Storia Moderna La Restaurazione.

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STORIA MODERNA - LA RESTAURAZIONE

PROGRESSO E CONSERVAZIONE

Gli ideali della Rivoluzione francese, diffusi in tutta l'Europa durante l'epoca napoleonica, e lo sviluppo industriale, con le conseguenti implicazioni sul piano sociale, avevano inferto un colpo durissimo alla vecchia Europa, feudale e aristocratica. La caduta di Napoleone, seguita dal ritorno sul trono dei sovrani spodestati, parve ridare vigore al sogno di restaurare l'assetto politico-sociale precedente alla Rivoluzione Francese (l'antico regime). Il Congresso di Vienna, tenutosi tra il novembre 1814 e il giugno 1815, non rappresentò che il tentativo, riuscito per molti aspetti, di cancellare ogni traccia lasciata dalla rivoluzione e da Napoleone. La stabilità politica e la pace tuttavia non erano garantite da forze che, se erano riuscite a creare un certo equilibrio politico tra le maggiori potenze, non potevano arrestare la tendenza al rinnovamento. Tendenza che si manifestò con la Rivoluzione francese e che fu perseguita dalle forze progressiste, in opposizione a quelle che seguivano una politica conservatrice. Queste ultime si riconoscevano nella Chiesa, nella monarchia, nell'aristocrazia terriera. Le altre avevano i loro punti di forza nella diffusione del capitalismo industriale, nei fermenti nazionalisti e liberali e nel nuovo ceto dirigente borghese, che, pur aspirando alla stabilità politica, non era disposto a tollerare gli ideali assolutistici che avrebbero impedito lo sviluppo delle nuove iniziative economiche, soffocando l'imprenditorialità. Pertanto, i grandi eventi del secolo XIX andarono svolgendosi in una situazione di conflittualità. Il ventaglio delle forze in campo era piuttosto ampio e ai due poli estremi si collocavano reazione e rivoluzione. Da un punto di vista culturale, anche il Romanticismo, che pure aveva al suo interno tendenze medievaleggianti e reazionarie, non tardò ad identificarsi con gli ideali di rinnovamento sostenuti dalla borghesia. Quindi, già nel quindicennio della Restaurazione (1815-1830), iniziò a delinearsi il legame tra intellettuali e borghesi in senso rivoluzionario. Infatti la difesa delle tradizioni dei singoli popoli operata dal Romanticismo contribuiva a risvegliare la coscienza di una identità nazionale, soffocata dalle mire restauratrici del Congresso di Vienna.

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NAZIONALISMO E LIBERALISMO

Tra le grandi forze propulsive dell'Ottocento europeo il nazionalismo occupò una posizione di primissimo piano.

Esso era l'espressione della volontà di ogni nazione di affermare la propria unità e la propria indipendenza sull'onda della Rivoluzione francese e delle conquiste napoleoniche.

Nella penisola italica e nei territori germanici, dove il movimento nazionalista ebbe maggiore vitalità, Napoleone aveva contribuito a suscitare la nascita di uno spirito nazionale, gettando le basi per l'unificazione dei due Paesi.

Strettamente unito al nazionalismo, sino a identificarsi con esso, era il liberalismo, che si fondava sulla convinzione che tra società e Stato, tra governati e governanti, dovessero instaurarsi rapporti diversi e più organici di quelli esistenti sotto i regimi monarchici assoluti.

Poiché i maggiori ostacoli per ampliare la base del governo erano i privilegi aristocratici ed ecclesiastici, gran parte della propaganda liberale aveva come tema quello dello smantellamento dei diritti feudali e del potere clericale, e ne era portavoce soprattutto la classe della borghesia professionale che chiedeva l'eguaglianza di tutti davanti alla legge. Il modello proposto era il governo parlamentare, sulla base di precise garanzie costituzionali, contro il potere assoluto della monarchia.

Il liberalismo si distingueva dal radicalismo democratico in quanto presupponeva la sovranità delle assemblee parlamentari, anziché del popolo nella sua totalità, e limitava la richiesta del diritto di voto a coloro che disponessero di un certo reddito.

