STORIA CONTEMPORANEA - IL PRIMO DOPOGUERRA

GLI STATI UNITI

Gli Stati Uniti poterono superare la crisi della riconversione dalla guerra alla pace grazie ai vantaggi economici tratti con la guerra e alla posizione dominante acquisita nell'ambito dell'economia mondiale. In questo clima di fiducia, si fecero strada le correnti isolazioniste, che sostenevano la necessità per gli Stati Uniti di rimanere fuori dalle questioni politiche europee, rinunciando ad assumere un ruolo di Nazione-guida nella politica del Vecchio continente. L'internazionalismo democratico del presidente Wilson venne dunque messo in crisi, mentre prevalse - con la vittoria del Partito repubblicano nelle elezioni per il Congresso del 1918 e quindi in quelle presidenziali del 1920, quando Warren Harding successe a Wilson - una politica isolazionista e nazionalista. In questo periodo, le gravi difficoltà della riconversione post-bellica vennero affrontate con l'imposizione di dazi sempre più elevati sulle merci straniere (1920), con la limitazione dell'immigrazione (1921) - provvedimenti che aggravarono ulteriormente la disoccupazione in Europa- e con una forte reazione contro le pressioni sindacali che concorse a creare un clima di esagerato quanto pretestuoso allarmismo nei confronti del pericolo comunista. Tale clima di intolleranza politica e sindacale culminò nella condanna a morte (14 luglio 1921) di due esponenti italiani del sindacalismo anarchico, Sacco e Vanzetti, che vennero giustiziati il 23 agosto 1927. La rinascita del nazionalismo portò con sé non solo una nuova ondata di ostilità nei confronti degli immigrati recenti, ma anche una recrudescenza del razzismo contro negri ed Ebrei: il Ku Klux Klan, e l'American legion, un'organizzazione di ex combattenti, assunsero un forte potere soprattutto negli Stati più arretrati del Sud dove seminarono terrore e violenze.
A partire dal 1922 la situazione economica degli Stati Uniti andò migliorando, portando con sé un rapido sviluppo delle città e delle concentrazioni industriali: trionfò il capitalismo americano e l'American way of life (modo di vita americano), trionfò un clima di ottimismo esteriore che meritò a quel periodo l'appellativo di "anni ruggenti". Quando nel 1929 il repubblicano Herbert Hoover divenne presidente degli Stati Uniti, il Paese aveva raggiunto il culmine del benessere e della prosperità.
Tuttavia, nonostante l'atmosfera di generale euforia, cominciarono a registrarsi i primi casi di crisi, provocati dal calo di produzione delle industrie (il Paese infatti consumava meno di quanto il mercato producesse) e dalle difficoltà sorte per i lavoratori delle campagne. Nell'ottobre del 1929 si verificò un ribasso progressivo del valore delle azioni quotate in Borsa che spinse la maggior parte degli azionisti a vendere. Ciò provocò il crollo del mercato azionario della Borsa di New York che culminò, il 24 ottobre 1929, nella svendita di ben 12 milioni di azioni. La crisi fu la più grave mai registrata e provocò danni colossali, allargandosi a tutta l'economia, con l'aumento vertiginoso della disoccupazione, il crollo delle attività produttive, il blocco dei commerci. Il crollo di Wall Street diede dunque inizio alla cosiddetta "grande depressione", durata circa un decennio, che ebbe ripercussioni immediate anche sui Paesi europei.
Il presidente Hoover non seppe far fronte all'emergenza: nel novembre del 1932 vennero indette nuove elezioni presidenziali che portarono al successo il democratico Franklin Delano Roosevelt che, circondatosi di preparati e capaci studiosi e politici di fede democratica (il brains trust, il trust dei cervelli), strinse un "nuovo patto" (New Deal) con il popolo americano, impegnandosi a conseguire due traguardi: il superamento della miseria e della disoccupazione; un vigoroso intervento dello Stato nell'economia, fino allora lasciata alla mercé della legge del mercato.
Ritratto di Franklin Delano Roosevelt

