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Territorio Storia Economia del Friuli-Venezia Giulia Il Percorso Artistico e Culturale Esperienze novecentesche Le Città Trieste Trieste Luoghi di interesse Risiera di S. Sabba Castello di Miramare Udine Udine: scorcio del centro e La sua Provincia Pordenone Gorizia
GEOGRAFIA - ITALIA - FRIULI-VENEZIA GIULIALa SerenissimaFu proprio l'insofferenza dei ceti borghesi cittadini e dei feudatari locali verso il residuo potere patriarcale, sostenuto dall'Impero germanico, a determinare nel 1420 il passaggio della Patria del Friuli sotto la Serenissima Repubblica di Venezia, che già controllava l'Istria. Intanto, per sfuggire alla crescente egemonia veneziana, a partire dal 1382 Trieste, Gorizia e il loro territorio erano entrate nell'ambito politico degli Asburgo. Si venne così a creare un'altra significativa frattura storica tra i due mondi, quello friulano e quello giuliano, ancora percepibile se non altro nel toponimo. La dominazione veneziana durò in Friuli per oltre tre secoli e mezzo, durante i quali si verificarono pochi fatti rilevanti, tra cui si segnalano le rovinose scorrerie turche nella seconda metà del XV. Il governo era esercitato da un luogotenente veneziano, mentre il patriarcato aquileiese esauriva la sua parabola temporale e spirituale, fino alla sua soppressione avvenuta per bolla papale nel 1751. Il Parlamento del Friuli continuò a radunarsi, pur senza mai deliberare su fatti essenziali. Formalmente Venezia mantenne istituzioni e privilegi, ma cercò di tenere lontani dalle cariche pubbliche gli esponenti della nobiltà locale. Nel 1515 anche Pordenone entrò nell'orbita della Serenissima, la quale cercò di espandersi anche verso oriente, dove prevalevano gli Asburgo. Simbolo di questa contrapposizione tra i blocchi veneziano e asburgico è la fondazione della città fortezza di Palmanova (1593), voluta dalla Serenissima per creare un estremo baluardo difensivo al confine orientale. Il XVIII secolo fu contrassegnato dallo sviluppo di Trieste, il cui porto divenne il più importante dell'Impero austro-ungarico ed uno dei primi del Mediterraneo. Carlo VI, con la concessione dello statuto del porto franco (1719), e poi Maria Teresa favorirono l'ascesa di Trieste come crocevia di numerose e ricche correnti di traffico. La città, che presto si profilò addirittura come antagonista di Venezia, attrasse numerosi operatori economici di varia provenienza, come pure la popolazione dell'immediato retroterra, creando così un ceto caratterizzato da spirito d'intraprendenza e mentalità cosmopolita e moderna.
La riunione all'ItaliaIl ciclone napoleonico sconvolse l'assetto vigente nella regione: dopo aver sconfitto gli Austriaci, nel 1797 Napoleone firmò con essi il Trattato di Campoformido (un piccolo centro alle porte di Udine), con il quale cedeva agli Asburgo il Friuli e la millenaria Repubblica di Venezia in cambio della Lombardia e di parte dei Paesi Bassi. Solo otto anni dopo, all'Austria subentrò di nuovo la Francia grazie alla quale, con la Pace di Presburgo (1805), il Friuli fu unito al Regno d'Italia. Gorizia e Trieste rimasero invece austriache. Con la caduta di Napoleone e il Congresso di Vienna il Friuli venne riconsegnato all'Austria come parte integrante del Lombardo-Veneto, mentre i feudi di Gorizia e di Gradisca vennero accorpati al Regno illirico, Trieste e l'Istria inclusi nel Litorale austriaco. Tale situazione si protrasse fino al 1866, quando a seguito della terza guerra d'indipendenza il Friuli entrò a far parte del nuovo Regno d'Italia; la Venezia Giulia rimase invece assoggettata agli Austriaci fino al 1918. Fu proprio la questione dei confini orientali, ovvero delle "terre irredente" Venezia Giulia, Istria e Dalmazia, uno dei motivi principali dell'entrata in guerra dell'Italia nel 1915. La valle dell'Isonzo e il Carso furono teatro di atroci e sanguinose battaglie; sulla pianura friulana si riversarono le truppe italiane in rotta dopo la Disfatta di Caporetto (l'odierna Kobarid, in Slovenia). Soltanto grazie alla strenua difesa sul fronte del Piave e al crollo degli Imperi centrali l'Italia potè figurare tra le nazioni vittoriose e annettere Trieste e l'Istria. Non fu invece riconosciuto all'Italia il controllo di Fiume, tra Istria e Dalmazia; la reazione contro la cosiddetta "vittoria mutilata" condusse nel 1919 un corpo di volontari guidati da Gabriele D'Annunzio a occupare la città, assegnata al controllo internazionale. Alla conclusione del conflitto mondiale le vaste province di Gorizia e Trieste formarono la regione italiana della Venezia Giulia, insieme a quelle di Fiume e di Pola. Il Friuli fu incorporato nel Veneto.
