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Bandiera dell'Afghanistan

La bandiera : tre bande verticali uguali di nero (lato di sollevamento), rosso e verde, con l'emblema nazionale in bianco centrato sulla banda rossa e leggermente sovrapposto le altre 2 bande; il centro dell'emblema presenta una moschea con pulpito e bandiere su entrambi i lati, sotto la moschea sono i numeri arabi orientali per l'anno solare 1298 (1919 nel calendario gregoriano, l'anno dell'indipendenza afghana dal Regno Unito); questa immagine centrale è cerchiata da un bordo costituito da covoni di grano a sinistra e a destra, in alto al centro è un'iscrizione araba della Shahada (credo musulmano), sotto la quale sono i raggi del sole che sorge sul Takbir (espressione araba che significa "Dio è grande"), e in fondo al centro è una pergamena che porta il nome Afghanistan; nero significa il passato, rosso è per il sangue versato per l'indipendenza, e verde può rappresentare la speranza per il futuro, la prosperità agricola, o l'Islam.

Inno dell'Afghanistan.

GEOGRAFIA - ASIA - AFGHANISTAN

PRESENTAZIONE

Situato nell'Asia anteriore, l'Afghanistan confina a Nord, in senso orario, con il Turkmenistan, l'Uzbekistan e il Tagikistan; a Nord-Est, per un breve tratto, con la Cina; a Est e a Sud con il Pakistan; a Ovest con l'Iran. Ha una superficie di 652.225 kmq e una popolazione di 37.466.414 (2021) abitanti con una densità di 40 abitanti per kmq. In Afghanistan vivono due gruppi etnici. Il più numeroso, di ceppo iraniano, comprende Pushtuni (38%) e Tagichi (25%); l'altro, di origine mongola, include Uzbechi (6%), Hazari (19%) e Turkmeni (2%) Le lingue ufficiali sono il dari e il pashto. La religione più diffusa è la musulmana di rito sunnita (84%), ma ci sono anche minoranze musulmane sciite (15%). L'Afghanistan è una Repubblica, divisa amministrativamente in 31 province. Il movimento islamico dei Taliban ha tenuto il potere dal 26 settembre 1996 alla fine del 2001. Dopo un periodo di Governo di transizione, nel 2004 la nuova Costituzione determinò la forma amministrativa del Paese. Da allora l'Afghanistan è una Repubblica islamica presidenziale in cui è garantita libertà di culto a tutte le religioni. Il presidente è eletto a suffragio diretto ogni cinque anni ed è rieleggibile una sola volta. Il Parlamento bicamerale, un quarto del quale è garantito alle donne, è eletto a suffragio universale. L'unità monetaria è il nuovo afghani. La capitale è Kabul (700.000 ab.).

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IL TERRITORIO

Il territorio dell'Afghanistan è prevalentemente montuoso con un'accentuazione dei rilievi nella zona centro orientale, dove il principale sistema montuoso, l'Hindukush, si unisce con i massicci del Pamir e del Karakorum. A Ovest i massicci montuosi raggiungono l'altitudine massima (5.143 m) e, dividendosi in catene parallele, si allacciano ai rilievi marginali dell'Iran. I rilievi centrali separano le pianure settentrionali dalle meridionali, che sono per lo piè altipiani degradanti. Nel Nord si estende il Turkestan afghano, una regione pianeggiante estremamente arida. La rete idrografica è piuttosto ricca e ad alimentazione nivale: la maggior parte dei fiumi (Helmand, Harirud, Morgab) scorre da Nord-Est a Sud-Ovest e si disperde nei bacini desertici meridionali. L'unico fiume a carattere esoreico - le cui acque raggiungono il mare - è il Kabul, che scorre da Nord-Est a Sud-Est ed è un affluente dell'Indo. Il clima dell'Afghanistan è di tipo continentale, caratterizzato da gravi siccità, forti escursioni termiche e venti secchi frequenti. Conseguentemente il manto vegetale è assai povero, costituito in prevalenza da piante di tipo stepposo xerofito.