Il New Deal tendeva, oltre che ad arrestare la crisi economica, anche a gettare le basi di un nuovo ordine economico-sociale, tale da consentire una più equa distribuzione delle ricchezze del Paese. Nel primo periodo della presidenza Roosevelt, furono pertanto emanate numerose leggi, tra cui le più significative furono le seguenti: svalutazione del dollaro del 40% e immissione di carta moneta nel sistema finanziario allo scopo di ristabilire una certa circolazione del denaro; creazione di posti di lavoro mediante un ampio piano di lavori pubblici finanziati dallo Stato; aumento dei salari e riduzione dell'orario di lavoro nelle fabbriche; fissazione dei prezzi minimi dei prodotti e condanna della concorrenza sleale in ambito commerciale; riconoscimento delle organizzazioni sindacali e obbligo per i padroni di trattare con esse; riorganizzazione da parte dello Stato del sistema bancario, sorveglianza sulle borse e sul mercato azionario con l'istituzione della Securities Exchange Commission; promulgazione dell'Agricultural Adjustement Administration che provvide a scoraggiare la coltura di determinati prodotti agricoli (cotone, grano) già eccedenti e a sgravare gli agricoltori dalle ipoteche; intervento assistenziale dello Stato a favore di inabili, vecchi e disoccupati, mediante un sistema di previdenza. Tale politica di risanamento, basata sul principio dell'intervento pubblico in campo economico e sociale, sortì l'effetto desiderato, ispirando la fiducia che la crisi sarebbe stata felicemente superata.
Col passare del tempo divenne però chiaro che Roosevelt, il quale aveva condotto la propria campagna elettorale più con slogan ("impegno voi e impegno me stesso a una nuova gestione in nome del popolo americano") che con un piano ben definito, non poteva mantenere le molte promesse fatte nel New Deal in questo primo periodo. Col passare del tempo, il piano mostrò le sue molte contraddizioni interne, dovute in parte al fatto che Roosevelt seguiva i suggerimenti di vari consiglieri, il brains trust, del quale facevano parte uomini di tendenze ideologiche diverse. Inoltre i più potenti uomini d'affari, superato il periodo più difficile della crisi, iniziarono una dura opposizione al New Deal, per salvaguardare gli antichi privilegi. Ne derivò un'opposizione che portò la Corte Suprema a emettere nel maggio 1935 un giudizio di incostituzionalità del National Industrial Ricovery Act (NIRA) - ente deputato alla ristrutturazione industriale attuata con l'aiuto statale - e l'anno seguente a emettere un'analoga sentenza anche per l'Agriculture Adjustment Act (AAA), due leggi fondamentali per la buona riuscita del New Deal. In conseguenza di ciò, il New Deal subì importanti trasformazioni. Si pose l'accento soprattutto su riforme tendenti al controllo dell'attività imprenditoriale, alla protezione delle organizzazioni operaie, al potenziamento delle strutture sociali, ma anche questo programma fu duramente attaccato dagli oppositori che accusavano il New Deal di creare uno Stato assistenziale che avrebbe messo in pericolo tutto il sistema dell'iniziativa privata e di tradire i principi fondamentali della democrazia americana.
Il New Deal non riuscì a riportare il Paese alla perfetta stabilità economica, ma contribuì notevolmente al miglioramento del tenore di vita del popolo americano, consentendo agli Stati Uniti di rimanere fedeli agli ideali democratici mentre in Europa dilagava il fascismo.

