GEOGRAFIA - AMERICA DEL NORD E CENTRO - EL SALVADOR

PRESENTAZIONE

Situato nell'America Centrale, El Salvador confina a Nord-Est e a Est con l'Honduras, a Nord-Ovest con il Guatemala, mentre a Sud si affaccia sull'Oceano Pacifico. Ha una superficie di 21.041 kmq e una popolazione di 6.740.000 abitanti, con una densità media di 320 abitanti per kmq. La popolazione è costituita in maggioranza da meticci (88%); seguono minoranze di Amerindi (9%), Creoli (1,6%) e altri. La lingua ufficiale è lo spagnolo, ma fra gli Amerindi sono diffusi dialetti maya e nahua. La religione maggiormente praticata è quella cattolica (75%), seguita da quella protestante (7,4%). Già colonia spagnola, El Salvador è una Repubblica. In base alla Costituzione del dicembre 1983, il presidente della Repubblica, eletto per cinque anni a suffragio universale, è anche capo del Governo. Il potere legislativo è esercitato dall'Assemblea Nazionale, eletta per tre anni a suffragio universale. L'unità monetaria è il colón e, dal 1° gennaio 2001, il dollaro USA. La capitale è San Salvador (485.947 ab.).

IL TERRITORIO


El Salvador è un Paese di origine vulcanica, e ciò ha profondamente influenzato la morfologia del suo territorio. Il grande altopiano che comprende buona parte del Paese annovera due grandi catene vulcaniche: una, esterna, formata da crateri più recenti alti in media 2.000 m (Santa Ana, 2.386 m), e una interna, con vulcani da tempo inattivi. Le due aree sono separate da distese pianeggianti e alcuni crateri spenti (l'Ilopango) sono diventati bacini lacustri. I fiumi sono numerosi ma hanno regime scarso. L'unico di una certa importanza è il Río Lempa (212 km) che attraversa l'altopiano. Il litorale è stretto e formato da pianure alluvionali. Il clima di tipo tropicale è assai caldo lungo la costa e più mite all'interno. Le precipitazioni, concentrate nel periodo maggio-ottobre, sono mediamente abbondanti e permettono lo sviluppo di foreste pluviali.
Cartina di El Salvador


L'ECONOMIA


Il territorio è suddiviso in piccole aziende e piantagioni in cui si coltivano prevalentemente il caffè, il prodotto principale del Paese, la canna da zucchero, il cotone, il tabacco, mentre restano legate a un’economia di sussistenza le produzioni di mais, sorgo, legumi, manioca e ortaggi. Discreta consistenza ha anche l'allevamento bovino, praticato nelle grandi aziende della pianura costiera. L'industria salvadoregna è modesta: accanto alle tradizionali fabbriche di trasformazione dei prodotti agricoli, esistono stabilimenti tessili, calzaturieri, meccanici, chimici, fabbriche di sigari. I principali partner commerciali restano gli Stati Uniti e il Guatemala. La rete stradale (11.458 km, 2.601 dei quali asfaltati) è ben sviluppata e un tratto appartiene alla Carretera Panamericana. La ferrovia (283 km) attraversa il Paese e lo collega con l'Honduras e il Guatemala. I porti principali sono a La Unión, La Libertad e Acajutla; gli aeroporti si trovano a Ilopango e Cuscatlán.