Cartina dell'Afghanistan

Cartina dell'Afghanistan

Caravanserraglio nel deserto del Registan

Caravanserraglio nel deserto del Registan

Band-i-Amir (Afghanistan): i laghi

Band-i-Amir (Afghanistan): i laghi

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L'ECONOMIA

L'Afghanistan è uno dei Paesi più arretrati del mondo; le sue maggiori risorse economiche si fondano sull'agricoltura, che viene praticata con sistemi antiquati e con grande difficoltà a causa dell'aridità del terreno. Occupato dall'Unione Sovietica fra il 1979 e il 1989, il Paese ha attraversato una difficile situazione socio-politica, e di conseguenza economica, peggiorata dall'arretratezza strutturale vissuta durante il regime talebano e dalle ulteriori devastazioni provocate dall'intervento delle forze armate Usa e degli alleati Nato nel 2001. A tutt'oggi permangono nel territorio mine antiuomo che non permettono la coltivazione dei terreni. Inoltre, dal 1979 in poi, gli spostamenti della popolazione, provocati dalle azioni di guerra, sono stati considerevoli. Si calcola che circa 4 milioni di profughi si siano rifugiati in Pakistan e quasi altrettanti in Iran. In Afghanistan, attraversato per tutto il suo territorio dall'enorme massiccio dell'Hindukush, gli insediamenti umani e le attività economiche si svolgono nelle poche vallate irrigate dai fiumi, dove vengono coltivati, con rendimenti molto bassi, soprattutto grano, mais, orzo e riso. La coltivazione della frutta offre migliori risultati, e alimenta il commercio e l'esportazione dei prodotti essiccati. Particolarmente fiorente quella del papavero da oppio. L'allevamento è un settore importante dell'economia: il patrimonio zootecnico è composto da circa 20 milioni di capi, per la maggior parte ovini di razza karakul che forniscono le pregiate pellicce di astrakan, molto richieste all'estero. La collocazione geografica dell'Afghanistan, unica via di passaggio tra Asia centrale e India, e la sua posizione di neutralità in campo internazionale, avevano richiamato nel Paese importanti aiuti finanziari stranieri, che vennero però sospesi nel 1980 dopo l'invasione sovietica. Di questi aiuti economici, l'Afghanistan si era giovato per realizzare alcune opere di ammodernamento, fra le quali l'ampliamento del sistema di irrigazione, la costruzione di nuove strade e l'impianto di alcune colture industriali (cotone e barbabietola da zucchero), tutte però danneggiate dai successivi anni di guerra. Il sottosuolo fornisce discreti quantitativi di ferro, carbone, rame, oro e argento. Importante soprattutto la produzione di gas naturale. L'industria è quasi del tutto assente, fatta eccezione per il settore tessile, sostenuto da una buona produzione di cotone. Le attività di trasformazione, dalla lavorazione dello zucchero alla produzione di cemento e laterizi, vengono svolti ancora a livello artigianale. Ma i prodotti più prestigiosi dell'artigianato locale sono i tappeti pregiati, destinati all'esportazione. Le importazioni riguardano soprattutto i generi alimentari e i manufatti industriali, prodotti di cui l'Afghanistan è quasi totalmente privo. Le vie di comunicazione sono insufficienti: la rete stradale ha una lunghezza di 23.500 km, di cui solo 2.846 km sono asfaltati; d'altro canto sono state costruite alcune direttrici stradali per facilitare le comunicazioni con l'Asia centrale. Gli aeroporti internazionali sono a Kabul e a Kandahar.

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CENNI STORICI

I territori dell'attuale Afghanistan costituirono uno Stato nazionale solo dal sec. XVIII, anche a causa della posizione geografica di transito tra mondo iranico e indiano. Il gruppo di montagne attualmente noto come Hindukush, che i greci chiamavano Caucaso e i persiani Paropamisos, rimase scarsamente popolato fino alla rivoluzione agricola; successivamente, con l'aumento delle popolazioni negli altopiani della Persia, nelle steppe dell'Asia centrale e nella valle dell'Indo, la regione si trasformò in luogo di passaggio per i frequenti spostamenti dei popoli e il passo di Khyber divenne la porta d'ingresso verso il Nord dell'India. Annesso nel VI sec. a.C. all'Impero persiano di Ciro il Grande, tre secoli dopo entrò a far parte del mondo ellenico per opera di Alessandro il Macedone (che fondò Alessandropoli, l'attuale Kandahar). Nel III sec. a.C. entrò nell'orbita dei Regni indiani, prima sotto l'Impero Maurya, poi (secc. I-III d.C.) sotto i Kusana, popolo di origine sciita (di lingua indoeuropea). Lo Stato di Kusana divenne intermediario commerciale tra Roma, India e Cina, aprendo la cosiddetta «via della seta», attraverso la quale, passando per la valle del fiume Tarim, il buddhismo giunse in Cina. Nel 240 il Regno di Kusana fu incorporato al nuovo Impero persiano sasanide. Nel VII sec. ebbe inizio l'islamizzazione a opera degli Arabi e dei Turchi e, tra le varie dinastie musulmane che regnarono nella regione, un ruolo fondamentale ebbe quella dei Gasnavidi (secc. X-XII) che di qui irradiò la sua penetrazione in India. Verso il secolo XIII l'invasione dei Mongoli causò grandi sconvolgimenti nel Vecchio Mondo: l'Afghanistan divenne parte dell'Impero governato da Gengis Khan e, quando le lotte dinastiche provocarono la sua frammentazione, cadde nel 1360 sotto il potere di Timur Lenk (Tamerlano), i cui discendenti governarono fino agli inizi del secolo XVI. Con la formazione del terzo Impero persiano sciita (1502) e dell'Impero Moghul (1526), la regione divenne scenario di frequenti lotte tra i Mongoli, che dominavano Kabul; i Persiani della dinastia safavide, che controllavano la regione meridionale; i discendenti uzbeki di Tamerlano, che dominavano il Nord-Ovest. Nel 1747 si arrivò all'unificazione del Paese; un'assemblea di capi locali elesse come scià Ahmad Durrani, capo militare che era stato al servizio dei sovrani Persiani. Il nuovo scià cercò di attuare verso l'India una politica di espansione frenata, verso la fine del secolo, da aspre lotte dinastiche complicate da interventi russi e inglesi. L'obiettivo dei Russi, giunti nella regione agli inizi del secolo XVIII, era quello di raggiungere il Golfo Persico o il Mar Arabico, con la duplice finalità di perseguire uno sbocco sui mari caldi e di controllare la retroguardia del loro principale nemico asiatico, l'Impero Ottomano. Gli Inglesi, giunti in India un secolo dopo, cercarono di controllare l'accesso alla valle dell'Indo per fermare i popoli nomadi, le cui migrazioni rendevano instabile il loro incipiente dominio. La prima guerra anglo-afghana (1839-42) consolidò il dominio di Dost Mohamed Shah, che volle aumentare la sua influenza nel Nord dell'India, dove fomentò ribellioni antibritanniche. Quando la sua posizione si rafforzò con suo figlio Shere Ali Shah, gli Inglesi tornarono a invadere il Paese. Alla fine della seconda guerra anglo-afghana (1878-79) la dinastia Durrani venne deposta e l'Afghanistan, privato dei territori situati a Sud di Khyber (incluso il passo), fu sottoposto al governo di un emiro inglese, perdendo il controllo della sua politica estera. Alcuni anni dopo l'Afghanistan ricevette dagli Inglesi la stretta fascia di territorio fino al confine con la Cina.