L'UNIONE SOVIETICA

Alla morte di Lenin, si propose in primo piano il problema della successione. Gli aspiranti alla guida del partito e dello Stato, erano Trotzij, Stalin, Zinov'ev, Kamenev. Il candidato di maggior prestigio era Trotzij, ammirato dallo stesso Lenin che non mancò invece di riservare nel suo "testamento" giudizi negativi su Stalin. D'altro canto, quest'ultimo era il capo della segreteria del partito, il che gli conferiva un potere rilevante. Trotzkij, isolato e in posizione di minoranza all'interno del partito, sosteneva la teoria della "rivoluzione permanente" fino alla totale distruzione del capitalismo su scala mondiale, a cui Stalin contrapponeva la tesi del "socialismo in un solo Paese" che mirava al rafforzamento del regime sovietico e all'instaurazione del socialismo in URSS, senza ritenere necessaria l'esportazione della rivoluzione nell'Occidente capitalistico. Stalin ebbe la meglio e Trotzij, espulso dal partito nel 1927, dovette fuggire all'estero. Il nuovo capo del partito, il cui potere personale risultò enormemente accresciuto dopo la sconfitta di Trotzij, affidò al Gosplan (la Commissione statale per la pianificazione) il compito di elaborare un piano quinquennale per lo sviluppo dell'economia sovietica, allo scopo di collettivizzare le campagne e di attuare la trasformazione dell'URSS da Paese agricolo a potenza industriale, attraverso un massiccio trasferimento dei capitali dalle campagne all'industria. Dal momento che il processo di industrializzazione e di collettivizzazione agricola rompeva i meccanismi tradizionali della dinamica socio-economica dell'URSS, non mancarono resistenze e tensioni: i contadini benestanti (kulaki) si opposero strenuamente alla forzata collettivizzazione ricorrendo spesso a sabotaggi, ma la loro resistenza fu stroncata con violente misure di repressione e terrore. Il piano quinquennale cominciò ad essere attuato nell'autunno del 1928; tra il 1928 e il 1933 furono costituite 230.000 aziende collettive, sia nella forma dei kolkoz (cooperative) sia in quella dei sovchoz (aziende agricole di Stato), che vennero a rimpiazzare 26 milioni di aziende individuali. Il triplicarsi della produzione industriale, lo sviluppo di nuove aeree industriali, di strade e ferrovie e la realizzazione di un programma di sviluppo dell'istruzione tecnica e della ricerca scientifica, portarono l'URSS all'avanguardia dell'economia mondiale. La via staliniana all'industrializzazione mutò radicalmente il volto della Russia, ma a prezzo di uno spietato sistema dittatoriale e totalitario che si servì altresì del lavoro forzato specie nelle inospitali regioni siberiane dove vennero istituiti dei veri e propri campi "correttivi" di lavoro coatto (chiamati gulag dopo la pubblicazione del romanzo di A.J. Solzenicyn Arcipelago gulag del 1973-74).
Data la necessità di creare a ritmo accelerato le premesse per la realizzazione del socialismo, era inevitabile che si verificasse un accentramento del potere nelle mani di un'unica persona. Tale fenomeno, noto come stalinismo, fu caratterizzato dalla mitizzazione dello stesso Stalin, il quale trasformò il potere in una implacabile macchina repressiva e burocratica che provocò la morte di numerosi oppositori, specialmente nel corso delle grandi purghe (sanguinose epurazioni) degli anni Trenta.
Al di là della personalità dell'uomo che lo rappresentò, lo stalinismo fu comunque un fenomeno molto complesso che determinò tensioni e contraddizioni quasi insostenibili per una società industrializzata quale era ormai quella sovietica, e tali da provocare una grave crisi interna, peraltro soffocata, visto che all'inizio degli anni Quaranta tutte le energie del Paese vennero assorbite dalla seconda guerra mondiale.