Pur riconoscendosi nella Rivoluzione francese, i liberali ottocenteschi ne deprecavano gli «eccessi» e la «democrazia di massa» istituita nel periodo del «terrore», affermando che erano stati questi eccessi ad affossare la rivoluzione, favorendo l'avvento della reazione e della dittatura militare.

Come sistema ideale veniva proposto quello monarchico-costituzionale o parlamentare repubblicano, ma comunque basato sul suffragio limitato a una minoranza.

I liberali si opponevano pertanto alla restaurazione del 1815, in quanto aveva riaffermato l'assolutismo e ristabilito gran parte dei privilegi dell'aristocrazia, e auspicavano un regime che favorisse la nuova classe borghese, ma che si tenesse debitamente distante da una forma di governo democratico.

IL CONGRESSO DI VIENNA

Con il trattato di Chaumont del marzo 1814 le potenze europee antifrancesi, ossia Gran Bretagna, Austria, Russia e Prussia, si erano impegnate a rimanere unite per altri vent'anni contro la Francia. L'alleanza tendeva a perpetuare la divisione politica dell'Europa in Stati dinastici e il risultato di questa volontà fu l'ordinamento territoriale concordato al Congresso di Vienna. I contrasti esistenti tra le potenze vincitrici furono superati grazie all'abilità diplomatica del ministro degli Esteri francese Talleyrand che, pur essendo presente in veste di osservatore, come rappresentante di una potenza sconfitta, riuscì a far in modo che prevalesse il principio del legittimismo. In base ad esso veniva ristabilito lo statu quo precedente alla Rivoluzione francese. La nuova sistemazione dell'Europa venne compiuta attraverso cinque accordi, strettamente legati l'uno all'altro: il già citato trattato di Chaumont (marzo 1814); i due trattati di Parigi (maggio e novembre 1815); il trattato di Vienna (giugno 1815); la Quadruplice Alleanza (novembre 1815), che fissarono il corso della politica europea del successivo cinquantennio. Per quanto fosse stato firmato prima della definitiva sconfitta di Napoleone a Waterloo, il trattato di Vienna rimase poi sostanzialmente immutato. Nato da un compromesso tra le grandi potenze, esso stabiliva la sistemazione dell'intera Europa, cercando di garantire le altre potenze da una ripresa della belligeranza francese. - L'Austria ottenne la Lombardia e il Veneto, pur perdendo il Belgio; - il Belgio e il Lussemburgo furono uniti all'Olanda, formando uno Stato-cuscinetto a nord (il Regno dei Paesi Bassi); - la Prussia ottenne la Pomerania Svedese, gran parte della Sassonia e parte della Renania; - l'Inghilterra acquistò nuove colonie in Africa, Malta e Gibilterra; - la Confederazione Germanica, composta da 39 Stati, fu affidata alla tutela dell'imperatore d'Austria, sotto la cui presidenza si riuniva la Dieta di Francoforte; - venne garantita la neutralità e l'indipendenza della Svizzera; - l'Impero Russo annetté la Bessarabia e la Finlandia, strappata alla Svezia, che incorporò però la Norvegia; - la Francia conservò i suoi antichi confini, ma dovette cedere alcune colonie all'Inghilterra. La penisola italiana fu sistemata tenendo conto degli interessi austriaci e in base al principio della legittimità: - il Regno di Sardegna, oltre a rientrare in possesso del Piemonte, ottenne la Liguria e parte della Savoia; - il Veneto e la Lombardia caddero sotto il dominio diretto dell'Austria; - il Ducato di Modena e Reggio fu attribuito a Francesco IV di Asburgo; - il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla venne temporaneamente assegnato a Maria Luisa d'Asburgo, già moglie di Napoleone; - il Granducato di Toscana fu restituito a Ferdinando III d'Asburgo-Lorena; - lo Stato Pontificio fu restituito al papa che però dovette rinunciare ad Avignone, tornata alla Francia; - il Regno delle Due Sicilie tornò ai Borboni. Come possiamo osservare, il Congresso di Vienna non tenne in alcun conto le aspirazioni alla libertà che alcuni popoli avevano manifestato, specialmente in Italia e in Polonia.