Si evitò così che i domini russi e inglesi avessero una frontiera in comune. Divenuto stato-cuscinetto tra due Imperi, il Paese riuscì a liberarsi dal protettorato dopo una terza guerra anglo-afghana, che si concluse (Trattato di Rawalpindi, 1919) con l'indipendenza riconosciuta, nel 1921, con il Trattato di Kabul. Amanullah Kan, promotore di questo terzo conflitto e nipote dell'emiro imposto dagli Inglesi, salì al Governo proponendo la modernizzazione del Paese e stabilendo relazioni diplomatiche con l'Unione Sovietica; venne, però, destituito nel 1929 dal clan di Mohammedzai (discendenti della dinastia detronizzata nel 1879). Un periodo di instabilità politica caratterizzò l'Afghanistan fino all'istituzione del regno di Zahir Shah (1933). Nel 1931 venne emanata la prima Costituzione e nel 1933 il re stipulò l'«Intesa orientale» (con Iran, Iraq e Turchia). Dopo la fine del secondo conflitto mondiale al vecchio antagonismo anglo-russo si sostituì quello americano-sovietico e l'Afghanistan divenne ancora una volta uno stato-cuscinetto. Ammesso all'ONU nel 1946, il Paese cominciò a ricevere aiuti economici dagli Stati Uniti e militari-economici dall'URSS, conservando però la propria neutralità. La questione dei confini si riaccese con la formazione del Pakistan e nel 1961 ci furono numerosi incidenti armati. Nel 1963 la situazione migliorò e le questioni di confine rimaste irrisolte vennero regolate anche con l'URSS. Nel periodo in cui predominarono le forze tradizionaliste, fu fondato in clandestinità il Partito democratico del popolo afghano (PDPA), che nel 1965 organizzò le prime manifestazioni antimonarchiche, mentre il re Zahir Shah e i «notabili» discutevano una nuova Costituzione. In poco tempo il PDPA si divise tra il gruppo Jalq (composto dall'etnia tadjik o afghano-persiana) che preannunciava una rivoluzione basata esclusivamente sull'alleanza tra operai e contadini, e gli aderenti al Parcham (dell'etnia pushtu) che cercavano un'ampia unione popolare con la partecipazione degli intellettuali, della borghesia nazionale, delle classi medie urbane e dei militari. Nel 1973 fu deposto il re Zahir Shah e Mohamed Daúd (cugino dello stesso re) salì alla presidenza. Con l'appoggio del PDPA venne proclamata la repubblica e nel 1977 fu varata una nuova Costituzione. Nell'aprile del 1978 un colpo di stato portò al potere il segretario del PDPA Nur Mohamed Taraki, il quale rafforzò i legami con l'URSS e promosse una riforma agraria che suscitò violente opposizioni. Hafizullah Amin e Babrak Karmal furono nominati vice primi ministri. Il conflitto tra questi ultimi si risolse a favore di Amin che, nell'aprile del 1979 ricoprì la carica di primo ministro (fino ad allora vacante) e a settembre depose e assassinò il suo alleato Taraki. Amin introdusse nel Paese cambiamenti come l'eliminazione della dote, l'alfabetizzazione secondo valori secolari e la riforma agraria, rivoluzionando inoltre la struttura di potere dei signori feudali e dei dirigenti religiosi. Nel febbraio del 1979 l'ambasciatore nord-americano a Kabul fu sequestrato e assassinato; gli Stati Uniti congelarono gli aiuti economici e aumentarono la loro ostilità verso un Governo che qualificarono come filosovietico.