I Kulaki

Con il termine kulaki (dal russo kulak che significa pugno e, in senso traslato, avaro) si designavano i contadini ricchi. Essi prendevano in affitto dai contadini poveri le terre e vi installavano una gestione razionale, volta allo sfruttamento delle risorse della terra e alla diffusione commerciale dei prodotti. Grazie ai loro mezzi economici, essi si potevano considerare dei piccoli capitalisti delle campagne (i kulaki rappresentavano il 4% della popolazione contadina sovietica).
Nella lotta contro i kulaki il Partito comunista dell'Unione Sovietica (PCUS) guadagnò alla propria causa i contadini poveri, che insorsero conducendo nelle campagne una vera e propria lotta di classe contro i loro più immediati sfruttatori. Le ostilità erano cominciate sin dal 1917-18, quando, assunto il potere, i bolscevichi si erano venuti a trovare di fronte a una crisi catastrofica negli approvvigionamenti di grano alle città e avevano promosso una campagna di confische forzate nei confronti dei contadini, cercando di ostacolare il commercio privato di derrate alimentari. Sin dall'inizio il partito bolscevico cercò di farsi alleati i contadini poveri (beduyaki) e di assicurarsi la benevola neutralità dei contadini medi (serednyaki). Per quanto l'intento di istituire una "solida alleanza" tra il proletariato e i contadini poveri non fosse riuscito a concretarsi neppure durante le fasi più calde della guerra civile, e fosse rimasta aperta la controversia tra città e campagna, tuttavia, la contrapposizione di classe nei villaggi non mancò di dare frutti.
L'attacco decisivo contro i kulaki fu sferrato da Stalin quando, liquidata la guerra civile e superata la drammatica situazione economica dei primi anni della rivoluzione grazie alla Nuova politica economica leninista, la NEP, fu deciso di avviare un rapido processo di collettivizzazione per l'effettiva costruzione del socialismo in una società ancora per gran parte pre-capitalistica. Nell'estate del 1928 le abitazioni dei kulaki vennero perquisite e i loro raccolti confiscati. Nel dicembre successivo, Stalin annunciò che era necessario passare da una politica di "limitazione" a una politica di "liquidazione dei kulaki come classe", e nel febbraio 1930 fu autorizzata la completa espropriazione dei loro beni e la deportazione di coloro che avessero opposto resistenza.

LA GRAN BRETAGNA

La Gran Bretagna fu la Nazione più pesantemente colpita dalla crisi del dopoguerra soprattutto per due motivi: la concorrenza economica degli Stati Uniti, nonché il crollo della domanda di prodotti industriali, la trasformazione delle tecniche produttive con la sostituzione del petrolio e dell'energia elettrica al carbone, determinarono una grave riduzione delle esportazioni del Paese con conseguente aumento della disoccupazione; inoltre, la Gran Bretagna, possedendo la più ampia rete di domini coloniali, fu assai danneggiata dai movimenti anticolonialisti. Nel dopoguerra, infatti, i movimenti per l'autogoverno o per la completa indipendenza sorti nelle colonie, costrinsero il Governo britannico ad estendere ad altri popoli gli statuti privilegiati dei dominions (cioè delle ex colonie dotate di autogoverno), a concedere l'indipendenza all'Egitto (1922), ad eccezione del canale di Suez, a promulgare limitate riforme in India. Il Governo presieduto da Lloyd George cercò inoltre una soluzione all'annosa questione dell'Irlanda, ripropostasi nel 1919 quando l'IRA (l'esercito di liberazione irlandese) riprese la lotta armata con azioni sanguinose, riconoscendo l'indipendenza (concedendo quindi lo statuto di dominion) allo Stato libero d'Irlanda (Eire), prevalentemente cattolico e agricolo, che venne staccato dal Nord (Ulster), a maggioranza protestante e industriale.
Parallelamente a una politica coloniale più elastica, la Gran Bretagna, allo scopo di risollevare la sua economia, cercò di far fronte al drastico calo delle esportazioni creandosi nuovi sbocchi commerciali e di investimento dei capitali. A tal proposito intraprese una politica di distensione internazionale, impegnandosi altresì per la rinascita della Germania. Tale politica di distensione venne perseguita dal Partito laburista - giunto a sostituire quasi completamente in Parlamento il Partito liberale - che prese il potere nel 1924 con il primo ministro Mac Donald, il cui governo fu però assai breve. Nel 1925 ritornarono al potere i conservatori con un Governo presieduto da Baldwin che nel 1926 dovette affrontare uno sciopero che, iniziato dai minatori, si estese a tutti i settori produttivi e del pubblico impiego. Il Governo intervenne duramente, non potendo però impedire ai minatori di prolungare ancora per sette mesi lo l'astensione dal lavoro, fino all'ottenimento di migliori condizioni di lavoro.
Lo sciopero del 1926 spianò la strada alla riscossa del Partito laburista che ritornò al Governo nel 1929 con Mac Donald. Ancora una volta il problema più urgente da affrontare era quello economico; la "grande depressione" che aveva investito gli Stati Uniti non mancò di avere effetti catastrofici anche in Gran Bretagna. Tralasciando la politica di apertura all'Europa, il Governo britannico si prodigò per la salvezza del Commonwealth: nel corso della Conferenza di Ottawa (1932), i Paesi del Commonwealth fecero ricorso a misure protezionistiche, adottando delle tariffe preferenziali e creando una barriera con il resto del mondo.
La crisi del dopoguerra, seppur grave anche in Gran Bretagna, non provocò tuttavia il crollo delle tradizioni liberali e delle istituzioni democratiche (il Parlamento su tutte), come accadde, per esempio in Italia, Spagna e Germania, dove le repentine e violente trasformazioni economiche e sociali, non supportate da radicate tradizioni liberali e da ordinamenti democratici, determinarono la caduta dei regimi precedenti e l'instaurarsi delle dittature.