CENNI STORICI

Il territorio corrispondente all’odierno Stato di El Salvador fu abitato in epoca precolombiana dalle tribù indigene dei Lenca, provenienti dall’America Meridionale e presenti nelle zone orientali, e dei Pipil, del gruppo dei Nahua, stanziatisi nei territori centro-occidentali. Assoggettato dagli Spagnoli di Pedro de Alvarado dopo quattro anni di guerre cruente (1524-28), il Salvador fu sottoposto per tutto il periodo coloniale alla Capitaneria generale del Guatemala, a sua volta dipendente dal Vicereame della Nuova Spagna. Il Paese fu sede delle prime aspirazioni indipendentistiche del Centroamerica: nel 1811 una sollevazione popolare cacciò da San Salvador, seppur per breve tempo, l’intendente spagnolo, mentre nel 1814 un nuova ribellione venne guidata da M.J. Arce. Dopo la dichiarazione d’indipendenza del Messico (febbraio 1821), al Salvador venne concessa l’autonomia nel settembre dello stesso anno. Il progetto di adesione all’Impero messicano di A. de Itúrbide, caldeggiato dal Guatemala per tutte le regioni centroamericane, venne respinto dal Salvador che subì per tale motivo la repressione del Messico. Dopo la caduta di Itúrbide (marzo 1823), una rappresentativa delle province salvadoregne (a eccezione del Chiapas) decise di unirsi a Città del Guatemala e proclamò la creazione delle Province unite dell’America Centrale (1° luglio 1823), che si dotarono di una Costituzione repubblicana (novembre 1824) e che elessero M.J. Arce quale loro primo presidente (1825). Divergenze politiche tra conservatori e liberali e spinte regionalistiche resero difficile il governo delle Province; assunti i pieni poteri, Arce ottenne il sostegno dei conservatori guatemaltechi (1826), mentre la città di San Salvador divenne la base della resistenza liberale: schiacciati i focolai di rivolta per mano di F. Morazán (1829), il centro divenne sede del Governo federale (1834). Scioltasi quindi la Federazione (1839) e sconfitto Morazán dal conservatore guatemalteco R. Carrera (1840), il Salvador si costituì quale Repubblica (30 gennaio 1841), sebbene le diverse condizioni politiche non determinassero un mutamento della situazione socio-economica del Paese, afflitto dalla miseria di Indios e meticci, contrastante con il benessere della comunità creola, liberale o conservatrice che fosse. La borghesia liberale, favorevole a ricostituire una nuova unione con i Paesi vicini, tentò senza successo di coalizzarsi con Honduras e Nicaragua (1842-44, 1849-52, 1862): il fallimento fu prodotto dall’opposizione conservatrice interna sostenuta, dall’esterno, da Carrera che, nel 1863, occupò il Salvador, ponendovi alla presidenza della Repubblica F. Dueñas che già aveva rivestito tale ufficio nel 1852-60. Varata una nuova Costituzione conservatrice, il presidente mantenne il potere sino al 1871, quando venne rovesciato da S. González, poi sostituito da R. Zaldivar (1876-85). Frattanto in questi decenni fu impressa una spinta innovatrice all’economia del Paese, con l’introduzione delle piantagioni di caffè destinate a sostituire quelle di indaco ormai in crisi. Una minoranza di famiglie si divise gran parte delle terre espropriate ai villaggi indios in virtù delle leggi del 1879, 1881 e 1882 che negavano il possesso comune della terra, inducendo gli antichi proprietari alla condizione di braccianti o peones delle piantagioni. Nel 1871 il presidente del Guatemala, J.R. Barrios, lanciò un nuovo progetto per l’unione delle Repubbliche centroamericane, inizialmente (1876) perseguito per via politica, poi militare, con l’invasione del Salvador. Fallito tale tentativo con la morte di Barrios (1885) e, successivamente anche iniziative simili in anni seguenti (1889, 1898), il Paese venne coinvolto in conflitti territoriali con il Guatemala (1906) e il Nicaragua (1907), risoltisi per l’intervento degli USA interessati al controllo nella regione. El Salvador riuscì comunque nei decenni seguenti, attraverso un avvicendamento di liberali e conservatori, a salvaguardare la propria autonomia sino al colpo di Stato del 1931 a opera del generale M.H. Martínez che sin dall’anno seguente operò una cruenta repressione della protesta organizzata dal Partito comunista, guidato da A. Farabundo Martí, animata dai braccianti rimasti senza lavoro conseguentemente alla crisi economica. Al duro regime di Martínez (1931-45) seguirono quelli del generale S. Castañeda (1945-48), del colonnello O. Osorio (1950-56) e del colonnello J.M. Lemus (1956-60). Questi ultimi due si proposero quali esponenti di una fazione riformista delle Forze Armate inquadrata nel Partido revolucionario de unificatión democrática (PRUD). Dopo l’insuccesso di alcune limitate riforme, i Governi del PRUD proseguirono nell’opera di repressione del dissenso interno, allineandosi, in politica estera, alle posizioni statunitensi. Nel 1961 venne costituito il Partido de conciliación nacional (PCN) da