L'Europa dopo il Congresso di Vienna

L'Europa dopo il Congresso di Vienna

LA SANTA ALLEANZA

Per salvaguardare la nuova sistemazione dell'Europa, le quattro potenze alleate firmarono un trattato con cui si impegnavano a difendere, anche con la forza, e per un periodo di vent'anni, gli accordi raggiunti. Questo patto creò il cosiddetto «concerto d'Europa» per il mantenimento della pace, perpetuando la Quadruplice Alleanza. Sin dall'inizio però l'Inghilterra prese le distanze dalle altre potenze e il ministro Castlereagh affermò che il governo inglese non intendeva avallare un intervento negli affari interni di un altro Stato. La Gran Bretagna, inoltre, si rifiutò di entrare a far parte della Santa Alleanza, istituita nel 1815 per iniziativa dello zar Alessandro I. Con essa i sovrani di Russia, Austria e Prussia davano vita a un'unione cristiana di carità, pace e amore, affermando di considerarsi «membri di una sola e comune nazione cristiana». Tali affermazioni teoriche furono tuttavia smentite da un'azione politica volta a soffocare ogni spinta progressista all'interno degli Stati membri. All'Alleanza aderirono i monarchi di tutti i Paesi d'Europa, ad eccezione dell'Inghilterra, dello Stato pontificio (Pio VII si rifiutò di sottoscrivere il documento) e, ovviamente, della Turchia, essendo il sultano un «infedele». Negli anni seguenti, l'Inghilterra andò assumendo atteggiamenti di crescente autonomia, dovuti, oltre che a ragioni politiche, anche alla nuova fisionomia economica che il Paese andava assumendo e che lo differenziava nettamente dal resto dell'Europa.

IL BALUARDO DELLA RESTAURAZIONE

Essendo impossibile la coesistenza tra le forze del progresso e le forze della conservazione, il periodo successivo al Congresso di Vienna fu caratterizzato in tutta Europa da un susseguirsi di agitazioni che culminarono nelle rivoluzioni del 1820-21. La restaurazione del 1815 aveva segnato il trionfo del vecchio ordine e delle forze conservatrici che consolidarono il proprio potere in pressoché tutti gli Stati d'Europa, ad eccezione della Gran Bretagna. A questo consolidamento non si opponevano solo i fautori del liberalismo e della democrazia, ma lo stesso nuovo ordine sociale ed economico che si andava delineando, basato sullo sviluppo commerciale, industriale, scientifico, e il cui carattere dinamico appariva in netta contraddizione con la staticità del vecchio ordine basato sulla proprietà fondiaria, la fede religiosa, l'immobilismo politico. Era evidente che, di fronte alle nuove esigenze economiche le forze del conservatorismo stessero combattendo una battaglia che era perduta in partenza, ma la loro resistenza fu comunque notevole e si protrasse per più di una generazione. L'esempio più tipico di conservatorismo era offerto dall'impero asburgico, nel quale predominava l'aristocrazia terriera e la grande massa della popolazione era costituita da contadini. L'impalcatura del grande e vecchio impero non era stata modificata dopo le riforme avviate da Maria Teresa nel secolo precedente. Esso era costituito, oltre che dalle province austriache propriamente dette, tra cui figuravano anche la Lombardia e il Veneto, da territori abitati da Ungheresi, Cechi, Slovacchi, Croati, Rumeni, Polacchi. Le province dell'impero avevano delle «diete» o «stati» di tipo medioevale, che si riunivano raramente e non avevano alcun potere, per cui l'amministrazione dipendeva dalla burocrazia, dalla polizia e dall'esercito, direttamente controllati da Vienna. Ogni forza che minacciasse di rovesciare l'ordine costituito veniva duramente repressa, e, dopo il 1815, la repressione si indirizzò contro il liberalismo e il nazionalismo, attivi soprattutto nelle università, tra i giovani quadri dell'esercito e negli ambienti della borghesia commerciale e professionale. Il governo asburgico era considerato il nemico dichiarato dei liberali di tutta Europa, in quanto era la principale forza che si opponesse alle aspirazioni nazionali tedesche, italiane e polacche. Il cancelliere austriaco Metternich considerava il suo «sistema» un valido strumento per la conservazione del dominio asburgico. Anziché tentare la troppo faticosa e impossibile strada dell'unità dei vasti ed eterogenei territori dell'impero, Metternich cercava di sfruttare le diversità, facendo proprio il concetto del «divide et impera». Al di là della preoccupazione di difendere l'integrità dell'Impero asburgico, Metternich si prefiggeva l'obiettivo di conservare l'equilibrio politico dell'intera Europa, assumendo la guida delle forze conservatrici e divenendo il nemico dichiarato di tutti i rivoluzionari europei. In Germania, il cancelliere austriaco si servì della Dieta del Bund per imporre la propria volontà ai principi tedeschi, impedendo qualsiasi concessione «liberale». Nella penisola italica, dove non era riuscito a costituire una confederazione di Stati simili al Bund tedesco (sia il Piemonte sia il papa si erano opposti), la mano pesante di Metternich si faceva sentire attraverso i restaurati prìncipi asburgici e in parte attraverso la sua polizia segreta. L'inquietudine era soprattutto viva nell'Italia settentrionale, dove le riforme introdotte da Napoleone avevano lasciato un'impronta incancellabile e dove esisteva una compatta classe borghese che non poteva tollerare i metodi amministrativi asburgici.