LA FRANCIA

In Francia la crisi del dopoguerra si fece sentire meno duramente che in Inghilterra, soprattutto per quanto riguardava i livelli di disoccupazione che erano piuttosto bassi, essendo stata assorbita tutta la manodopera disponibile nella ricostruzione delle zone devastate. Per risollevarsi economicamente la Francia fece affidamento, in particolare, sulle riparazioni di guerra e sullo sfruttamento dei vantaggi seguiti alla vittoria sulla Germania, cercando altresì di ricoprire nuovamente un ruolo di potenza egemone in Europa grazie anche alle acquisizioni coloniali e al mandato sulla Siria, sanciti dai trattati di pace. In questo clima di nazionalismo, fomentato anche dalle coalizioni di centro-destra che si succedettero al potere dal 1919 al 1924, va ricordato il Congresso socialista di Tours (dicembre 1920) nel corso del quale avvenne una spaccatura all'interno del Partito socialista (SFIO) con la formazione del Partito comunista francese.
L'aspetto più grave della situazione francese nel dopoguerra, fu la crisi finanziaria, a cui tuttavia il Governo Poicaré (1922-24) non seppe porre rimedio: il tentativo di far pagare il risanamento del bilancio statale e monetario ai salariati, lo rese a tal punto impopolare che le elezioni del 1924 videro il trionfo di un cartello delle sinistre, formato da repubblicani, radicali e socialisti della SFIO, che portò alla presidenza del Consiglio il radicale Edouard Herriot. La coalizione, ostacolata dalle destre e dai grandi organismi finanziari preoccupati della fuga di capitali all'estero, si dimostrò tuttavia incapace di fronteggiare la difficile situazione finanziaria in cui versava il Paese. Nel 1926 ritornò al Governo Poincaré (1926-29) che, col sostegno della grande finanza e degli industriali, riuscì a stabilizzare il valore del franco, ponendo le basi per lo sviluppo in senso capitalistico dell'economia francese. Colpita dalla grande crisi del 1929-30 nel momento in cui era in atto una ripresa dell'attività industriale e delle esportazioni, la Francia non subì gravi contraccolpi.
Nei primi anni Trenta anche in Francia, Paese dalle antiche tradizioni liberal-democratiche, cominciarono a svilupparsi gruppi e movimenti di ispirazione fascista (Solidarité Française, Parti Franciste, Croix de Feu, Action Française). Il 6 febbraio 1934 i raggruppamenti di destra tentarono un putsch attaccando il palazzo del Parlamento. La prima risposta unitaria delle forze comuniste, democratiche e socialiste si concretizzò in uno sciopero generale di protesta contro la disoccupazione e le continue pressioni della destra. Il Partito comunista, pur storicamente ostile nei confronti delle forze social-democratiche - definite "socialfasciste" - il 31 maggio 1934 spinse per la formazione di un fronte comune che comprendesse i socialisti e le altre forze democratiche, in funzione antifascista. Il 27 luglio il Partito comunista francese e quello socialista (SFIO) giunsero a un accordo di unità d'azione, per combattere contro il fascismo e la guerra, a favore delle libertà democratiche. Nacque così il Fronte Popolare che, risultato vincente nelle elezioni del 1936, formò un Governo di coalizione guidato dal socialista Léon Blum il quale non attese a sciogliere le formazioni di destra della Croix de Feu, della Solidarité Française, dei Francistes, ecc. Blum dovette affrontare notevoli difficoltà: durante il suo Governo si verificarono scioperi e occupazioni di fabbriche attraverso cui gli operai esprimevano la pressante richiesta di riforme radicali che vennero emanate infatti con rapidità. Tra le più importanti riforme sociali ed economiche promosse dal Fronte Popolare vi furono la riduzione della settimana lavorativa a 40 ore, notevoli aumenti salariali, ferie obbligatorie e retribuite. D'altro canto, la fuga dei capitali all'estero e l'ostilità degli industriali verso il Governo determinarono una nuova crisi e una nuova svalutazione monetaria, aggravata dai contrasti sorti all'interno della coalizione tra comunisti e radicali: nella primavera del 1938 il Fronte Popolare si sciolse.