La seconda guerra mondialeCon il Fascismo furono messe a tacere le rivendicazioni da parte slava che, tra il 1942 e il 1945, esplosero nelle ritorsioni perpetrate dai partigiani comunisti agli ordini del maresciallo Tito nel corso della guerra di resistenza. Da parte loro i nazisti, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, attuarono una feroce repressione, organizzando a Trieste l'unico campo di sterminio in territorio italiano: la famigerata Risiera di S. Sabba, utilizzata per eliminare oppositori politici e membri della numerosa comunità ebraica triestina. Al termine della guerra, con il Trattato di Parigi del 1947 la penisola istriana fu ceduta alla Jugoslavia e Trieste fu privata del suo naturale retroterra. In seguito a questa cessione territoriale si ebbe l'esodo di 300.000 istro-dalmati di origine italiana. Altri tragici episodi si verificarono durante i 40 giorni dell'occupazione iugoslava di Trieste, quando migliaia di italiani e sloveni contrari al regime comunista di Tito furono gettati nelle foibe, cavità naturali del Carso. Alla fine della seconda guerra mondiale Gorizia e Trieste avevano perduto i nove decimi dei loro territori provinciali; i 678 kmq di superficie residua erano troppo pochi per fare regione a sé, quindi furono unite alla grande provincia di Udine e nacque il Friuli-Venezia Giulia. Nel dopoguerra l'afflusso dei profughi istriani non riuscì a compensare nuove correnti migratorie verso l'Europa centrale (Svizzera, Germania, Francia e Belgio), Oltreoceano (Stati Uniti e Canada, ma anche Australia) e verso le regioni (Piemonte, Lombardia e Liguria) del triangolo industriale. La regione, del resto, era stata da sempre terra di emigranti: nella seconda metà dell'Ottocento e ai primi dei Novecento molto intensa era stata l'emigrazione diretta soprattutto verso l'Argentina e gli Stati Uniti. Tale deflusso si era fermato momentaneamente con la prima guerra mondiale, riprendendo fra i due conflitti.
Le novità del XXI secoloSolo nel 1954 fu siglato un accordo tra Italia e Jugoslavia grazie al quale Trieste e Muggia (dove cessò l'occupazione militare angloamericana) tornavano ufficialmente sotto l'amministrazione italiana.Infine il trattato di Osimo (1975) chiuse il contenzioso, favorendo finalmente tra i due paesi l'avvio di più costruttive relazioni, in campo economico e culturale. Alla fine degli anni Ottanta la dissoluzione dello Stato federale iugoslavo e la progressiva integrazione dei paesi del blocco orientale nel sistema economico e politico europeo ha tolto il Friuli-Venezia Giulia dalla sua storica dimensione di terra marginale, soprattutto di marca di confine. L'indipendenza della Croazia e della Slovenia (1991), quindi la loro adesione all'Unione Europea (la Slovenia nel 2004 con Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia; la Croazia ha presentato domanda nel 2003) lasciano intravedere prospettive di estremo interesse. Alcuni effetti sono già operanti: a Gorizia è stato aperto lo storico confine ferreo che divideva l'Occidente dal blocco socialista; in Friuli, per decenni presidiato da decine di migliaia di militari, le caserme e le strutture militari sono ora progressivamente chiuse e dismesse. Nel passaggio da ultimo lembo di Occidente a centro di una nuova Europa il Friuli-Venezia Giulia riacquista per certi aspetti una dimensione nota, se si pensa ad alcuni momenti, non a caso mitizzati, della storia della regione: la romana Aquileia e la Trieste mitteleuropea.