Ritratto di Metternich

Ritratto di Metternich

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I MOTI COSTITUZIONALI DEL 1820-21

Nel 1820, una vera e propria rivoluzione contro il potere assolutistico ebbe esito felice in Spagna. La rivolta nacque in seno all'esercito, e precisamente tra le truppe che, nel porto di Cadice, attendevano di essere imbarcate per l'America. Sfruttando il malcontento dei soldati che da mesi attendevano di essere pagati, due ufficiali, Riego e Quiroga, diedero vita ad una improvvisa insurrezione contro il potere centrale borbonico, ponendo in cima alle loro rivendicazioni la reintroduzione della Costituzione del 1812, abolita in seguito alla Restaurazione. Ben presto la rivolta si diffuse a macchia d'olio nelle altre guarnigioni e ricevette l'appoggio dei liberali, tanto che il re, impaurito, nel marzo concesse la Costituzione e convocò le Cortes. Gli insorti conquistarono subito il potere ma si divisero ben presto in due fazioni, l'una moderata e l'altra radicale, disperdendo così preziose energie nelle lotte intestine. La rivoluzione spagnola sembrò avere conseguito un successo stabile in quanto, per il momento, gli eserciti della Santa Alleanza non erano intervenuti, temendo la reazione del popolo spagnolo, che fin dall'epoca napoleonica aveva dato prova di non tollerare la presenza di eserciti stranieri. Inoltre l'attenzione del Metternich era assorbita da altri focolai di rivolta che erano scoppiati in aree in cui gli interessi dell'Austria erano minacciati direttamente. A dimostrazione di quanto fossero diffuse in tutta l'Europa le aspirazioni liberali, va citata la rivolta che scoppiò nel Regno delle Due Sicilie nel luglio 1820. I moti scoppiarono a Nola, nel Napoletano, per iniziativa di due giovani ufficiali, Morelli e Silvati, e ricevettero subito l'appoggio dagli alti gradi dell'esercito (in particolare dal generale Guglielmo Pepe) di tendenza murattiana e legati alla Carboneria. La rivoluzione ottenne un successo immediato: il re Ferdinando I concesse la Costituzione, ricalcata su quella spagnola, nominando il figlio, Francesco, vicario del regno. Anche in Sicilia scoppiò una rivoluzione, diversa tuttavia da quella di Napoli. Infatti, pur aspirando ad un regime costituzionale, gli insorti espressero tendenze separatiste, tanto da costringere il generale Florestano Pepe, fratello di Guglielmo, a recarsi in Sicilia per domare la rivolta. A seguito di ciò, il Metternich, preoccupato per i crescenti fermenti rivoluzionari, convocò un congresso a Troppau nel dicembre 1820 per stabilire, con i governi della Santa Alleanza, le misure repressive da attuare contro il Napoletano. Ma in quella occasione venne raggiunta quell'unità di intenti che il Metternich auspicava. Invitato al congresso successivo, tenutosi a Lubiana nel gennaio del 1821, re Ferdinando I tradì le promesse costituzionali fatte al popolo e chiese l'intervento armato della Santa Alleanza. L'esercito austriaco poté così intervenire e in breve tempo inflisse due pesanti sconfitte agli insorti napoletani (Rieti, 7 marzo 1821 e Antrodoco, il 23), occupando Napoli e sciogliendone il Parlamento.