PICCOLO LESSICO

Kolchoz

Abbreviazione delle parole russe kollektivnoe chozjajstvo: economia collettiva. Azienda agraria sovietica. Era una cooperativa locale di produzione agricola, nella quale la terra e i mezzi di produzione appartenevano alla cooperativa che ogni anno eleggeva un comitato amministrativo e un presidente; gli utili venivano divisi secondo la qualità e la quantità del lavoro svolto.

Ku Klux Klan (KKK)

Associazione segreta statunitense, il cui nome pare derivi da kuklos: cerchio, fondata nel 1866 a Pulaski, nel Tennessee, per iniziativa del generale N.B. Forest in opposizione alla politica di ricostruzione nera voluta dal Congresso subito dopo la guerra civile. Nata con lo scopo di ritardare il più possibile l'emancipazione dei negri e di impedire l'esercizio dei diritti riconosciuti loro come cittadini, si diffuse rapidamente negli Stati più arretrati del Sud, svolgendo azioni terroristiche nei confronti dei negri e dei loro sostenitori bianchi. Il Ku Klux Klan era inoltre dotato di un sistema gerarchico e un cerimoniale complesso e segreto; i suoi simboli distintivi erano croci infuocate, tuniche bianche e cappucci. Responsabile di crimini efferati, il Ku Klux Klan aveva assunto un tale potere che ben di rado venne colpito da sanzioni legali. Nel momento in cui venne superata la fase più difficile della ricostruzione sociale del Sud, la setta decadde e non tanto per l'azione repressiva del Governo quanto per l'esaurirsi del suo scopo. Nel 1915 il predicatore William J. Simmons fondò ad Atlanta (Georgia) un secondo Ku Klux Klan, fomentato dai nuovi problemi legati all'immigrazione in massa. Le manifestazioni razziste e xenofobe della setta furono rivolte non solo contro i negri, ma anche contro i cattolici e gli Ebrei. Il ritorno della prosperità economica la fece declinare e perdere d'importanza. Il Ku Klux Klan ebbe un terzo guizzo di vitalità nel 1944, quando si fuse col gangsterismo e la delinquenza comune. Il Governo Truman lo represse duramente nel 1952. Nel 1958 si sciolse per ricostituirsi col nome di "Chiesa cristiana nazionale".