Amin sopravvisse a vari complotti, ma finì per essere strangolato; fu sostituito da Babrak Karmal, posto al potere dalle truppe sovietiche che penetrarono nel Paese nel dicembre 1979 per ragioni strategiche e la cui presenza fu legittimata da Karmal invocando un trattato di amicizia e collaborazione tra i due Stati. L'intervento sovietico servì da pretesto al riacutizzarsi della seconda guerra fredda e fece sviluppare una sanguinosa guerriglia contro il regime, sostenuta da Stati Uniti e Pakistan; musulmani fondamentalisti, finanziati dall'Arabia Saudita, raggiunsero il territorio afghano per combattere come volontari lo strapotere sovietico. I contadini afghani che appoggiavano i mujaheddin, o guerriglieri islamici, emigrarono nelle città o nei vicini Pakistan e Iran. Nell'aprile del 1986 le forze combinate afghano-sovietiche conquistarono la principale base di opposizione, vicino alla frontiera con il Pakistan, dopo una lunga battaglia in cui caddero 2.000 ribelli e 200 soldati pakistani. Il 4 maggio, di ritorno da Mosca, il presidente Babrak Karmal chiese di essere sollevato dal suo incarico per motivi di salute; fu nominato presidente il nuovo segretario generale del PDPA Mohammed Najibullah, un giovane medico di nazionalità pushtu, già capo della polizia segreta (KHAD). Nel gennaio 1987 M. Najibullah annunciò la sospensione unilaterale dei combattimenti, accompagnata da garanzie per i capi dell'opposizione che avrebbero negoziato con il Governo, amnistia per i ribelli prigionieri e la promessa di una pronta ritirata delle truppe sovietiche. A Ginevra fu firmato un accordo afghano-pakistano, alla presenza di Stati Uniti e Unione Sovietica, che stabiliva le condizioni per i rapporti tra i due stati, specificava i principi di non intervento e garantiva il rientro volontario dei rifugiati. Un altro documento, firmato dall'Afghanistan e dall'URSS, disponeva il ritiro delle truppe sovietiche, che lasciarono il Paese nel 1989. Tremila combattenti di Jamiat-i-Islami annunciarono la loro accettazione dell'amnistia, ma trasformarono la cerimonia in cui avrebbero consegnato le armi, realizzata a Herát, in un'imboscata in cui uccisero alcuni alti capi militari di Kabul. Nel 1990 il nome PDPA fu cambiato in Partito Watan (Partito della patria). Nel settembre 1991 gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica decisero congiuntamente di sospendere l'invio di armi al Governo e alla guerriglia afghana. Il patto lasciò lo scontro aperto tra Arabia Saudita e Iran, Paesi che finanziavano gruppi di mujaheddin afghani. Nell'aprile 1992 il presidente Najibullah fu destituito e il Governo rimase nelle mani dei quattro vicepresidenti. Le autorità annunciarono la propria disponibilità a negoziare con i gruppi ribelli e incontrarono, alle porte della capitale, il comandante Ahmed Shah Massud, del Jamat-i-Islami. La presenza di Massud a Kabul provocò le proteste dei gruppi di mujaheddin di maggioranza pushtu del Sud e dell'Est del Paese. Dal Pakistan, Gulbuddin Hekmatyar, capo del gruppo fondamentalista Hezb-i-Islami, minacciò di bombardare la capitale se il Governo non si fosse dimesso. Nei giorni seguenti forze di Massud e di Hekmatyar iniziarono i combattimenti all'interno della stessa Kabul.

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Un Governo ad interim, sotto la guida di Sibgatullah Mojadidi, assunse il potere intorno alla fine di aprile. L'alleanza dei gruppi islamici moderati capeggiati da Ahmed Shah Massud, nominato ministro della Difesa del nuovo Governo, guadagnò il controllo della capitale espellendo i fondamentalisti islamici guidati da Gulbuddin Hekmatyar. Pakistan, Iran, Turchia e Russia furono i primi Paesi a riconoscere il nuovo Governo afghano. Il 6 maggio 1992 il Consiglio provvisorio dissolse formalmente il Partito Watan che aveva retto il paese dal 1978 e istituì una corte speciale per giudicare gli ex ufficiali comunisti che avevano violato le leggi islamiche o nazionali. Furono disciolti anche la KHAD, polizia segreta, e il parlamento. Alcuni cambiamenti misero in luce l'intenzione del Governo di introdurre nel Paese la legge islamica: fu proibita la vendita di alcolici e si cercò di imporre nuove regole per obbligare le donne a coprirsi il capo e a indossare gli abiti tradizionali dell'islamismo. Alla fine di maggio la maggioranza dei gruppi ribelli afghani, compresi l'Hezb-i-Islami e il Jamat-i-Islami, annunciarono un accordo di pace. Il punto principale di convergenza fu la realizzazione di elezioni entro il termine di un anno e la fuoriuscita da Kabul delle milizie del ministro della Difesa Ahmed Shah Massud e di quelle uzbeke di Abdul Rashid Dostam. Pochi giorni dopo il presidente Mojadidi scampò miracolosamente a un attentato. Il 31 maggio venne rotta la tregua tra le due principali fazioni di guerriglieri; ai primi di giugno la capitale afghana divenne ancora una volta un campo di battaglia tra le truppe di Hezb-i-Islami e quelle di Jamiat-i-Islami. Il 28 giugno Mojadidi lasciò la presidenza in favore del leader del Jamiat-i-Islami, Burhanuddin Rabbani; Hekmatyar continuò la lotta contro Kabul chiedendo il ritiro di Massud e delle milizie di Abdel Dostam, ex membro del Governo comunista, unitosi ai guerriglieri musulmani che avevano preso il potere. Per effetto della guerra l'economia del Paese si paralizzò e il 60% dell'apparato produttivo venne distrutto. Il Governo pakistano, antico sostenitore dei mujaheddin decise di bloccare il contrabbando di cibo e di armi attraverso la sua frontiera con l'Afghanistan per indebolire Hekmatyar, che accusò di deteriorare le relazioni tra i due Paesi. Nel marzo 1993 i dirigenti di otto fazioni rivali annunciarono la firma di un accordo di pace a Islamabad, in Pakistan; nell'accordo, auspicato dal primo ministro pakistano, Nawaz Sharif, Rabbani e Hekmatyar stabilirono di condividere il potere per periodo di 18 mesi, fino alle elezioni. Rabbani avrebbe mantenuto il suo incarico di presidente e Hekmatyar sarebbe divenuto primo ministro. Il potente generale Abdul Rashid Dostam, le cui milizie controllavano gran parte del Nord del Paese, non prese parte alla conferenza di pace. Il 17 giugno Hekmatyar assunse la carica di primo ministro e Massud rinunciò al ministero della Difesa, che rimase in mano a una commissione multilaterale. In settembre forze governative russe e tagike si scontrarono con ribelli tagiki alleati ai combattenti afghani lungo la frontiera con il Tagikistan. Nonostante le accuse di Mosca e Dushanbe, le autorità afghane negarono la propria partecipazione al conflitto e chiesero il ritiro delle forze russe dal loro territorio.