In Piemonte, il moto fu promosso da ufficiali appartenenti alla Carboneria, ma fedeli alla monarchia sabauda e sostenuti dallo stesso principe reale Carlo Alberto, appartenente al ramo cadetto dei Savoia-Carignano. Egli era l'erede destinato al trono, essendo senza figli sia il re, Vittorio Emanuele, sia suo fratello Carlo Felice. Il moto scoppiò il 10 marzo 1821. Non volendo né soffocarlo con le armi né accettarlo, Vittorio Emanuele preferì lasciare il trono e abdicare. Poiché Carlo Felice si trovava a Modena, il re incaricò il giovane principe Carlo Alberto di assumere temporaneamente la reggenza. Sotto la pressione degli eventi, egli accettò la Costituzione e nominò una giunta di governo. Da Modena, Carlo Felice dichiarò la nullità sia dell'abdicazione sia della reggenza, sconfessando Carlo Alberto che si rifugiò a Firenze presso il granduca di cui era genero. Le truppe austriache, che già erano intervenute a Napoli, varcarono allora i confini del regno, e restaurarono il potere assoluto. Sia a Napoli sia in Piemonte le condanne a morte furono numerose, ma vennero pronunciate in contumacia, poiché la maggior parte dei condannati era riuscita a fuggire. Per scoraggiare ogni possibile ribellione, un esercito austriaco di dodicimila uomini rimase in Piemonte sino al settembre dell'anno successivo. La repressione contro i liberali fu estesa anche in Lombardia, dove suscitarono grande risonanza l'arresto e la condanna di uomini come Piero Maroncelli e Silvio Pellico nel 1821; Confalonieri, Borsieri e Pallavicino nel 1823. In Portogallo la situazione rivoluzionaria era stata provocata dal lungo soggiorno della famiglia reale in Brasile, dove si era rifugiata nel 1807, rimanendovi anche dopo la liberazione del Paese da parte della flotta britannica nel 1808. Sino al 1820 a capo del governo rimase un ufficiale inglese, il maresciallo Beresford, e ciò finì col creare malcontento a ogni livello. Incoraggiato dall'esempio spagnolo, nel 1820, l'esercito portoghese si fece promotore di una rivolta che prese il via da Oporto. Venne insediato un governo provvisorio che chiese il ritorno in patria del re, mentre un'assemblea nazionale promulgava una Costituzione di tipo liberale (creazione di un parlamento, soppressione del federalismo, libertà di stampa, ecc.). La rivoluzione indusse Giovanni VI (1816-1826) a rientrare in patria, mentre suo figlio Pedro, rimasto in Brasile come reggente, proclamava l'indipendenza di quel Paese, assumendone il titolo di imperatore. Nell'ottobre del 1822 il re giurava fedeltà alla Costituzione, che successivamente tentò di abrogare, senza peraltro riuscirvi a causa dell'intervento inglese (1826-27). L'avvenimento più importante degli anni Venti, per le ripercussioni che produsse anche in campo internazionale, fu però la conquista della indipendenza da parte della Grecia. Prima di occuparci di questo avvenimento evidenziamo come, nel periodo tra il 1815 ed il '20 circa, numerosi Paesi latino-americani abbiano ottenuto l'indipendenza, pur non risolvendo i gravi problemi politici, sociali ed economici che li travagliavano. Il Venezuela conquistò l'indipendenza sotto la guida di Simon Bolivar nel '19; l'Argentina nel '16. Il Cile otteneva l'indipendenza nel '18; la Colombia nel '19 e nel '21 la ottennero Messico, Guatemala, Salvador, Honduras, Nicaragua e Costarica. Tali vittorie erano il risultato di molteplici fattori, tra i quali, soprattutto, l'insofferenza per il malgoverno spagnolo, che alimentò numerose aspirazioni di rivolta. Del resto esse erano incoraggiate dai paralleli moti europei e dal potente appoggio britannico e statunitense, motivato da interessi politici (gli Stati Uniti non tolleravano interferenze europee nel Nuovo Mondo) e commerciali (la Gran Bretagna mirava a stabilire proficui scambi economici con Paesi dell'America latina).

