermatozoide, è molto più piccolo e spesso mobile. Siamo quindi arrivati, alla fine di questo nostro piccolo viaggio attraverso l'evoluzione dei sistemi riproduttivi, alle piante superiori facenti parte del gruppo delle spermatofite o fanerogame. Queste piante sono in grado di riprodursi tramite semi e in esse gli apparati della riproduzione sessuale si trovano nel fiore. Nelle spermatofite si distinguono, come avevamo del resto già accennato, due grandi suddivisioni: le gimnosperme, nelle quali gli ovuli non sono racchiusi in apposite cavità e sono quindi nudi, e le angiosperme che portano invece ovuli racchiusi in un ovario. Le prime non danno luogo ad alcun vero frutto, producono infatti solo semi; mentre le seconde si caratterizzano per la produzione di frutti nei quali sono contenuti i semi. Dal punto di vista evolutivo, le gimnosperme sono apparse prima sulla terra, alcune centinaia di milioni di anni fa, mentre le angiosperme sarebbero assai più recenti essendo comparse solo da alcuni milioni di anni. Queste ultime starebbero soppiantando le gimnosperme che infatti sono in via di estinzione, salvo la classe delle conifere ancora ben presente sul nostro pianeta.

TIPI DI RIPRODUZIONE

Nel mondo vegetale assistiamo ad un'enorme variazione della complessità dei sistemi riproduttivi. Ne esistono di semplicissimi e di estremamente complessi, passando naturalmente per stadi intermedi. Nei vegetali più semplici (batteri, e alcune alghe) la riproduzione avviene per scissione o, come si dice, per gemmazione, cioè per divisione diretta delle cellule. Le due figlie si dividono, restando in contatto con i filamenti oppure in masse gelatinose. Una volta apparso il nucleo, la struttura cellulare si complica. Si complica anche il sistema riproduttivo, che può arrivare fino alla coniugazione propriamente detta. Partiamo dagli organismi più semplici ed elementari, ad esempio da certe muffe quali la sporodinia. In questo caso si assiste alla formazione da parte di cellule appartenenti a due filamenti diversi (anche se di aspetto uguale) di protuberanze che si accostano l'una all'altra. Avvenuto il contatto, le loro estremità si fondono. Il contenuto protoplasmatico nel punto di unione forma un corpuscolo riproduttore. Nell'alga spirogira si nota invece una differenziazione del comportamento delle cellule dei due filamenti: le une sono passive (sesso femminile) e le altre versano il loro contenuto nelle prime (sesso maschile). Quindi si tratta di una forma, per quanto embrionale, di riproduzione sessuale. Anche in questo secondo caso ci troviamo di fronte ad organismi di struttura assai semplice. In quelli più complessi appaiono subito cellule particolari destinate esclusivamente alla riproduzione. Le loro caratteristiche si differenziano nettamente da quelle delle altre cellule. Nei due sessi esse assumono forme diverse: gli organi femminili (oogoni o archegoni) sono più voluminosi e contengono cellule immobili, dette oosfere; quelli maschili (anteridi), meno voluminosi, contengono invece cellule mobili, per lo più flagellate (gli spermi) che hanno il compito di fecondare la oosfera. Gli organi sessuali variano considerevolmente di forma nei vari vegetali. In tutti sono molto protetti, anche in quelli più semplici, quali le alghe, nelle quali sono difesi da vere e proprie nicchie, o nei muschi, ove apposite foglioline li riparano dagli agenti esterni. Ma il nostro viaggio alla scoperta del modo di riproduzione dei vegetali è ancora molto lungo. Percorriamone un'altra tappa, che ci svelerà i segreti della cicadea, una magnifica pianta tropicale che si adatta anche al nostro clima. Anche per questo esemplare non si può ancora parlare di un vero e proprio fiore, ma certamente il suo tipo di riproduzione è più complesso dei precedenti. Per la prima volta ci imbattiamo infatti nel polline e nell'ovulo. Il primo è l'elemento maschile, corrispondente quindi agli anterozoidi. Il secondo è l'elemento femminile. In fondo non ci sarebbero grosse novità, almeno fino a questo punto; ma il dato interessante è che gli ovuli sono portati da foglie modificate (le quali compaiono al momento della riproduzione al sommo del fusto della pianta) e che il polline è contenuto in uno speciale sacco. Come abbiamo detto, quindi, non siamo ancora in presenza di un vero e proprio fiore, ma, se non altro, di organi appositamente modificati. Altre sorprese ci riservano le conifere (pino, abete, larice, tasso). Infatti, ci avviciniamo a grandi passi al fiore vero e proprio. Questi alberi producono, all'estremità di alcuni rami, dei piccoli corpi clavati, composti da foglioline squamiformi disposte attorno ad un asse comune. Ogni squama reca alla sua base o gli ovuli nudi o i sacchi che contengono il polline. Spesso rosette di foglie modificate, che accennano alla formazione del fiore, circondano questi raggruppamenti. Procediamo e osserviamo il comportamento di alberi come il noce, la quercia e l'ortica. In questi casi gli organi riproduttivi sono ancora un po' più complessi. Ciascuno di essi si compone di una o di poche foglie squamiformi che accompagnano gli elementi maschili e femminili. A differenza delle conifere, gli ovuli non sono nudi, ma racchiusi in un organo chiamato carpello, ossia in una foglia a squame che ha formato una cavità. Del resto anche i sacchi che contengono il polline sono formati da foglioline ripiegate all'uopo. E` chiaro a questo punto che abbiamo assistito ad un lento ma costante progresso: dalla semplice divisione delle cellule siamo passati a sistemi ben più complicati, che comportano l'impiego di organi particolari come, appunto, il carpello. Quando le foglie che circondano gli organi maschili e femminili della riproduzione avranno assunto forme e colori particolari, saremo finalmente davanti ad un autentico fiore.