IL PERCORSO ARTISTICO E CULTURALEAquileia e la romanitàUna produzione artistica propriamente detta si ebbe, nella regione, solo con l'affermarsi della civiltà romana. Fondata nel 181 a.C. come città di frontiera, Aquileia divenne presto fulcro di un sistema di vie commerciali (la Via dell'Ambra verso il Baltico è la più nota) e un attivo porto fluviale, nonché un centro di eccellenza nella lavorazione del vetro e dell'ambra. Alla metà del I secolo a.C. la civiltà romana poteva dirsi ormai assimilata: lo dimostra una serie di ritratti in marmo di Aurisina conservati al Museo Archeologico di Aquileia, in cui l'arte centro-italica portata dai primi coloni si armonizza con modelli ellenistici, in un'elaborazione tutta personale delle botteghe aquileiesi. Ma Aquileia conserva soprattutto numerosissimi esempi di mosaico pavimentale, attraverso i quali è possibile ricostruire lo sviluppo cronologico e stilistico di quest'arte. A una produzione musiva che utilizza motivi decorativi geometrici realizzati con tessere bianche e nere se ne affianca un'altra, dove la rappresentazione naturalistica dei soggetti (per esempio, la Nereide sul toro del I secolo a.C.) è ottenuta con tessere policrome, piccolissime e molto accostate, nell'evidente intento di avvicinarsi il più possibile all'effetto pittorico. L'architettura si esprimeva intanto negli edifici tipici della società romana (teatro, foro, terme) non solo ad Aquileia - dove l'imperatore Costantino si fece costruire un palazzo -, ma anche nelle altre città della decima regione d'Italia Venetia et Histria, mentre nelle fertili campagne sorgevano ville rustiche i cui resti sono stati portati alla luce da scavi archeologici condotti soprattutto nel Novecento nelle aree di Montereale Valcellina, San Giovanni al Timavo, Monfalcone, Torre.
L'Aquileia cristianaNel 313, per iniziativa del vescovo Teodoro, furono erette ad Aquileia due basiliche rettangolari a tre navate; negli splendidi mosaici pavimentali si ritrovava il repertorio figurativo animale e vegetale della cultura pagana, investito però di significati cristiani. La scuola di mosaico di Aquileia si distingueva per l'uso del colore, che rendeva vivaci ed eleganti le forme di animali organizzate entro cornici geometriche. Più tardi, verso la fine del V secolo e per tutto il VI, alla funzione didattica affidata alle rappresentazioni musive si sostituì una mera funzione decorativa, ottenuta attraverso motivi geometrici stilizzati quale, ad esempio, il motivo dell'onda della basilica di Grado. Alla fine del IV secolo l'Aquileia cristiana fu in prima linea nella lotta contro l'Arianesimo, prima ancora del vescovato milanese di S. Ambrogio. Fautore dell'ortodossia contro l'eresia ariana fu specialmente il vescovo Cromazio (388 - 407). Sull'onda di un ritrovato vigore spirituale egli modificò le basiliche teodoriane e costruì il battistero ottagonale (con vasca però esagonale) davanti alla facciata principale, in asse con il percorso verso la mensa eucaristica: questo impianto fu poi il modello adottato, con alcune modifiche, in tutti gli edifici di culto che si costruirono in regione (Pola, Concordia, Zuglio, Colle Zuca presso Invillino, tutti del V secolo).I Longobardi e il PatriarcatoCividale, la romana Forum Iulii, divenne la capitale del primo ducato longobardo in Friuli. Nei due secoli del loro dominio (568 - 774), i Longobardi finirono per assimilare la cultura latino-cristiana, tanto da far affermare a Paolo Diacono, nativo di Cividale, la loro ideale continuità con la civiltà romana. La conversione longobarda dall'Arianesimo al Cattolicesimo (610) determinò lo spostamento della sede vescovile da Cormòns a Cividale ad opera del patriarca Callisto (737). A lui si deve il battistero ottagonale la cui decorazione a traforo si svolge secondo una sequenza continua di immagini figurative simboliche di matrice paleocristiana. Coeve al battistero vi sono tuttavia opere come l'altare di Ratchis (a Cividale), dove l'esecuzione molto approssimativa delle figure fa