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Web Trapanese di Trapanesi Attività Commerciali Artigianali Servizi EventiBotanica Giardinaggio Gli AlberiINTRODUZIONEGli alberi sono piante legnose perenni, il cui elemento distintivo saliente consiste nel fatto che i rami sono inseriti sul fusto (o tronco) solo a partire da una certa distanza dal suolo. Cionondimeno le dimensioni degli alberi sono molto variabili: l'altezza va da un minimo di qualche metro fino a sorpassare i 100 m, e il diametro dai 20-30 cm può arrivare ai 10 m. Naturalmente ciò dipende dalle specie (le più grandi sono le sequoie, certi eucalipti e i baobab, questi ultimi però hanno misure di rilievo solo in diametro), ma anche altri fattori possono avere grande incidenza sull'accrescimento: le condizioni climatiche, la tipologia del terreno ecc. Ad esempio, nelle zone dell'estremo Nord o alle altitudini elevate, gli arbusti prendono il posto degli alberi. Il portamento dell'albero, inoltre, è in relazione al particolare assetto della sua ramificazione (ossia alla forma, numero e disposizione dei rami): se è monopodiale (con un solo asse principale) conferisce slancio - ad esempio l'abete -, se simpodiale (a ogni biforcazione vi è un ramo più lungo) dà invece imponenza - ad esempio il faggio. L'aspetto della chioma è condizionato altresì da elementi quali la forma, la durata e il colore delle foglie. Dall'esistenza di tutte queste variabili, si deduce che la struttura dell'albero può articolarsi in una tipologia molto ampia, al punto che risulta persino difficile stabilire una chiara linea di demarcazione nelle rispettive definizioni di albero e arbusto. In linea di massima, comunque, si può dire che gli alberi presentano un assetto invariabilmente costituito da un unico fusto (tronco) su cui si impianta, a una certa altezza, una chioma di forma variabile a seconda delle specie; mentre gli arbusti sono caratterizzati da un portamento cespuglioso, visto che le loro ramificazioni si dipartono a livello del terreno.LA CLASSIFICAZIONE DEGLI ALBERIGli alberi si possono classificare in base ad una serie di elementi distintivi, che possono riguardare, tra gli altri, le caratteristiche fisiologiche e morfologiche delle foglie, la forma della chioma, l'altezza delle varie specie e la loro destinazione (ornamentali, da frutto, forestali ecc.). Molteplici sono dunque i criteri che possono essere introdotti per realizzare una catalogazione comprensiva dei tratti propri delle diverse specie arboree: le denominazioni possono anche essere associate per formulare definizioni più puntuali delle varie tipologie. Si definiscono: sempreverdi o a foglie persistenti gli alberi coperti di foglie tutto l'anno, anche se perdono periodicamente quelle più vecchie; caducifogli o a foglie caduche, gli alberi che perdono tutte le foglie nel medesimo periodo dell'anno; aghifogli o a foglie aghiformi, gli alberi con lamina fogliare non espansa, latifogli o a foglie larghe, gli alberi con lamina fogliare espansa.LA FUNZIONE DEGLI ALBERI NEL GIARDINOGli alberi costituiscono uno degli elementi essenziali della fisionomia del giardino, per la loro duplice funzione strutturale e ornamentale. La maestosità del portamento, o il variopinto rigoglio del fogliame o, ancora, le particolarità della corteccia rappresentano i punti di maggior richiamo e pregio decorativo. Ma essi assolvono anche a delle esigenze pratiche di grande importanza: riparano dalla polvere e dai rumori, attenuano la forza dei venti, offrono una gradevole ombra quando il sole è troppo forte. Assieme agli arbusti e alle siepi, possono essere rifugio di alcune specie faunistiche: piantare alberi che producano bacche (come il sorbo) può risultare utile per attirare gli uccelli, mentre quelli dalla fioritura vistosa avranno l'effetto di popolare il giardino di farfalle e insetti impollinatori e di conferirgli maggiore animazione e interesse naturalistico.PIANTAGIONECOME EFFETTUARE LA SCELTAIn commercio si trovano, oltre agli alberi appartenenti alla flora spontanea (tra le conifere, pini, abeti e altri; tra le latifoglie, aceri, pioppi ecc.), anche quelli cosiddetti "ornamentali", classificabili entro le specie esotiche o derivanti da miglioramento genetico delle piante del primo gruppo: così si sono ottenuti aceri variegati, ciliegi a rami penduli, carpini a portamento colonnare. Virtualmente la scelta è vastissima, anche se, per effettuare la selezione delle specie più adatte al proprio giardino, è condizione preliminare la conoscenza approfondita dei dati concernenti la tipologia del terreno, i fattori climatici e, in modo particolare, l'esposizione. Una volta stabilito se si tratta di un terreno compatto o sciolto, umido o ben drenato, acido, neutro o alcalino, si passerà all'analisi del microclima locale, valutando elementi quali l'escursione termica, il tasso di piovosità, la presenza di venti, l'insolazione. Non dovrà essere trascurata neanche l'estensione del giardino: sarebbe infatti assurdo riempire uno spazio esiguo con alberi di taglia imponente, violando un principio sia pur elementare di equilibrio e proporzione. Saranno altresì da considerare preventivamente le dimensioni che avrà la pianta a sviluppo ultimato: spesso, infatti, ci si fa ingannare dalla snellezza degli esemplari al momento dell'acquisto, senza pensare che - tanto per citare un esempio - un piccolo faggio della misura di 1 m raggiunge nell'arco di trent'anni 20 m di altezza e 8 di diametro della chioma.COME EFFETTUARE L'IMPIANTOSe non si è davvero competenti e non si possiede una conoscenza sicura delle singole specie e varietà, sarà opportuno effettuare la visita al vivaio durante la primavera o l'estate, epoca in cui gli alberi sono dotati delle foglie oppure si trovano nel periodo di fioritura: solo così si potrà fare una scelta consapevole. Al momento dell'acquisto non ci si può permettere di essere sommari o frettolosi: anzitutto si dovrà verificare che la pianta abbia un portamento equilibrato e un aspetto sano, in secondo luogo si eviterà la scelta di esemplari molto sviluppati (oltre i 3 m di altezza), che presentano minori capacità di attecchimento. In ogni caso l'impianto di grandi esemplari a "pronto effetto" richiederebbe l'intervento di ditte specializzate e il ricorso a mezzi meccanici. I tipi principali di piante acquistabili in vivaio sono tre: quelli a radice nuda, quelli con pane di terra quelli allevati ini contenitore. Gli esemplari appartenenti al primo tipo presentano il vantaggio di un costo più contenuto, dovuto alla loro minore richiesta di cure in vivaio, in compenso però se ne può effettuare l'impianto solo in limitati periodi dell'anno ossia in corrispondenza del riposo vegetativo (al fine di evitare dispersione di acqua per traspirazione) e quando il terreno non è gelato. In ogni modo, se l'epoca è quella indicata e la distanza tra il vivaio e il giardino non è considerevole, l'applicazione scrupolosa di alcune semplici misure precauzionali consente di ottenere ottimi risultati: dopo l'estrazione, le radici vanno coperte con un sacco di iuta bagnato, e, prima dell'impianto, immerse in un secchio contenente una poltiglia di acqua, argilla e letame (inzafardatura). Gli alberi del secondo tipo danno maggiori garanzie di attecchimento, fermo restando il periodo d'impianto consigliato per i primi. Gli esemplari appartenenti al terzo tipo, in ragione della loro collocazione in contenitore, sono esposti a minori traumi al momento dell'impianto, poiché non viene mai meno il contatto tra le radici e il terreno che le avvolge. Oltre a ciò, la pianta è in grado di mantenere intatto l'apparato radicale che ha sviluppato durante la permanenza in vivaio. L'unico inconveniente consiste nella tendenza delle radici, costrette in vaso, a crescere assumendo un andamento a spirale, che potrebbe compromettere la stabilità della pianta una volta messa a dimora. Per questo motivo si consiglia di stendere le radici con delicatezza, avendo cura però di non rompere il pane di terra. Date le premesse, si deduce che gli esemplari di questo tipo possono essere piantati quasi tutto l'anno, fuorché nei periodi più caldi. Nel caso dei sempreverdi, comunque, devono essere adottate maggiori precauzioni, in quanto il pericolo di perdita d'acqua per traspirazione delle foglie non viene mai meno: l'impianto dovrebbe essere effettuato preferibilmente durante giornate non ventose e a cielo coperto, utilizzando esemplari con pane di terra o in contenitore. Sarà inoltre utile predisporre una buona pacciamatura di foglie, sabbia o corteccia sminuzzata alla base dell'albero, in modo da preservare il tasso di umidità del terreno. Poiché le sempreverdi sono in genere meno rustiche delle caducifoglie, la messa a dimora dovrà essere effettuata in primavera, nelle zone dagli inverni non troppo miti. Invece, dove gli inverni sono più dolci si può realizzare anche un impianto autunnale. In linea generale, comunque, in autunno e in inverno non si ha un arresto totale dell'attività radicale: anzi, in corrispondenza delle giornate più calde si può avere emissione di nuove radici. Quando però l'inverno è eccessivamente piovoso e il terreno rimane troppo impregnato di umidità, le radici rischiano di soffocare per mancanza di ossigeno. Inoltre, se il gelo è persistente, si può produrre lo scalzamento dei giovani alberi per effetto del sollevamento delle zolle. In sostanza risulta sempre più sicuro effettuare l'impianto alla fine dell'inverno per avere a disposizione alcuni mesi per lo sviluppo di un apparato radicale saldamente ancorato al terreno. D'altro canto, però, i lavori da compiere nel giardino all'inizio della primavera sono molti e si rischia di far slittare l'impianto alla fase in cui l'alberello ha già emesso le prime foglioline.LA PREPARAZIONE DELLA BUCA E LA MESSA A DIMORALa buca dovrà essere preparata prima dell'acquisto, affinché la pianta possa essere messa a dimora senza indugi e avrà dimensioni maggiori di quelle dell'apparato radicale o del pane di terra che dovrà contenere: le radici, infatti, non potranno assolutamente essere piegate, ma dovranno mantenere un andamento naturale. Le più lunghe, eventualmente, si poteranno. Prima dell'impianto bisogna togliere tutti gli imballi che racchiudono l'apparato radicale (iuta, reti di plastica o contenitori), avendo cura di mantenere intatto, se c'è, il pane di terra. Il terriccio delle piante allevate in contenitore dovrà essere bagnato. A questo punto ci si dovrà assicurare che il fondo e le pareti laterali della buca non siano troppo compatti: in tal caso, infatti, si ostacolerebbe la crescita delle nuove radici e, qualora le piogge fossero abbondanti, l'acqua finirebbe col ristagnare in una sorta di vaso naturale. Al fine di permeabilizzare e aerare il terreno, si consiglia di rompere le pareti con una forca prima della messa a dimora. Indi si conficcherà sul fondo un palo di legno o di plastica, che fungerà da tutore per la pianta, scongiurandone il pericolo di abbattimento (in caso di forte vento) fino ad attecchimento avvenuto. Si procederà alla disposizione di uno strato di letame maturo o altro concime organico, da coprire poi con un leggero spessore di terra; si passerà allora a sistemare la pianta al centro della buca, in maniera tale che il colletto (punto di separazione tra apparato radicale e parte aerea) si venga a collocare in corrispondenza della superficie del terreno. La pianta dovrà infatti essere interrata alla stessa profondità a cui si trovava in vivaio: non sarà difficile riconoscere il punto esatto, contrassegnato dalla differenza di colore sul fusto. La buca si riempirà col terreno precedentemente rimosso e sminuzzato, avendo cura di comprimerlo bene intorno alla base dell'albero al fine di avvolgervi completamente le radici. In questa fase può essere utile incorporare al terreno della farina d'ossa per stimolare la radicazione. Qualora il terreno fosse troppo sciolto, sarà opportuno aggiungere della torba allo strato più superficiale, affinché l'umidità venga maggiormente trattenuta. Il tutore, che deve arrivare all'altezza dei primi rami basali, si affrancherà al fusto mediante appositi legacci normalmente disponibili in commercio: i migliori sono i più elastici, poiché non producono pericolose strozzature che potrebbero inibire la crescita del fusto. Il terreno dovrà essere alimentato con abbondanti somministrazioni di acqua, che in questa fase è di vitale importanza: anzi, al fine di trattenerla meglio, si accumulerà sull'orlo della buca un anello ben rialzato di terra per creare una sorta di conca. Le ramificazioni degli alberi a foglia caduca, venduti a radice nuda o con pane di terra, dovranno essere potate per riproporzionare la parte aerea a quella radicale, amputata al momento dell'estirpazione dal vivaio.IL TRAPIANTO DI GRANDI ESEMPLARI A "PRONTO EFFETTO"Il trasporto e il trapianto degli alberi di grossa taglia deve essere eseguito da ditte specializzate che dispongano di mezzi meccanici adeguati. Gli esemplari di dimensioni superiori ai 3 m di altezza devono essere sottoposti, prima della vendita, a particolari operazioni che consentano l'agevole riuscita del trasferimento. L'apparato radicale, infatti, deve essere "predisposto" allo sviluppo di un considerevole numero di radici sottili, che sono deputate all'assorbimento dell'acqua e dei fattori nutritivi in essa disciolti. A questo fine si deve cominciare in vivaio, con due anni di anticipo, a scavare dei piccoli fossati intorno alla base dell'albero da riempire successivamente con terriccio o torba (cassatura). Quest'operazione implica il taglio delle grosse radici, utili a stimolare la produzione di un fitto capillizio radicale che consentirà alla pianta, una volta messa a dimora, di raggiungere l'autosufficienza in un breve arco di tempo. Analogo risultato si può ottenere, in vivaio, sottoponendo lo stesso albero a diversi trapianti prima della vendita. L'operazione del trapianto di grandi esemplari è fattibile per le latifoglie, mentre si rivela ardua nel caso delle conifere. La buca deve essere predisposta riservandole uno spazio maggiore di quello dell'apparato radicale. A trapianto ultimato, l'albero dovrà essere ancorato al suolo con appositi tiranti in grado di garantirne la stabilità.ALCUNI TIPI DI LEGNO E IL LORO UTILIZZOUno dei legni più ricercati è quello dell'acero: resiste all'attacco dei tarli, non si imbarca ed è pregevole per la levigatezza che raggiungono le sue superfici. Utilizzato da armaioli, liutai e tornitori, è materia prima per la realizzazione di giocattoli, utensili e articoli casalinghi. Si dice che nel '700 gli ebanisti parigini partissero personalmente alla ricerca dei più bei nodi d'acero che avrebbero impreziosito la fattura delle tabaccherie all'ora molto in voga. Il legno dell'agrifoglio presenta particolarissime qualità che loro rendono adatto alla fabbricazione di bastoni, fruste, battipanni, manici, pioli, denti di ingranaggi, calci di fucile. La betulla invece fornisce uno dei materiali più richiesti nell'arredamento (mobili, pavimenti ecc.) così come il faggio è apprezzato in falegnameria (pannelli). L'eucalipto, per il suo eccezionale grado di resistenza, è preferito per le strutture architettoniche (ponteggi, recinti, traversine): sembra addirittura che nell'800 le rinomatissime baleniere di Tasmania avessero la chiglia di eucalipto. Il larice ha delle caratteristiche di elevata qualità: diffuso oggi in falegnameria e in carpenteria, era usato un tempo per condotti d'acqua, ponti e coppe di fontane. Il noce è tra i più apprezzati nell'industria del mobile per la sua pesantezza e adattabilità alla lucidatura. L'olivo è prediletto da falegnami e scultori per la duttilità (può essere tagliato in ogni senso), la bellezza delle sue venature, la finezza del disegno fibroso: entra nella produzione di mobili, pavimenti, utensili. Il legno di pino conosce una gamma ricchissima di applicazioni: i tronchi sono utilizzati per impalcature e palafitte, gli scarti servono per la realizzazione di casse e contenitori da imballaggio, le radici (apprezzate per la flessibilità e resistenza delle fibre) forniscono un materiale simile al vimine. Il platano è utilizzato per la fabbricazione di utensili e accessori di varia natura; una particolarità: le piante che vivono allo stato naturale danno quel pregiatissimo legno per mobili noto presso gli inglesi come lace-wood. Il pioppo, impiegato per pannelli e intelaiature, è prezioso per la fabbricazione di fiammiferi a causa della sua predisposizione a fendersi. Il legno di quercia ha una prestigiosa tradizione storica: i sovrani inglesi ne promossero nel '600 l'uso nell'industria navale. Oggi è sfruttato per l'impiallacciatura dei mobili e per le botti in cui si fa invecchiare il cognac. Poco conosciute sono le applicazioni del legno di tiglio: dai tasti per pianoforte ai fiammiferi, dalle forme per cappelli ai tacchi da scarpe.LA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI ALBERIPrima di procedere alla messa a dimora degli alberi è opportuno informarsi sulle disposizioni in merito, contenute in alcuni articoli del Codice Civile. In primo luogo, l'articolo 892 verte sulle distanze per gli alberi: esso prescrive a chi voglia effettuare impianti presso il confine del proprio appezzamento (qualora non vi siano regolamenti specifici o usi locali a disciplinare la materia), una distanza di tre metri per gli alberi di alto fusto (ad esempio, noci, castagni, querce, pini, cipressi, olmi, pioppi, platani ecc.); una distanza di un metro e mezzo per quelli di non alto fusto e di mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da frutto di altezza non maggiore di due metri e mezzo. Qualora le siepi siano di ontano, castagno o altre piante simili (ovvero che si recidono periodicamente vicino al ceppo) la distanza sarà di un metro, mentre per le siepi di robinie di due. La distanza si calcola dalla linea di confine fino alla base esterna del tronco dell'albero all'epoca della piantagione, oppure dalla suddetta linea al punto in cui è stata fatta a suo tempo la semina. Tali regole decadono qualora sul confine vi sia un muro divisorio proprio o comune, purché l'altezza delle piante non superi quella del muro. L'articolo 893 riguarda l'impianto di alberi presso strade, canali e sul confine di boschi e rimanda alle disposizioni ottenute nel precedente, qualora non siano in vigore regolamenti specifici o usi locali. L'articolo 894 sancisce il diritto del vicino a esigere l'estirpazione di alberi piantati a distanza non legale, e quello successivo (895) il divieto di ripiantare alberi a distanza minore di quella prescritta quando questi muoiano o vengano abbattuti. L'articolo 896 riguarda la recisione di rami protesi e di radici e stabilisce il diritto del vicino a far tagliare o tagliare egli stesso quei rami che si protendono e quelle radici che si addentrano nel suo fondo, fatte salve le disposizioni di particolari regolamenti o usi locali. Allo stesso modo, i frutti caduti da tali rami saranno da considerarsi di proprietà del padrone del fondo su cui vengono trovati. Gli articoli 898 e 899, infine, stabiliscono la normativa concernente la comunione rispettivamente di siepi e di alberi, In genere le siepi tra due fondi e gli alberi sorgenti nella siepe comune o sulla linea di confine si presumono comuni e si mantengono a spese comuni, sempreché non vi siano titoli o prove in contrario. Qualora uno solo dei fondi sia recinto, la siepe si deve considerare appartenente al proprietario del fondo. inoltre gli alberi che traccino un limite o sorgano nella siepe comune non possono essere tagliati se non con l'accordo di entrambi le parti o su disposizioni dell'autorità giudiziaria.CURE COLTURALILA CONCIMAZIONEIn autunno o in primavera si sparge del concime organico (letame, terriccio di foglie o altro) nella zona occupata dalle radici. In primavera si preferiranno i concimi ad azione più immediata e ben decomposti, mentre in autunno si somministreranno quelli meno maturi. Si potrà inoltre distribuire anche della torba che, pur non essendo un concime, agirà da pacciamatura: in inverno esplicherà una funzione protettiva delle radici dal gelo, d'estate consentirà di aumentare il tasso di umidità. In sostituzione dei concimi organici potranno essere sparsi quelli inorganici, preferibilmente complessi.L'INNAFFIATURAGli alberi di nuovo impianto devono essere riforniti d'acqua in modo regolare, anche intensificando le somministrazioni (a intervalli settimanali) se il terreno è sciolto. Gli individui adulti, invece, non hanno bisogno di apporti regolari. Particolare attenzione deve essere prestata ai sempreverdi che, soprattutto dopo la fase d'impianto, si disidratano facilmente. Andrà quindi bagnata accuratamente la base della pianta, ed eventualmente spruzzato anche il fogliame nelle ore mattutine. La comparsa di ingiallimento delle foglie è sintomo di mancanza d'acqua, e si manifesta più facilmente nei sempreverdi allevati in contenitore.IL DISERBOPer qualche anno dopo l'impianto, intorno alla base dell'albero si devono ripulire le erbacce per evitare una dannosa competizione nell'assunzione di elementi nutritivi e acqua. Tale operazione può essere eseguita a mano, avendo l'accortezza di arrivare ad estirpare anche le radici di queste erbe. Non è consigliabile utilizzare attrezzi come zappe o forche, poiché si incorrerebbe nel rischio di danneggiare l'apparato radicale dell'albero. Al fine di esercitare un controllo sulla ricrescita delle