Nel gennaio 1994 le milizie di Dostam, alleate con il primo ministro Hekmatyar, avviarono un'offensiva contro la capitale. La lotta tra i due gruppi continuò a disintegrare lo stato centrale. Kabul rimase divisa in zone controllate da gruppi rivali, mentre il 75% dei due milioni di abitanti della capitale si rifugiarono in altre regioni. A giugno Rabbani si rifiutò di consegnare il potere al termine del suo mandato, che fu quindi prorogato dalla Suprema Corte. Nell'agosto 1994 la nascita del movimento armato dei Taliban («studenti di teologia» sunniti), originari dell'area tribale pushtun nel Sud dell'Afghanistan, modificò il corso della guerra. Questi guerriglieri, addestrati in Pakistan, avevano come obiettivo quello di creare un Governo islamico unito in Afghanistan e contavano sull'appoggio di vasti settori della società. Nel febbraio 1995 i Taliban occuparono il quartier generale di Hekmatyar, al centro del Paese, mentre le milizie di Dostam continuarono a rafforzare le proprie posizioni a Nord-Ovest. Dopo la quasi distruzione di Kabul, circa i due terzi della popolazione andarono a risiedere nelle zone controllare dalle milizie uzbeke. In un periodo in cui non si riusciva a vedere alcuna soluzione alla guerra civile, verso la metà del 1996 circa 8.000 guerriglieri taliban cominciarono a bombardare il centro di Kabul, rafforzando l'assedio della capitale, che a settembre cadde in loro potere. I Taliban instaurarono la Sharia (legge coranica) come legge fondamentale dello Stato, proclamando il 26 ottobre 1997 L'Emirato Islamico; le donne furono allontanate dalla sfera pubblica ed eliminate dal sistema educativo e, di fatto, anche dalle cure mediche. Il Governo si trasferì al Nord del Paese. Nei primi mesi del 1997 la situazione rimase immutata, ma alla fine di maggio Dostam tentò di abbandonare la sua alleanza con il deposto presidente Burhanuddin Rabbani e di associarsi alle milizie dei Taliban. La nuova alleanza durò solo due settimane e il vantaggio realizzato dalle forze di Kabul fu rapidamente rovesciato. Ahmed Shah Massud, ex capo militare di Rabbani, divenne l'asse della nuova alleanza anti Taliban e ottenne il controllo della zona nord-orientale, divenuta virtualmente una repubblica indipendente ("Alleanza del Nord"). Il Governo integralista dei Taliban nel 1998 estese ulteriormente il proprio controllo a più dell'80% del territorio, conquistando la città di Mazar-i-Sharif, principale roccaforte dell'opposizione. Il 20 agosto 1998 la marina USA lanciò un attacco missilistico contro alcuni campi dei mujaheddin presso Khost e Zhawar Kili Al-Badr, non lontano dalla capitale, come rappresaglia per gli attentati alle ambasciate statunitensi di Nairobi e di Dar es Salam, attribuiti all'organizzazione terroristica di Osama Bin Laden, miliardario di origine saudita rifugiato in Afganistan. Le operazioni militari nel Nord del Paese proseguirono nel 1999 e nei primi mesi del 2000 con offensive dei Taliban nelle provincia di Kunduz e nella provincia di Takhar e controffensive dei ribelli di Ahmed Shah Massud.