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LE SOCIETÀ SEGRETE

Il disegno restauratore delle monarchie assolutistiche europee, come già detto, incontrò la decisa ostilità dei nazionalisti e dei liberali che, per meglio contrastarlo, entrarono nella clandestinità.

Iniziò così un periodo ricco di cospirazioni e di congiure anti-assolutistiche.

A promuoverle furono soprattutto le società segrete che, sul modello della Massoneria settecentesca, vennero costituendosi un po' ovunque.

Sin dall'epoca napoleonica erano sorte società segrete in Germania e Italia, tra le quali spiccavano il «Tugendbund» (Lega della virtù) e la Carboneria, la cui fondazione risaliva al 1810.

Queste società, pur presentando tra loro notevoli differenze, avevano in comune lo spirito patriottico e nazionalistico.

Inoltre la maggioranza dei patrioti greci, italiani, spagnoli, rifugiatisi in Svizzera e Inghilterra, entrarono in contatto tra di loro, contribuendo a fare del liberalismo un movimento internazionale.

Sebbene il movimento romantico del primo Ottocento fosse stato rappresentato da scrittori che, in opposizione al razionalismo settecentesco, tendevano ad essere tradizionalisti, nostalgici del Medioevo, spesso clericaleggianti e conservatori, la giovane generazione dei romantici del decennio 1820-30 aspirava a liberarsi di ogni residuo di conservatorismo, avvicinandosi al liberalismo e alla democrazia radicale.

Così in tutta Europa si instaurò un solido legame tra rivoluzionari e scrittori romantici.

Uno dei più tipici esempi di romanticismo politico fu rappresentato dalla figura e dall'attività rivoluzionaria di Giuseppe Mazzini.

La sua città natale, Genova, aveva perduto ogni residuo delle antiche libertà repubblicane, passando sotto il dominio piemontese nel 1815, quand'egli aveva dieci anni.

Figlio di un medico professore di anatomia, Mazzini aveva aderito giovanissimo al movimento nazionalista liberale italiano, dopo essere rimasto profondamente turbato dai moti del 1820-21.

Resosi conto dei limiti della Carboneria, andò maturando l'idea di un nuovo movimento, al quale diede vita nel 1831 e che chiamò Giovine Italia.

Ritratto di Giuseppe Mazzini

Ritratto di Giuseppe Mazzini

L'INDIPENDENZA DELLA GRECIA

Nel 1821 i Greci si erano ribellati contro il dominio ottomano.

Poiché a promuovere la ribellione era stato il movimento nazionalista dei cristiani ellenici contro i maomettani turchi, lo zar Alessandro, paladino della cristianità, avrebbe voluto intervenire.

A tale motivo religioso si univano inoltre le mire espansionistiche dello zar nei confronti dell'Impero Ottomano, che, in quel periodo, era entrato in crisi. Di parere contrario era Metternich, per il quale la difesa dell'equilibrio politico europeo era assai più importante della solidarietà religiosa.

Anche la Gran Bretagna era contraria all'intervento, temendo che la Russia potesse conquistare uno sbocco sul mare ai danni dell'Impero Ottomano, diventando così una pericolosa concorrente nei commerci.

Così la rivolta ellenica continuò sino al 1825 senza intromissioni straniere.

Quando però il sultano turco ricorse all'aiuto decisivo del pascià d'Egitto, Mehmet Alì, non fu più possibile trattenere la Russia e ad essa si unirono Gran Bretagna e Francia.