malerbe, si consiglia di effettuare una pacciamatura con le stesse erbacce estirpate, torba o corteccia di pino spezzettata (facilmente reperibile in commercio). Qualora si tratti, invece, di alberi già adulti, le erbacce saranno inibite nei loro ritmi di crescita dall'ombra sviluppata dalla chioma, ragion per cui sarà sufficiente falciarle.POTATURASebbene gli alberi non abbiano bisogno di regolari e frequenti potature come gli arbusti, per ottenere un portamento equilibrato e una chioma armoniosa risulterà utile impostare la loro crescita, nei primi anni di vita, con opportuni tagli. Così facendo si potrà evitare di praticare potature più drastiche sugli individui ormai adulti, che, in tal caso, potrebbero vedere compromesso, oltre all'aspetto estetico, anche lo stato di salute. La scelta accurata del luogo d'impianto concorrerà altresì alla formazione di un bell'esemplare: spazi troppo esigui, non adatti al compiersi dello sviluppo della pianta, obbligherebbero a future, deleterie menomazioni.LA POTATURA DI ALLEVAMENTOE' la potatura che si effettua nei primi anni dopo la messa a dimora per impostare lo sviluppo di una chioma sana ed equilibrata, nel rispetto però del portamento naturale della pianta. A tale riguardo va sottolineato che gli alberi ornamentali si suddividono, sia pure in modo non troppo rigido, in due gruppi: quelli che presentano un solo getto guida centrale, e quelli della chioma ramificata, in cui non è appunto riconoscibile un getto guida centrale. I primi hanno ramificazioni che si inseriscono regolarmente sul fusto principale, dalla base fino in cima, facendo assumere alla chioma una forma a cono o a piramide (ad esempio l'abete). Quelli del secondo gruppo, invece, presentano un unico fusto nudo fino ad una certa altezza dal suolo (1-3 m): da qui il fusto si suddivide in diverse ramificazioni che configurano una chioma dai contorni più arrotondati. Tra gli esemplari classificabili entro il primo e il secondo gruppo, comunque, esistono diversi casi intermedi. La potatura di allevamento degli alberi del primo gruppo prevede anzitutto l'eliminazione dei germogli che, crescendo paralleli a quello apicale, potrebbero fargli concorrenza. Vanno anche eliminati i germogli secchi o malati. Si dovranno poi individuare quei rami che possono concorrere a formare una chioma equilibrata, dando la preferenza ai più vigorosi, sempreché siano disposti perpendicolarmente al tronco, e scartando gli altri. Se la cima venisse danneggiata, occorrerà sostituirla con un germoglio sottostante, da legare a un apposito tutore affinché si mantenga in posizione eretta, tanto da risultare un prolungamento del fusto. Il tutore andrà tolto solo quando il germoglio di sostituzione si sia ben consolidato. La potatura di allevamento degli alberi del secondo gruppo prescrive l'eliminazione dei germogli più bassi per ottenere un fusto nudo fino all'altezza desiderata. Le ramificazioni costituenti la chioma dovranno risultare ben distanziate tra loro: a questo fine sarà opportuno potare tutti i rami dalla crescita troppo fitta o disordinata e i getti vigorosi, dall'andamento verticale, parallelo al fusto, che potrebbero in seguito far assumere all'albero un portamento piramidale (tipico di quelli del primo gruppo). Questa potatura mira alla realizzazione di una chioma simmetrica ed equilibrata, con ramificazioni non troppo dense, soprattutto in corrispondenza della parte centrale della pianta. E' preferibile eseguire questa operazione in autunno o, comunque, durante il riposo vegetativo.LA POTATURA DI MANTENIMENTOLa potatura di mantenimento consiste in quegli interventi di potatura che si effettuano sugli alberi adulti per eliminare rami spezzati o malati, o per diradare una chioma ingombrante o disordinata. Se l'albero ha già una buona impostazione iniziale, questa potatura può ridursi a pochi interventi, non periodici e non suscettibili di compromettere l'equilibrio del portamento. Vanno eliminate prima di tutto le ramificazioni deboli o danneggiate, quelle che si sviluppano parallelamente al fusto o addensate al centro della chioma e quelle che si toccano l'una con l'altra. Vanno asportati anche i ricacci che crescono sulla parte bassa del fusto, a tagliandoli alla base. Se alcune ramificazioni richiedono un accorciamento, perché di dimensioni eccessive, il taglio (da effettuarsi nel periodo di riposo vegetativo) va praticato a circa due terzi della loro lunghezza, nel punto in cui si diparte un'altra ramificazione parallela a quella da potare (taglio di ritorno).LA POTATURA DI GROSSI RAMIQuesti rami vanno tagliati rasente al tronco, senza lasciare antiestetici e pericolosi monconi, che potrebbero diventare vie d'accesso per le malattie fungine. La rimozione va eseguita con una certa cautela e per gradi: è meglio non eliminare interamente il ramo con un solo taglio, ma segarlo a più riprese fino a che non sia rimasta una porzione di 30-40 cm, meno ardua da asportare. E' consigliabile a questo punto praticare il taglio da sotto, in corrispondenza dell'attacco al tronco, spingendo la lama fino a un quarto del diametro e agendo poi da sopra. Questo procedimento è volto a evitare che il peso del ramo, tagliato solo da sopra, laceri nella caduta la corteccia del tronco. Si raccomanda inoltre che le superfici di taglio risultino nette e lisce e che si provveda a spalmarle con appositi mastici cicatrizzanti al fine di prevenire l'insorgere di malattie: a tale riguardo è fondamentale anche la disinfezione degli attrezzi prima e dopo l'intervento di potatura.LA POTATURA DELLE LATIFOGLIE SEMPREVERDIQueste piante richiedono solo poche potature iniziali, utili all'assestamento di un portamento piramidale (generalmente si tratta di piante del primo gruppo, ossia a crescita monopodiale): si elimineranno esclusivamente i rami disordinati o i getti con crescita parallela al getto principale. Per l'albero adulto non si prescrivono interventi particolari, eccezion fatta per l'asportazione delle ramificazioni malate, secche o danneggiate.LA POTATURA DELLE CONIFEREIn genere le conifere presentano un portamento naturalmente piramidale (primo gruppo), che non richiede interventi di potatura, peraltro non tollerati di buon grado. I tagli saranno indispensabili solo per eliminare i rami danneggiati. Se il getto guida dovesse morire, andrà sostituito con uno sottostante, da tenere in posizione verticale mediante un tutore. A volte sarà invece necessario recidere i getti dalla crescita parallela a quello guida centrale e formanti antiestetiche biforcazioni: questi andranno tagliati alla base per evitare che entrino in concorrenza con la cima.MOLTIPLICAZIONELA MOLTIPLICAZIONE PER SEMEMolti alberi ornamentali si prestano alla propagazione mediante semi, che sono però difficilmente reperibili in commercio. Questo metodo è perciò usato soprattutto nei vivai, ma il vero appassionato potrà raccogliere i semi maturi caduti dagli alberi in boschi o giardini. Si tratta comunque di un sistema di moltiplicazione non facile da applicare, perché la percentuale di germinazione può variare molto secondo la specie o le annate. A questo proposito è opportuno ricordare che spesso i semi degli alberi si trovano in stato di "quiescenza": ciò significa che, pur essendo vitali, non possono germinare per impedimenti fisiologici (la presenza di ormoni inibitori) o meccanici (tegumenti troppo duri, lignificati o impermeabili all'acqua). I semi di molte specie hanno bisogno di trascorrere un certo numero di ore alle basse temperature (ad esempio quelli del melo e del faggio), altri invece necessitano della scalfittura dell'involucro esterno, perché avvenga la germinazione. E' bene inoltre tener presente che le piantine ottenute per seme non sono identiche tra loro, come pure differiscono dalla pianta madre. Se invece si volessero conservare le caratteristiche specifiche della pianta da moltiplicare, si dovrà ricorrere alla propagazione vegetativa.LA RIPRODUZIONE VEGETATIVAE' il metodo più utilizzato dai giardinieri: consente infatti di ottenere in tempi più brevi nuovi individui dotati di caratteristiche identiche a quelle della pianta madre. Molte specie arboree si propagano senza difficoltà per talea: in genere si tratta di talee legnose o semilegnose a seconda della specie. Alcuni alberi si possono moltiplicare per propaggine (ad esempio l'agrifoglio), mentre per quelli che emettono facilmente polloni alla base, è sufficiente togliere (durante il periodo di riposo vegetativo) questi getti e trapiantarli per due anni in vivaio prima della messa a dimora. La moltiplicazione per innesto è poco diffusa per gli alberi ornamentali (è utilizzata solo per alcune particolari varietà di abeti e pini); viene invece applicata moltissimo per propagare le migliori varietà di alberi da frutto, quali albicocchi, ciliegi, meli. ecc.LE MALATTIE DEGLI ALBERILE MALATTIE CAUSATE DA PARASSITI ANIMALIAfide dell'acero Ospiti: tutte le specie di Acer, a volte anche ippocastano e frassino. Sintomi: le parti attaccate (germogli, foglie, rametti, frutti) rallentano il loro sviluppo e avvizziscono. Si nota inoltre una notevole produzione di melata su cui si sviluppano dei funghi (fumaggine), e che attira formiche, api e altri insetti pronubi. Afide nero dell'acacia Ospiti: robinia, acacia, albizzia preferenzialmente, ma anche diversi arbusti come pittosforo, ginestra e svariate piante erbacee. Sintomi: attacca le parti più tenere della pianta (germogli, fiori, foglie, rametti, piccioli) su cui si addensa in colonie nerastre soprattutto in primavera. Le punture provocano avvizzimenti e rallentano o bloccano la crescita delle parti colpite, oltre a trasmettere, in alcuni casi, dei virus. Afide del tiglio Ospiti: tiglio. Sintomi: sulla pagina inferiore delle foglie, soprattutto nei mesi di giugno e luglio, si notano colonie dell'insetto che ha colore violaceo, Le sue punture provocano accartocciamenti o disseccamenti delle foglie che a volte cadono in anticipo, oltre alla produzione di abbondante melata. Afide galligeno dell'olmo Ospiti: olmo. Sintomi: le punture sulle foglie causano una modificazione a livello cellulare che dà luogo allo sviluppo di ingrossamenti caratteristici (galle), all'interno dei quali si insedia l'insetto. La pianta viene comunque danneggiata solo sotto il profilo estetico. Afide lanigero del pino Ospiti: diverse specie di pino. Sintomi: provoca ingiallimento e caduta degli aghi. Anche i rami principali possono deperire e, con attacchi massicci, la pianta secca completamente. I maggiori danni si osservano sui giovani individui. Afide del cipresso Ospiti: cipressi, chamaecyparis, tuie, ginepri. Sintomi: arrossamento e disseccamento delle giovani vegetazioni; con attacchi massicci le piante seccano quasi completamente, a eccezione della parte apicale della chioma. Le piante, una volta indebolite, possono diventare facile preda di altri parassiti che le conducono alla morte. Blastofago minore (scolitide) Ospiti: diverse specie di pino. Sintomi: si manifesta arrossamento degli aghi e morte dei germogli situati sulla parte più esterna della chioma, a causa delle gallerie scavate dagli insetti adulti. In un secondo tempo vengono scavate gallerie anche nel tronco e nel grossi rami. La presenza di questi insetti si riconosce dalla fine segatura che si deposita alla base dell'albero. L'attacco porta al deperimento e a volte alla morte delle piante colpite. Bombice dispari (lepidottero) Ospiti: quasi tutte le latifoglie, e soprattutto le querce. A volte anche cipressi e abete odoroso. Sintomi: le foglie vengono divorate dalle larve dell'insetto e, in occasione di attacchi massicci, la pianta viene defogliata completamente. Nella maggior parte dei casi, però, i soggetti colpiti riescono a riprendersi. Cherme verde (afide) Ospiti: abete rosso e larice. Sintomi: sui giovani germogli dell'abete le punture dell'insetto provocano la formazione di protuberanze (galle) vagamente somiglianti a piccoli ananas. Sul larice causano invece l'ingiallimento e la caduta degli aghi. Fillossera della quercia (afide) Ospiti: tutte le specie di quercia. Sintomi: le foglie più giovani a causa delle punture provocate dall'insetto, si accartocciano leggermente e poi seccano. Sulla pagina superiore delle foglie si possono anche notare macchioline giallastre in corrispondenza delle quali, in seguito, si formano piccoli fori. Galle della quercia (cinipidi) Ospiti: querce. Sintomi: le larve di questi insetti emettono particolari sostanze che interferiscono con la crescita del tessuti in via di formazione: sulle gemme o sulle radici si sviluppano delle protuberanze tondeggianti (galle), grosse anche come una noce, di consistenza spugnosa o legnosa. I danni, a eccezione talvolta dei soggetti molto giovani, non sono gravi. Processionaria del pino (lepidottero) Ospiti: pini, larici, cedri. Sintomi: le larve, prima dell'inverno, costruiscono sui rami delle piante dei nidi ben evidenti dove possono svernare. Quando ne escono, in primavera, si nutrono degli aghi provocando defogliazioni anche consistenti. In seguito si dirigono verso il terreno in fila indiana, dove formeranno i bozzoli. Se gli attacchi sono ripetuti, le piante si indeboliscono notevolmente. Ragnetto rosso (acaro) Ospiti: diverse specie di piante ornamentali, soprattutto erbacee. Sintomi: le foglie, in seguito alle punture provocate da questo acaro per sottrarre la linfa, presentano la pagina inferiore decolorata e ingiallita, poi seccano e cadono precocemente; forti attacchi determinano il deperimento della pianta che può anche morire. La presenza del ragnetto è evidenziata anche da una sottile ragnatela che avvolge le foglie. Ragnetto verde delle conifere (acaro) Ospiti: diverse specie di Abies, Picea, pinus, Larix ecc. Sintomi: sugli aghi si manifestano decolorazioni, ingiallimenti o arrossamenti; in caso di forti attacchi si ha anche la caduta del fogliame con conseguente morte dei soggetti colpiti, soprattutto se giovani. Rodilegni (due specie di lepidotteri) Ospiti: diverse specie di alberi e arbusti. Sintomi: le larve scavano delle gallerie nei giovani rametti (per poi dirigersi verso le ramificazioni più vecchie) oppure al colletto della pianta, interessando la parte basale della stessa. L'attività di queste larve può anche portare alla morte alcuni rami della pianta attaccata, che deperisce notevolmente.LE MALATTIE CAUSATE DA PARASSITI VEGETALIAntracnosi del platano e dell'ippocastano Ospiti: varie specie di Platanus ed Aesculus. Sintomi: sulle foglie dell'ippocastano compaiono, a primavera inoltrata, aree necrotiche che si manifestano con fenomeni di disseccamento via via sempre più vasti; forti infestazioni determinano la caduta prematura del fogliame e il deperimento della pianta. Sul platano i sintomi si evidenziano precocemente con l'avvizzimento dei germogli e la comparsa di macchie rossastre sui rametti: successivamente si producono lungo le nervature fogliari aree di disseccamento che vanno estendendosi fino alla caduta prematura delle foglie. Cancro del cipresso Ospiti: varie specie di Cupressus, Juniperus, Thuja Sintomi: sul tronco e sui rami si aprono delle fessure rossicce da cui fuoriesce della resina. Si producono forti infezioni che giungono a interessare il legno sottostante e conducono alla morte di parte o dell'intera chioma, su cui si manifesta disseccamento. Successivamente anche l'intero albero muore. Cancro colorato del platano Ospiti: diverse specie di Platanus Sintomi: questa gravissima malattia è provocata da un fungo, il Ceratocystis fimbriata, e si è a tal punto diffusa negli ultimi anni da richiedere specifici interventi legislativi. I sintomi più evidenti compaiono sui rami e sui tronchi e consistono nella formazione di aree necrotiche allungate e depresse, in un primo tempo nascoste dalla corteccia nei punti in cui questa raggiunge il maggior spessore. In seguito la corteccia si stacca e scopre aree di colore bruno-violaceo dai margini molto netti, che si estendono anche in profondità. Il fungo provoca altresì l'occlusione dei vasi e intacca il fogliame, che ingiallisce, dissecca e cade. Attacchi massicci portano la pianta alla morte. Carie del legno Ospiti: diverse specie di alberi. Sintomi: i segni dell'attacco sono poco evidenti esternamente e, quando si manifestano, la malattia è già in fase avanzata: si può notare il deperimento della pianta o il disseccamento di alcune sue parti. A volte, alla base del tronco, si possono formare i corpi fruttiferi dei funghi responsabili della malattia: in genere, però, le alterazioni interessano le parti interne della pianta, con la trasformazione del legno in un ammasso bruno e inconsistente (carie bruna) o biancastro (carie bianca) che non resiste alle sollecitazioni e può facilmente spezzarsi. Fumaggine Ospiti: diverse specie di piante ornamentali. Sintomi: sulle parti aeree della pianta, e soprattutto su foglie, rametti e germogli, appare una incrostazione nerastra polverulenta dovuta allo sviluppo di funghi sulla "melata" prodotta da alcuni insetti parassiti (cocciniglie, afidi, aleurodidi), i danni sono soprattutto di ordine estetico, ma si osserva anche un certo rallentamento delle attività fisiologiche nelle piante attaccate. Grafiosi dell'olmo Ospiti: Ulmus carpinifolia prevalentemente, ma anche U. glabra e U. laevis. Sintomi: questa malattia, presente già da qualche decennio in Italia ma che sta provocando serissimi danni solo ultimamente, si manifesta con l'appassimento e il disseccamento di parte o dell'intero fogliame, processo che può avvenire lentamente o in tempi velocissimi. La sezione del tronco evidenzia inoltre un anello brunastro, in corrispondenza dell'area colpita dal fungo, che agisce occludendo i vasi linfatici. Marciume radicale Ospiti: diverse specie di piante arboree. Sintomi: questo attacco fungino si manifesta con il prodursi, sulle radici e sul colletto della pianta, di macchie biancastre (micelio) dal caratteristico odore di fungo. Vicino alle parti colpite si sviluppano frequentemente i corpi fruttiferi di questo fungo (Armillaria mellea), chiamati comunemente "chiodini", che sono commestibili. Ristagni d'acqua nel terreno e lesioni radicali favoriscono lo sviluppo della malattia. Oidio o mal bianco Ospiti: diverse specie di piante ornamentali. Sintomi: l'infezione è facilmente riscontrabile per la presenza di macchie bianche polverulente sulle parti verdi della chioma, soprattutto in corrispondenza dei tessuti più teneri. L'attacco a volte si manifesta anche con necrosi, disseccamento o accartocciamento del fogliame, che cade precocemente. Tumori radicali (batteriosi) Ospiti: diverse specie di piante ornamentali. Sintomi: sul colletto della pianta colpita o sulle sue radici compaiono protuberanze di natura legnosa, generalmente sferiche, nodose e di diversa grandezza, provocate dal batterio penetrato attraverso le ferite. La pianta deperisce lentamente e a volte muore. Verticilliosi dell'acero Ospiti: diverse specie di Acer principalmente, ma colpisce anche altre piante arboree. Sintomi: il fogliame si dissecca, si accartoccia e cade precocemente; i sintomi possono manifestarsi più o meno lentamente o in modo rapido e improvviso, soprattutto in corrispondenza dei periodi di maggiore attività vegetativa. La sezione dei rami e del tronco evidenzia la presenza di anelli o aree brunastre.FISIOPATIE DEGLI ALBERIClorosi Ospiti: tutte le piante ornamentali, più facilmente quelle acidofile. Sintomi: le foglie assumono colorazioni bianco-giallastre provocate dalla scarsa presenza di clorofilla; in seguito seccano, a partire dai margini, e poi cadono. La causa può essere imputabile a mancanza di ferro nel terreno, provocata a volte da un'eccessiva concentrazione di calcare, che blocca l'assorbimento di questo elemento. Anche alcune virosi provocano sintomi analoghi. Danni da freddo o da gelo Ospiti: potenzialmente tutte le piante ornamentali, soprattutto quelle più delicate se piantate in zone soggette ai rigori invernali. Sintomi: le gemme imbruniscono e muoiono, sulle foglie compaiono macchie o "lessature", mentre il tronco o i rami possono spaccarsi con conseguenze gravi per la pianta. Danni causati dalle piogge acide Ospiti: tutte le specie arboree ornamentali, soprattutto le conifere. Sintomi: aree necrotiche su foglie, fiori e rametti; a volte si manifestano solo dei disturbi nello sviluppo, e in modo particolare la riduzione dell'attività fotosintetica e della germinazione del polline, oltre a un deperimento generale della pianta.LATIFOGLIEACACIAIl genere Acacia comprende circa 450 specie di alberi e arbusti sempreverdi o a foglia caduca, diffusi solo nelle aree a clima mite. La chioma, molto ornamentale, è ricoperta da un leggero fogliame verde chiaro: in effetti le foglie sono a volte sostituite da piccioli appiattiti (i cosiddetti "fillodi") deputati allo svolgimento della fotosintesi. La fioritura avviene generalmente all'inizio della primavera, quando le piante si ricoprono di piccole infiorescenze globose di colore giallo. I fiori, però, perdono presto la loro freschezza e luminosità: prima di cadere, infatti, rinsecchiscono assumendo colorazione brunastra. Le acacie sono piante dalla vita generalmente breve a causa della loro sensibilità al gelo e scarsa resistenza ai venti troppo forti: vengono così spesso abbattute perché il loro apparato radicale superficiale non riesce ad ancorarle saldamente al terreno. Il loro accrescimento in compenso è molto rapido. Un espediente per esaltarne i pregi ornamentali consiste nel farle crescere su pergolati al posto degli abituali rampicanti: ciò consente di migliorare la loro stabilità, grazie al ricorso a un sostegno. Tra le specie più diffuse, l'A. cyanophylla, originaria dell'Australia, è una pianta vigorosa, pendula, che raggiunge un'altezza di 5-6 m e un diametro della chioma di 3-4. Le foglie sono sostituite da fillodi verde-bluastri tra cui compaiono, da marzo a maggio, i capolini giallastri cui fanno seguito frutti (baccelli) lunghi 8-12 cm. L'A. dealbata, la comune mimosa venduta come fiore reciso a primavera, è una specie sempreverde dalla chioma irregolare. Porta foglie composte, bipennate, di colore grigiastro, lunghe circa 20 cm. In marzo appaiono le luminose infiorescenze gialle, molto profumate e riunite in pannocchie. Nel nostro clima, questa specie può vivere all'aperto solo nelle regioni meridionali e in Liguria.