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Gli sforzi (marzo 1999) per giungere a un accordo di pace sotto l'egida dell'ONU fallirono dopo il rifiuto opposto dal Governo dei Taliban all'estradizione di Osama Bin Laden; il Paese fu quindi sottoposto a embargo internazionale, ma la misura fu in parte resa vana dall'Iran, che riaprì i confini con l'Afghanistan. Nel marzo del 2000 a Gidda (Arabia Saudita) iniziarono i colloqui fra i Taliban e l'opposizione armata del Fronte unito, con la mediazione dell'Organizzazione della conferenza islamica e la partecipazione del Pakistan e dell'Iran (sostenitori, rispettivamente, dei Taliban e dell'opposizione). Nel gennaio 2001 le sanzioni economiche nei confronti del Paese vennero di nuovo incrementate dall'ONU allo scopo di ottenere la consegna di Bin Laden. La risposta fu nettamente negativa e l'intransigenza talebana si rivelò in tutta la sua potenza due mesi dopo, quando le gigantesche statue di Buddha poste all'interno del Paese vennero distrutte in quanto inneggianti all'infedeltà. A maggio i non musulmani furono obbligati a indossare elementi identificativi e nel successivo mese di settembre otto occidentali impegnati in missioni umanitarie vennero arrestati e processati con l'accusa di proselitismo cristiano anti-islamico. Nello stesso mese l'attenzione internazionale si focalizzò sul regime talebano dopo i gravi attentati terroristici alle Torri gemelle di New York e al Pentagono, dei quali fu accusata l'organizzazione capeggiata da Osama Bin Laden. Pochi giorni primaAhmed Shah Massud era stato ucciso. Alla richiesta degli Stati Uniti, affiancati dai Paesi della Nato, di consegnare il presunto mandante delle stragi, il regime afghano, capeggiato dal Mullah Mohammad Omar, oppose un fermo rifiuto. La sera del 7 ottobre iniziò un pesante bombardamento alleato anglo-statunitense, inizialmente ristretto agli aeroporti e a obiettivi militari e strategici, sulla capitale e sulle città di Mazar-i-Sharif, Konduz, Farah, Jalalabad e Kandahâr. Nei giorni successivi l'offensiva proseguì coinvolgendo anche la popolazione civile. Il 13 novembre le forze dell'"Alleanza del Nord", che già qualche giorno prima avevano preso la città di Mazar-i-Sharif, entrarono in Kabul, determinando di fatto il ritiro dei Taliban sulle montagne. Il 5 dicembre, a Bonn, venne raggiunto un accordo tra gli esponenti delle varie etnie afghane per la formazione di un Governo di transizione da insediare al potere nel prossimo futuro. Due giorni dopo anche l'ultima roccaforte talebana, Kandahâr, venne abbandonata, ma né Osama Bin Laden, né il leader talebano Mullah Omar vennero catturati. Il 22 dicembre Hamed Karzai, leader della componente pushtun, venne ufficialmente proclamato capo del Governo ad interim sostenuto dalle Nazioni Unite. Il neo premier, al momento dell'insediamento promise di rispettare la legge islamica e i diritti delle donne e garantì che avrebbe ricostruito il sistema scolastico nel suo Paese, devastato da 23 anni di conflitti. Il suo Esecutivo, rappresentativo di tutte le etnie, era composto da 29 ministri, fra cui due donne, e avrebbe dovuto rimanere in carica per i successivi sei mesi. Nell'aprile 2002 l'ex re Mohammed Zaher Shah, in esilio a Roma, fece ritorno in Afghanistan, affermando tuttavia di non voler in alcun modo reclamare il trono. Nel giugno 2002 la Loya Jirga, o Grande Consiglio, elesse Karzai capo dello Stato a interim. Un mese più tardi il suo vice, Haji Abdul Qadir, venne assassinato e in settembre lo stesso Karzai scampò a un attentato a Kandahâr. Nell'agosto 2003 la truppe Nato assunsero il controllo di Kabul. Nel gennaio 2004 venne adottata una nuova Costituzione che poneva le basi di una presidenza forte. Nel settembre dello stesso anno Karzai scampò nuovamente a un attentato e il mese successivo venne ufficialmente eletto Presidente nelle prime consultazioni presidenziali. Nel settembre dell'anno successivo si tennero le prime elezioni parlamentari e provinciali e due mesi più tardi il nuovo Parlamento si insediò. Nel febbraio 2006 donatori internazionali si impegnarono a fornire al Paese aiuti per dieci miliardi di dollari nei successivi cinque anni per la ricostruzione del Paese.

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LE CITTÀ

Kabul

(700.000 ab.). Capitale dell'Afghanistan e capoluogo della provincia omonima (4.585 kmq; 2.766.800 ab). Città dell'Afghanistan, posta sulle rive del fiume omonimo, capitale dello Stato. È situata su un altipiano a circa 1.800 m. La sua importanza deriva dalla posizione alla convergenza delle principali vie di comunicazione con i Paesi confinanti e dell'antica via militare per l'India. I continui conflitti ne hanno fortemente modificato la fisionomia. Il nucleo più antico si estende sulla riva destra del fiume e conserva i resti di una cinta fortificata e la Grande Moschea. Alla sinistra si sono sviluppati i quartieri moderni dalle vie larghe e diritte, un tempo alberate, con l'ex Palazzo reale (Arg), gli edifici amministrativi e molte ville. Grande mercato agricolo (cereali, tabacco, vite, frutta, ortaggi). Industrie tessili, alimentari, delle pelli, del cemento e meccaniche. Artigianato del cuoio, delle pietre preziose e delle armi cesellate. Di origine antica, Kabul venne conquistata agli Arabi dai Ghasnavidi verso la fine del X secolo, e acquistò importanza dopo la caduta di questi nel 1186; capitale una prima volta con Baber nel 1504-19, la città ritornò tale nel XVIII secolo con i Durrani. Fu occupata dagli Inglesi nel 1839, 1842 e 1879; nel 1929 fu presa dal ribelle Baceèi Saqqà. A causa dei profughi giunti in città durante la guerra civile afghana, la popolazione tra il 1978 (circa 750.000 ab.) e il 1991 è pressoché raddoppiata. Fino al 2001, al tempo cioè dei bombardamenti alleati conseguenti all'attacco terroristico di matrice fondamentalista islamica agli Stati Uniti dell'11 settembre, la città conservava una serie di monumenti e costruzioni importanti. Vi erano i resti delle mura del XVI secolo. Del periodo di Baber era la fortezza, con il primitivo palazzo reale, poi sede della scuola militare. Il bellissimo bazar coperto del XVII sec. era già stato distrutto dagli Inglesi nel 1842. I giardini di Baber conservavano la sua tomba, il mausoleo di Timur Shah e la Grande Moschea. Il Museo di Kabul, uno dei più importanti del Medio Oriente, diviso in varie sezioni (preislamica, islamica, etnografica, ecc.), possedeva una vasta raccolta di antichità buddistiche, già eliminate al tempo del regime dei Taliban. I bombardamenti, inoltre, danneggiarono notevolmente la città.