pensare ad una rilettura "barbarica" di modelli antichi. Del tutto diverso è il caso dagli stucchi del cosiddetto tempietto longobardo di Cividale (760 circa), il monumento più interessante lasciato dai Longobardi in Friuli: le sei figure di sante, con le loro vesti dai fitti panneggi, ripropongono forme classiche passate attraverso il vaglio dell'arte bizantina. Intanto, l'azione diretta del patriarca sul territorio ebbe un valido ausilio nel nascente ordine benedettino, i cui monasteri cominciavano a sorgere con il favore delle autorità: è di questi anni la fondazione dell'abbazia benedettina di Sesto al Réghena. Dopo la conquista carolingia (774) fu ancora il patriarcato d'Aquileia a detenere il primato culturale in Friuli; si distinsero alcune eminenti figure di patriarca, quali Paolino, poeta e uomo di lettere, Massenzio, che costruì nella basilica la cripta destinata al culto dei martiri di tradizione aquileiese; Poppone, che nel 1031 promosse la rinascita di Aquileia e della sua basilica dopo le devastazioni degli Ungari; Voldorico di Treffen, che chiamò da Venezia maestranze bizantine (1081) per realizzare nella cripta della basilica l'importantissimo ciclo pittorico della Passione e delle Storie di S. Ermacora. L'impulso costruttivo dato da Poppone proseguì per tutto l'alto Adriatico nell'utilizzo della pianta basilicale, come nel rinnovamento dell'abbazia di Sesto al Réghena, in S. Maria di Castello a Udine, in S. Giovanni al Timavo, in S. Giusto a Trieste.
Il Romanico e il GoticoDalla metà del Duecento fortificazioni e castelli vennero muniti ed ampliati dai feudatari locali, spesso in conflitto tra loro in conseguenza del progressivo indebolimento del potere imperiale. Del resto i territori friulani e giuliani sono stati per secoli un fervore di costruzioni fortificate: fondamentale era presidiare le vie di comunicazione e i guadi dei fiumi. Furono i Romani a creare il primo sistema di fortificazioni e di torri d'avvistamento, utilizzato poi dai Longobardi per controllare il ducato cividalese, che aveva in Nimis, Artegna, Ragogna, Gemona, Ibligine (Invillino) e Cormòns i nodi principali. Tra il 1077 e il 1420, nel periodo patriarcale, vennero eretti, fra gli altri, i castelli di Gemona, Venzone, Udine, per ragioni di politica interna o per esigenze delle famiglie feudali. A Pordenone l'affermazione dell'autonomia cittadina si espresse dal Palazzo del Comune. Intanto nell'architettura religiosa si verificava il trapasso dallo stile romanico al gotico: ancora molto romanico è il Duomo di Spilimbergo (1284), mentre a metà del Duecento le chiese francescane a Udine e Cividale mostrano già caratteri gotici che vengono pienamente espressi nei Duomi di Venzone e Gemona (fine Duecento). I Duomi di Pordenone e di Udine, invece, sono stati molto alterati dai successivi interventi; il Duomo di Udine conserva tuttavia l'Arca del beato Bertrando, capolavoro trecentesco di scultura eseguito da maestranze lombarde chiamate dai patriarchi Torriani, originari di Milano. Alla diffusa attività edilizia gotica contribuì anche la confraternita dei Battuti che eresse ovunque ospedali e chiese. A fine Trecento anche la basilica di Aquileia, semidistrutta dal terremoto del 1348, fu riparata in forme gotiche dal patriarca Marquardo di Randeck. In ambito pittorico l'esperienza giottesca arrivò nella regione con le maestranze che eseguirono il ciclo di S. Maria in Sylvis, a Sesto al Réghena, maestranze forse provenienti dal cantiere giottesco presso la Cappella degli Scrovegni a Padova. La lezione di Giotto è presente anche in pitture eseguite nelle chiese francescane di Udine e di Cividale. Nondimeno trovò maggiore fortuna, nella cultura pittorica della regione, il linguaggio semplice e popolare di Vitale da Bologna, che nel 1348 fu chiamato a lavorare a Udine, ormai sede patriarcale, dal patriarca Bertrando di S. Ginesio. Suoi discepoli eseguirono lavori in altre chiese della regione; tra questi Cristoforo da Bologna, che affrescò il coro del Duomo di Spilimbergo.