PIANTAGIONE. Generalmente si adatta a diversi tipi di terreno, benché le specie dalle foglie intere prediligano quelli lievemente acidi. Comunque il suolo ideale per tutte le acacie è quello fertile, umido e ben drenato. Si mette a dimora in primavera, quando è cessato il pericolo di gelate, in posizioni luminose e riparate. CURE COLTURALI. Nelle zone fredde si coltiva in contenitori da riparare in serra durante l 'inverno. Si consiglia di innaffiare abbondantemente durante i periodi più caldi. POTATURA. Non sono necessarie potature regolari, fuorché per le piante allevate su pergolato. Quelle coltivate in vaso vanno cimate annualmente dopo la fioritura per contenerne le dimensioni. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga facilmente per mezzo di semi che vanno lasciati in ammollo per 24 ore in acqua calda, prima di essere interrati in cassone freddo. Il periodo migliore per la semina è la primavera. Si può anche moltiplicare per mezzo di talee semilegnose da prelevare in estate e da interrare in cassone freddo avendo cura di mantenervi un certo grado di umidità. ACACIA DI COSTANTINOPOLIIl genere Albizzia, della famiglia delle mimosacee, comprende più di 100 specie di alberi e arbusti di particolare pregio ornamentale sia per il fogliame elegante sia per i fiori dall 'aspetto piumoso e dai colori delicati. Si tratta di piante poco rustiche, che devono perciò essere coltivate solo nelle zone più miti. Tra le specie più note, si ricorda l 'A. julibrissin, conosciuta anche col nome di gaggia e originaria dell 'Asia. Si incontra frequentemente nei giardini di tutta la nostra penisola, dato che è la più rustica fra le specie appartenenti a questo genere. Può raggiungere i 15 m di altezza e i 5-8 di diametro della chioma. Il suo bel fogliame bipennato, di un verde brillante, è simile a quello della mimosa. Contraddistingue questa specie il fatto che a sera le foglioline si chiudono. I fiori, riuniti in infiorescenze e portati all 'estremità dei rami, compaiono in estate: spiccano per la massa di stami rosa che producono. Questa specie e di rapida crescita.PIANTAGIONE. Non ama i terreni calcarei e preferisce una posizione soleggiata. La piantagione si effettua da ottobre a marzo. CURE COLTURALI. Si annaffia con moderazione in autunno e inverno, e abbondantemente in primavera ed estate. POTATURA. Normalmente non è necessaria. Se si volesse ridurre la taglia, si consiglia di effettuare una potatura piuttosto drastica alla fine dell'inverno. MOLTIPLICAZIONE. Le semine si effettuano in aprile, mantenendo una temperatura di 16 °C. Quando le piantine sono un po' cresciute, si trasferiscono in vasi di 8 cm, per poi essere trapiantate. La messa a dimora si effettua quando le piantine hanno raggiunto uno sviluppo sufficiente. Nel caso in cui si voglia realizzare la moltiplicazione per talea, si devono prelevare rametti di 8-10 cm, che si piantano in sabbia e torba miscelate in parti uguali in letto caldo alla temperatura di 16-18 °C. Quando le talee hanno emesso le radici, si trasferiscono singolarmente in vasetti. Da questo momento si trattano come le piantine nate da seme. ACEROIl genere Acer, della famiglia delle aceracee comprende circa 200 specie caratterizzate dal bellissimo fogliame, pregevole soprattutto in quelle cinesi e giapponesi: si tratta di alberi e arbusti rustici, frequenti in parchi e giardini e allo stato spontaneo. L'interesse ornamentale è dato dal colore delle foglie palmate, che in autunno assumono tonalità calde, dal giallo al rosso acceso. I fiori sono insignificanti, mentre i frutti sono riconoscibili per la caratteristica forma ad ali. Diverse sono le specie coltivate, tra cui l'A. campestre, il più comune degli aceri spontanei nella nostra penisola. Ha portamento cespuglioso e raggiunge i 10 m di altezza. Le foglie sono piccole e ingialliscono in autunno. Si trova nei boschi nelle siepi, in pianura e in collina. L'A. griseum, originario della Cina, è un albero di piccole dimensioni e lenta crescita, che arriva ai 3-4 m di altezza. Le foglie si tingono di un rosso acceso in autunno. Il maggior pregio ornamentale consiste nella corteccia che, sfaldandosi in autunno, scopre la porzione sottostante di color arancio-marrone. L'A. japonicum è un albero dal portamento compatto che raggiunge i 6 m; le foglie sono palmate e molto lobate, di color verde tenue, e rossastre in autunno. Diverse sono le varietà coltivate, tra cui l'"Aureum" e l'"Aconitifolium". L'A. negundo presenta un portamento espanso e raggiunge un'altezza di 8-10 m. Le foglie, diversamente da quelle delle altre specie, sono composte e imparipennate (formate da 3-5 foglioline). Questa specie presenta anche una varietà variegata di bianco. L'A. palmatum è il comune acero del Giappone, dal portamento arrotondato e le foglie a 5-7 lobi che, di colore verde durante l'estate, assumono tonalità molto belle in autunno. E' alto 4-5 m. Da questa specie sono derivate quasi tutte le varietà coltivate a scopo ornamentale, tra cui l'"Atropurpureum", il "Dissectum", "Dissectum atropurpureum". L'A. platanoides, originario dell'Europa, è un albero dal portamento eretto che raggiunge gli 8 m di altezza. E' conosciuto comunemente come "acero riccio". Le foglie a 5 lobi diventano gialle in autunno e assomigliano a quelle del platano. Cresce nei boschi di montagna dell'Italia settentrionale e centrale. L'A. pseudoplatanus, diffuso in Europa, è noto come "acero montano". Le foglie e il portamento sono simili a quelli dell'A. platanoides. Viene utilizzato come frangivento, come alberatura cittadina e nei parchi. E' una specie molto longeva. L'A. saccharinum è una specie americana, vigorosa, dalla chioma arrotondata, che raggiunge i 10 m di altezza. E' caratterizzata da un fogliame ornamentale, di colore verde sulla pagina superiore e bianco-argentato su quella inferiore. Tra le sue varietà, il "Laciniatum" ha foglie profondamente lobate, mentre il "Pyramidalis" ha portamento conico.PIANTAGIONE. Predilige i terreni freschi, drenati, ma piuttosto umidi. Può essere piantato sia in posizioni soleggiate sia a mezz'ombra. Gli aceri giapponesi preferiscono terreni non calcarei e protetti dai venti. Si mettono a dimora a partire dall'autunno e fino alla primavera. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. Le specie asiatiche devono essere protette dalle gelate tardive. POTATURA. Le specie A. campestre e A. platanoides sopportano bene il taglio, tanto che vengono usate come siepe. La potatura non è invece necessaria per le altre ed è addirittura dannosa per quelle asiatiche. Il portamento di tali specie infatti ne risulta irrimediabilmente alterato. MOLTIPLICAZIONE. Il metodo più frequente è quello mediante semi, che devono essere interrati in autunno in letto freddo; entro la primavera successiva si trapiantano in vasi o in vivaio. La messa a dimora si effettua all'incirca al terzo anno. AGRIFOGLIOIl genere Ilex, a cui appartiene il comune agrifoglio, comprende circa 300 specie di alberi e arbusti sia sempreverdi sia caducifogli. I fiori maschili e femminili, entrambi insignificanti, sono portati su alberi separati: per ottenere le bacche, che hanno uno spiccato valore ornamentale, è necessario quindi piantare vicini individui di sesso diverso. La specie più diffusa è l'I. aquifolium, che cresce in tutta l'Europa centrale e occidentale dove si trova allo stato spontaneo nei sottoboschi. E' un albero piuttosto basso (fino a 10 m), sempreverde, dal portamento piramidale. Le foglie sono molto coriacee, di color verde scuro, e presentano un tipico margine dentato con spine forti e distanziate. Fiorisce in maggio-giugno, mentre le bacche, che sono velenose, si manifestano da settembre a marzo. E' utilizzato per formare siepi e come decorazione natalizia. Da questa specie sono derivate numerose varietà coltivate, tra cui: l'"Argenteo Marginata", con foglie a margini argentati; il "Pyramidalis", dal portamento eretto; il "Van Tool", dalle foglie quasi prive di spine e carico di bacche rosse.PIANTAGIONE. Predilige i terreni ricchi di humus e i luoghi umidi. Sebbene si adatti a tutte le posizioni, è meglio collocarlo in zone semiombreggiate, ad eccezione delle specie variegate che necessitano di sole. E' preferibile piantare individui ancora giovani e provvisti di pane di terra; dopo l'impianto, che va effettuato in marzo-aprile, si deve innaffiare frequentemente. Solo nelle zone più miti si possono mettere a dimora anche d'inverno. Per formare delle siepi si piantano individui non più alti di 50 cm, alla distanza di 60 cm l'uno dall'altro. CURE COLTURALI. Dopo le fasi delicate dell'impianto, necessita delle normali cure colturali. POTATURA. Se si vuole ottenere una siepe, le piantine messe a dimora non vanno potate fino alla primavera successiva, epoca in cui si procederà ad una cimatura affinché si infoltiscano. Negli anni seguenti si tratteranno come tutte le siepi. MOLTIPLICAZIONE. Solitamente si propaga per talea: a tale scopo in agosto si devono tagliare i rametti cresciuti durante l'anno, avendo cura di lasciare attaccata una porzione del ramo portante. Le talee, lunghe circa 5 cm, si piantano in un miscuglio di torba e sabbia in parti uguali. Il trapianto in vivaio va effettuato dopo 1 anno, mentre la messa a dimora dopo altri 2 anni. AILANTOIl genere comprende 8-9 specie provenienti dall'Asia e da l'Australia. La specie più diffusa è l'Ailanthus altissima, chiamato anche "albero del cielo", riconoscibile per le lunghe foglie composte (fino a 60 cm di lunghezza) che, verso la metà dell'estate, tendono al rossastro. Il tronco cresce diritto e presenta una corteccia marrone scuro. E' specie dioica, quindi gli alberi possono essere o maschili o femminili, ma questi ultimi sono maggiormente diffusi dato che i fiori maschili hanno un odore sgradevole. Comunque, i fiori di entrambi i sessi sono insignificanti e di colore verdastro. Più appariscenti sono invece i frutti, a samara, che si manifestano copiosi in autunno. Questi alberi raggiungono un'altezza di 15-20 m e il diametro della chioma arriva agli 8-10 m. Sono molto resistenti ai fumi, alle polveri e alle esalazioni, oltre che a diverse patologie: perciò trovano frequente impiego in viali e parchi cittadini. PIANTAGIONE Si mette a dimora in autunno e primavera in qualsiasi terreno.CURE COLTURALI. Non richiede particolari cure colturali oltre a quelle normali. POTATURA. Non sono necessarie regolari potature. A volte i giovani alberi, appena piantati, vengono potati alla base per ottenere una vegetazione fitta e cespugliosa, caratterizzata da lunghe foglie dall'aspetto esotico. In autunno si ripete il taglio. MOLTIPLICAZIONE. Gli alberi femminili si allevano dai polloni prelevati al piede. La semina invece si effettua in autunno in letto freddo; poi si trasferiscono le piantine in vasi singoli e, nella primavera successiva, si pongono in vivaio dove rimarranno 2-3 anni prima della messa a dimora. ALBERO DI GIUDAIl nere Cercis comprende solo poche specie di alberi, tutti a foglia caduca, originari dell'America settentrionale, della Cina e dell'Europa meridionale. Caratteristica saliente è la comparsa dei fiori sui rami nudi, a primavera avanzata, prima che si formino le foglie. La specie più frequente è il C. siliquastrum, appartenente alla flora mediterranea e di notevole pregio ornamentale: ha foglie rotonde e fiori rosa riuniti a mazzetti. Dopo la fioritura compaiono numerosi baccelli che rimangono sull'albero anche dopo la caduta delle foglie. Questa specie è rustica e, date le modeste dimensioni (5-6 m di altezza e 4 di diametro della chioma), è adatta per alberature e piccoli giardini.PIANTAGIONE. Preferisce i terreni calcarei. Si pianta in ottobre o in marzo-aprile in posizioni soleggiate. CURE COLTURALI. E' bene provvedere alla protezione delle piantine giovani con paglia oppure pacciamare il terreno con foglie secche. POTATURA. Non è necessaria. Se la parte aerea dovesse gelare, si taglia alla base per ottenere una nuova vegetazione che crescerà in fretta. MOLTIPLICAZIONE. Si moltiplica per seme nelle regioni mediterranee, dove cresce anche spontanea: in tal caso si semina in primavera in cassone esposto a sud e, dopo 2 anni, si mettono a dimora o in vivaio le piantine giovani. BAGOLAROIl comune bagolaro, Celtis australis, chiamato anche "spaccasassi", è una pianta diffusa nelle regioni mediterranee, dove è frequente nei cortili, data la gradevole ombra offerta dalle sue chiome. Si tratta di una specie a foglia caduca, lanceolata, a margine dentato e di colore scuro. I fiori sono insignificanti; i frutti sono drupe che maturano in autunno. Questa pianta raggiunge notevoli dimensioni (fino a 25 m di altezza) e viene utilizzata frequentemente come alberatura perché resiste al fumo e alla polvere.PIANTAGIONE. Può essere piantato in tutti i terreni, anche sassosi: preferisce comunque suolo fertile e ben drenato. L'impianto va effettuato in primavera. CURE COLTURALI. Non necessita di cure particolari. POTATURA. E' sufficiente potare i rami secchi e deperiti. Se si volessero ottenere dei frangivento, la cimatura consente di infoltire la vegetazione. MOLTIPLICAZIONE. Per ottenere piante più robuste, è preferibile la propagazione mediante semi, da effettuare in autunno, dopo la raccolta, in posizioni soleggiate. Si trapianta a 2 anni in vivaio, dove si compirà il taglio di tutti i getti, fuorché di quello più vigoroso. Dopo altri 4 anni si mette a dimora. BETULLAIl genere Betula comprende alberi e arbusti rustici, caducifogli, dai rami sottili e dalla corteccia bianca o bruna, che ha grande pregio ornamentale. Tutte le specie portano sia infiorescenze maschili sia femminili sullo stesso individuo. Tra le più comuni, vi è la B. alba (o B. pendula), un albero dal portamento elegante che raggiunge i 20 m di altezza. La corteccia è argentea. Numerose le varietà coltivate, tra cui la "Fastigiata" dal portamento slanciato, la "Tristis" e la "Youngii" con rami penduli. Le foglie, dalla forma pressoché ovale, sono dentate. Questa specie è diffusa nelle regioni temperate e cresce in boschi radi date le sue esigenze di luce. La B. papyrifera ha foglie triangolari e dimensioni simili alla precedente. La corteccia, bianca e lucida, si sfalda negli alberi adulti.PIANTAGIONE. Predilige terreni di medio impasto. Si mette a dimora in autunno e in primavera in posizioni soleggiate. E' consigliabile non piantarla vicino ai muri, perché è dotata di apparato radicale molto espanso oltre che superficiale. Si adatta anche a contenitori, purché capienti, per abbellire terrazzi spaziosi. A tale scopo, la varietà più indicata è la "Youngii". CURE COLTURALI. Necessita di frequenti irrigazioni dato che l'apparato radicale, molto superficiale, soffre la siccità. E' suscettibile agli attacchi di cocciniglie, che disseccano i rami; scolitidi, che scavano gallerie sotto la corteccia; afidi, che deformano le foglie. Può essere colpita anche da malattie fungine che provocano marciume radicale, nonché ruggine, con comparsa di macchie giallo-rosse sulle foglie che finiscono per cadere. POTATURA. Non è necessaria. Se si taglia il tronco alla base si ottengono nuovi ricacci di germogli delle radici: si avranno così cedui molto vigorosi. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga facilmente mediante semi che, all'atto della maturazione (ottobre), si spargono su terreno leggero in posizione soleggiata. Le piantine si trapiantano dopo 1 anno in vivaio, dove si lasciano per altri 2-3 anni prima della messa a dimora. BIANCOSPINOIl genere Crataegus, cui il biancospino appartiene, comprende alberi e arbusti a foglia caduca e con rami spinosi che mediamente raggiungono l'altezza di 3-5 m. I fiori, generalmente bianchi o rosa a 5 petali, sbocciano in aprile-maggio. I frutti rosso-arancio, non più grandi di 1 cm, appaiono in settembre e resistono sulle piante quasi tutto l'inverno. Tra le specie coltivate, il C. azarolus, conosciuto come azzeruolo, è, sia pur limitatamente, diffuso per i frutti, piccoli pomi dal colore giallo-rossastro. C. monogyna è un arbusto dotato di spine, con foglie verdi lucide e fiori bianchi che ricoprono uniformemente i rami in maggio. Viene ampiamente usato per la formazione di siepi, dal momento che crea una barriera impenetrabile. Tra le sue varietà, il "Praecox" produce, in clima mite, un'ulteriore fioritura in novembre-marzo. Esistono anche varietà a fiori rosa o rossi. Il C. oxyacantha è il comune biancospino. Di aspetto simile alla specie summenzionata, ha fiori bianchi ed è stato utilizzato frequentemente, in passato, come siepe nelle nostre campagne. L'abbondante fruttificazione attira gli uccelli, grandi distruttori di parassiti. Si utilizza, nei giardini, come esemplare isolato o per formare delle siepi fiorite. Tra le sue varietà, si ricordano il "Rosea Flore-Pleno" con fiori doppi rosa, il "Paul's Scarlet" con fiori doppi scarlatti e il "Coccinea" a fiori rossi semplici.PIANTAGIONE. Si adatta a diversi tipi di terreno e tollera anche un certo livello di umidità o di siccità. L'impianto si effettua in primavera o in autunno in posizioni di preferenza soleggiate o parzialmente ombreggiate. Per formare delle siepi, è opportuno scavare una fossa profonda prima dell'inverno: in primavera si vanga il fondo e si mettono a dimora piantine alte circa 40 cm, alla distanza di 25-35 cm l'una dall'altra. La siepe va subito tagliata a 10 cm dal terreno. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. E' opportuno difenderlo dai parassiti fungini: viene infatti attaccato da Armillaria mellea (famigliola), che provoca la morte della pianta; ruggine, che interessa i giovani germogli e le foglie; oidio, che si manifesta come una polvere biancastra sulle foglie. POTATURA. Se interessa come esemplare isolato, non sono necessarie potature regolari. Se invece si vuole come siepe, la potatura si effettua da luglio a marzo. Si consiglia di tagliare fino alla base nel caso in cui la chioma si dovesse diradare. MOLTIPLICAZIONE. Si effettua mediante semi che, raccolti a maturazione avvenuta, vanno stratificati per un anno e mezzo circa in sabbia. Si semina all'aperto, all'inizio della primavera. Si moltiplica anche per talea o margotta. CARPINOIl genere Carpinus comprende oltre 30 specie di alberi, diffusi nell'emisfero settentrionale. Sono tutti a foglia caduca, ma la loro caratteristica è quella di mantenere le foglie secche sui rami, durante l'inverno, fino alla comparsa di quelle nuove. Tutte le specie portano sia infiorescenze maschili sia femminili di scarso interesse ornamentale. La specie più comune è il C. betulus (carpino comune o bianco) dal tronco diritto e cilindrico e dalla corteccia liscia di color grigio. Ha portamento ovoidale e raggiunge al massimo i 20 m di altezza. Le foglie sono ovali con apice appuntito e margine doppiamente dentato. I fiori compaiono insieme alle foglie e ricordano quelli del nocciolo, con cui è imparentato. Si tratta di una specie rustica, che in natura si associa frequentemente alla rovere o al faggio. Inoltre si adatta a formare delle siepi, dato che sopporta bene i tagli ripetuti. Tra le varietà coltivate, citiamo il "Fastigiata", con portamento piramidale; il "Purpurea", che presenta foglie giovani di color porpora; il "Pyramidalis", dal portamento conico e di lenta crescita.PIANTAGIONE. Predilige i terreni argillosi e comunque freschi, in posizioni preferibilmente soleggiate. Non tollera i terreni acidi o troppo secchi. L'impianto si effettua in autunno o all'inizio della primavera. Per ottenere delle siepi, le piantine si mettono a dimora alla distanza di 40-50 cm l'una dall'altra. CURE COLTURALI. Oltre alle normali cure colturali, è consigliabile pacciamare il terreno con letame maturo o terriccio di foglie. POTATURA. Le siepi si potano ogni anno in estate fino all'altezza desiderata. A differenza del biancospino, la potatura deve essere dosata nel tempo: i rami si tagliano un poco alla volta e non prima dei 2 anni dalla messa a dimora. Se la pianta deperisce, si taglia alla base. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga in primavera solo mediante semi che siano stati conservati per un paio d'anni nella sabbia. Il trapianto in vivaio avviene dopo 2 anni e la messa a dimora quello successivo. CATALPAIl genere Catalpa comprende solo poche specie, nessuna delle quali diffusa spontaneamente in Europa. La si può incontrare quindi solo nei giardini, anche quelli cittadini, dove svolge una buona funzione ornamentale. La specie coltivata e la C. bignonioides, un albero di taglia piccola che supera raramente i 10 m di altezza. Ha chioma tondeggiante e foglie grandi a forma di cuore. Il maggior pregio decorativo è dato dai fiori (bianchi e giallo-porpora all'interno), riuniti in infiorescenze erette, lunghe 20-25 cm, che compaiono in luglio. I frutti, di forma cilindrica e pendenti, sono lunghi 20-40 cm e rimangono appesi ai rami durante tutto l'inverno. Tra le varietà coltivate l'"Aurea" presenta foglie gialle.PIANTAGIONE. Si adatta a diversi tipi di terreno, ma predilige quelli fertili in posizioni soleggiate. Si pianta in autunno o all'inizio della primavera. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. POTATURA. Non sono necessarie potature regolari. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga per talee, prelevate in luglio-agosto dai rami dell'anno e della lunghezza di circa 10 cm, avendo cura di comprendere una porzione del ramo portante. Poi si piantano in sabbia e torba mescolate in parti uguali. Dopo la radicazione, si trasferiscono in vasi che vanno posti in cassone freddo fino alla primavera successiva, quando si trapiantano in vivaio. CILIEGIO ORNAMENTALESono chiamati ciliegi ornamentali un gruppo di alberi, notevoli da un punto di vista decorativo, che appartengono al genere Prunus, che comprende più di 400 specie, quasi tutte a foglia caduca e con fioritura primaverile. Molte di queste sono coltivate come piante da frutto: albicocchi, peschi, mandorli, ciliegi, susini. I ciliegi ornamentali, che hanno foglie ovali con margine dentato e fiori appariscenti riuniti in mazzetti, si dividono in due grandi gruppi: i ciliegi ibridi giapponesi e tutti gli altri ciliegi ornamentali. I primi hanno fioriture molto spettacolari e a volte le giovani foglie sono di colore ramato. Tra questi si ricorda il P. subhirtella "Autumnalis", a fiori semidoppi, bianchi, che sbocciano da novembre a marzo. Di questa specie si coltiva anche la varietà rosa. Il P. subhirtella "Tai haku" raggiunge i 10 m di altezza e fiorisce quando è ancora molto giovane. I fiori bianchi sbocciano in aprile e le foglie giovani sono di color rame. Della stessa specie, la varietà "Ukon" è tra le più belle; ha fiori color crema con sfumature rosa che crescono numerosissimi alla fine di aprile e foglie giovani rosse. Il P. serrulata "Shirotae" raggiunge gli 8 m di altezza e ha una larga chioma con rami che tendono a ricadere; presenta fiori bianchi, profumati, che appaiono verso la fine di aprile. Il P. serrulata "Shimidsu sakura" è un albero di piccole dimensioni, con fiori doppi che appaiono ad aprile-maggio. Il P. incisa "Kanzan" raggiunge i 9 m di altezza, è vigoroso e porta fiori rosa-porpora doppi che sbocciano in gran copia alla fine di aprile. Del secondo gruppo si ricorda il P. accolade, che resta piccolo anche da adulto, e la cui chioma raggiunge una larghezza massima di 2 m. I fiori sono di un rosa vivo e sbocciano numerosi in marzo-aprile. Il P. amanogawa, di taglia ridotta e dal portamento colonnare, manifesta una fioritura di color rosa tenue e lievemente profumata, che avviene in aprile-maggio. Il P. avium è un albero che può raggiungere i 20 m di altezza: è il progenitore dei ciliegi da frutto. I fiori sbocciano in aprile e sono bianchi, le foglie si tingono di rosso vivo in autunno. La varietà "Plena" ha fiori doppi. Il P. x hillieri, non molto alto e a chioma espansa, si copre di fiori rosa in aprile, e in autunno di foglie di color rosso vivo. La varietà "Spire" è adatta per giardini piccoli.PIANTAGIONE. Cresce nei terreni ben drenati ma non troppo asciutti, e lievemente calcarei. Deve essere piantato all'inizio dell'autunno o in febbraio in posizioni assolate, avendo l'accortezza di legarlo a dei sostegni soprattutto nelle zone ventose. Non va piantato In profondità. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. E' meglio evitare di vangare il terreno intorno agli alberi, dato che le radici sono molto superficiali. POTATURA. Non sono necessarie potature regolari: si interviene, all'inizio dell'autunno, solo sui rami ingombranti. MOLTIPLICAZIONE. Tutte le specie si possono propagare per seme, mentre le varietà devono essere moltiplicate per via vegetativa al fine di mantenere intatte le caratteristiche. Gli ibridi e i ciliegi giapponesi si innestano sul P. avium. Le specie a fiori piccoli si moltiplicano per talea in luglio: le talee di 10 cm, ottenute dai rami semimaturi, si piantano in un miscuglio di sabbia e torba in parti uguali, mantenendo la temperatura intorno ai 16 °C. Quando è avvenuto il radicamento, si trapiantano in vasi da riparare in letto freddo fino alla primavera successiva, epoca del trasferimento in vivaio. CORBEZZOLOQuesto albero di piccole dimensioni appartiene al genere Arbutus che comprende circa 20 specie sempreverdi di notevole interesse decorativo per il fogliame: diffuse nelle regioni mediterranee, sono quasi sempre semirustiche. Tra le specie coltivate, l'A. andrachne raggiunge al massimo i 9 m di altezza e i 4 di diametro. Ha corteccia liscia color cannella, che costituisce il suo maggior pregio ornamentale. I fiori bianchi, che sbocciano in primavera, sono uniti in infiorescenze e ricordano il mughetto. Ad essi seguono frutti di color rosso-arancio. L'A. unedo (corbezzolo) è un albero tipico della macchia mediterranea: porta foglie lucide e dentate di color verde scuro. Come nella specie summenzionata i fiori sono riuniti in infiorescenze, ma compaiono in autunno, epoca in cui avviene anche la maturazione dei frutti dell'anno precedente. I frutti, molto simili alle fragole, possono essere mangiati, senza però abusarne perché poco digeribili. Il corbezzolo è specie rustica solo nelle regioni mediterranee.PIANTAGIONE. Predilige terreni silicei, ricchi di humus, leggermente acidi e ben drenati. Si pianta in ottobre, sebbene nelle regioni più fredde sia preferibile compiere quest'operazione in aprile, in posizioni soleggiate e riparate, dato che teme i venti freddi. CURE COLTURALI. In primavera si devono sfoltire le ramificazioni troppo dense: il taglio va effettuato alla base del germoglio. POTATURA. Non sono necessarie regolari potature. MOLTIPLICAZIONE. Si spargono i semi maturi, in marzo, in un miscuglio composto di terra di brughiera, terriccio di foglie e terra normale in parti uguali. La semina si effettua all'aperto nelle regioni miti, e in cassoni riparati in quelle più fredde. Le piantine cresciute all'aperto si rivelano però più robuste. L'impianto a dimora va effettuato quando le piantine hanno superato i 50 cm di altezza. Si può moltiplicare anche per mezzo di talee di legno semimaturo, prelevate in luglio, lunghe 8-10 cm. EUCALIPTOIl genere Eucalyptus comprende più di 600 specie di alberi e arbusti sempreverdi, diffusi allo stato spontaneo in Tasmania e in Australia. Nel sud della nostra penisola gli eucalipti vengono utilizzati per la costituzione di fasce frangivento o allevati a ceduo per ricavarne legname. Alcune specie sono rustiche, altre semirustiche: queste ultime possono essere coltivate in vaso. Le foglie adulte, a differenza di quelle giovani senza picciolo e con forma più arrotondata, sono allungate, a forma di falce e pendule. La chioma è sempre molto ramificata e la corteccia, caratteristica comune a molte specie, negli alberi adulti si sfalda a chiazze scoprendo lo strato sottostante di color crema. I fiori chiari, riuniti in gruppi, compaiono all'inizio dell'estate all'ascella delle foglie e sono profumati. Il fogliame è particolarmente apprezzato nelle composizioni floreali: i rami tagliati in inverno durano molto più a lungo di quelli estivi perché la pianta è in riposo. Tra le numerose specie coltivate, l'E. globulus è una delle più frequenti nelle regioni miti. Le foglie giovani cuoriformi, glauche, possono modificarsi anche dopo 2-3 anni, allungandosi fino a 40 cm e diventando verdi. La fioritura avviene da maggio a luglio. L'E. gunnii è una specie delicata che può essere allevata sia ad albero sia ad arbusto: in quest'ultimo caso si pota ogni anno. Le foglie giovani, diverse dalle adulte, hanno color glauco-rosato; i rami giovani hanno corteccia rosa, verde-gialla o bruno-rossiccia. I fiori sbocciano in estate. L'E. nicholii è una specie piuttosto delicata che, già a 5 anni, raggiunge i 6 m di altezza. I germogli giovani sono verde scuro. Questo eucalipto è utilizzato come pianta da aiuola e per composizioni floreali. Se si pota ogni anno, si ottiene un arbusto di dimensioni medie.PIANTAGIONE. E' preferibile piantarlo in suoli leggermente acidi o neutri, ben drenati e arricchiti con torba umida, ma non aridi. Vuole posizioni soleggiate ma riparate. E' meglio utilizzare individui giovani per evitare il trauma del trapianto, a cui l'eucalipto è molto sensibile. Il colletto va interrato di 5 cm così da coprire bene le radici. Si deve innaffiare abbondantemente il terreno e le piante vanno sostenute con tutori fino a 5 anni. CURE COLTURALI. Necessita di abbondanti innaffiature durante il periodo vegetativo. D'inverno sarà opportuno coprire il piede della pianta con paglia. In caso di gelo, si deve tagliare la base perché emetta nuovi e vigorosi germogli. Le piante delicate coltivate in vaso vanno riparate d'inverno in serra fredda. POTATURA. Va potato periodicamente per mantenere la forma voluta: in particolare si deve regolare il fusto principale, alla metà o fine di giugno, delle piante di 2-3 anni. Il taglio va praticato al di sopra dei due rami prodotti l'anno precedente. Per ottenere degli arbusti, si tagliano alla base le piante messe a dimora l'anno prima. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga mediante semi ottenuti dai frutti legnosi di 1 anno, opportunamente conservati in luogo chiuso. La semina si effettua all'inizio della primavera in cassette coperte con un vetro, da togliere alla comparsa delle piantine. Il terreno va mantenuto umido. FAGGIOIl genere Fagus comprende poche specie, diffuse allo stato spontaneo anche in Europa, di cui solo una è frequentemente coltivata sia nei boschi sia in giardini e parchi. Il F. sylvatica (faggio piramidale) è caducifoglio e raggiunge i 40 m di altezza e i 15 di diametro della chioma. E' un albero maestoso, dal portamento piramidale e dal fogliame denso, di color verde chiaro quando è giovane e più scuro da adulto. Il tronco, diritto, ha una corteccia liscia grigio chiara; le foglie, lucide e di forma ovale, hanno margine lievemente ondulato e nervature evidenti. La fioritura è insignificante: ogni esemplare porta sia fiori maschili sia femminili, separati, che compaiono in maggio. I frutti dal sapore gradevole (faggiole) e dal colore bruno, hanno forma triangolare e sono ricoperti da un involucro legnoso munito di spine. La fruttificazione non si ripete con cadenza annuale, ed inizia quando gli alberi hanno già raggiunto i 60 anni. Questa pianta fornisce una fitta ombra, poco propizia allo sviluppo della vegetazione. Tra le varietà coltivate, ricordiamo: il "Fastigiata", con portamento colonnare; il "Pendula", con rami penduli; il "Purpurea", dal fogliame rosso molto decorativo; il "Tricolor", con belle foglie verdi-porpora e margini bianco-rosati. Nei parchi o nei giardini spaziosi si utilizza come esemplare isolato.PIANTAGIONE. Non ha specifiche esigenze di terreno, anche se si rivela inadatto a quelli troppo umidi, compatti o eccessivamente acidi. Il terreno ideale deve essere fertile e ben drenato. Non ama le posizioni assolate e predilige i luoghi con un certo tasso di umidità atmosferica. Si mette a dimora in autunno o all'inizio della primavera. Può essere utilizzato anche come siepe e in questo caso si piantano individui alti 50 cm alla distanza di 50 cm l'uno dall'altro. CURE COLTURALI. Necessita delle normali cure colturali. E' consigliabile prevenire l'attacco di cocciniglie; afidi, che si insediano sulla pagina inferiore delle foglie; scolitidi, che scavano gallerie nella corteccia. Il cancro dei rami è provocato da un fungo che lascia profonde ferite sui rami giovani. POTATURA. Per gli alberi non sono necessarie potature regolari. I soggetti allevati a siepe si tagliano dopo l'impianto, asportando una porzione di ramo superiore alla metà della sua lunghezza. Successivamente si pota ogni anno in luglio-agosto. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga per seme in ottobre. Il trapianto a dimora si effettua dopo 3 anni. Particolare attenzione va posta alle gelate, temibili poiché uccidono i giovani germogli. Le varietà a foglie rosse si devono innestare sulla specie originaria, altrimenti non producono la tipica colorazione. FRASSINOIl genere Fraxinus comprende alberi a foglia caduca, diffusi nelle zone temperate dell'emisfero settentrionale. Sono tutte specie rustiche, di dimensioni piuttosto grandi: sono perciò adatte per parchi e giardini spaziosi. Le foglie dei frassini sono composte, imparipennate, con margine dentato. I fiori sono generalmente del tutto insignificanti, tranne quelli del F. ornus. Tra le specie più diffuse, il F. excelsior (frassino maggiore) è un albero di grande taglia che può raggiungere i 40 m di altezza. La chioma, di forma ovale negli individui giovani, diventa più tondeggiante nell'albero adulto. La corteccia è liscia, di colore grigio e va sempre più fessurandosi con l'età. L'apparato radicale è molto sviluppato, ragion per cui si consiglia di non effettuare la messa a dimora nelle vicinanze di edifici. Le foglie sono composte da 7-15 foglioline ellittiche. I frutti sono alati e penduli. Tra le varietà coltivate, l'"Aurea" ha foglie giallo chiaro in autunno, e il "Pendula" è caratterizzato da rami penduli. Il F. ornus (orniello), più piccolo del precedente, raggiunge al massimo i 10 m di altezza. Le foglie composte sono formate da 5-7 foglioline. La fioritura è appariscente: le infiorescenze profumate di color bianco-crema compaiono in maggio. Il F. oxycarpa è un albero che raggiunge i 20 m di altezza, molto ramificato, la sua varietà "Raywood" ha un bel fogliame che si tinge di porpora in autunno.PIANTAGIONE. Predilige i terreni freschi e profondi, anche nelle vicinanze di corsi d'acqua, in zone prive però di ristagni. Si pianta in autunno o in primavera, al sole o in ombra parziale. Resiste ai freddi intensi e ai venti. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. Può essere attaccato da cancro del frassino, che provoca piccole protuberanze sulla corteccia e, nei casi più gravi, macchie nerastre più estese che possono causarne la morte. In presenza di ristagni d'acqua nel terreno, può anche essere colpito da marciume radicale. POTATURA. Non sono necessarie potature regolari. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga mediante semi che, dopo la raccolta, devono rimanere stratificati per 1 anno, e poi si mettono direttamente a dimora in autunno in vasi da riparare in cassone freddo. Dopo 1 anno si trasferiscono in vivaio dove rimarranno per altri 2, prima di essere messi a dimora. GELSOSi tratta di alberi rustici provenienti dall'Asia, e caratterizzati dal breve fusto, la chioma ovoidale e le foglie decidue. Queste ultime sono grandi e dentate. I fiori piccoli, verdastri, riuniti in infiorescenze cilindriche, compaiono in aprile-maggio all'ascella delle foglie. I frutti carnosi, simili alla mora di rovo, maturano in luglio-settembre. Il genere Morus, cui il gelso appartiene, comprende una decina di specie di cui due sono coltivate in Italia: di queste una è il M. alba, le cui foglie venivano utilizzate, in passato, per alimentare il baco da seta. Il M. nigra è coltivato per i frutti commestibili che hanno sapore lievemente acidulo. Di aspetto molto simile a quello della specie precedente, se ne distingue a fatica nei periodi in cui non porta frutti. Un tempo era molto diffuso in cortili e giardini.PIANTAGIONE. Predilige un terreno fertile, profondo e ben drenato, anche se presenta una buona adattabilità. Si pianta in novembre, in zone riparate dai venti, non eccessivamente assolate e con inverni non troppo rigidi. CURE COLTURALI. Necessita di innaffiature frequenti ma moderate. E' opportuno difenderlo dagli attacchi di cocciniglia bianca, che porta al disseccamento dei rami colpiti. POTATURA. Se si alleva in forma libera, ogni 3-4 anni si tagliano i rami per rinnovare la vegetazione. Se invece lo si imposta nelle forme tipiche degli alberi da frutto, bisognerà attenersi alle procedure opportune. MOLTIPLICAZIONE. Si effettua mediante talee, della lunghezza di 30 cm, che devono essere prelevate in autunno e piantate direttamente in vivaio. Solo una porzione con 2-3 gemme deve rimanere al di fuori del terreno. IPPOCASTANOQuesto albero che appartiene al genere Aesculus, può raggiungere i 25 m di altezza. Ha un portamento maestoso, una chioma ovoidale foltissima e foglie palmate, composte da 5-7 foglioline. La fioritura è vistosa ed avviene in aprile-maggio, solo su piante che hanno raggiunto i 15 anni d'età: i fiori, riuniti in infiorescenze erette e coniche, sono bianchi o rosa. I frutti, simili a castagne, maturano in settembre-ottobre. Tutte le specie sono rustiche. Tra le specie coltivate, l'A. x carnea (ippocastano rosso) è un ibrido di dimensioni limitate (raggiunge i 10 m di altezza) che porta infiorescenze rosa in maggio-giugno. L'A. hippocastanum è ippocastano comune, di grandi dimensioni e di rapida crescita, frequente nei viali e nei parchi. Una sua varietà, il "Baumannii", ha fiori bianchi, doppi e non produce semi. L'A. indica raggiunge i 20 m di altezza. I fiori sbocciano in estate e sono di colore bianco-rosato con piccole macchie rosse o gialle. Le foglioline sono di un verde lucente e i semi sono neri e lucidi. L'A. pavia è un piccolo albero (altezza 2-6 m), dal portamento tondeggiante, che produce fiori di un rosso brillante in maggio-giugno.PIANTAGIONE. Si può effettuare in quasi tutto il territorio italiano, senza oltrepassare l'altezza collinare. I terreni freschi, fertili, non siccitosi e le posizioni luminose sono di gran lunga preferibili. Con il procedere dell'età diventa più rustico. La messa a dimora va fatta fra ottobre e marzo con piantine di 4-5 anni, avendo cura di non esporre all'aria le radici per lungo tempo durante il trapianto. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. Tra le malattie che lo colpiscono: cocciniglie; antracnosi dell'ippocastano, che provoca fessurazioni nella corteccia; seccume fogliare dell'ippocastano, che si manifesta sulle foglie con zone di disseccamento circondate da un anello giallastro. POTATURA Non sono necessarie potature regolari. MOLTIPLICAZIONE. Le castagne si seminano subito dopo la raccolta in luogo riparato, dato che le piantine sono sensibili al gelo. Queste si trapiantano a primavera in vivaio, dove si coltivano per 2-3 anni prima dell'impianto a dimora. Le varietà vanno invece innestate sull'A. hippocastanum. KOELREUTERIAQuesto genere comprende poche specie di alberi a foglia caduca, provenienti dall'Asia, di cui la più diffusa è la Koelreuteria paniculata. Questo piccolo albero, che raggiunge gli 8 m di altezza e i 3 di diametro della chioma, ha foglie composte, pennate, lunghe più di 30 cm e formate da foglioline seghettate, ovali e allungate che diventano gialle in autunno. Le infiorescenze gialle, appariscenti, compaiono in luglio e sono portate all'apice dei rami. La chioma ha un aspetto un po' disordinato e tende a diventare più compatta con l'età. L'effetto ornamentale è apprezzabile.PIANTAGIONE. Si adatta a tutti i tipi di terreno, ma predilige quelli fertili. Si pianta da ottobre a marzo in posizioni soleggiate. CURE COLTURALI Sono necessarie le normali cure colturali. POTATURA. Non è necessaria una potatura regolare. MOLTIPLICAZIONE. Si effettua per seme, in autunno o all'inizio della primavera, in terriccio apposito e in luogo freddo. Le piantine abbastanza cresciute vanno poi rinvasate in contenitori di 8 cm di diametro, dove si lasciano fino a che le radici abbiano occupato lo spazio a disposizione: si trapiantano allora in vivaio dove vengono allevate per 3 anni, fino all'impianto a dimora. LIQUIDAMBARQuesto genere comprende solo 3 specie di alberi, tutti a foglia caduca, particolarmente interessanti per il fogliame, simile a quello dell'acero, che d'autunno si colora intensamente di rosso. Tra le specie, si ricorda il Liquidambar styraciflua, che raggiunge i 40 m di altezza e i 15 di diametro della chioma. Quest'ultima ha forma piramidale nell'albero giovane, e più rotonda in quello adulto. Le foglie, profondamente incise, a 5 punte, sono di un verde lucido durante l'estate e scarlatte in autunno; la fioritura è insignificante. Questa specie, adatta come esemplare isolato in grandi giardini, è di lenta crescita.PIANTAGIONE. Predilige terreni fertili, umidi ma ben drenati e non calcarei. Si pianta in autunno o in primavera, in pieno sole o in ombra parziale: l'attecchimento ha maggiori probabilità di successo se le piantine si mettono a dimora con pane di terra. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. POTATURA. Non sono necessarie potature regolari; si può eventualmente effettuare il dirado delle ramificazioni troppo fitte in novembre. MOLTIPLICAZIONE. Si moltiplica per seme o per propaggine: la semina va effettuata in ottobre in cassone freddo; la germinazione avviene solo dopo 2 anni. Le piantine si rinvasano in contenitori e poi si trasferiscono in vivaio dove vengono allevate per altri 5 anni prima dell'impianto a dimora. Le propaggini vanno effettuate in marzo; i rami si separano dalla pianta madre solo dopo 2 anni. LIRIODENDROIl Liriodendron tulipifera, chiamato anche "albero dei tulipani", è una specie di grande effetto ornamentale. Raggiunge i 30 m di altezza e gli 8 di diametro della chioma. Ha foglie caratteristiche per la forma, lobate e con apice troncato che presenta a volte una leggera incavatura. Deve il suo nome al particolare aspetto dei fiori, simili al tulipano ma di colore giallo-verde, che compaiono in giugno solo sugli alberi adulti. Il fogliame verde chiaro, si tinge di giallo-crema in autunno. E' di rapida crescita.PIANTAGIONE. Predilige terreni fertili, freschi, ben drenati e non calcarei. Le piantine provviste di pane di terra si mettono a dimora in autunno o, nelle zone più fredde, in primavera. Come esemplare isolato, si pianta in posizioni soleggiate o parzialmente ombreggiate. CURE COLTURALI Sono necessarie le normali cure colturali. POTATURA. Non sono necessarie potature regolari. MOLTIPLICAZIONE. Si moltiplica per seme, per propaggine o per margotta. I semi si interrano in autunno, in terriccio sabbioso, in serra fredda. Le piantine vanno trasferite nel giugno dell'anno seguente in contenitori di 8 cm. La propaggine si effettua in primavera; i rami si separano dalla pianta madre dopo 2 anni evitando di spostarli per altri 2 anni, prima della messa a dimora definitiva. MACLURALa maclura aurantiaca (o M. pomifera) è un albero non spontaneo e poco diffuso in Europa, che raggiunge un'altezza di 20 m e un diametro della chioma di 10. Le foglie, di color verde chiaro e lanceolate, sono alterne e portano all'ascella delle spine: per questo la maclura può essere utilizzata come siepe difensiva. I fiori, verdastri e insignificanti, sono portati su individui separati a seconda del loro sesso. Sulle piante femminili, se accostate a quelle maschili, si formano frutti, rugosi e di colore arancione che raggiungono la grandezza di una mela. Tali frutti sono costituiti da tante piccole drupe appressate.PIANTAGIONE. Si adatta a diversi tipi di terreno, purché non calcarei. Si mette a dimora in autunno o in primavera, in luoghi soleggiati o a mezz'ombra. Per formare delle siepi, si distanziano le giovani piantine di 1 m circa l'una dall'altra. CURE COLTURALI. Necessita delle normali cure colturali. POTATURA. Le siepi si cimano subito dopo la messa a dimora. Le piante cresciute in forma libera non necessitano di potature regolari. MOLTIPLICAZIONE Si propaga facilmente per mezzo di semi o per polloni staccati in autunno. MAGGIOCIONDOLOLe specie appartenenti al genere Laburnum, tra cui il maggiociondolo, sono pochissime, tutte a foglia caduca e interessanti per l'abbondante fioritura primaverile. Si tratta di piante molto decorative, ma bisogna evitarne la coltivazione in presenza di bambini, dato che tutte le loro parti sono velenose, soprattutto i frutti simili a fagioli. Tra le specie coltivate, il L. anagyroides è un piccolo albero, diffuso spontaneamente anche in Italia, dalle foglie verdi scure e trifogliate. Le infiorescenze gialle, lunghe 20 cm e pendule, compaiono in maggio: da ciò deriva il nome di maggiociondolo. La varietà "Aureum" ha foglie autunnali giallo pallido, la "Semperflorens" fiorisce anche in autunno e la "Pendula", di modeste dimensioni e con rami penduli, è da utilizzare in piccoli giardini come esemplare isolato. Il L. x watereri è un ibrido, con infiorescenze gialle lunghe 30 cm che appaiono in marzo. La varietà "Vossii" è interessante per la continua fioritura.PIANTAGIONE. Non ha specifiche esigenze in fatto di terreno, pur preferendo quelli ben drenati. Si pianta in autunno o in marzo in posizioni soleggiate o parzialmente ombreggiate. Necessita di sostegni fino a che non si è stabilizzato. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. Può essere colpito da marciume radicale che, provocato da ristagni d'acqua, fa seccare le foglie e i rami. POTATURA. Non sono necessarie potature regolari. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga mediante semi che si interrano in autunno in cassone freddo. Le piantine si trasferiscono poi in contenitori e successivamente in vivaio. L'impianto a dimora può essere effettuato dopo 1 anno. Gli ibridi si innestano in marzo. MAGNOLIALe numerose specie appartenenti al genere Magnolia sono frequenti in parchi e giardini per le loro particolari caratteristiche ornamentali: alcune sono sempreverdi, altre decidue, ma tutte accomunate da appariscenti fioriture. Tra le specie coltivate, la M. delaway raggiunge i 10 m di altezza, è sempreverde, con grandi foglie e fiori, bianchi e profumati, che misurano 15 cm di diametro e appaiono nella tarda primavera. Questa specie si adatta solo ai climi miti. La M. denudata è un piccolo albero (6-8 m di altezza) a foglia caduca. I grandi fiori bianchi a forma di coppa compaiono prima delle foglie. E' rustica. La M. grandiflora è la specie più conosciuta. Si tratta di un albero sempreverde che può raggiungere i 30 m di altezza, dal portamento maestoso, piramidale. Le foglie sono verdi scure, coriacee, spruzzate di ruggine sulla pagina inferiore. La fioritura è estiva, bianca, profumata. La M. macrophylla ha foglie decidue di grandi dimensioni (fino a 80 cm di lunghezza e 30 di larghezza), come d'altronde anche i fiori, profumati, di color bianco-crema e con sfumature viola alla base. La fioritura è estiva. E' specie rustica solo da adulta. La M. obovata supera i 20 m di altezza. E' caducifoglia e porta fiori bianco-crema all'estremità dei rami in maggio-giugno.PIANTAGIONE. L'impianto a dimora si effettua in primavera in zone riparate dai venti freddi, dato che le specie con fioritura primaverile possono essere danneggiate dal gelo. In linea generale, comunque, è sempre preferibile piantare le magnolie in terreno argilloso (fuorché la M. grandiflora) e ben drenato e in posizioni soleggiate. La M. denudata predilige terreno non calcareo. Si dovrà far ricorso a tutori per i primi anni dopo l'impianto. CURE COLTURALI. Oltre alle normali cure colturali, è bene concimarla in primavera con terricciati o composte. Può essere danneggiata da cocciniglie; oidio, che attacca i giovani germogli; muffa grigia; marciume radicale, che porta alla morte. POTATURA Non sono necessarie potature regolari. MOLTIPLICAZIONE. Si moltiplica mediante semi che si interrano in ottobre in un miscuglio molto torboso e si riparano in cassone freddo. La germinazione è lenta (anche 18 mesi). Le piantine abbastanza cresciute si trapiantano in vivaio dove si allevano per 4 anni. Si può anche propagare per talee, lunghe 10 cm e prelevate in luglio dai rami dell'anno, avendo cura di lasciare attaccata una porzione del ramo portante. Si immergono poi in una soluzione radicante e si piantano nella sabbia in cassone alla temperatura di 20 °C. Quando sono radicate, si trasferiscono in contenitori di 8 cm e si riparano in cassone freddo fino alla primavera successiva, epoca in cui vanno poste in vivaio per 3 anni prima dell'impianto definitivo a dimora. MELO ORNAMENTALEIl genere Malus comprende specie coltivate o per i frutti commestibili o per il pregio ornamentale connesso alla fioritura. Anche queste ultime specie, comunque, producono piccoli frutti che possono essere utilizzati per marmellate. I fiori hanno 5 petali, stami gialli e sono riuniti in infiorescenza a ombrello appoggiate ai rami e racchiuse da ciuffi di foglie. La fioritura si manifesta sui rami corti (lamburde e brindilli) e su quelli di 1 anno. La produzione di frutti si rivelerà più copiosa nel caso in cui vengano piantate vicine varietà diverse ma aventi uguale periodo di fioritura. Alcune specie, dal portamento arbustivo, hanno ramificazioni fitte e intrecciate. Tra le specie coltivate, il M. coronaria "Charlottae" è un piccolo albero di 6-7 m di altezza, a chioma espansa, con fiori doppi, di color rosa chiaro e profumati, che appaiono in maggio. I frutti sono verde-giallastri e non molto apprezzabili dal punto di vista estetico. Il M. floribunda raggiunge gli 8 m di altezza e i 6 di diametro della chioma. Ha fiori semplici con delicate sfumature rosate, che compaiono in aprile. I frutti gialli persistono a lungo sulla pianta in autunno. Il M. x hillieri ha un'altezza di 7 m. I fiori semidoppi di un rosa intenso coprono i rami in maggio. I pomi sono rosso scarlatto. Il M. hupehensis, leggermente più grande degli altri, non supera però i 10 m di altezza e possiede un portamento deciso. I fiori bianco-rosati compaiono all'inizio dell'estate, mentre i frutti sono giallo-rossastri. Il M. x lemoinei è a chioma espansa, come d'altronde la gran parte dei meli, con foglie color porpora. La fioritura, molto copiosa, compare nella tarda primavera, ed è anch'essa di color porpora, come i frutti. Il M. x purpurea è a portamento eretto e raggiunge i 7 m di altezza. Porta fiori semplici porporini che sbocciano in aprile. E' una delle varietà più fruttifere. I frutti ovoidali sono color porpora.PIANTAGIONE. Predilige i terreni ben drenati, profondi, argillosi, ricchi di sostanza organica. Si mette a dimora in autunno o in primavera in posizioni soleggiate. Dopo l'impianto ha bisogno di sostegni. CURE COLTURALI. Oltre alle normali cure colturali, è bene concimarlo in primavera. Il terreno sotto la chioma deve essere tenuto libero da altra vegetazione. E' attaccato da cocciniglie; microlepidotteri, che scavano gallerie nelle foglie; ragnetto rosso, riconoscibile dalla colorazione bronzea che assumono le foglie. POTATURA. Oltre alla potatura di allevamento, da effettuarsi negli anni dopo la messa a dimora, si asportano ogni anno, in febbraio, i rami secchi o intricati. MOLTIPLICAZIONE. Tutte le varietà e gli ibridi devono essere innestati su piedi (portainnesti) selezionati. Le specie si possono anche moltiplicare per seme, ma in questo caso la fioritura inizierà molto tardi. NESPOLO DEL GIAPPONEOltre che per la produzione dei prelibati frutti primaverili, questo nespolo, Eriobotrya japonica, è apprezzato anche come pianta ornamentale. E' un piccolo albero (8 m di altezza) dal fusto contorto e dalle grandi foglie sempreverdi, coriacee, coperte di leggera peluria sulla pagina inferiore. I fiori, riuniti in infiorescenze, sbocciano in autunno. I frutti, con buccia di colore arancio o giallo chiaro, sono assai simili alle albicocche tranne che per il grosso peduncolo. Essi possono manifestarsi solo nelle regioni a clima mite, mentre la vegetazione resiste alle temperature delle zone più fredde. Tra le varietà coltivate ricordiamo: "Conca d'oro", "Monreale", "Nespolo di Bagheria".PIANTAGIONE. Predilige terreni leggermente argillosi, profondi, e posizioni soleggiate. Si pianta in autunno o in primavera. E' adatto anche per essere coltivato in vaso. CURE COLTURALI. Vuole irrigazioni frequenti, soprattutto in clima caldo, e abbondanti somministrazioni di concimi organici. Può essere colpito da una malattia fungina nota con il nome di ticchiolatura, che si manifesta con macchie dapprima chiare e poi più scure sulle foglie, e verdastre sui frutti. POTATURA Se si alleva per scopi ornamentali, non sono necessarie potature regolari. Altrimenti, dopo aver eseguito una potatura di formazione, si eliminano ogni anno i rami che hanno fruttificato. MOLTIPLICAZIONE. I semi si interrano dopo la raccolta ma le piantine nate da questi fruttificano solo dopo 10 anni. Per tale motivo è generalmente preferibile la propagazione per innesto. NOCEIl noce coltivato per i frutti, la Juglans regia, è una pianta da cui si ricava un legno molto pregiato. Raggiunge i 20 m di altezza e i 6 di diametro della chioma. Il fusto si suddivide in grossi rami tortuosi che fanno assumere a questo albero un portamento arrotondato. Le foglie sono composte, pennate, formate da 5-9 foglioline ellittiche lunghe circa 10 cm. I fiori sono portati in infiorescenze cilindriche e pendenti se maschili, poco vistose se femminili. La fioritura avviene in aprile-maggio. I frutti (noci), ricoperti da un involucro coriaceo (mallo), sono maturi in settembre-ottobre. Di maggiore interesse ornamentale, e frequente nei parchi e nelle alberature è la Juglans nigra (noce nero), che si distingue dalla prima per le foglie più grandi, composte da circa 20 foglioline dentate lunghe 10 cm circa. Le noci sono ricoperte da un mallo spesso. Si tratta di un albero più alto, di rapida crescita, che raggiunge i 40 m di altezza.PIANTAGIONE. Predilige i terreni freschi, profondi, dove può sviluppare bene le sue radici fittonanti. Da evitare invece quelli argillosi, calcarei. Si pianta nelle zone non molto umide ma neppure siccitose, esenti dal rischio di gelate tardive. Per la messa a dimora, da effettuare in inverno, si utilizzano soggetti di 1-2 anni cresciuti in contenitore, dato che il trapianto è sconsigliabile poiché provoca la rottura della radice a fittone. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. E' attaccato da cocciniglie che disseccano i rami. POTATURA. Se utilizzato come pianta ornamentale, non sono necessarie potature, anche perché mal sopportate. MOLTIPLICAZIONE. Si effettua per seme, in primavera, in vivaio o direttamente a dimora, per evitare il trapianto. ONTANOIl genere Alnus comprende più di 30 specie di alberi e arbusti a foglie semplici, dentate, caduche. E' diffuso spontaneamente in Europa, Asia, America settentrionale e nell'Africa meridionale. I fiori dei due sessi sono portati in infiorescenze separate sullo stesso individuo: quelle maschili hanno forma cilindrica e sono pendenti, quelle femminili sono simili a piccole pigne legnose e persistono sull'albero per 2 anni. La fioritura avviene da febbraio ad aprile. Tra le specie più diffuse, l'A. glutinosa (ontano nero) si trova lungo i corsi d'acqua e nelle zone umide della pianura e bassa montagna. Raggiunge i 25 m di altezza e porta foglie ovoidali ma con apice allargato, ottuso. Presenta infiorescenze maschili rossastre, e femminili a coni legnosi: entrambe appaiono prima delle foglie. E' una pianta adatta per bonificare paludi e consolidare scarpate. L'A. incana (ontano bianco) è frequente in Italia sulle Alpi e nell'Appennino settentrionale. Cresce lungo i fiumi e i torrenti, raggiungendo un'altezza di 30 m e un diametro della chioma di 5. Presenta una corteccia grigio-argentea, foglie ovali con la pagina inferiore grigia e infiorescenze maschili verdastre che, insieme a quelle femminili, compaiono prima delle foglie. L'A. cordata (ontano napoletano) è un albero di piccole dimensioni che mantiene le foglie lucide fino all'inizio dell'inverno. E' caratterizzato da infiorescenze maschili gialle che compaiono all'inizio della primavera ed è adatto per essere piantato nei parchi cittadini. L'A. viridis (ontano verde) è, invece, un arbusto con foglie ovato-ellittiche alto dai 2 ai 4 m.PIANTAGIONE. Tutte le specie richiedono terreni umidi, anche se l'A. incana può crescere su quelli più asciutti; si mette a dimora in autunno o in primavera. CURE COLTURALI. Se piantato su terreni non molto umidi richiede frequenti irrigazioni. POTATURA. Non sono necessarie potature regolari. MOLTIPLICAZIONE. Si effettua in primavera mediante semi che vanno interrati a poca profondità: il terreno richiede abbondanti somministrazioni di acqua. In autunno si trapiantano in vivaio le piantine e dopo 2 anni si mettono a dimora. Si moltiplica facilmente anche per propaggine interrando, in primavera, un ramo a 10 cm di profondità, in modo tale che la parte apicale esca dal terreno solo di 15-20 cm. I getti che si ottengono si possono trapiantare l'inverno successivo. Si può anche propagare per mezzo di talee legnose prelevate sul finire dell'estate. PALMA DA DATTERIIl genere Phoenix, a cui appartiene questa palma, comprende altre specie - tutte a foglie lunghe, pennate, sempreverdi - che possono vivere all'aperto solo nei climi miti, altrimenti vanno riparate in serra. Tutte le palme, sebbene possano diventare molto alte, non sono dei veri e propri alberi perché non hanno un fusto legnoso: appartengono infatti al gruppo delle monocotiledoni come i bambù o le graminacee. Tra le specie più diffuse, la P. canariensis raggiunge i 6 m di altezza. Le foglie, lunghe fino a 3 m, sono sottili e arcuate e formano una fitta chioma. La fioritura è primaverile e i fiori, giallastri, sono riuniti in infiorescenze vistose, lunghe 1 m. Ogni pianta può essere maschile o femminile perciò, per ottenere la fruttificazione, devono essere accostati individui di sesso diverso. I frutti sono simili ai datteri e maturano solo dove il clima è favorevole. La P. dactylifera è la comune "palma da datteri". Ha dimensioni più grandi della precedente e raggiunge in altezza i 20 m. Le foglie anno una considerevole lunghezza.PIANTAGIONE. Non ha specifiche esigenze di terreno, anche se devono essere evitati i suoli con un tasso troppo elevato di umidità. In clima mite si può mettere a dimora, in primavera, all'aperto e in posizioni assolate, benché sia tollerata l'ombra alla base. Nelle zone fredde, va piantata in contenitori che si riparano durante l'inverno. Il terriccio per vasi è costituito da un miscuglio formato da tre parti di terra da giardino, una parte di terriccio di foglie e una di concime organico. CURE COLTURALI. Sopporta la siccità e non richiede cure particolari. POTATURA. Ogni anno si asportano le foglie appassite, tagliandole alla base. MOLTIPLICAZIONE. Si effettua per seme in febbraio-marzo alla temperatura di circa 21 °C. Le piantine nascono solo dopo un paio di mesi e, quando sono cresciute a sufficienza, si trapiantano in contenitori di 8 cm di diametro. PALMA DA S. PIETROLa Chamaerops umilis, la comune "palma di S. Pietro" o "palma nana" è l'unica palma spontanea in Europa, molto frequente in Italia per la sua rusticità. E' una palma che raggiunge al massimo i 2 m, di grande effetto ornamentale, dato che forma una densa massa di vegetazione: il suo fusto ha infatti la capacità di ramificarsi alla base. Le foglie a ventaglio, sempreverdi come in tutte le palme, sono portate su di un lungo picciolo legnoso e spinoso. Si adatta particolarmente alla crescita in vaso su terrazze, balconi e cortili, o come esemplare isolato di grandi giardini. E' di lenta crescita.PIANTAGIONE. Si mette a dimora in primavera in ogni tipo di terreno, in posizioni soleggiate o parzialmente ombreggiate, al riparo dai venti. CURE COLTURALI Non necessita di particolari cure colturali. POTATURA. Ogni anno si devono asportare le foglie appassite, tagliandole alla base. MOLTIPLICAZIONE. In primavera, si interrano i semi in letto caldo con terriccio sabbioso. Le piantine si rinvasano in contenitori di 8 cm, per poi essere allevate in serra fredda o all'aperto, nelle zone più miti, per 2 anni. Il vaso deve essere cambiato 2 volte prima della messa a dimora, che si effettua dopo 1 anno. PAULOWNIALa Paulownia tomentosa (o Paulownia imperialis) è un grande albero (raggiunge i 25 m di altezza) di rapida crescita, a foglie decidue. Per le sue pregevoli caratteristiche ornamentali e la spiccata rusticità, è frequentemente utilizzata nei giardini e nei parchi. La fioritura è spettacolare nelle zone con estati calde: i fiori, di color blu porporino, sono riuniti in infiorescenze erette lunghe 35 cm e sbocciano, in maggio, solo sulle piante adulte. I frutti sono capsule marroni lunghe 5 cm. Le foglie cuoriformi, di color verde scuro, hanno una superficie vellutata e sono inserite su un lungo picciolo.PIANTAGIONE. Predilige terreno fertile, profondo e ben drenato. Si pianta da ottobre a marzo in posizioni calde e soleggiate. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali; può essere colpito da marciume radicale se il terreno non è ben drenato. POTATURA. Se si alleva come albero, non sono necessarie potature regolari. Come arbusto (secondo l'impiego più frequente nei paesi nordici) richiede di essere tagliata alla base ogni anno, affinché possa emettere una vegetazione vigorosa; le foglie già nella fase giovanile sono molto grandi. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga mediante semi che vanno interrati in primavera in un miscuglio di sabbia e torba. Le piante si pongono poi in singoli vasi di 10 cm, riempiti con terriccio più ricco, concimato organicamente. In autunno si trasferiscono in vivaio. Si mettono a dimora dopo 2-3 anni. Si può moltiplicare anche per talee lunghe 10 cm, che si prelevano in luglio dai germogli laterali e vanno interrate nella sabbia in cassone freddo. Si trasferiscono in vivaio la primavera successiva. PIOPPOIl genere Populus comprende alberi a foglia caduca, alti fino a 40 m. Tutte le specie, più di 30, sono rustiche e di rapido sviluppo. E' frequente incontrarne esemplari lungo i fiumi, poiché sopportano i terreni umidi. I fiori maschili e femminili, riuniti in infiorescenze pendule (amenti), sono portati su individui diversi e sbocciano, prima della comparsa delle foglie, in marzo-aprile. I frutti, che maturano in maggio, sono molto piccoli e avvolti da peli setosi che ne facilitano la dispersione per mezzo del vento. La specie più coltivata è il P. alba (pioppo bianco), un grande albero molto longevo. Ha chioma ampia un po' irregolare, foglie leggermente lobate con la pagina superiore grigio-verde, e quella inferiore bianca e lanuginosa. Emette facilmente polloni. Il P. nigra (pioppo nero) è una specie che supera i 30 m di altezza. Ha un tronco scuro e una chioma larga (fino a 10 m), irregolare e rada. E' frequente in tutta Italia, fino al 1400 m d'altezza, soprattutto lungo i corsi d'acqua. Ha foglie triangolari o romboidali portate su un lungo picciolo che le fa ondeggiare al vento. La varietà "Italica", chiamata anche "pioppo cipressino", è la più coltivata come pianta ornamentale e viene utilizzata anche nei filari per il suo portamento colonnare. Il P. x serotina è un ibrido dalle foglie verdi scure, lucide in estate e color rame in primavera. Raggiunge i 30 m di altezza ed è di rapida crescita. Il P. tremula (pioppo tremulo) ha foglie più rotonde, sinuato-dentate e dal lungo picciolo (da cui il nome) che diventano gialle in autunno. Raramente supera i 20 m. Emette facilmente polloni dalle radici. E' adatto per dare stabilità ai terreni in pendio.PIANTAGIONE. Pur adattandosi a diversi tipi di terreno, preferisce quelli profondi, leggeri e umidi. Vuole posizioni soleggiate. Si mette a dimora in autunno o all'inizio della primavera, sostenendolo con dei pali, finché non si è ben ancorato al terreno. E' meglio evitare di piantarlo vicino a costruzioni perché le radici, che si sviluppano notevolmente, potrebbero comprometterne la stabilità. CURE COLTURALI. Non sono necessarie cure particolari. POTATURA. Non necessita di potature regolari. MOLTIPLICAZIONE. Le specie pollonifere, il P. tremula e il P. alba, possono essere propagate trapiantando i polloni giovani, staccati durante l'inverno, direttamente a dimora. Il P. nigra si propaga facilmente per talee prelevate dai rami di 1 anno, dopo la caduta delle foglie. Le talee, lunghe 25 cm, si interrano direttamente in vivaio, dato che radicano facilmente. PLATANOIl genere Platanus comprende alberi alti 30 m con una bella chioma densa, molto ombreggiante. La sua caratteristica saliente è data dalla corteccia bianco-verdastra che si sfalda in macchie brune irregolari. Ha foglia caduca, palmato-lobata (a 3-7 lobi), che ricorda quella dell'acero. I fiori sono riuniti in infiorescenze globose maschili e femminili che, pur essendo separate, sono portate sullo stesso individuo. Benché non sia spontaneo in Italia si incontra con frequenza nelle alberature cittadine, dato che sopporta lo smog e l'atmosfera inquinata. Cionondimeno, negli ultimi tempi, se ne stanno abbattendo parecchi esemplari perché colpiti da una terribile malattia denominata cancro colorato del platano, che ne provoca la morte. Il platano ha rapida crescita. Tra le specie più diffuse, vi è il P. occidentalis, che raggiunge i 30 m di altezza e porta foglie a 3 o 5 lobi, non profondamente incise come invece ha il P. orientalis; le infiorescenze sono solitarie e si manifestano in maggio. Il P. orientalis è l'unica specie europea e cresce spontanea nella penisola balcanica. Ha foglie profondamente lobate di colore verde scuro, coperte da una leggera peluria sulla pagina inferiore. Presenta infiorescenze femminili raccolte in gruppi di 3-6. Non è molto diffusa. Il P. acerifolia deriva, secondo alcuni, dall'incrocio tra le due specie summenzionate; per altri si tratta di una varietà del P. orientalis. Presenta, comunque, caratteristiche intermedie tra i due. Questa specie è la più diffusa.PIANTAGIONE. Predilige i terreni profondi e freschi, ma tollera anche quelli scarsi d'acqua purché non completamente secchi. Ama altresì la luce. Si pianta in autunno o in primavera. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. POTATURA. Si sfoltiscono i rami durante la stagione di riposo, tra novembre e febbraio. Le potature sono ben tollerate, specialmente dove il clima è più propizio. MOLTIPLICAZIONE. Si moltiplica preferibilmente per talea: in inverno si asportano i piccoli getti dell'anno cresciuti su rami vigorosi. Le talee, lunghe 20 cm, dovranno portare alla base una porzione del ramo di 2 anni. Si interrano in cassone freddo e si trapiantano l'anno successivo. La riproduzione per seme è faticosa dato che la germinazione avviene solo in ragione dell'1%. Si può moltiplicare anche per propaggine, in inverno, con rami di 1 anno. QUERCIAIl genere Quercus comprende parecchie specie (circa 500) di alberi dalle caratteristiche foglie lobate o dentate. Per la maggior parte si tratta di piante caducifoglie, ma qualcuna è anche sempreverde o semipersistente (ossia mantiene le foglie verdi tutto l'inverno, ma le perde a primavera quando compaiono le nuove). Le infiorescenze maschili, pendule (amenti), giallastre, sono portate all'estremità dei rami di 1 anno o alla base dei getti dell'anno in corso. I fiori femminili, verdi e insignificanti, possono essere solitari o riuniti in spighe. La fioritura avviene in aprile-maggio e, dopo l'impollinazione, si sviluppano i frutti ben noti, le ghiande, che maturano in autunno. Le varie specie sono tutte rustiche, molto longeve e diffuse soprattutto nell'emisfero settentrionale. In Italia se ne trovano una decina allo stato spontaneo. La più coltivata è la Q. borealis (o rubra), comunemente chiamata "quercia rossa" per il colore scarlatto che assumono le foglie in autunno. Originaria degli Stati Uniti e del Canada, è stata la prima ad essere introdotta in Europa. Raggiunge i 30 m di altezza e i 25 di diametro della chioma nell'individuo adulto. Ha foglie lunghe (10-20 cm), decidue, profondamente lobate (con 7-11 lobi dentati), che richiamano quelle della Q. coccinea, un'altra quercia americana di taglia più piccola (10-15 m di altezza) e di rapida crescita. Entrambe le specie sono molto rustiche. La Q. cerris (cerro), spontanea in Italia, raggiunge i 35 m di altezza e i 15 di diametro della chioma, molto ramificata, densa e di forma ovoidale. Ha foglie lunghe, con lobi appuntiti, e opache sulla pagina superiore. La ghianda ha la cupola di squame ricurve. La Q. ilex (leccio), spontanea in Italia, è una specie tipica delle regioni mediterranee, dove riesce a diffondersi anche nelle terre più magre e aride. Non raggiunge mai considerevoli dimensioni, e infatti difficilmente arriva a toccare i 15 m di altezza. E' molto longeva. Ha portamento cespuglioso, con chioma molto densa che si arrotonda con l'età. E' specie sempreverde, con foglie coriacee, lucide sulla pagina superiore e grigiastre sull'inferiore. Il margine può essere diverso anche tra foglie della stessa pianta: a volte intero, a volte più o meno dentato. La Q. peduncolata (farnia) è un'altra specie spontanea in Italia, che raggiunge i 25 m di altezza: ha una chioma molto espansa (fino a 30 m) e poco densa, formata da grossi rami ricurvi e contorti che la distinguono dalla rovere a cui peraltro somiglia. E' specie a foglie decidue, con margine a lobi arrotondati, portate su un corto picciolo. La Q. Pubescens (roverella) è diffusa in Europa (anche in Italia) e in Medio Oriente. E' un albero non molto grande (non supera i 15 m di altezza). La pagina inferiore delle foglie e i giovani rami sono ricoperti da una fitta peluria grigiastra. E' specie caducifoglia: in compenso le foglie secche rimangono sui rami fino alla primavera. La chioma è rotonda. La Q. sessiliflora (rovere) è molto simile alla farnia da cui si distingue però, oltre che per la forma delle ramificazioni, anche per le foglie, che hanno un lungo picciolo, così come i frutti, portati all'estremità dei rami. Raggiunge i 30 m di altezza, e ha una chioma densa con fogliame verde scuro, lobato, caduco. La Q. suber (sughera) è un'altra specie mediterranea, sempreverde, a chioma rada, non molto alta (raggiunge i 15 m), simile al leccio. E' coltivata per la corteccia, molto spessa, da cui si ricava il sughero. Le foglie sono coriacee, a margine dentato e spinoso.PIANTAGIONE La farnia predilige terreni freschi e profondi, umidi ma non esposti al gelo. La rovere preferisce invece terreni permeabili, ben drenati, anche calcarei in zone a clima piovoso. La roverella si adatta ai terreni calcarei anche aridi, in zone esposte ai rigori invernali. Il leccio ama invece i climi caldi ed è indifferente al terreno, tanto che lo si trova anche su quelli acidi e rocciosi. In genere, tutte le specie preferiscono posizioni soleggiate e si piantano in autunno o in primavera. Non necessitano di tutori, dopo la messa a dimora, dato che si ancorano subito al terreno. CURE COLTURALI. Non necessita di cure particolari, oltre a quelle normali. E' attaccata da: larve di processionaria, che defogliano la chioma; funghi del legno, che provocano marcescenze; oidio, riconoscibile perché le foglie si coprono di macchie bianche lanuginose. POTATURA. Non necessita di potature regolari. MOLTIPLICAZIONE. Si moltiplica per mezzo di semi, avendo l'accortezza di interrarli subito dopo la raccolta, dato che perdono la facoltà di germinare entro 2 mesi dalla maturazione. Le ghiande si seminano all'aperto, in cassette profonde riempite con terriccio composto da sabbia e torba in parti uguali. Dopo 1 anno si trapiantano in vivaio, dove si allevano per 2 anni prima di metterle a dimora. ROBINIAIl genere Robinia, della famiglia delle leguminose, comprende diverse specie di alberi e arbusti ornamentali, molto rustici, a foglia caduca e dal fusto spinoso. Tra le specie più coltivate, vi è la R. pseudoacacia, conosciuta comunemente come "acacia" o "falsa acacia". E' specie originaria degli Stati Uniti, ma si è diffusa e spontaneizzata in Italia, dove si può incontrare facilmente ai margini dei boschi o lungo le ferrovie o sui pendii. Si tratta di una specie pollonifera che si fissa fortemente al terreno, e perciò è utilizzata per il consolidamento di pendii instabili. Raggiunge i 20 m di altezza, ha una chioma ampia e leggera, dalle foglie composte, pennate, caduche. La fioritura, che avviene in maggio-giugno, è vistosa: i fiori, riuniti in infiorescenze pendule bianco-crema, sono profumati. Nei vivai si può trovare anche la varietà "Frisia", dal fogliame dorato in primavera. La varietà "Inermis" ha una chioma compatta e rami senza spine. La R. hispida è un piccolo albero o arbusto, che raggiunge i 3 m di altezza, dalle foglie composte, verdi scure. Le infiorescenze profumate, pendule, sono rosa e compaiono nella tarda primavera.PIANTAGIONE. Si adatta a diversi tipi di terreno, ma predilige quelli ben drenati. Nei terreni magri produce più polloni, da estirpare subito per evitare l'incontrollata espansione della pianta. Si mette a dimora in ottobre o all'inizio della primavera, in posizioni aperte e soleggiate. CURE COLTURALI. Non necessita di cure particolari, oltre a quelle normali. POTATURA. Non necessita di potature regolari. L'albero giovane può essere tagliato alla base per ottenere la crescita di numerosi fusti, che si sviluppano dal ceppo (ceduazione). I germogli basali (polloni) vanno estirpati quando si formano. MOLTIPLICAZIONE. La semina è il metodo più diffuso. I semi vanno interrati in maggio, all'aperto, in terriccio fertile, ma prima devono essere messi a bagno in acqua calda per permetterne la germinazione. Le piantine si mettono a dimora dopo 2 anni. Si possono anche, durante il periodo di riposo vegetativo, staccare i polloni, che vanno interrati in vivaio, dove si allevano per 2 anni prima della messa a dimora. SALICEIl genere Salix comprende moltissime specie di alberi e arbusti a foglia caduca di svariate dimensioni: dai salici nani striscianti di alta montagna, fino agli alberi che superano i 20 m di altezza. Tutte le specie sono rustiche e portano infiorescenze maschili e femminili su individui separati. Moltissime sono le specie e le varietà, dato che si verificano facilmente incroci fra le une e le altre: una fra le più coltivate è il S. alba (salice bianco), diffuso spontaneamente in Italia e alto fino a 20 m. Le infiorescenze poco vistose sbocciano in aprile-maggio; le foglie sono allungate e appuntite all'estremità, con la pagina superiore verde scura e quella inferiore bianco-argentata. La varietà "Vitellina" è interessante come specie ornamentale per i getti, utilizzati anche per produrre il vimini. Il S. babylonica (salice piangente) è originario della Cina e supera i 10 m di altezza e di diametro della chioma. Ha rami bruni, penduli, che portano foglie di un verde chiaro, lanceolate. Le Infiorescenze maschili (amenti) sono lunghe circa 3 cm. Questa specie è stata incrociata con il S. a. "Vitellina", ottenendo il S. x chrysocoma, ibrido molto diffuso nei giardini, di grande pregio ornamentale. Differisce dal precedente per le dimensioni più modeste (raggiunge gli 8 m di altezza) e per il colore giallo dei rami, mentre le foglie sono simili. Le infiorescenze maschili sono giallastre. Il S. matsudana è una specie asiatica, non molto grande (10 m di altezza e 5 di diametro della chioma). Le foglie sono strette, azzurro-verdastre e chiare sulla pagina inferiore. In aprile si manifesta una fioritura insignificante. La varietà "Pendula" è adatta per i piccoli giardini, dove può sostituire i salici piangenti di dimensioni più grandi, cui somiglia. La varietà "tortuosa" ha rami eretti ma contorti.PIANTAGIONE. Ama i terreni freschi umidi. E' preferibile quindi piantarlo vicino a corsi d'acqua, in posizioni soleggiate, dato che deperisce se posto in luoghi ombreggiati. Si mette a dimora in autunno o a fine inverno. CURE COLTURALI. Nelle zone più secche va irrigato frequentemente, altrimenti può deperire o addirittura morire. Può essere attaccato da afidi (sui fusti) e cocciniglie, riconoscibili perché producono incrostazioni biancastre su rami e fusto. Alcune larve di lepidotteri e coleotteri mangiano le foglie. I salici colpiti da antracnosi (causata da un fungo) manifestano piccoli tumori neri sui germogli e sulle foglie. POTATURA. Non sono necessarie potature regolari. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga facilmente mediante talee, lunghe 20-30 cm, che devono essere prelevate durante il periodo di riposo vegetativo. Si interrano in vivaio, dove va mantenuto un buon tasso di umidità nel suolo, e si mettono a dimora dopo 1 anno: in poco tempo si svilupperà una pianta di considerevoli dimensioni. Si ottengono facilmente nuove piante anche interrando lunghi rami (di circa 2 m) di 3-4 anni, di cui sia stata asportata la cima e appuntita la base. Questi "piantoni" si infilano nel terreno umido per 30 cm, in autunno. In primavera si svilupperanno nuovi lunghi getti. SOFORAIl genere Sophora comprende diverse specie di alberi e arbusti, sia a foglia caduca sia sempreverdi, non necessariamente rustici. La specie più coltivata è la S. japonica, originaria dell'Estremo Oriente. E' un albero rustico che raggiunge i 12 m di altezza; ha foglie pennate simili a quelle della robinia, e fiori bianco-crema riuniti in infiorescenze pendule che sbocciano in estate. E' specie a foglia caduca. La varietà "Pendula", a rami pendenti, è molto diffusa.PIANTAGIONE. Si adatta a diversi tipi di terreno da giardino, purché ben drenati. Vuole posizioni soleggiate, riparate dal vento e dal freddo intenso. Si mette a dimora in marzo-aprile. CURE COLTURALI. Necessita delle normali cure colturali. POTATURA Non ha bisogno di potature regolari. MOLTIPLICAZIONE. In primavera, si moltiplica mediante semi che vanno interrati in cassone freddo. Le piantine si trasferiscono poi in piccoli vasi con un terriccio più ricco. Si trapiantano in un secondo tempo in vivaio, dove si allevano per 2 anni prima della messa a dimora. SORBOIl genere Sorbus comprende alberi (classificabili entro un centinaio circa di specie) rustici, che portano fiori bianchi riuniti a mazzi e producono frutti (pomi) dai colori accesi: rossi, gialli, arancioni. Apprezzato è anche il fogliame, che d'autunno si tinge, come i frutti, di giallo, rosso e arancio. Tutte le specie sono a foglia caduca. Tra le più coltivate, ricordiamo il S. aria (sorbo montano), che cresce spontaneo in Italia, dove è diffuso soprattutto sulle colline calcaree, raggiungendo gli 8 m di altezza. Ha foglie semplici, ovali, con margine doppiamente seghettato e di colore bianco perché ricoperte da una fine peluria; in autunno diventano rosse. I fiori sono simili a quelli del biancospino; i frutti sona tondi, scarlatti e commestibili. Il S. aucuparia (sorbo degli uccellatori), chiamato anche "frassino della montagna" per via del suo fogliame, è un'altra specie spontanea in Italia, molto rustica, che può superare i 12 m di altezza. Come in tutti i sorbi, la fioritura avviene nella tarda primavera, seguita da grappoli di frutti rossastri che in questa specie sono particolarmente appariscenti e attirano gli uccelli. Il S. domestica (sorbo comune) è una specie interessante per il fogliame dall'aspetto piumoso e per la produzione di frutti commestibili, che assomigliano a piccole mele di colore giallo-rossastro. E' una pianta molto rustica e longeva, che arriva a toccare i 15 m di altezza. Il S. hupehensis è un albero che non supera i 7 m di altezza. Il pregio ornamentale è dato dalle foglie composte, pennate, di una bella tonalità che tende all'azzurro durante la primavera e l'estate, per poi assumere tinte vivaci, rosse o aranciate, in autunno. I frutti, anche in questa specie riuniti a grappoli, sono bianchi. Il S. torminalis, spontaneo nella nostra penisola, è un albero di piccole dimensioni, molto longevo, con foglie semplici, ovali, a margine lobato: assai diverse da quelle delle altre specie, richiamano piuttosto quelle dell'acero. I frutti, di colore giallo-rossastro tendente al bruno e di forma allungata, hanno un sapore che ricorda quello della pera. Il S. sargentiana, di forma piramidale e alto 5-8 m, è un'altra specie di valore ornamentale per il fogliame, che in autunno assume una colorazione rosso-porpora.PIANTAGIONE. Predilige i terreni fertili, leggeri e freschi (soprattutto il S. aucuparia), e i climi piuttosto umidi. Si pianta in autunno o in primavera, in posizioni aperte, soleggiate, che agevolano la fruttificazione. CURE COLTURALI. Necessita delle normali cure colturali. POTATURA. Non ha bisogno di potature regolari. MOLTIPLICAZIONE. I vivaisti lo propagano per seme, ma è un metodo disagevole e piuttosto lento. Quasi tutte le specie possono essere moltiplicate per innesto su biancospino, pero o cotogno. SPINO DI GIUDALa specie Gleditschia triacanthos deve il suo nome comune al fatto di essere irta, soprattutto in giovane età, di lunghe spine (10-12 cm) sia sul tronco sia sui rami. E' una pianta molto ornamentale, rustica, originaria degli Stati Uniti ma già da tempo introdotta in Europa. Raggiunge mediamente i 20 m di altezza e i 6 di diametro della chioma; ha una corteccia liscia e grigia che si fessura con l'età. Porta foglie composte, di due tipi; pennate se primaverili (simili a quelle della robinia) e bipennate se estive, di color verde chiaro. La fioritura è insignificante e si manifesta nella tarda primavera. I frutti sono dei baccelli pendenti, contorti e lunghi fino a 30 cm, che rimangono sui rami fino alla primavera successiva alla loro comparsa. La varietà "Elegantissima" ha una chioma più compatta.PIANTAGIONE. In genere manifesta una buona adattabilità ai vari tipi di terreno, ma predilige quelli fertili e freschi. Si mette a dimora in autunno o in primavera, al sole. CURE COLTURALI. Necessita delle normali cure colturali. POTATURA. Non ha bisogno di potature regolari. MOLTIPLICAZIONE. Si riproduce per seme, in primavera. Nelle zone a clima non molto mite, i semi si interrano in vasi da proteggere durante l'inverno, altrimenti si spargono direttamente all'aperto, in posizioni riparate. Dopo 1 anno si effettua il trapianto in vasi più grandi o in vivaio, dove le piantine vengono allevate per 2 o 3 anni prima di metterle a dimora. Si può anche moltiplicare per polloni, prelevati durante il periodo di riposo vegetativo. TIGLIOIl genere Tilia comprende una cinquantina di specie di alberi dalla chioma ovale e dalla corteccia liscia e grigia. Sono tutti caducifogli e adatti per parchi, giardini e alberature. Alla fioritura emanano un odore dolciastro, molto caratteristico. La T. cordata (tiglio riccio) è una specie spontanea in Italia, molto diffusa in pianura e alle basse altitudini. Raggiunge i 25 m di altezza, ha foglie lunghe circa 6 cm e larghe altrettanto, vagamente cuoriformi, appuntite, a margine dentato, di color verde scuro e lucide. In giugno-luglio sbocciano i fiori piccoli, bianco-giallastri, molto profumati. La T. platyphyllos è il tiglio nostrale, diffuso nella nostra penisola fino ai 1500 m di altitudine. E' un grande albero (fino a 30 m di altezza) che fiorisce in giugno. Ha foglie cuoriformi, più grandi che nella specie precedente, con la pagina inferiore vellutata. E' utilizzato come specie ornamentale per le alberature. La T. x europea (tiglio intermedio), un ibrido tra le due specie precedenti, è il tiglio più utilizzato a scopo ornamentale nei parchi e nei giardini. La T. tomentosa (tiglio argentato) è una specie esotica dalle foglie grandi, ricoperte sulla pagina inferiore da una fitta peluria bianco-argentata. Raggiunge i 20 m di altezza e fiorisce in estate (luglio-agosto). E' particolarmente apprezzata come specie ornamentale per la sua rusticità e la resistenza all'inquinamento urbano.PIANTAGIONE. Predilige terreni fertili, freschi, ben drenati, anche se il tiglio riccio si adatta a quelli umidi e compatti. Si mette a dimora durante il periodo di riposo vegetativo, in posizioni soleggiate o parzialmente ombreggiate. Gli alberi adulti possono essere trapiantati anche in età avanzata. CURE COLTURALI. Necessita delle normali cure colturali. POTATURA. Non ha bisogno di potature regolari, bensì della spollonatura, per eliminare i germogli che si formano alla base del fusto. MOLTIPLICAZIONE. La propagazione per seme, pur essendo possibile, è lenta e le piantine sono pronte per la messa a dimora solo dopo 7-8 anni. CONIFEREABETE (Abies)Comunemente vengono chiamati abeti le conifere appartenenti a due diversi generi: Abies e Picea. Qui si prenderanno in considerazione le specie del primo genere, mentre quelle del secondo avranno specifica trattazione nello spazio dedicato all'abete rosso. Il genere