IL FIORE E LA FIORITURA

Il fiore è un organo caratteristico delle piante superiori o angiosperme, che contiene gli organi riproduttivi. In queste piante i fiori possono essere solitari, all'estremità del fusto e delle sue ramificazioni o all'ascella delle foglie, oppure possono essere fra di loro ravvicinati a costituire le cosiddette infiorescenze. Il fiore è costituito dall'asse fiorale (parte terminale del ramo), piuttosto raccorciato e allargato, sul quale troviamo: il talamo, il calice, la corolla, l'androceo e il gineceo. Sul talamo sono inserite un certo numero di foglie molto particolari (antofilli) alcune sterili ed altre fertili disposte in più verticilli. Il calice è il verticillo più esterno del fiore ed è formato da foglie modificate di colore verde chiamate sepali. La corolla è situata internamente al calice, ed è formata da antofilli, detti petali ed in genere vivacemente colorati. Calice e corolla costituiscono il perianzio. Quando gli antofilli che compongono il fiore sono tutti uguali fra di loro, il termine perianzio è sostituito da perigonio, ed i singoli pezzi si chiamano tepali. L'androceo costituisce l'apparato sessuale maschile, formato da un numero variabile di pezzi detti stami. Ogni stame è composto da due parti: una parte sottile, il filamento, col quale lo stame si inserisce sul ricettacolo oppure sulla corolla, e una parte terminale ingrossata, detta antera, formata da 4 sacche polliniche all'interno delle quali si formerà il polline. Il gineceo costituisce l'apparato sessuale femminile, formato da carpelli ripiegati su se stessi in modo da formare delle logge entro le quali si trovano gli ovuli. Ogni carpello forma: l'ovario, che è la parte basale ingrossata in cui sono racchiusi gli ovuli, lo stilo più o meno allungato e filiforme, e lo stimma, posto alla sommità dello stilo, a forma più espansa, e molto importante per i processi di fecondazione. A questi tre organi, ovario, stilo e stimma, si dà in genere il nome di pistillo anche se «pistillo» non può essere usato come sinonimo di carpello perché a volte accade che due o tre carpelli si saldino insieme a formare un unico pistillo. Sebbene la parte più appariscente del fiore sia costituita dal perianzio, questo ha tuttavia un'importanza secondaria (tanto che a volte può addirittura mancare), mentre le parti essenziali del fiore sono l'androceo ed il gineceo che sono gli apparati specializzati per la riproduzione. In ognuno di questi due apparati vengono prodotte delle spore (microspore nelle sacche polliniche e megaspore negli ovuli). Queste, moltiplicandosi, danno origine al gametofito il quale a maturità formerà i gameti (da una microspora si originerà il gametofito maschile, da una megaspora il gametofito femminile). In seguito alla fecondazione fra i due gameti di sesso opposto si formerà lo zigote da cui si svilupperà l'embrione e successivamente la pianta