Sovchoz

Voce russa, abbreviazione delle parole sov(etskoe) choz(jajstvo): azienda agricola statale. Si trattava di imprese agricole di Stato, sorte in Russia dal 1918, nelle quali i mezzi di produzione e la terra erano di proprietà del Governo centrale, cui spettava inoltre la nomina dei dirigenti e la possibilità dell'acquisto di parte del prodotto coltivato. I contadini attivi nei sovchoz erano equiparati a lavoratori statali, dotati tuttavia della facoltà di lavorare in proprio piccole porzioni di terra.

RIASSUNTO CRONOLOGICO

1921-23: Negli USA è presidente il repubblicano Warren Harding.

1920: Negli Usa vengono imposti dazi sulle merci straniere.

1920 (dicembre): Nel corso della Congresso socialista di Tours nasce il Partito comunista francese.

1921: Negli Usa viene promulgata una legge per limitare l'immigrazione.

1921 (14 luglio): Negli USA i due esponenti italiani del sindacalismo anarchico, Sacco e Vanzetti, vengono condannati a morte.

1921: Il Governo britannico presieduto da Lloyd George riconosce l'indipendenza dell'Eire.

1922: La Gran Bretagna concede l'indipendenza all'Egitto.

1922-24: In Francia è in carica il Governo Poincaré.

1922-29: Negli USA è il periodo degli "anni ruggenti", caratterizzato da prosperità economica e generale euforia.

1924: Negli USA il Ku Klux Klan semina terrore e strage negli Stati del Sud.

1924-25: In Gran Bretagna il Partito laburista vince le elezioni e porta al Governo Mac Donald.

1924-26: In Francia le elezioni vengono vinte da un cartello delle sinistre (repubblicani, radicali, socialisti); si insedia al Governo il radicale Edouard Herriot.

1925-29: In Gran Bretagna tornano al potere i conservatori col primo ministro Baldwin.

1926: In Francia scioperano i minatori, a cui si aggiungono lavoratori di altre categorie.

1926-29: In Francia si insedia un nuovo Governo Poincaré.

1927 (23 agosto): Negli USA vengono giustiziati i due anarchici Sacco e Vanzetti.

1927: In URSS Trotzkij, sconfitto da Stalin, viene espulso dal partito e fugge a Parigi.

1928-33: Attuazione del piano quinquennale voluto da Stalin.

1928: Inizia la campagna di Stalin contro i kulaki.

1929-32: Negli USA è presidente il repubblicano Herbert Hoover.

1929: In Gran Bretagna torna al Governo Mac Donald.

1929 (24 ottobre): Crollo della Borsa di New York; ha inizio la "grande depressione".

1930 (febbraio): Stalin autorizza la completa espropriazione dei beni ai kulaki e la deportazione di quanti oppongono resistenza.

1932: Conferenza di Ottawa tra i Paesi del Commonwealth.

1932 (novembre): Il democratico Franklin Delano Roosevelt viene eletto presidente degli Stati Uniti.

1933: Si inaugura la prima fase del New Deal.

1934 (6 febbraio): In Francia le forze di destra tentarono un putsch assalendo il palazzo del Parlamento.

1934 (31 maggio): Il Partito comunista francese avvia le trattative con i raggruppamenti socialisti e democratici per la formazione di un fronte comune in funzione antifascista.

1934 (27 luglio): In Francia nasce il Fronte Popolare.

1935 (maggio): Negli USA la Corte Suprema giudica anticostituzionali il NIRA e l'AAA, fondamentali leggi del New Deal.

1936-38: In Francia si forma un Governo di coalizione guidato dal radicale Léon Blum, facente parte del Fronte Popolare.

 

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