parte di un’ala militare conservatrice che varò una nuova Costituzione e che portò al potere i colonnelli A. Rivera (1962-67) e F. Sánchez Hernández (1967-72) e che conquistò un esiguo favore popolare grazie ad alcune misure sociali, quali il salario minimo per i lavoratori agricoli e l’avvio di un modesto processo di industrializzazione, favorito anche dall’ingresso del Salvador nel Mercato comune del Centro America. La situazione economica tuttavia non mutò sensibilmente la condizione interna, causando un ingente flusso migratorio verso gli Stati vicini, in particolare verso l’Honduras (sebbene dalla metà degli anni Sessanta il Governo di questo Paese privò i Salvadoregni delle terre da loro occupate). Questo determinò uno stato di tensione tra le due Nazioni, sino all’aperto conflitto (giugno-luglio 1969), la cosiddetta «guerra del calcio» (poiché i disordini scoppiarono nel corso di una partita), i cui effetti economici si protrassero sino alla firma della pace (1980), quando alle merci del Salvador venne di nuovo permesso il transito in territorio honduregno. Il Salvador ebbe la meglio, avanzando in territorio nemico, anche se le ostilità cessarono in breve per l’intervento dell’Organizzazione degli Stati americani. Il ricorso a irregolarità elettorali permise la vittoria del candidato governativo, il colonnello A.A. Molina, nelle presidenziali del 1972, in occasione delle quali l’esponente del Partito democristiano J.N. Duarte, appoggiato da numerose formazioni di centro e dalla classe media, era riuscito a raggiungere un numero di consensi sostanzialmente paritari rispetto a quelli di Molina. L’Assemblea tuttavia ratificò la vittoria di Molina, mentre l’opposizione tentò un colpo di mano per insediare Duarte. L’aviazione e la guardia nazionale, fedeli al presidente Hernández, sedarono l’opposizione e arrestarono Duarte, poi esiliato. Le elezioni del 1977 attribuirono la vittoria al PCN e al suo candidato, il generale C.H. Romero; intanto la pessima situazione economica interna e l’esclusione dell’opposizione dal dibattito politico favorirono la creazione di gruppi di guerriglia paramilitari di ispirazione marxista. Attentati e sequestri politici divennero costanti, fatto che spinse lo stesso Governo statunitense di J. Carter ad appoggiare, nell’ottobre 1979, un ennesimo colpo di Stato che portò al potere un gruppo di civili e di militari riformisti (anche se presto i progressisti vennero estromessi dal potere). Le formazioni guerrigliere rifiutarono la trattativa così che iniziò una nuova fase di lotta: bande di estrema destra e formazioni marxiste s’impegnarono in una battaglia sanguinosa di villaggio in villaggio; neppure la Chiesa riuscì a porre un termine alle sofferenze dei civili, venendo colpita direttamente con l’assassinio dell’arcivescovo di San Salvador, A. Romero. Il tentativo riformista fu così ostacolato dalla violenza delle fazioni; nel dicembre del 1980 si giunse a una ristrutturazione politica interna e N. Duarte accettò la presidenza della Repubblica in cambio di garanzie per il proseguimento delle riforme. Il presidente ripropose inutilmente ai capi della guerriglia marxista, riunita nel Frente Farabundo Martí para la liberación nacional (FMLN), un accordo di pacificazione del Paese e il varo di riforme. Non riconoscendo la legittimità dell’incarico di Duarte, la guerriglia proseguì la propria battaglia, mentre ancora fame e disoccupazione incrementavano la situazione di povertà del Salvador, da dove continuava la fuga di cittadini, anche delle classi medie, soprattutto verso gli Stati Uniti. Le elezioni del 1982 si svolsero in un clima di tensione, boicottate dall’azione intimidatoria della guerriglia; ne conseguì la vittoria del partito dei militari di destra, l’Alianza renovadora nacional (ARENA). Duarte si dimise, sostituito in maniera provvisoria da A. Magaña; nel frattempo la destra al potere aveva bloccato le pur limitate riforme introdotte dal Partito democratico, mentre la guerra civile s’incancreniva sempre più, anche per le sovvenzioni date ai ribelli e all’esercito rispettivamente da Mosca (attraverso Cuba) e dagli Stati Uniti. Nel marzo 1984 si svolsero nuove elezioni presidenziali, boicottate dalla guerriglia di sinistra: in quest’occasione la maggioranza venne attribuita al Partito democratico di Duarte che si era impegnato per il raggiungimento di una pace duratura con le fazioni in lotta. Dopo un anno di tentativi apparve comunque chiaro che il FMLN poneva condizioni inaccettabili per un normale esecutivo, quale l’inserimento immediato nel Governo e l’accorpamento delle bande irregolari nell’esercito. Dopo un successo nelle elezioni amministrative del 1985 anche Duarte vide quindi scemare la propria popolarità, sostenuto solo dagli aiuti provenienti dagli Stati Uniti. Nella campagna elettorale per le presidenziali del 1989, Duarte, gravemente malato, continuò a battersi