Nell'ottobre del 1827 le flotte congiunte delle tre potenze distrussero le navi turche ed egiziane nella battaglia di Navarino.

L'anno seguente la Russia dichiarò ufficialmente guerra all'impero ottomano e, nel settembre del 1829, il sultano firmò il trattato di Adrianopoli.

L'indipendenza, proclamata dai patrioti greci il 1º gennaio 1822, divenne effettiva nel 1830, potendo contare sulla garanzia di Russia, Francia e Gran Bretagna.

Il nuovo Stato fu eretto a monarchia e nel 1833 la corona venne assunta dal principe bavarese Ottone di Wittelsbach che instaurò un regime basato sui princìpi dell'assolutismo monarchico.

Esso non poteva non incontrare opposizioni in un Paese nato da una rivoluzione nazionale: negli anni seguenti si ebbe pertanto un susseguirsi di agitazioni e cospirazioni, finché, nel 1862, Ottone I venne deposto da una rivolta militare.

Comunque, negli anni Venti, la vittoriosa rivolta dei Greci fu salutata con entusiasmo dai nazionalisti di tutta Europa e ad essa si ispirarono le rivoluzioni liberali del 1830.

PICCOLO LESSICO

CARBONERIA

Nacque come società politica segreta verso la fine del XVIII secolo, nel Sud della Francia. All'inizio del secolo successivo, gettò le sue basi anche in Italia, e a poco a poco si radicò in tutta l'Europa meridionale. Originariamente, in Italia si diffuse nel Regno di Napoli, e solo successivamente passò nelle regioni centrali e in quelle del Nord. Dovunque reclutò i suoi membri e i suoi sostenitori tra gli intellettuali, i militari, la piccola borghesia e il clero più povero. In seguito, i patrioti furono comunemente designati con l'appellativo di «Carbonari». Nel Lombardo-Veneto ogni qualvolta un carbonaro veniva scoperto era fatto incarcerare dal governo austriaco. In Piemonte i Carbonari svolsero un ruolo importante nella preparazione dei moti del '21, e successivamente in quelli del '31 in Emilia. Con il sorgere e l'affermarsi della mazziniana «Giovine Italia», la Carboneria iniziò il suo periodo di decadenza fino a scomparire completamente.

MASSONERIA

Associazione segreta avente per fine la mutua assistenza e la solidarietà tra tutti gli associati. Con tutta probabilità ebbe origine in Inghilterra dalla corporazione medioevale dei muratori (in inglese: free-masons) e da lì, a partire dal '700, si diffuse in tutto il mondo, assumendo ovunque una tendenza politica liberale e soprattutto anticlericale. Proprio per questo la Massoneria venne scomunicata dalla Chiesa cattolica (1738). Nei primi decenni del secolo scorso, nel pieno della Restaurazione, i massoni confluirono nelle società segrete. Ricostituitasi nella seconda metà dell'Ottocento, la Massoneria è tuttora in vita in molti Paesi.

PERSONAGGI CELEBRI

SIMÓN BOLÍVAR

(Caracas 1783 - Santa Marta, Colombia 1830). Statista e generale venezuelano. Di famiglia creola, compì gli studi in Spagna e a Parigi, dove maturò la sua adesione alla causa nazionale ispano-americana. Tornato in patria, dove nel 1810 era scoppiata la rivoluzione, fu inviato dalla Giunta rivoluzionaria a Londra per ottenere la mediazione inglese. Fallita la missione, proclamata l'indipendenza del Venezuela (5 luglio 1811), fu costretto, dopo la riconquista spagnola del Paese (1812), a rifugiarsi nella Nueva Granada. Qui organizzò un esercito per liberare il Venezuela dall'influenza della Spagna (1813). Dopo aver governato il Paese come dittatore per alcuni anni, fu costretto ad abbandonare nuovamente la sua terra e a rifugiarsi a Nueva Granada, per sfuggire alle truppe del realista J.T. Boves. Tornato nel 1817 organizzò la Repubblica venezuelana, liberò la regione di Bogotá e creò la Repubblica della Grande Columbia, di cui fu eletto presidente, con i territori del Venezuela, della Nueva Granada e dell'Ecuador. Nel 1822 riuscì a estromettere gli Spagnoli dall'Ecuador e, in seguito, anche dal Perù che, dichiaratosi indipendente nel 1825 con il nome di Repubblica Bolívar, proclamò presidente il suo liberatore. Alla sua proposta di una federazione del Perù, della Colombia e della Bolivia, incontrò aspre resistenze; scampato a un attentato nel 1828, fu costretto a fuggire a Bogotá. Nel 1829 il Venezuela si staccò dalla Columbia e Bolívar, deluso dalla divisione che dilaniava il Paese, si ritirò a vita privata.