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Kandahâr o Qandahâr

(225.500 ab.). Città dell'Afghanistan e capoluogo della provincia omonima (47.676 kmq; 1.367.600 ab.). È situato nella parte sud-orientale del Paese. L'abitato si estende fra le rive dei fiumi Arghandab e Tarnak, a 1.035 m s/m. sulle estreme pendici meridionali dei monti Kuhèi Mazar. Importante centro dell'industria locale della lana e della seta, è un notevole mercato per i prodotti agricoli della provincia, nella quale si trovano anche giacimenti d'oro e di piombo. La coltivazione principale è quella del cotone. Gravi sono stati i danni subiti dalla città dopo l'intervento della forza internazionale Usa e Nato nel Paese.

Herât

(150.000 ab.). Città dell'Afghanistan e capoluogo della provincia omonima (61.315 kmq; 1.273.100 ab) è situato sul fiume Harirud, a 922 m s/m., alle falde meridionali della catena del Paropamiso. Al punto di convergenza delle strade provenienti dall'Asia centrale e dall'Iran, è un importante emporio di traffici. Vi hanno sede industrie tessili e alimentari. Assai rinomati i suoi tappeti. Gravi sono stati i danni subiti dalla città dopo l'intervento della forza internazionale Usa e Nato nel Paese.

Herât: resti delle antiche mura dei Timuridi

Herât: resti delle antiche mura dei Timuridi

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PICCOLO LESSICO

Fondamentalismo islamico

Movimento che sostiene l'applicazione letterale e rigorosa della legge coranica.

Hindukush

Catena montuosa che si delinea con direzione Sud-Ovest e Nord-Est tra i monti del Karakorum e l'altopiano iranico. Si estende a Est nel Pakistan, ove si eleva alle maggiori altitudini (Tirich Mir 7.750 m), e a Ovest in Afghanistan. Intreccio di profonde e anguste valli, alternate con ampi bacini nel versante meridionale, ove i fiumi hanno scolpito aspre gole. Nella sezione afghana alcune zone sono molto più dolci. Limiti della foresta abbastanza bassi; colture di cereali, di albicocchi e di viti nei fondovalle.

Karakul

Razza di pecore a lana mista, allevate in Afghanistan, in Asia occidentale e in Iran. Sono tipiche per il tosone nero, lungo e ondulato dal quale derivano le famose pellicce di persiano, folte e ricciute. Le pelli, assai pregiate, si ottengono dagli agnelli usando uno speciale procedimento. Il nome della razza deriva da quello dell'omonima città dell'Uzbekistan, situata a Sud di Buhara, dove ebbe origine la tipica preparazione delle pellicce.

Mullah

Cultore delle scienze religiose islamiche. Un tempo erano proprietari terrieri e capi-tribù che rappresentavano le forze conservatrici del Paese.

Nasuar

Tabacco «da presa» di colore verde oliva da annusare e masticare.

Pamir

Regione naturale dell'Asia centrale, suddivisa tra Tagikistan, Afghanistan e Cina. Si estende su un vasto altipiano (circa 100.000 kmq), la cui altezza varia tra i 3.000 e i 4.000 m. È circondata da alte catene montuose, le cui cime più alte vanno oltre i 7.000 m. La vegetazione è quella tipica della steppa. Numerosi i laghi tra cui il più vasto è il Karakul. Estesi i ghiacciai. La popolazione (Pamiri, Tagichi e Kirghisi) vive nelle aree marginali. Il Pamir è chiamato dagli indigeni il Tetto del mondo.

Taliban

Movimento politico-militare sorto nell'agosto 1994 nella regione del Kandahar. È costituito da «studenti di teologia» originari dell'area tribale pushtun, più particolarmente delle confederazioni pushtun Dourrani e Ghilzay (Afghanistan meridionale). Hanno ricevuto la loro formazione nelle madrasa (scuole religiose), situate alla frontiera con il Pakistan, sotto l'influenza della scuola detta deobandita (perché fondata da Deoband), rappresentata in Pakistan dall'unione degli ulema dell'Islam (JUI), fondata da Fazlur Rehman. Si tratta di un partito sostanzialmente fondamentalista che nel 1996 prese il potere in Afghanistan.