Struttura di un fiore

Struttura di un fiore

I fiori che portano sia gli stami che i petali vengono chiamati fiori ermafroditi, mentre sono unisessuali staminiferi quando mancano di pistillo e unisessuali pistilliferi quando invece mancano di stami. Una pianta è chiamata dioica nel caso sia dotata di fiori unisessuali (pioppo, salice ecc.), o detta invece monoica qualora su di essa si trovino fiori maschili e femminili (mais). La fioritura è la formazione dei fiori. Molte piante presentano una sola fioritura nel corso del proprio ciclo vegetativo: queste piante sono chiamate monocarpiche (es. frumento, mais) e sono annue o bienni (vivono uno o due anni) dopodiché muoiono; talora possono però essere perenni, come ad esempio l'agave. Un altro gruppo di piante, non certo meno ampio, è invece caratterizzato dalla capacità di rifiorire e fruttificare tutti gli anni senza che ciò comporti la morte dell'individuo; queste piante sono dette policarpiche e sono per lo più specie perenni ed arboree (es. piante da frutto).A seconda dell'epoca in cui avviene la fioritura, si conoscono piante invernali e piante primaverili, estive o autunnali. La conoscenza dell'epoca di fioritura è molto importante ai fini dell'ibridazione, per la scelta del momento adatto alla castrazione del fiore e all'impollinazione artificiale con il polline della pianta scelta per l'incrocio. Una pianta può andare in fioritura solo dopo aver subito un certo numero di ore di buio o di luce. Questo fenomeno si chiama fotoperiodismo. Infatti le piante vengono distinte in longidiurne e brevidiurne. Le longidiurne sono quelle che per fiorire hanno bisogno di giornate lunghe, ossia con un numero di ore di luce superiore a dodici, al contrario le brevidiurne (es. crisantemo) per fiorire hanno bisogno di un elevato numero di ore di buio per cui emettono i fiori quando le giornate sono più corte o comunque tendono ad accorciarsi. Quando la fioritura non è influenzata dal numero di ore di buio o di luce, le piante vengono chiamate neutrodiurne o fotoindifferenti. Non sempre tutti i fiori appaiono nello stesso momento in un individuo vegetale: è il caso dell'oleandro la cui fioritura si protrae per tutto l'anno, mentre nel glicine o nel ciliegio i fiori si presentano pressoché contemporaneamente.

[Figura: Vari tipi di fiori e parti dei fiori 1) Rappresentazione schematica di un fiore privato di alcuni petali e sepali; 2) fiore sezionato trasversalmente per mostrare come si ricava un diagramma fiorale; 3) diagramma fiorale. Differenti tipi di fiori: 4) attinomorfo, isostemone, isomero, monoclamidato, pentamero, bisessuale o ermafrodita, pentandro; 5) zigomorfo, eteroclamidato, tetrandro; 6) aclamidato, unisessuale o diclino, staminifero o maschile; 7) monoclamidato, diclino maschile; 8) diploclamidato, omoioclamidato. Le parti del fiore: A) talamo o ricettacolo; B) calice (sepali); C) corolla (petali); D) androceo (stami); E) gineceo (pistilli); F) stilo; G) stimma; H) filamento; I) antera; L) tepali; M) perianzio. Differenti tipi di fiori: 9) tetramero, eteromero; 10) trimero; 11) tetraciclico; 12) pentaciclico, diplostemone; 13) monandro; 14) diandro; 15) triandro; 16) poliandro polistemone.]