Maestri friulani e Rinascimento venetoCon la conquista veneziana (1420) l'architettura civile in Friuli fu pervasa dallo stile gotico lagunare, fatto di balconcini, bifore sostenute da esili colonnine e archetti polilobati con cui si ornarono antichi palazzi o castelli. Esempio mirabile dell'arte veneziana è la Loggia del Lionello a Udine (1448), ariosa e leggera nella sequenza di archi acuti. La cultura umanistica fu diffusa dalle scuole letterarie del Cimbriaco e del Guarnerio, per citare due esempi, mentre le novità figurative del Rinascimento furono accolte con ritardo a Venezia e, di conseguenza, in Friuli. Solo nella seconda metà del Quattrocento maestri lombardi arrivarono nella regione: Beltrame e Vittorino da Como lavorarono nel Duomo di Sacile, Pietro e Tullio Lombardo in quello di Cividale. La scultura ebbe degni rappresentanti in Giovanni Antonio Pilacorte, prolifico produttore di portali, fonti battesimali, acquasantiere e altari, e soprattutto in Bernardino da Bissone, che lavorò alla decorazione della tribuna magna nella basilica di Aquileia. Nelle opere lignee di un artista locale come Domenico da Tolmezzo, il gusto tardo-gotico si fonde con il Naturalismo rinascimentale, ma durante il Quattrocento furono attivi anche numerosi intagliatori tedeschi o austriaci, come Michael Parth, in Carnia, o Nicolò da Brunico. Nella pittura, oltre alla presenza di artisti veneti, si notano le personalità di Gianfrancesco da Tolmezzo e quella, di poco posteriore, di Pellegrino da San Daniele. Per i cicli di affreschi che il primo ha eseguito in varie chiesette della Carnia e del Friuli, si parla di disegno colorato, più che di pittura, in cui l'effetto spettacolare, quasi teatrale prevale sulla narrazione. Con Pellegrino da San Daniele (1467-1547), grazie anche alla frequentazione della corte estense di Ferrara, la pittura friulana esce dal suo ristretto ambito per inserirsi con sicurezza nel panorama nazionale. Ma la figura in assoluto più rappresentativa è Giovanni Antonio de' Sacchis, detto il Pordenone; influenzato dapprima dal Giorgione, come appare evidente nella pala della Misericordia a Pordenone (1515), dopo un viaggio a Roma (1515-16) elaborò uno stile drammatico-scenografico di derivazione michelangiolesca. Le sue capacità compositive ben si adattavano a spazi ampi, come nel Duomo di Cremona (1520-21) che lo consacrò tra i pittori più richiesti; in Friuli eseguì affreschi splendidi e tele in cui emergono gusto per la monumentalità e un'accentuata teatralità dei personaggi. Il Pordenone ebbe un'influenza profonda sulla pittura friulana del Cinquecento; tra i suoi più attivi seguaci il prolifico Calderari (1500-63) e Pomponio Amalteo, genero del Pordenone, autore degli affreschi per la chiesa dei Battuti di San Vito al Tagliamento (1535-45). A Udine, intanto, operava Giovanni da Udine, collaboratore di Raffaello alle Logge vaticane e specializzato nelle grottesche e nelle piccole decorazioni; nella città friulana lavorò tuttavia anche come architetto, nella trasformazione a palazzo del castello (1547). Anche Andrea Palladio fu attivo a Udine (Palazzo Antonini e l'arco Bollani) e a Cividale (Palazzo dei Provveditori). Notevolissima opera urbanistica intrapresa dai veneziani in Friuli fu la creazione di Palmanova (1593), costruita ex novo come città-fortezza e ultimo baluardo contro gli Uscocchi (pirati della Dalmazia, usati dagli Asburgo in funzione antiveneziana). Dal Cinquecento, comunque, castelli e fortezze persero via via importanza: quelli nelle zone isolate furono spesso abbandonati, quelli nei pressi delle strade principali divennero in molti casi lussuose residenze.