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PERSONAGGI CELEBRI

Babrak Karmal

Uomo politico afgano (Kabul 1930 - Mosca 1996). Laureato in Giurisprudenza fu alle dipendenze del ministero della Pianificazione dal 1957 al 1965. Appartenente alla fazione Purcham del PDPA (Partito democratico popolare afghano), ne veniva eletto rappresentante al Parlamento monarchico e, nel 1973, partecipava al golpe con cui era deposta la monarchia afghana. Nel 1978 prendeva parte alla rivoluzione divenendo in seguito vice-primo ministro e vicepresidente del Consiglio rivoluzionario. Eliminato il presidente Amin con un colpo di stato, Karmal veniva eletto presidente della Repubblica all'indomani dell'intervento sovietico. Fautore dell'allineamento politico dell'Afghanistan all'URSS, Karmal incontrava la resistenza delle fazioni islamiche che continuavano la guerriglia nonostante la massiccia presenza delle truppe russe (150.000 nell'autunno 1984). Nel 1986 veniva tuttavia costretto alle dimissioni a causa del persistere della guerriglia islamica. Si trasferì quindi a Mosca, dove rimase fino alla morte.

Ahmed Shah Massud

Uomo politico e combattente afghano (Jangalak, Panshir 1956 - nel Takhar 2001). Leader della cosiddetta Alleanza del Nord, gruppo armato di resistenza al regime dei Taliban, fu, negli anni Ottanta, uno dei principali comandanti di mujaheddin che intrapresero la lotta contro l'invasione sovietica del 1979. Dopo la conquista dai Kabul da parte degli stessi mujaheddin, Massud venne nominato ministro della Difesa. Al momento della presa di potere da parte talebana, Massud e il suo gruppo si ritirarono a Nord-Est per dar vita all'Alleanza del Nord, arricchitasi, con il tempo, di nuovi elementi. Il 9 settembre 2001 fu vittima di un attacco suicida messo a punto da due uomini fintisi giornalisti.

Hamid Karzai

Uomo politico afghano (n. Karz, Kandahâr 1957). Discendente di membri della classe dirigente durante la monarchia di Mohammad Zahir Shah, crebbe in un piccolo centro alle porte di Kandahâr. Di etnia pashtun, dal 1979 al 1983 seguì i corsi alla facoltà di Scienze politiche all'università di Shimla, in India. Sostenne, anche finanziariamente, con la sua famiglia, la rivolta dei Mujaedin contro i Sovietici, trascorrendo gran parte degli anni Ottanta negli Stati Uniti, ritornando in patria dopo la cacciata delle truppe di Mosca, avvenuta nel 1989. Nel 1992 fu tra i membri del Governo di Burhanuddin Rabbani in qualità di vice ministro degli Esteri. Inizialmente legato ai Talebani, si allontanò dalle loro posizioni, troppo legate a quelle del vicino Pakistan, rompendo definitivamente con il leader Mullah Omar dopo che un commando fedele al Governo integralista nel 1999 aveva portato a termine l'omicidio di suo padre nella città di Quetta. Da quel momento K. lavorò per il rovesciamento del regime talebano e, dopo l'attacco terroristico alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001, collaborò anche con i servizi segreti statunitensi. Nel dicembre 2001 venne nominato capo del Governo provvisorio afghano. Nel giugno 2002 fu eletto Presidente, in attesa delle elezioni previste per il 2004, durante le quali venne proclamato vincitore. Nel settembre 2002 ed ancora due anni più tardi sfuggì a due attentati.

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ALTRI CENTRI

Baghlan

(41.200 ab.). Città dell'Afghanistan e capoluogo della provincia omonima (17.109 kmq; 805.800 ab.); le sue risorse provengono dall'allevamento degli ovini e dall'industria saccarifera.

Ghazni

(32.000 ab.). Città dell'Afghanistan e capoluogo della provincia omonima (23.378 kmq; 1.023.700 ab.). È situata a 2.219 m s/m., sul fiume omonimo. Mercato agricolo e del bestiame. Artigianato. Capitale (X sec.) dei Gasnavidi Ghazni fu conquistata dai Mongoli (XIII sec.) e incorporata nel Regno afghano nel XVIII secolo.

Kunduz

(57.100 ab.). Città dell'Afghanistan e capoluogo della provincia omonima (7.827 kmq; 715.600 ab.). È situata nell'Afghanistan nord-orientale, sul fiume omonimo, Agricoltura (riso, cotone). Porcellane.

Mazar-i Sharif

(130.600 ab.). Città dell'Afghanistan e capoluogo della provincia di Balkh (12.593 kmq; 1.432.100 ab.). È situata nell'Afghanistan settentrionale in una fertile oasi. Industrie della seta e del cotone. Trasse l'importanza e il nome (luogo di pellegrinaggio) dalla celebre moschea fondata verso il 1420 dal sultano Alì Mirza, e venerata dagli sciiti per la pretesa tomba, ivi conservata, del califfo Alì. Gravi sono stati i danni subiti dalla città dopo l'intervento della forza internazionale Usa e Nato nel Paese.

Mazar-i-Sharif: moschea e mausoleo di Alì

Mazar-i-Sharif: moschea e mausoleo di Alì

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Invasione sovietica dell'Afghanistan

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