Vari tipi di fiori e parti dei fiori

Vari tipi di fiori e parti dei fiori

Differenti tipi di fiori

Differenti tipi di fiori

LE INFIORESCENZE

L'infiorescenza è il modo in cui i fiori si distribuiscono sull'asse fiorale. Se il fiore di una pianta si trova isolato su di un asse non ramificato, è detto solitario e l'infiorescenza è uniflora. In tutti gli altri casi si hanno infiorescenze pluriflore, che sono semplici, quando l'asse presenta un solo ordine di ramificazione, o composte quando ne possiede più di uno. Le infiorescenze si distinguono poi in due gruppi principali: infiorescenze definite ed infiorescenze indefinite differenziate dal fatto di avere le prime un asse principale che, dopo un certo accrescimento, si ferma, forma un fiore in cima e assume una forma definita; le seconde, invece, un asse principale che tende ad accrescersi indefinitamente. Le prime sono dette cimose, le altre racemose. Il tipo fondamentale delle infiorescenze racemose è il grappolo o racemo, che si presenta con un asse centrale sul quale si inseriscono alterni i vari fiori pedicillati. Le infiorescenze cimose presentano un asse ramificato, nel quale le ramificazioni assumono uno sviluppo maggiore dell'asse principale. Le infiorescenze composte sono invece quelle aventi vari ordini di ramificazione; a seconda del tipo di infiorescenza elementare o semplice da cui risultano composte si hanno: pannocchie (dette anche grappoli composti), spighe composte, corimbi composti, ombrelle composte, ecc.

[Figura: Infiorescenze delle angiosperme: (A) racimose (1 racemo o grappolo; 2 spiga; 3 gattino o amento; 4 spadicce; 5 corimbo; 6 ombrella semplice; 7 capolino). (B) cimose: (8 monocasio o cima unipara scorpioide; 9 dicasio o cima bipara semplice; 10 dicasio composto; 11 pannocchia). (C) composte: (12 ombrella composta; 13 corimbo composto; 14 antela). (D) particolari: (15 siconio; 16 ciazio).

Infiorescenze delle angiosperme(A)

Infiorescenze delle angiosperme(A)

Infiorescenze delle angiosperme (B)

Infiorescenze delle angiosperme (B)

Infiorescenze delle angiosperme (C)

Infiorescenze delle angiosperme (C)

Infiorescenze delle angiosperme (D)

Infiorescenze delle angiosperme (D)

L'IMPOLLINAZIONE

Nelle regioni a clima temperato è la primavera che vede fiorire la maggioranza delle piante, mentre in autunno ed in inverno la fioritura avviene solo per poche specie (es. il bucaneve). Una volta che si è avuta l'antesi, ossia la schiusura del bocciolo fiorale, il fiore è pronto per l'impollinazione, cioè il trasporto del polline sugli stimmi. Nella grande maggioranza delle piante, l'impollinazione è affidata al vento (impollinazione anemogama) oppure agli animali (zoogama), soprattutto insetti, mentre poche piante hanno impollinazione idrogama, cioè ad opera dell'acqua. Poiché l'impollinazione nelle piante anemogame è evidentemente affidata al caso, esse producono un'enorme quantità di polline, leggerissimo e secco, che rimane sospeso a lungo nell'aria: hanno per lo più infiorescenze maschili in forma di lunghe spighe pendule che ogni soffio di vento agita; le monocotiledoni hanno lunghi stami con antere molto esposte, gli stimmi sono anch'essi sporgenti dalle infiorescenze ed hanno una superficie per lo più viscosa. Nelle piante zoogame l'impollinazione è affidata a insetti (piante entomogame), piccoli uccelli (piante ornitogame), chiocciole oppure pipistrelli. Gli animali pronubi visitano i fiori solo per trovarvi alimento per sé o per le loro larve, attirati dal nettare, dal colore e dal profumo dei fiori. Si ha autogamia o autoimpollinazione quando il polline cade su stimmi del medesimo fiore, allogamia o impollinazione incrociata se il polline viene trasportato su altri fiori della stessa pianta o su fiori di altre piante della stessa specie, ibridismo se c'è impollinazione tra fiori di individui di specie diverse. L'impollinazione incrociata può essere fatta in via sperimentale sotto il controllo del genetista quando si vogliono ottenere nuove varietà od ibridi con particolari caratteristiche. Il granello di polline, una volta caduto o trasportato su un'antera, è in grado di germinare, quindi emetterà il tubetto pollinico che, accrescendosi, penetrerà nel filamento dell'antera, raggiungerà l'ovulo che si trova nell'ovario e lo feconderà dando, così, lo zigote. Da questo, tramite una serie di divisioni cellulari, si origineranno l'embrione e un importante tessuto, l'endosperma, la cui funzione sarà quella di nutrire l'embrione.