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MARIA LUISA D'ASBURGO-LORENA

(1791-1847). Figlia dell'imperatore austriaco Francesco I, nel 1810 sposò Napoleone Bonaparte, diventando così imperatrice dei Francesi. Reggente di Francia negli anni della campagna di Russia, all'abdicazione di Napoleone fece ritorno in Austria, da dove avanzò pretese di successione al trono francese per il figlio. Il Congresso di Vienna, tuttavia, non accolse queste sue rivendicazioni, ma in segno di riparazione le assegnò il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla.

CLEMENTE METTERNICH

(1773-1859). Illustre uomo politico austriaco. Ministro degli Esteri nel periodo 1809-1848, svolse un ruolo decisivo negli avvenimenti europei di quegli anni. Dopo la sconfitta di Napoleone, fu il principale fautore della politica di restaurazione sancita dal Congresso di Vienna, dove egli dichiarò che la continuità della struttura politica e statale dell'Europa sarebbe stata assicurata dalle grandi potenze vincitrici: Austria, Inghilterra, Prussia e Russia, che avrebbero concordemente troncato sul nascere qualsiasi movimento sovvertitore nazionale e liberale. Il principio dell'intervento degli Stati firmatari nel caso di ribellioni o sommosse interne che scoppiassero in una qualsiasi delle grandi nazioni europee, costituiva il principale fondamento a cui si ispiravano le idee più retrive e il conservatorismo della politica di restaurazione. L'influenza di Metternich subì un duro colpo dopo la morte dell'imperatore Francesco I ed egli, in seguito ai moti del 1848, abbandonò il potere.

SILVIO PELLICO

(1789-1854). Scrittore e patriota italiano. Esponente del Romanticismo letterario, di idee liberali e nazionaliste, nei primi anni della Restaurazione espresse questi suoi convincimenti scrivendo per il giornale milanese «Il Conciliatore», che aveva lui stesso fondato insieme ad altri intellettuali del tempo (Di Breme, Confalonieri, Maroncelli). Per questa sua attività, nel 1820 venne arrestato e, in un primo tempo, condannato a morte. In seguito la condanna venne mutata in 20 anni di carcere duro, da scontare nella prigione austriaca dello Spielberg. Fu durante questa lunga detenzione (venne graziato nel 1830) che Pellico scrisse il libro che gli diede la celebrità: «Le mie prigioni».

Un'immagine di Silvio Pellico

Un'immagine di Silvio Pellico

RIASSUNTO CRONOLOGICO

4 marzo 1814: Nuova Alleanza firmata a Chaumont tra Inghilterra, Austria, Russia e Prussia contro la Francia Napoleonica.

1 novembre 1814: Incomincia il Congresso di Vienna.

9 giugno 1815: Termina il Congresso di Vienna.

26 settembre 1815: Russia, Austria e Prussia firmano la Santa Alleanza.

Novembre 1815: Viene firmata la Quadruplice Alleanza.

20 novembre 1815: Secondo Trattato di Parigi.

1820: Scoppia il moto per la riforma costituzionale in Spagna e in Portogallo.

Luglio 1820: Scoppia il moto per la riforma costituzionale nel regno delle Due Sicilie.

Marzo 1821: Scoppia il moto per la riforma costituzionale nel Regno di Sardegna.

1819-1821: I Paesi dell'America latina conquistano l'Indipendenza.1822: Proclamazione dell'indipendenza della Grecia.

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