per un Partito democratico sempre più in difficoltà e sommerso dagli scandali: in alcune province non vennero neppure istituiti seggi, mentre il FMLN boicottò nuovamente le urne. Le destre non presentarono in tale circostanza l’estremista d’Aubuisson (sospettato di essere il mandante dell’assassinio Romero), ma A. Cristiani, un civile che ottenne una solida maggioranza. Nello stesso decennio, in tutta l’area centroamericana, andava indebolendosi l’apporto militare dato dall’Unione Sovietica al fronte marxista, tanto che nel settembre dello stesso 1989 i capi del FMLN accettarono di ritrovarsi al tavolo delle trattative, interrotte nello stesso novembre per un attacco sferrato dal FMLN stesso alla capitale San Salvador. Ma la popolazione non si sollevò e il Frente fu così costretto a ritirarsi. Nel 1991 Governo e FMLN si accordarono per una serie di riforme: il 16 gennaio 1992, dopo circa 12 anni di lotte e più di 75.000 morti, nella città messicana di Chapultepec si pose ufficialmente fine alla guerra civile. Nonostante gli accordi di pace, la spirale di violenza non si arrestò e nel corso del 1992 vennero commessi centinaia di omicidi politici. Sul fronte interno, Cristiani non riuscì a produrre un effettivo miglioramento delle condizioni della popolazione. Inoltre, a un ridimensionamento delle Forze Armate non fece seguito l’assegnamento di terre e alloggi alle unità dimesse, così come non si procedette al riassorbimento degli ex guerriglieri in un corpo di polizia civile, né all’incriminazione ed epurazione dei militari colpevoli di violenze e di violazione dei diritti umani, ciò in conseguenza dell’amnistia approvata dalla maggioranza conservatrice dell’Assemblea nazionale nel marzo 1993. Nel 1994 l'ARENA ottenne nuovamente la maggioranza, conquistando la presidenza della Repubblica con A. Calderón Sol. Quest'ultimo continuò nella linea politica intrapresa da Cristiani, accelerando ulteriormente le privatizzazioni e appesantendo la tassazione indiretta. Frattanto il FMLN, trasformatosi in partito politico, si impose quale principale partito di opposizione, e nelle elezioni legislative e amministrative del 1997 si ebbe un’equa spartizione dei seggi tra FMLN e ARENA. Nelle presidenziali del marzo 1999 emerse il candidato di destra Francisco Flores, mentre nelle consultazioni legislative del 12 marzo 2000 il FMLN ottenne la maggioranza dei seggi e nelle contemporanee amministrative lo stesso movimento si pose al Governo di otto capoluoghi di provincia, tra cui quello della capitale San Salvador. Nel febbraio 2001 El Salvador fu colpito da un terremoto devastante che mise in ginocchio il Paese: circa 1.200 furono le vittime e un milione i senzatetto. Da un punto di vista economico, gli anni 2001-03 furono per El Salvador molto difficili: il potere d'acquisto dei salari diminuì sensibilmente, mentre aumentò la concentrazione della ricchezza nelle mani di poche famiglie. L'adozione del dollaro come moneta locale (2001) fece peggiorare la situazione: i prezzi al consumo raddoppiarono, si ridussero i margini di competitività nell'ambito delle esportazioni e il debito estero crebbe ulteriormente. Le elezioni legislative del marzo 2003 decretarono la vittoria del FMLN, che divenne il primo partito in Parlamento. La destra, comprensiva di ARENA e Partido de Conciliación Nacional (PCN), rimase comunque maggioritaria, e condusse per tutto il 2003 una politica rivolta al libero mercato, alle privatizzazioni, al legame con il dollaro, all'alleanza politico-militare con gli Stati Uniti e al ricorso al prestito internazionale per far fronte al deficit fiscale e contenere l'inflazione. Nel dicembre 2003 El Salvador sottoscrisse, insieme a Guatemala, Nicaragua e Honduras, il Trattato di libero commercio tra Stati Uniti e Centroamerica (TLCEUCA-CAFTA). Le consultazioni presidenziali del marzo 2004 sancirono ancora una volta la vittoria dell'ARENA e del suo candidato Elias Antonio Saca, che ottenne il 59% dei voti. Il nuovo presidente pose come priorità la lotta contro la criminalità e la corruzione, la collaborazione con l'opposizione parlamentare, il consolidamento della politica liberista del suo predecessore Flores. Anche le votazioni per l’elezione dei sindaci e delle giunte municipali e per il rinnovo dell’Assemblea legislativa, tenutesi nel marzo 2006, si conclusero con la netta vittoria dell'ARENA.

LA CAPITALE


San Salvador

(485.847 ab.). Capitale di El Salvador e capoluogo del dipartimento omonimo (886 kmq; 2.076.500 ab.). È situata a 657 m s/m. e collegata mediante ferrovia e autostrada al porto di La Libertad, sul Pacifico. Fu più volte danneggiata da terremoti, ma venne ricostruita quasi totalmente in cemento armato. L'economia cittadina si basa sulla commercializzazione dei prodotti agricoli forniti dal territorio circostante (caffè, canna da zucchero, tabacco).


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