Abies comprende alberi sempreverdi, dalla tipica forma conica e dalle foglie aghiformi. I fiori sono riuniti in infiorescenze (amenti) maschili e femminili portate sullo stesso individuo: da quelle femminili si sviluppano dei coni costituiti da scaglie legnose. Questi si manifestano sui rami più alti e, una volta giunti a maturazione (a circa 1 anno dalla loro formazione), si disintegrano lasciando cadere a terra i semi triangolari. Si tratta di specie rustiche: tra le più coltivate, ricordiamo l'A. alba, che è il comune abete bianco, diffuso in Italia nei boschi montani, dove arriva a toccare l'altezza di 40 m. Ha un portamento piramidale che si modifica però con l'età, allargandosi, e un tronco liscio, grigio-argenteo, che lo differenzia dall'abete rosso (che ha corteccia più rossastra). Gli aghi sono piatti, lucidi inferiormente e lunghi 2-3 cm; i coni, eretti, sono di colore verde chiaro da giovani e bruno-rossastro quando maturano. Come tutte le conifere, questa specie mal si adatta all'atmosfera inquinata delle città. L'A. concolor è una specie americana, che nei nostri climi raggiunge i 20 m di altezza. E' molto apprezzata come pianta ornamentale per i lunghi aghi grigio-azzurri inseriti verticalmente sui rami a guisa di spazzola. I coni appaiono raramente. La varietà "Violacea" è di taglia più modesta e di lenta crescita. L'A. grandis è un'altra specie americana di grande valore ornamentale, e altresì utilizzata per i rimboschimenti, anche in Europa. Nelle condizioni ideali può superare gli 80 m di altezza ed è di rapida crescita. Da giovane ha una chioma conica slanciata di un bel colore verde brillante. Le foglie presentano due strisce argentate sulla pagina inferiore; i coni non compaiono tutti gli anni. L'A. koreana, originario del Corea, è un albero di taglia media (raggiunge i 15 m di altezza) rustico anche se sensibile alle gelate tardive. Il suo pregio ornamentale è connesso alla comparsa in maggio delle vistose infiorescenze femminili rosa o verdi; anche i coni sono apprezzabili per il colore verde-azzurro. La sua taglia ridotta lo rende adatto a essere allevato in contenitori, su terrazzi o grandi balconi.PIANTAGIONE. In genere, gli abeti preferiscono i terreni profondi, freschi e leggermente acidi. La messa a dimora va effettuata con piantine non molto sviluppate, in autunno o in primavera. L'abete bianco ha precise richieste relativamente alle condizioni del terreno e climatiche: vuole suoli fertili, profondi e freschi e un'atmosfera con un alto grado di umidità ma che non raggiunga mai valori termici elevati. Inoltre i giovani germogli sono molto sensibili alle gelate primaverili. Deve assolutamente essere piantato nelle posizioni in cui tali esigenze possano essere soddisfatte: ossia in luoghi luminosi ma non in pieno sole. l'A. grandis predilige i terreni profondi e freschi, anche lievemente calcarei, e un'atmosfera umida. L'A. concolor sopporta i climi più secchi, e può essere piantato anche nelle zone aperte, in terreno calcareo e povero. CURE COLTURALI. Il terreno attorno all'albero va diserbato frequentemente dopo l'impianto e, in primavera, concimato con un fertilizzante completo: ciò si protrarrà per diversi anni. Può essere attaccato da funghi: ruggine, che provoca pustole giallastre sulle foglie; Armillaria mellea, che causa marciume radicale; o da insetti, tra cui il più frequente è la cherme dell'abete, che produce galle sui rametti. POTATURA. Le operazioni di potatura non sono ben tollerate, ma si rivelerà necessario, qualora si sviluppasse un germoglio secondario in concorrenza con quello principale all'apice della pianta, provvedere alla sua eliminazione recidendolo alla base in primavera. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga per seme, in letto freddo, alla fine dell'inverno. Le piantine si trasferiscono, successivamente, in vivaio dove vengono allevate per 2 o 3 anni prima della messa a dimora. ABETE (Pinea)Questa comune conifera appartiene al genere Picea, comprendente una cinquantina di specie sempreverdi e rustiche. Le ramificazioni regolari, spesso pendenti, configurano una chioma a forma di cono stretto. Le foglie aghiformi sono inserite sui rami mediante corti peduncoli. Le Infiorescenze maschili si trovano sui rami di 1 anno, mentre quelle femminili sui rami dell'anno in corso, nella parte apicale. I coni, a differenza di quelli delle specie appartenenti al genere Abies, sono pendenti. Tra le specie più coltivate, troviamo la P. abies (abete rosso o peccio), spontanea in Italia, dove forma, insieme all'abete bianco, bellissimi boschi: deve il suo nome al colore del tronco delle piante giovani. Può raggiungere i 50 m di altezza, ma la sua chioma conica non si espande oltre gli 8 m di diametro. Gli aghi, di color verde scuro, sono duri; i coni bruni, pendenti, sono lunghi 15 cm. L'apparato radicale superficiale rende sensibile questa specie alla siccità. Numerose sono le varietà nane: la "Nidiformis", alta 60 cm, si espande fino a 1 m di diametro; la "Pumila" ha una chioma folta, appiattita all'apice, e raggiunge, sia in altezza sia in larghezza, il metro. La P. glauca è una specie americana di lenta crescita, che tocca i 20 m di altezza, ed è caratterizzata da un fogliame compatto, di color grigio-verde. La varietà "Albertiana Conica" è nana: non oltrepassa infatti i 2 m di altezza, e possiede una chioma conica molto fitta, che nasconde totalmente le ramificazioni; gli aghi sono sottili e morbidi. La P. omorika è una delle poche conifere in grado di sopportare le atmosfere inquinate. Questo albero raggiunge i 30 m di altezza e ha portamento colonnare. Dalle infiorescenze femminili di un rosso acceso si sviluppano coni purpurei, anche sulle piante molto giovani. La P. pungens è un'altra specie americana di cui sono maggiormente diffuse le varietà, tutte dal portamento conico e alte una decina di metri circa. Il loro fogliame è grigio-azzurro quando la pianta è giovane. Tra le varietà più coltivate, ricordiamo l'"Argentea" e la "Kosteriana". La P. sitchensis è un albero molto alto (50 m) e piuttosto affusolato, soprattutto negli individui giovani. E' una specie adatta per scopi ornamentali e si presta a essere piantata come esemplare isolato. Gli aghi sono piatti e appuntiti bianco-azzurri sulla pagina inferiore. Le infiorescenze rosse sono portate sulle parti alte della pianta: da esse si sviluppano coni bianchi.PIANTAGIONE. L'abete rosso predilige terreni freschi tendenzialmente acidi, e climi piuttosto umidi, dato che ha un apparato radicale superficiale, che teme la siccità. E' una specie che mal si adatta alle atmosfere inquinate. La P. sitchensis cresce bene in diversi tipi di terreno e resiste al vento. La P. omorika è adattabile in quanto a suolo e sopporta l'inquinamento. La piantagione si effettua in autunno o alla fine dell'inverno, in posizioni soleggiate o parzialmente ombreggiate. Non è consigliabile mettere a dimora individui più alti di 90 cm. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. L'abete rosso richiede innaffiature frequenti, soprattutto se il terreno è poco profondo. E' attaccato da vari agenti patogeni: cherme dell'abete, che provoca galle sulle foglie; afidi, che ingialliscono gli aghi; ruggine, che si riconosce per le pustole gialle sulle foglie. POTATURA. Come tutte le conifere, non tollera di buon grado i tagli. Eventualmente si possono eliminare le biforcazioni formatesi all'apice, tagliando alla base il germoglio più debole. MOLTIPLICAZIONE. Si moltiplica per seme, in marzo, in cassone freddo. Le piantine si trasferiscono dopo 1 anno in vivaio, dove vengono allevate per 3 anni prima dell'impianto a dimora. ARAUCARIAQuesta pianta originaria del Cile (nota infatti anche col nome di "pino del Cile" dove forma fitte foreste, si è diffusa nel nostro continente in epoca vittoriana, quando diverse specie esotiche furono impiegate per abbellire parchi e giardini. Il genere Araucaria comprende parecchie specie, ma solo l'A. araucana è rustica nei nostri climi, mentre le altre, più delicate, devono essere protette in serra durante i mesi più freddi. Questa conifera ha un aspetto inconfondibile: i rami, molto regolari e incurvati verso il basso, sono ricoperti da fitte squame fogliari di forma triangolare. In altezza può raggiungere i 20 m: il portamento rigido non ne fa una specie ornamentale particolarmente apprezzabile, benché sia attualmente molto diffusa nei giardini.PIANTAGIONE. Predilige i terreni compatti e drenati. Si mette a dimora in autunno o alla fine dell'inverno, nelle zone il cui suolo risulti più pesante, e particolarmente in posizioni soleggiate ma riparate dai venti. Può essere colpita da marciume radicale ove il terreno non sia ben drenato. CURE COLTURALI. Necessita delle normali cure colturali. POTATURA. Non è necessaria. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga per seme, all'inizio della primavera, in cassone freddo. Si trapianta più volte in grandi contenitori fino all'età di 3 anni. Si procede poi alla messa a dimora. CEDROIl genere Cedrus comprende 4 specie di bellissime conifere sempreverdi, di rapida crescita, coltivate esclusivamente per scopi ornamentali. Si tratta di alberi originari dell'Africa settentrionale e dell'Asia, il cui portamento maestoso è assai apprezzato anche da noi, ragion per cui possono essere frequentemente ammirati nei giardini più spaziosi. La caratteristica che li contraddistingue tra le conifere, risiede nel fatto che essi portano gli aghi, riuniti in mazzetti, sui rami corti inseriti lungo le branche. Il C. atlantica raggiunge i 40 m di altezza: ha portamento piramidale e le ramificazioni principali dirette verso l'alto. Tra le varietà più diffuse, troviamo il "Glauca", dal fogliame tendente al blu; il "Pendula", a rami pendenti; il "Fastigiata", caratterizzato da una chioma colonnare. Il C. deodara è il cedro dell'Himalaya, dal portamento molto elegante, più espanso e non appuntito all'apice. I rami laterali sono leggermente incurvati. La varietà "Pendula", a rami pendenti, è di modeste dimensioni. Il C. libani, originario di Libano, Siria e Turchia, è diventato il simbolo dello stato libanese. Questa stupenda conifera si caratterizza, una volta divenuta adulta, per l'assetto della chioma che pare suddivisa in palchi orizzontali. Può toccare un'altezza di 40 m e un diametro della chioma di 30. Gli aghi sono di un verde scuro, con lievi riflessi azzurro-argentei. Tra le varietà, figurano l'"Aurea", dal fogliame tendente al giallo; il "Nana" (arriva a 1 m di altezza), dalla chioma compatta; il "Sargentii", a rami pendenti.PIANTAGIONE. A parte il C. atlantica che vuole terreno calcareo, le altre specie sono in genere adattabili ai vari tipi di suolo, purché ben drenati. La messa a dimora si effettua in autunno o a marzo, in buche riempite sul fondo di ciottoli o ghiaia al fine di agevolare il drenaggio. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. POTATURA. Le potature non sono ben tollerate: sarà sufficiente eliminare le eventuali biforcazioni formatesi all'apice della pianta, tagliando alla base il germoglio più debole. Gli esemplari ingombranti si possono ridurre potando i rami più bassi, in corrispondenza del punto di inserzione sul fusto, alla fine dell'inverno. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga per seme, all'aperto, in aprile. Le giovani piantine che abbiano raggiunto un'altezza di 8 cm, devono essere trasferite in vivaio, dove si allevano per 3 anni prima della messa a dimora. Le varietà, invece, devono essere innestate. CHAMAECYPARISDi norma, le specie appartenenti al genere Chamaecyparis vengono impropriamente chiamate "cipressi". In realtà i veri cipressi, pur essendo strettamente imparentati ad esse per la comunanza di molte caratteristiche, fanno parte del genere Cupressus. Le foglie di entrambi i gruppi sono addossate le une alle altre in modo da nascondere il rametto su cui sono inserite: nella chamaecyparis, però, il rametto risulta piatto e non a sezione quadrata come nei veri cipressi. Tutte le specie portano, fin dalla più giovane età, numerosissimi coni (galbuli) legnosi, piccoli e di forma arrotondata. In genere si tratta di piante di non difficile coltivazione e che si prestano a svolgere varie funzioni: sono infatti adatte come frangivento, come siepi, come esemplari isolati o da giardino roccioso. Tra le specie più comuni, ricordiamo la C. lawsoniana, di origine americana, che raggiunge da noi i 30 m di altezza e i 5-6 di diametro della chioma. Il portamento è cortico: i rami principali sono incurvati e le fronde presentano inferiormente macchie bianche. Questa specie è scarsamente interessante dal punto di vista forestale, dato che tende facilmente a biforcarsi, mentre è assai apprezzabile sotto il profilo ornamentale: viene utilizzata di frequente per formare fitte siepi dalle sfumature verdi-bluastre. Numerosissime sono le varietà coltivate; tra quelle di taglia considerevole, figurano: l'"Allumii", di colore verde-azzurro; la "Columnaris", dal fogliame grigio chiaro e dalla forma slanciata; l'"Erecta", dalle tonalità verdi chiare e il portamento colonnare; la "Lanei", dal fogliame con sfumature dorate. Tra le varietà di ridotte dimensioni (non oltre il metro di altezza), citiamo la "Nana" e la "Nana Glauca", dal portamento tendenzialmente arrotondato. La C. nootkatensis (cipresso d'Alaska) è un'altra specie americana, rustica, riconoscibile per l'odore sgradevole emanato dalle foglie quando vengono schiacciate. E' una pianta molto decorativa per l'armonioso portamento conico e le fronde pendule di color verde scuro, una caratteristica quest'ultima che appare maggiormente accentuata nella varietà "Pendula". La C. obtusa, originaria del Giappone, può arrivare a toccare i 30 m di altezza, ma in compenso è di crescita lentissima: il portamento è conico con la base della chioma molto allargata; il fogliame è di color verde chiaro. Tra le varietà coltivate, figurano: la "Filicoides", dalle fronde che ricordano le felci; la "Nana gracilis", che supera appena i 2 m di altezza e presenta fronde a ventaglio; la "Nana" (60 cm di altezza), dal grande pregio ornamentale per la folta chioma e le fronde arrotondate; la "Nana Aurea", dalle sfumature dorate.PIANTAGIONE. Predilige i terreni fertili e ben drenati: la C. obtusa in particolare non tollera quelli secchi e calcarei. Le specie a fogliame verde si piantano in autunno o in primavera a mezz'ombra, quelle variegate di giallo, invece, al sole. CURE COLTURALI. Necessita delle normali cure colturali e cresce bene con concimazioni poco frequenti. La C. nootkatensis in particolare richiede abbondanti innaffiature. Le varie specie possono essere attaccate da afidi e, in caso di ristagni d'acqua, da marciume radicale. POTATURA. Sono necessari solo gli interventi utili a eliminare le biforcazioni all'apice della pianta. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga per seme in primavera, utilizzando vasi da sistemare all'aperto. Quando le piantine hanno raggiunto l'altezza di 80 cm, si trasferiscono in vivaio, dove vengono allevate per 2 anni prima dell'impianto a dimora. Le varietà, invece, si moltiplicano per talea. CIPRESSOLe specie che appartengono al genere Cupressus sono molto simili alle chamaecyparis, da cui si distinguono però, come si è già avuto modo di dire, per la disposizione delle scaglie fogliari: nei cipressi, queste formano quattro file ordinate intorno al rametto che viene così ad assumere una sezione approssimativamente quadrata. I coni (galbuli) sono legnosi, quasi sferici, composti da squame a forma di scudo con una protuberanza appuntita. Tutte le specie, una ventina, sono diffuse nell'emisfero settentrionale e alcune sono spontanee nell'area mediterranea in genere sono molto longeve e hanno portamento colonnare. Tra le più coltivate, si ricordano il C. arizonica (cipresso dell'Arizona) che arriva all'altezza di 20 m. La chioma è stretta, piramidale e un po' più espansa negli esemplari adulti: il fogliame, molto aromatico, ha colore grigio-verde. Questa specie è molto resistente ai climi freddi e secchi. Il C. glabra, di taglia un po' più piccola del precedente, si distingue per la corteccia liscia, rossastra, che si desquama a placche. Il fogliame è grigio-azzurro. Si tratta di una specie rustica. Il C. macrocarpa (cipresso di Monterey o della California) viene utilizzato nelle zone litoranee come frangivento, data la sua resistenza ai venti salini. Tocca l'altezza di 25 m. La chioma degli esemplari giovani è colonnare con punta a forma di cono, che si appiattisce nell'età adulta contemporaneamente all'allargamento complessivo del portamento. Il fogliame è verde scuro, lucente, molto romantico, e può assumere tonalità dorate nella varietà "Goldon crest". Il C. sempervirens (cipresso italiano) è specie tipica delle regioni mediterranee e raggiunge i 30 m di altezza. La chioma è colonnare, stretta e appuntita negli individui giovani, più arrotondata in quelli adulti. Le foglie, molto piccole, sono di un verde spento ed emanano, se schiacciate, un tenue odore di resina. Questa specie non tollera i climi rigidi. La varietà "Pyramidalis" (cipresso maschio) ha portamento affusolato, l'"Horizontalis" (cipresso femmina), invece, più ovale con ramificazioni sparse.PIANTAGIONE. Si consiglia di mettere a dimora esemplari non troppo cresciuti (al di sotto di 80 cm di altezza) per evitare che si indeboliscano e facilitare l'attecchimento. Sono preferibili i terreni ben drenati e le posizioni soleggiate. L'impianto si effettua in autunno o all'inizio della primavera. CURE COLTURALI. Ha bisogno delle normali cure colturali. Può essere attaccato da afidi e acari che succhiano la linfa delle foglie, causandone il disseccamento. E' inoltre soggetto a marciume radicale. POTATURA. In primavera si devono eliminare le biforcazioni eventualmente formatesi all'apice, tagliando alla base il getto più debole. Non sono necessarie altre potature. MOLTIPLICAZIONE Si propaga mediante semi giunti all'epoca di maturazione (i coni si aprono a 2 anni dalla loro formazione in autunno). Si semina all'aperto in primavera, in posizioni calde o in cassone freddo. In inverno, si trasferiscono le piantine in vivaio: dopo 2 anni vanno diradate, lasciando tra le une e le altre una distanza di 30 cm. Dopo 3 anni si piantano a dimora con pane di terra. CIPRESSO CALVOLa specie Taxodium distichum porta coni molto simili a quelli dei cipressi, pur non essendo imparentata con questo genere di conifere. E' un albero rustico e longevo, che può toccare i 30 m di altezza, e dalla chioma conica, espansa o leggermente tondeggiante. Si tratta di una delle poche conifere a foglia caduca, di grande interesse ornamentale per il suo fogliame leggero che prima di cadere, assume tonalità rosso-ruggine. Altra pregevole caratteristica è la sua adattabilità ai terreni umidi e paludosi grazie alla presenza dei "pneumatofori", particolari estroflessioni delle radici capaci di fuoriuscire dall'acqua per attingere l'ossigeno.PIANTAGIONE. Predilige i terreni paludosi fertili e molto umidi, e cresce benissimo ai bordi dei laghi e degli stagni. Soggetti non più alti di 1 m si mettono a dimora in aprile, in posizioni soleggiate o parzialmente ombreggiate. CURE COLTURALI. Necessita delle normali cure colturali. POTATURA. Si devono eliminare le biforcazioni eventualmente formatesi all'apice della pianta, recidendo il getto più debole alla base. MOLTIPLICAZIONE. Si moltiplica per seme, in primavera (marzo-aprile), in cassone freddo. Le piantine devono essere trasferite in vivaio quando hanno raggiunto un'altezza di 8 cm. Si mettono a dimora dopo altri 3 anni. CRIPTOMERIALa Cryptomeria japonica, conosciuta anche come "cedro giapponese", è una conifera dalle pregevoli caratteristiche ornamentali, molto utilizzata in Giappone. La chioma ha portamento conico; gli aghi, sottili, ricurvi e appuntiti, sono inseriti sui rametti a spirale. La corteccia è di colore arancio-marrone. Tocca i 40 m di altezza e i 7 di diametro della chioma. Numerosissime sono le sue varietà, tra cui l'"Elegans", dal portamento arbustivo e irregolare, l'altezza non superiore ai 7 m e le soffici fronde. Gli aghi, che in estate sono verde-azzurri, in inverno assumono un caldo colore rosso bronzeo. Tra le varietà nane citiamo: la "Bandaisugi", alta 1 m; la "Compressa", compatta e con fogliame denso, rossastro in inverno (altezza 50 cm); l'"Elegans nana", con fogliame fitto, bronzeo in inverno (altezza 1 m); la "Spiralis", dai rametti inseriti a spirale sulle branche e il portamento compatto.PIANTAGIONE. Predilige terreni sciolti, profondi, ben drenati, lievemente acidi, mentre non tollera quelli poveri. Si pianta in autunno o in primavera in posizioni soleggiate, dando la preferenza a esemplari non più alti di 60 cm per favorire l'attecchimento. CURE COLTURALI. Oltre alle normali cure colturali, ogni anno in primavera si deve somministrare concime complesso ternario. Le piantine più giovani possono essere colpite da muffa grigia. POTATURA. Si eliminano le biforcazioni eventualmente formatesi all'apice della pianta, tagliando alla base il getto meno vigoroso. MOLTIPLICAZIONE. Generalmente si propaga per seme, anche se le varietà richiedono il metodo per talea. Le talee, della lunghezza di 10 cm, si prelevano alla fine dell'estate, si fanno radicare in torba e sabbia in cassone freddo e poi si pongono in contenitori di 10 cm da tenere all'aperto fino all'autunno successivo, epoca in cui si trapiantano in vivaio. Si mettono a dimora dopo 2 anni. GINEPROIl genere Juniperus comprende 60 specie di alberi e arbusti, diffusi prevalentemente nell'emisfero settentrionale, tutti rustici e di lenta crescita. Le foglie giovani sono aghiformi, quelle adulte squamiformi. I coni carnosi, di aspetto simile a bacche più esattamente detti "coccole", sono di colore nero o grigio-azzurro. Tra le specie più diffuse, lo J. chinensis, originario della Cina, è un piccolo albero alto 6 m, di forma conica e dal fogliame verde scuro e opaco. I coni blu scuro sono portati solo sulle piante femminili. La sua varietà "Aurea", dal fogliame giallo-dorato, ha portamento colonnare. Numerose sono le varietà nane, adatte al giardino roccioso: "Globosa", "Japonica", "Pfitzeriana Aurea", "Stricta". Lo J. communis è il ginepro comune, spontaneo in Italia, che raggiunge in altezza i 6-10 m e i 3 di diametro della chioma, anche se è frequente trovarlo nella forma cespugliosa. Porta sempre foglie aghiformi riunite a ciuffi di 3, di colore grigio-verde con una striscia bianca sulla lamina superiore. Le bacche, utilizzate per aromatizzare il gin, prima sono verdi e poi diventano bluastre. Molto diffusa è la varietà "Hibernica" (ginepro d'Irlanda), dal fogliame grigio-azzurro e la chioma colonnare. Tra le varietà nane, figurano il "Compressa" e l'"Hornibrookii". Lo J. horizontalis è una specie nana (alta 30 cm) a portamento espanso, prostrato (larga 2 m). Le foglie adulte sono di un verde-azzurro. Tra le sue varietà, ricordiamo il "Douglasii", con fogliame rosso in autunno, e il "Glauca", con fogliame verde-azzurro. Lo J. procumbens è una specie giapponese, a portamento prostrato come la precedente. Diffusa è la varietà "Nana", tappezzante, di colore grigio-verde. Lo J. sabina è un arbusto che raggiunge i 6 m di altezza, di cui è soprattutto coltivata la varietà "Tamariscifolia", nana ed espansa. Lo J. squamata è una specie a portamento espanso, alta 60 cm, di cui sono soprattutto diffuse le variet, tra cui il "Blue Star" dallo splendido fogliame grigio-azzurro, e il "Meyeri" che supera 1 m di altezza e ha fogliame azzurro.PIANTAGIONE. I ginepri si adattano a tutti i terreni da giardino, anche quelli calcarei e secchi, ma ben drenati. Si mettono a dimora in primavera piante preferibilmente non troppo cresciute (fino a 80 cm di altezza). Le posizioni soleggiate vanno riservate alle varietà con fogliame giallo o azzurro, altrimenti queste colorazioni non si evidenziano. CURE COLTURALI. Necessita delle normali cure colturali. E' attaccato da cocciniglie che disseccano i rametti. POTATURA. Non è necessaria. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga mediante semi, in autunno, che vanno interrati in vasi da porre In cassone freddo. Successivamente, le piantine abbastanza cresciute si trapiantano in vivaio. Si mettono a dimora dopo 2 anni. Le varietà si moltiplicano per talee, prelevate in settembre-ottobre. Le talee (10 cm), che devono avere alla base una porzione del ramo portante, si interrano in cassone freddo finché sono radicate. Si trasferiscono poi in vivaio. GYNKGO BILOBALa Gynkgo biloba, è un albero di grande pregio ornamentale, che viene considerato un fossile evidente. Appartiene infatti all'unica specie di una classe di piante, ormai estinte, più antiche delle conifere e diffusesi nel periodo carbonifero. Porta foglie dalla caratteristica forma a ventaglio, leggermente suddivise in due lobi da cui è derivato appunto il nome "biloba". Le piante sono maschili o femminili: queste ultime meno apprezzate, perché portano un frutto dallo sgradevole odore. E' una specie a foglia caduca, e dal sottile tronco grigio, che raggiunge un'altezza di 30 m. Molto apprezzata per la bellezza del suo fogliame, che in autunno diventa di un luminosissimo giallo-dorato, è rustica e tollera l'atmosfera inquinata della città.PIANTAGIONE. Predilige i terreni fertili arricchiti con sostanza organica, e le posizioni soleggiate. Si mette a dimora dall'autunno inoltrato alla primavera. CURE COLTURALI. Oltre alle normali cure colturali, sarà opportuno pacciamare il terreno sotto la chioma con terriccio di foglie. POTATURA. Non tollera la potatura, che causerebbe il disseccamento dei rami. MOLTIPLICAZIONE. La fruttificazione si ha solo occasionalmente, perciò viene di preferenza moltiplicata per talea. LARICEI larici, appartenenti al genere Larix e coltivati frequentemente sia a scopo ornamentale sia forestale per i rimboschimenti, sono diffusi sulle Alpi e nell'Europa centrosettentrionale. Fanno parte di quell'esiguo novero di conifere che perdono gli aghi in autunno. Una delle loro caratteristiche salienti risiede nella chioma, dal portamento piramidale, e dal fogliame leggero e di colore mutevole a seconda delle stagioni: dal verde smeraldo in primavera, si passa alle tonalità più scure e biondo-dorate autunnali. Anche i fiori femminili, di colore rosa, sono decorativi. Il loro legname, dal durame profumato e rossastro, è adatto per costruire pergolati e staccionate nei giardini. Tra le specie coltivate in Europa, vale la pena ricordare il L. decidua, spontaneo in Italia, molto vigoroso, adatto anche alle zone ventose. Può arrivare a toccare i 40 m di altezza e ha portamento piramidale. Nella primavera avanzata compaiono infiorescenze femminili rosse rivolte verso l'alto, mentre quelle maschili, di un giallo chiaro, sono pendule. Il legno, assai ricco di resine, viene utilizzato per produrre pece greca e acquaragia. Si tratta di una specie molto longeva. Il L. leptolepis è il "larice giapponese", che raggiunge i 20 m di altezza. E' molto utilizzato da noi per il rimboschimento, e si distingue dal precedente per i giovani rami di colore rossastro e per la presenza sotto gli aghi di due strisce bianche. Le infiorescenze femminili sono color crema, talvolta con sfumature rosse. La chioma è più espansa che nel L. decidua (raggiunge gli 8 m di diametro). Il L. x eurolepis è un ibrido ottenuto dall'incrocio tra le due specie precedenti: esso raggiunge i 40 m di altezza. Molto vigoroso, cresce anche nei terreni più poveri. Il fogliame autunnale è giallo-rossiccio; le abbondanti infiorescenze femminili sono rosse, gialle o verdi.PIANTAGIONE. Predilige i terreni profondi, freschi e umidi, dato che non sopporta la siccità. Si mettono a dimora piantine non troppo cresciute, in posizioni aperte e soleggiate. CURE COLTURALI. Si consiglia di eliminare costantemente, nei primi anni dopo l'impianto, le infestanti e di evitare altresì che il terreno si secchi. Può essere attaccato da cherme dell'abete e processionaria del pino, capaci di provocare gravi defogliazioni. POTATURA. Si eliminano eventuali biforcazioni all'apice, tagliando alla base il getto più debole. Non sono necessarie potature. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga mediante semi che vanno interrati direttamente in vivaio, in primavera. Si alleva per 2-3 anni prima della messa a dimora. LIBOCEDROIl Libocedrus decurrens è una conifera molto ornamentale, il cui portamento piramidale ricorda quello del pioppo cipressino. Questa specie, nativa della California e dell'Oregon, è molto rustica e viene coltivata con successo anche nel nostro paese dove può sostituire, nelle zone più fredde, il cipresso italiano, e particolarmente la varietà "Pyramidalis". Da noi raggiunge i 30 m di altezza, mentre nei luoghi d'origine può addirittura toccare i 50. Ha fogliame verde opaco, formato da piccole foglie squamiformi che rivestono rametti disposti a ventaglio. Il tronco, attraversato da striature rossastre longitudinali, è quasi del tutto nascosto dalle folte ramificazioni rivolte verso l'alto. I coni gialli sono riuniti in gruppi. E' adatta come esemplare isolato nei parchi o come alberatura. La varietà "Fastigiata", dal portamento colonnare, è molto diffusa.PIANTAGIONE. Predilige i terreni profondi, fertili, umidi ma ben drenati. In autunno o in primavera si mettono a dimora le piantine non troppo cresciute, scegliendo le posizioni aperte e soleggiate. CURE COLTURALI. Necessita delle normali cure colturali. POTATURA. E' sufficiente limitarsi a eliminare le biforcazioni eventualmente formatesi all'apice, tagliando alla base il germoglio più debole. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga per seme, in autunno, in serra fredda. In primavera si trasferiscono le piantine in vivaio, dove vengono allevate per 3 anni prima della messa a dimora. Le varietà si moltiplicano per talee semilegnose che, una volta radicate, si trapiantano in vivaio, in primavera, e si allevano per un altro anno. METASEQUOIAIl genere Metasequoia comprende una sola specie, la M. glyptostroboides, originaria della Cina. Questo albero è molto antico e, come la Ginkgo biloba, è da ritenersi un fossile vivente: risale al pliocene inferiore, epoca della sua massima diffusione. Se coltivato, raggiunge i 10 m di altezza. Ha portamento piramidale, e il tronco, arancio-brunastro, è molto ornamentale quando l'albero è spoglio. Gli aghi sono appiattiti e troncati all'apice e cadono in autunno; il fogliame, nell'insieme, è leggero e muta colore con l'avvicendarsi delle stagioni: verde pallido in primavera, diventa più scuro in estate, e assume tonalità rosa-arancio in autunno. E' di crescita piuttosto lenta, quindi adatto ai piccoli giardini.PIANTAGIONE. Predilige i terreni umidi e fertili, anche se è in grado di tollerare quelli più asciutti. Si mette a dimora in novembre o all'inizio della primavera, In posizioni parzialmente ombreggiate. E' preferibile piantare esemplari non più alti di 1 m. CURE COLTURALI. Necessita delle normali cure colturali. E' opportuno evitare che il terreno si asciughi, se si vuole ottenere una crescita più rapida. POTATURA. Non sono necessarie potature. Se dovesse gelare il germoglio apicale, si dovrà allevarne uno di sostituzione scegliendo, fra le ramificazioni sottostanti, quella più vigorosa e tagliando alla base le altre. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga generalmente per talee, prelevate in estate o alla fine dell'autunno. Nel primo caso si faranno radicare in cassone nebulizzato, nell'altro in letto freddo, per poi trasferirle in contenitori di 10 cm di diametro, prima di procedere all'interramento per altri 2 anni in vivaio all'aperto. PINOIl genere Pinus comprende un centinaio di specie di dimensioni e portamento diversi, diffuse soprattutto nell'emisfero settentrionale. I pini si distinguono dalle altre conifere per i loro aghi, che sono riuniti in mazzetti di 2-3 o 5 inseriti sui cortissimi peduncoli legnosi delle ramificazioni più adulte. Questi alberi portano infiorescenze (amenti) maschili e femminili separate sullo stesso individuo: le prime alla base dei giovani rami, le seconde, invece, al loro apice. I coni, legnosi e larghi, impiegano anni per maturare. Tra le specie e varietà più coltivate, figura il P. cembra (cembro o cirmolo), frequente sulle Alpi, rustico e resistente alle fredde temperature e ai terreni più poveri d'alta montagna. Raggiunge i 25 m di altezza ed è molto longevo. Il suo portamento, nelle zone meno impervie, è slanciato e a forma di piramide stretta; nei versanti più esposti, invece, il tronco si contorce e la chioma si allarga in forme non ben definite. Si riconosce per gli aghi, lunghi 5-10 cm e riuniti in gruppi di 5. I coni, blu violetto da giovani, assumono tonalità brune durante la maturazione. Il P. contorta è una specie diffusa in America settentrionale, con aghi verdi scuri, lunghi 3-8 cm e riuniti a due a due. La varietà che raggiunge i 120 m di altezza, è la più coltivata per scopi ornamentali. Rustica e di rapido accrescimento, è adatta come esemplare isolato o in gruppi. Il portamento è conico, stretto. Il P. halepensis (pino d'Aleppo), diffuso nelle regioni mediterranee, è frequente in Provenza. Ha una chioma larga che, negli alberi adulti, assomiglia a quella del pino domestico e del pino marittimo. Questa specie, però, ha rami esili e fitti di colore grigio-argento e aghi sottili, di un verde chiaro, riuniti a due a due. E' un albero rustico che arriva a toccare i 50 m di altezza.Il P. nigra (pino nero o pino d'Austria) è una specie europea (si trova anche nella nostra penisola) che comprende diverse varietà, di cui la più utilizzata nel rimboschimenti è il P. n. nigricans, dalla chioma scura e piramidale, simile a quella del P. laricio, ma più bassa. Arriva ai 30 m di altezza ed è adatta ai terreni secchi e calcarei. Il P. parviflora è una specie giapponese rustica, non molto alta (12 m), a chioma espansa verde scura. La corteccia ha un'inconfondibile tonalità rossastra e squame scure che la ricoprono; gli aghi sono riuniti in coppie. Il P. pinaster (pino marittimo) è una specie tipica delle regioni mediterranee e riconoscibile, in età adulta, per la caratteristica forma a ombrello della chioma. La corteccia, profondamente incisa, è bruno-rossastra. Gli aghi, lunghi 10-20 cm, sono riuniti in coppie; i coni, grandi e marroni, persistono a lungo sui rami, anche quando questi sono ormai spogli. Raggiunge i 30 m di altezza. Il P. pinea (pino domestico) è il comune pino da pinoli, un'altra specie mediterranea rustica che arriva ai 20 m di altezza. La corteccia è simile a quella della specie precedente; la chioma espansa, a ombrello, è formata nella parte più alta da rami disposti a raggiera. I coni, tondeggianti, marroni e lunghi 10-15 cm, si manifestano solo sulle piante di almeno 30 anni. Il P. radiata (pino di Monterey) è una specie rustica di rapida crescita e dalla caratteristica corteccia verdastra. Proveniente dalla California, ha una chioma folta e chiara, formata da rami vigorosi ed estesi. Gli aghi sono riuniti in mazzetti di 3. Il P. strobus è una specie americana rustica, introdotta nel nostro paese nel secolo scorso. Negli esemplari più giovani la chioma è piramidale ed espansa, ma va diradandosi con l'età. Questa specie è inconfondibile per gli aghi sottili, verde-azzurri e riuniti in fascetti di 5. I coni sono lunghi, ricurvi e assumono una colorazione bruna macchiettata di bianco man mano che maturano. Si tratta di una pianta di rapido accrescimento e adattabile a condizioni diverse: perciò è utilizzata a scopo forestale. Tocca un'altezza di 20 m. Il P. sylvestris (pino silvestre) è un albero molto diffuso di grandi dimensioni e dal portamento piramidale, che presenta diverse varietà. Raggiunge generalmente un'altezza di 30 m, ma l'accrescimento è lento. Si riconosce, tra le conifere, per il fogliame verde-bluastro e la corteccia rossiccia tendente al salmone. Gli aghi, lunghi 3-8 cm, sono ritorti e riuniti a coppie. Si coltivano anche le varietà "Aurea", di limitato accrescimento, e dal fogliame, giallo in estate, che assume tonalità dorate d'inverno, e "Beuvronensis", di taglia nana (1 m di altezza), e caratterizzata da fogliame grigiastro e portamento cespuglioso. PIANTAGIONE. Il pino silvestre si adatta a diversi tipi di terreno, anche a quelli secchi e calcarei; il pino nero d'Austria predilige le altitudini elevate e cresce bene anche nei terreni rocciosi e calcarei e in clima ventoso. Le altre specie vogliono terreni acidi, ben drenati e sopportano la siccità (all'infuori del pino marittimo a cui è congeniale l'umidità). La messa a dimora si effettua in autunno o in marzo, in posizioni aperte e soleggiate, utilizzando piantine non troppo cresciute. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. In primavera è opportuno distribuire un concime completo. POTATURA. Non è necessaria: qualora l'apice venisse danneggiato, basterà sostituirlo con un germoglio sottostante, recidendo alla base i getti più deboli. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga per seme, in primavera, in contenitori da riparare in cassone freddo. Dopo 1 anno le piantine vanno trasferite in vivaio, dove rimarranno per altri 2 prima dell'impianto a dimora. TASSODel genere Taxus che comprende solo 8 specie, la più diffusa è il T. baccata, una conifera di 20 m di altezza, dalla chioma folta e scura molto espansa, piramidale. E' una specie rustica che sopporta il vento, apprezzata per la capacità, rara tra le conifere, di ricacciare dopo i tagli. Per questo motivo è utilizzata anche come siepe. La sua crescita lentissima ne limita però la coltivazione. Gli aghi appiattiti e brevi (1-3 cm), sono inseriti sui rametti in due file opposte; la pagina superiore è verde scura, quella inferiore più chiara. I fiori maschili e femminili sono portati su individui separati. Il frutto è una bacca carnosa (arillo) di colore rosso acceso. Tutte le parti della pianta, a eccezione della polpa dei frutti, sono velenose. Tra le varietà coltivate, l'"Aurea" ha fogliame dorato e germogli pendenti, il "Fastigiata" ha portamento colonnare.PIANTAGIONE. Predilige le posizioni ombreggiate e piuttosto umide, in zone non soggette a freddi intensi. Si adatta a diversi tipi di terreno, purché ben drenati. Sopporta l'atmosfera inquinata. Si mette a dimora dall'autunno alla primavera utilizzando soggetti non più alti di 60 cm. CURE COLTURALI. Ha bisogno delle normali cure colturali. POTATURA. Le piantine messe a dimora per ottenere delle siepi vanno cimate subito per infoltire la vegetazione. Gli altri esemplari non hanno bisogno di potature, ad eccezione della spollonatura (eliminazione dei germogli che si formano alla base del fusto). MOLTIPLICAZIONE. In autunno si propaga per seme in cassone freddo, ombreggiato. Le piantine si trasferiscono in vivaio quando hanno raggiunto un'altezza di 8-10 cm (a 6 anni sono alte solo 15 cm). E' consigliabile metterli a dimora a 10 anni. La moltiplicazione per talea è più veloce: si prelevano alla fine dell'estate talee di 8 cm, dai getti laterali e si interrano in cassone freddo; quando sono radicate si trapiantano in vivaio. TUIAGli alberi del genere Thuja, solitamente non di grandi dimensioni, vengono spesso confusi con i cipressi, dai quali però si distinguono per le pigne rognose, formate da 6-12 squame attaccate solo alla base, e per il colore rossastro dei giovani rametti. La chioma è conica, molto folta; le foglie squamiformi sono pressate sui rametti fino a coprirli completamente, rendendoli piatti. Il legno, leggero e di lunga durata era utilizzato dagli indiani d'America per costruire le loro canoe. Tra le specie più coltivate, la T. occidentalis è chiamata anche "tuia del Canada" o "cedro bianco", ed è originaria delle regioni settentrionali degli Stati Uniti. E' una specie a crescita lenta, molto rustica, che raggiunge i 15 cm di altezza. Porta piccole pigne gialle che, una volta mature assumono colorazione marrone. E' adatta anche per siepi. Tra le sue varietà, la "Globosa" ha una chioma molto folta, bassa (1 m), di colore verde chiaro tendente all'azzurro; la "Spiralis" a chioma colonnare, verde scuro. Numerose sono anche le varietà nane: "Caespitosa", "Ericoides", "Hetz Pigmy", "Rheingold" (dotata). La T. orientalis è originaria della Cina, dove viene denominata "albero della vita". E' più piccola della specie precedente e raggiunge solo i 10 m di altezza; la si distingue dalla specie americana per l'assenza di coni sulle ramificazioni principali e la maggiore suscettibilità ai freddi intensi. Viene perciò talvolta utilizzata, nelle regioni mediterranee, in sostituzione del cipresso, per formare siepi e barriere frangivento. La chioma, formata da rami inseriti verticalmente sul tronco, è verde-giallastra con rametti meno appiattiti che nelle altre tuie. Sono coltivate numerose varietà nane, con fogliame giallo-dorato in autunno. La T. plicata (tuia gigante) è la più grande delle tuie (a volte supera i 30 m di altezza), originaria delle regioni nord-occidentali degli Stati Uniti, dove sono soddisfatte le sue esigenze di elevata umidità atmosferica e piovosità. Gli esemplari giovani hanno una chioma molto regolare, conica, che si dirada alla base con l'età, scoprendo un tronco bruno squamato in strisce sottili. I rametti sono appiattiti, ricoperti di piccole squame fogliari di un verde vivo con sottili strisce bianche sulla pagina inferiore. E' una specie rustica, resistente al freddo, di rapida crescita e adatta anche per siepi.PIANTAGIONE. La T. plicata predilige terreni freschi, ma si adatta anche a quelli compatti, argillosi, umidi. Non sopporta la siccità. La tuia del Canada e l'orientale vogliono terreni profondi e freschi; la seconda, in particolare, richiede climi non molto freddi. Si mettono a dimora, in autunno o all'inizio della primavera, piantine non troppo cresciute in posizioni soleggiate. CURE COLTURALI. Sono necessarie le normali cure colturali. POTATURA. Non è necessaria: se si piantano delle siepi, si consiglia di cimare la vegetazione subito dopo la messa a dimora per infoltire le ramificazioni. MOLTIPLICAZIONE. Si propaga per seme. Sono abbastanza agevoli anche i metodi vegetativi: per talea la tuia occidentale, e per talea e margotta quella orientale. Le varietà si moltiplicano solo per via vegetativa. Le talee, apicali e lunghe 10 cm, si prelevano in settembre-ottobre e si riparano in cassone freddo; quando sono radicate si trasferiscono in vivaio. Rai Scuola ItaliaItalia - TurismoItaly - ItaliaRai Storia ItaliaCnt Rm Ingv Centro Nazionale TerremotiEarth Quake Live - TerremotiMinistero della Salute ItalianoRai ScienzeRai CulturaDiscovery ItaliaFocusYouTubeDocumenti SlideDocumenti YumpuMinistero degli esteri italianoLa Farnesina - Viaggiare sicuriU.S. Department of StateU. K. GovernProtezione civile Gov.ItaMinistero dell'Ambiente della tutela del Territorio e del Mare
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