IL SEME

Il seme è un organo quiescente che contiene la pianta allo stato di embrione. Nel seme maturo l'embrione risulta formato da una o più foglioline embrionali, comunemente dette cotiledoni (nelle angiosperme vi sono uno o due dicotiledoni, da cui il nome rispettivamente monocotiledoni e dicotiledoni; nelle gimnosperme invece si trovano parecchi cotiledoni). Oltre che dai cotiledoni, l'embrione è costituito anche dai meristemi apicali del germoglio (piumetta) e dai meristemi apicali della radice. Dalla piumetta si originerà la parte aerea della pianta, mentre dall'apice della radice l'apparato radicale. Quando il seme si distacca dalla pianta madre, l'embrione non ha raggiunto sempre lo stesso grado di sviluppo in tutte le piante. L'embrione, nel seme, dispone di sostanze di riserva che esso utilizzerà durante la germinazione e nelle prime fasi di accrescimento della piantina. e sostanze di riserva possono essere localizzate nello stesso embrione (cotiledoni) oppure in un'altra parte del seme: nell'endosperma. Esternamente il seme è delimitato da uno o due tegumenti: di solito quello più esterno è duro, mentre quello interno è sottile e membranoso. Esistono comunque delle eccezioni, infatti nel salice e nel pioppo il tegumento esterno è soffice mentre nell'olmo è membranoso. Le sostanze di riserva dei semi sono proteine, lipidi e carboidrati, presenti in percentuali molto variabili nei diversi tipi di semi. Il periodo nel quale il seme giunge a germogliare può essere anche considerevolmente lungo. Per fare alcuni esempi possiamo citare semi di cassia che germogliano ancora dopo 87 anni di riposo; oppure semi di avorniello che germogliano dopo 84 anni o semi di trifoglio vitali anche dopo 70 anni. Il seme è un organismo vivente a tutti gli effetti, è caratterizzato da un bassissimo consumo di ossigeno e da una debolissima emissione di anidride carbonica. Quando un seme maturo e non più dormiente viene a trovarsi in adatte condizioni ambientali, cioè quando acqua, ossigeno e temperatura non sono più fattori limitanti, esso abbandona lo stato quiescente e riprende lo stato di vita attiva, cioè germina. Il seme, al momento in cui avvia il processo di germinazione, è di norma in uno stato fortemente disidratato (il contenuto in acqua di un seme oscilla fra il 5 e il 15%, mentre quello dei tessuti della pianta in stato di attività oscilla tra l'80 ed il 95%) ed in tale condizione esso ha una notevole capacità di assumere grandi quantità di acqua per imbibizione. Questo potere così forte di assorbire acqua da parte dei semi è di particolare importanza nel processo di germinazione, sia perché il seme non sempre si trova in terreni con condizioni ottimali di umidità, sia perché a volte l'acqua presente nel terreno è trattenuta con molta forza e quindi il seme deve faticare per assumerla. Mano a mano che il seme assorbe acqua, il suo potere imbibente diminuisce e di conseguenza l'ingresso dell'acqua rallenta. Con l'imbibizione vengono innanzitutto riattivati gli enzimi attraverso i quali l'embrione può mobilitare le sue riserve ed avere quindi a disposizione zuccheri, aminoacidi, calcio, fosforo, potassio che verranno utilizzati dall'embrione stesso per la sua intensa crescita fino a che, emessa la prima fogliolina e radichetta, la nuova piantina non sarà in grado di assorbire sali minerali e fare la fotosintesi. A questo punto la piantina affronterà autonomamente la vita perché le riserve nutritive nel seme si saranno ormai esaurite.