I Tiepolo in FriuliIl Seicento artistico in Friuli fu soprattutto dominato da pittori veneti (Palma il Giovane e il Padovanino tra i maggiori), chiamati dai committenti a realizzare opere per lo più a carattere religioso. Poche ed isolate le personalità di artisti locali, tra cui spicca Antonio Carneo (1637-92). Anche il Barocco, dunque, arrivò in Friuli nella versione pacata e sobria di Venezia: un esempio è la cappella del Palazzo del Monte di Pietà di Udine, con l'altare dei due grandi scultori Enrico Marengo e Giovanni Comin, e con gli affreschi di Giulio Quaglio (1694). Il Settecento fu contraddistinto dallo stile neoclassico veneto, che improntò di sé numerose chiese friulane. A Udine l'architetto Domenico Rossi fu l'artefice della trasformazione del Duomo, dove nella stessa epoca trovarono collocazione opere mirabili di scultura, come i due mausolei Manin e l'altare maggiore di Giuseppe Torretti (1717) nel presbiterio, affrescato da Ludovico Dorigny. Rossi lavorò anche alla sistemazione del Palazzo patriarcale (1708), decorato prima da Dorigny e più avanti da Giambattista Tiepolo (1727), presenza illustre a Udine, dove tornò con il figlio Domenico (1759) per realizzare la splendida Assunta nell'oratorio della Purità. Domenico Rossi e Giuseppe Torretti lavorarono inoltre presso la Cappella Manin di Udine e a Passariano, dove Ludovico Manin, ultimo doge di Venezia, aveva la sua villa di campagna: quella di Passariano è la più sontuosa tra le ville che la nobiltà veneziana usava costruire nelle proprie tenute agricole. Disseminate in tutto il territorio veneto, questi edifici sono inconfondibili per il corpo centrale, spesso coronato da statue e pinnacoli, affiancato da barchesse, che ospitavano i locali di servizio.
La rinascita di TriesteSotto il dominio asburgico la vita culturale e artistica della Venezia Giulia non fu particolarmente vivace. Degna di nota è l'opera di artisti come Christoph Tausch, attivo nella chiesa di S. Ignazio a Gorizia, e Nicolò Pacassi, artista di corte a Vienna legato alla famiglia Attems. Solo quando fu coinvolta nella politica imperiale, che intendeva fare dell'Austria una potenza marittima, e dichiarata porto franco insieme a Fiume (1719), Trieste conobbe un fondamentale rinnovamento urbanistico e architettonico: furono edificati ex novo il Borgo teresiano, poi giuseppino e franceschino, e numerosi palazzi funzionali alle nuove attività commerciali e di servizio. Architetti come Matteo Pertsch, Antonio Molari, Pietro Nobile e Antonio Buttazzoni realizzarono facciate in stile neoclassico, con grandi colonne reggenti trabeazioni e timpani, su cui spesso erano poi collocate sculture di Antonio Bosa. L'apertura di piazza dell'Unità, il più celebre e rappresentativo luogo della città, fu affidata al triestino Giuseppe Bruni. Intanto si formava in città un nuovo ceto imprenditoriale, capace di nobilitare la propria fortuna spesso con attività di collezionismo artistico. La presenza degli Asburgo ha la sua manifestazione tangibile nel Castello di Miramare, costruito in stile eclettico (1856-71) per Massimiliano d'Asburgo, fratello dell'imperatore Francesco Giuseppe. L'arte friulana dell'Ottocento appare per lo più accademica: buone e godibili sono le sculture mitologiche di Antonio Marsure, pordenonese come Michelangelo Grigoletti, che nelle sue tele si specializzò nel ritratto, genere molto in voga e richiesto da una borghesia in ascesa; anche il goriziano Giuseppe Tominz ebbe una nutrita produzione di ritratti.Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
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