LA DISSEMINAZIONE

La disseminazione è il processo mediante il quale le piante disperdono i frutti, i semi o le spore ottenendo così il risultato di diffondere la specie. Il distacco del seme dalla pianta può avvenire o contemporaneamente al distacco del frutto (come nei frutti indeiscenti) oppure prima che il frutto stesso si stacchi (come nel caso dei frutti deiscenti). I meccanismi mediante i quali avviene la disseminazione sono di varia natura: a volte nell'atto stesso della deiscenza, i semi vengono proiettati a distanza per un gioco di tensione dei tessuti nel frutto; più comunemente, tuttavia, gli agenti principali della disseminazione sono il vento, l'acqua e gli animali. Nel caso della disseminazione anemocora (tramite vento), i frutti o i semi presentano particolari strutture come espansioni alari o peli, che facilitano il loro trasporto. Le piante acquatiche e di ripa, invece, presentano tipici adattamenti quali impermeabilità dei tegumenti dei semi, organi di galleggiamento, peli, germinabilità che si mantiene spesso per lungo tempo. Quando la disseminazione è affidata invece agli animali si hanno diversi casi: ad esempio il frutto può essere mangiato e passare attraverso il corpo dell'animale, oppure, grazie alla presenza di appendici setolose o spinescenti sulla superficie, il frutto può rimanere impigliato nel pelo dell'animale che sfiora le piante. Non bisogna comunque dimenticare che anche l'uomo può favorire occasionalmente la disseminazione soprattutto tramite i mezzi di trasporto.

IL FRUTTO

Il frutto è l'organo vegetale che si forma dopo la fecondazione per accrescimento dell'ovario e che di norma racchiude i semi derivati dagli ovuli. Il frutto si formerà quindi dai carpelli che si accrescono e costituiscono il cosiddetto pericarpo. Ogni carpello consta di un'epidermide esterna, di un mesofillo e di un'epidermide interna. Da ognuno di questi tessuti si origina una porzione più o meno definita del pericarpo e più esattamente: esocarpo, mesocarpo ed endocarpo. L'esocarpo, lo strato più esterno, può essere liscio e ricoperto di un sottile strato ceroso (pruina) oppure può presentare aculei che facilitano l'attacco dei frutti al pelo degli animali, contribuendo così al processo di disseminazione. Anche l'endocarpo, parte più interna, assume consistenza e sviluppo molto differenti in frutti diversi. A volte è sottile, a volte legnoso (come nel caso delle prugne e delle pesche, nelle quali la parete del nocciolo è formata dall'endocarpo) oppure si trasforma in una massa succosa (come nell'arancio e nel limone) o costituisce una massa cotonosa. Il mesocarpo, strato intermedio, può divenire carnoso (frutti carnosi) oppure membranoso o legnoso (frutti secchi). I frutti si distinguono in frutti e falsi frutti: i frutti veri sono quelli che si formano dai carpelli dell'ovario, mentre i falsi frutti, come il fico, la mela e la pera, si originano dall'accrescimento di porzioni del fiore non appartenenti all'ovario quali, ad esempio, il ricettacolo ed il calice. Infatti nella mela il ricettacolo darà origine alla polpa, che noi mangiamo, mentre dall'ovario si avrà il cosiddetto torsolo contenente i semi. I frutti veri, a loro volta, possono essere ulteriormente suddivisi come mostra la seguente tabella. Oltre ai pistilli, anche altri organi fiorali possono svilupparsi dopo la fecondazione. Il calice può rimanere a lungo o addirittura costituire un involucro colorato come nell'alchechèngi. Molto spesso è il ricettacolo che si accresce notevolmente e costituisce la massa maggiore del frutto o dell'infruttescenza, come nella fragola, nel pomo o nel fico. Il frutto è maturo solo al termine della sua crescita, allora, se il pericarpo è secco, si può aprire per deiscenza ed i semi in esso contenuti possono così disperdersi; se invece è carnoso intervengono diversi fenomeni che modificano le sostanze contenute nella polpa e nella buccia e solo alla fine della maturazione il frutto carnoso libererà i propri semi.

Composizione di frutti vari

Composizione di frutti vari

FRUTTI DEI PAESI CALDI

La flora dei Paesi tropicali e sub-tropicali è ricca di specie che producono frutta commestibile, la maggior parte delle quali non sono state ancora sfruttate con la messa a coltura. Solo le specie più apprezzate hanno trovato diffusione, soprattutto quelle regioni dove clima e terreno ne hanno permesso la moltiplicazione e la coltivazione. Va ricordato che molti frutti dei Paesi caldi sono stati chiamati con nomi uguali a quelli dei frutti europei in base, non tanto ad affinità botaniche, quanto piuttosto a vaghe somiglianze. Fra i più noti e rinomati frutti delle regioni tropicali si possono elencare: l'ananas, la banana, l'avocado, il mango, la papaia, la passiflora. Altri frutti abbastanza famosi ma non coltivati da noi sono la noce di cocco, il dattero ed il frutto dell'albero del pane.

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