Geografia Territorio Storia Economia del Lazio

 

 

    

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PRESENTAZIONE - IL TERRITORIO - L'ARCIPELAGO PONZIANO - PARCHI NAZIONALI E REGIONALI - Parco Nazionale del Circeo - Parco naturale regionale dei Monti Lucretili - Parco suburbano regionale dei Castelli Romani - Parco regionale di Veio - L'ECONOMIA

CENNI STORICI - L'alba della civiltà latina - La romanizzazione del Lazio - Ascesa e declino della Roma repubblicana - Roma e il Lazio in età imperiale - Il Medioevo e l'inizio dello Stato della Chiesa - Tre secoli tra splendore e tenebre - Declino e fine dello Stato della Chiesa - Roma e il Lazio nell'Italia unita - IL PERCORSO ARTISTICO E CULTURALE - Dagli Etruschi alla Roma repubblicana - L'età imperiale - L'Alto Medioevo - Cosa cambia nel Medioevo maturo - Il Quattrocento e il mecenatismo papale - Roma crocevia delle arti - La ripresa dell'arte dopo il Sacco di Roma - La controriforma e la crisi del Manierismo - La svolta caravaggesca e il Classicismo di Carracci - L'apoteosi del Barocco - Dal Barocco al barrocchetto - Neoclassicismo e Purismo a Roma - Roma capitale d'Italia

LE CITTÀ - Roma - Il cuore dell'antica Roma - I palazzi imperiali - I Fori Imperiali - Monumenti celebrativi - Edifici di divertimento e svago - I mausolei - I ponti sul Tevere - Sublicio - Milvio - Fabricio - Agrippa - Aurelio - Sisto - Cestio - Aelius = Sant'Angelo

LE CITTÀ - Roma - L'arte nell'Alto Medioevo - Il Rinascimento e il mecenatismo papale - Rigorismo controriformista e splendore barocco - San Giovanni in Laterano - S. Pietro in Vaticano

LE CITTÀ - Roma - Cappella Sistina - I palazzi delle istituzioni - Dal barocchetto al neoclassicismo - L'età post-unitaria - La Roma neo-imperiale del ventennio - I musei di Roma - Musei Capitolini - Museo Nazionale Romano - Galleria Nazionale d'Arte antica - Galleria Doria Pamphilj

LE CITTÀ - Roma - I musei di Roma - Museo e Galleria Borghese - Galleria nazionale d'Arte moderna - Musei Vaticani - I primi secoli del cristianesimo - Luoghi d'interesse (di Roma antica) - Ara pacis - Pantheon - Viterbo - Latina - Rieti

Luoghi d'interesse (di Roma antica) - Frosinone - PICCOLO LESSICO - Anfiteatro - Arco di Trionfo - Basilica - Bestiario - Bonifica - Bucranio - Catacomba - Ciborio - Ciociaria - Circo - Cosmatesco - Cupola - Esedra - Fòrnice - Foro - Grottesca - Mausoleo - Metropoli - Mitrèo - Ninfeo - Peristilio - Pronao - Sacello - Terme - Triclinio - Viridarium - PERSONAGGI CELEBRI - Gioacchino Belli - Severino Boezio - Cicerone - Aldo Manuzio - Alberto Moravia - Ettore Petrolini - Roberto Rossellini - Tommaso d'Aquino - Trilussa - CENTRI MINORI - Alatri - Amatrice - Anagni - Bagnoregio - Bolsena - Bomarzo - Bracciano - Cassino - Civitavecchia - Ferentino - Fiuggi - Fiumicino - Formia - Frascati

CENTRI MINORI - Gaeta - Marino - Montefiascone - Ostia - Palestrina - Sperlonga - Subiaco - Terracina - Tivoli - Tuscania - Velletri

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GEOGRAFIA - ITALIA - LAZIO

CENNI STORICI

L'alba della civiltà latina

I primi stanziamenti umani nel Lazio si fanno risalire al Paleolitico Inferiore (circa 200.000 anni fa). Si può parlare di civiltà laziale vera e propria solo a partire dalla tarda età del Bronzo e limitatamente al territorio abitato dai latini, il cosiddetto Latium vetus, compreso fra il Tevere a Nord e a Nord-Ovest, i Monti Cornicolani e Prenestini a Nord-Est e a Est, i Colli Albani e la regione ardeatina a Sud. Successivamente, alla fine dell'Età del Ferro - ovvero tra il X secolo a.C. e la prima metà dell'VIII - nell'area si stabilisce una netta influenza culturale dalla Campania costiera e dall'Etruria meridionale, testimoniata dalle grandi necropoli venute alla luce nella Tuscia romana, territorio laziale compreso fra il Tirreno e la destra del Tevere, in cui si era sviluppata la civiltà etrusca (le città erano Tarquinia, Vulci, Cervèteri, Veio e altre ancora). Nell'VIII secolo a.C., quando venne fondata Roma (il 753 o il 754 a.C., secondo la tradizione annalistica romana), le terre dell'odierno Lazio centro-meridionale erano già da tempo inserite in uno dei più importanti sistemi di vie commerciali dell'Italia peninsulare preromana, sistema che si spingeva verso Sud-Est secondo due percorsi: il primo per Cassino, passando da Gabii, Praeneste (Palestrina), Anagni, Ferentino, Fregellae (a Sud-Ovest di Ceprano) e Aquino; il secondo (di cui la Via Appia ricalcherà grosso modo il tracciato) per Minturnae, toccando Alba Longa (presso Castel Gandolfo), Ariccia, Lavunium, Velletri, Cori, Norba e Terracina. Tali vie di comunicazione favorivano anche la trasmissione culturale con le aree di cultura etrusca, a Nord, e di influenza greca a Sud-Est.

La romanizzazione del Lazio

Ben presto Roma raggiunse un ragguardevole sviluppo; durante l'epoca dei re cominciò la sua ascesa politica e militare, tanto che altre popolazioni laziali come gli ernici, gli equi e i volsci furono vinte e i loro territori annessi al primitivo Latium vetus. Nel 578-534 la futura capitale si dotava delle cosiddette mura serviane. Passata nel 510 a.C. dall'ordinamento monarchico a quello repubblicano, Roma si ingrandì rapidamente, tanto che la nuova cinta muraria eretta nel 378 a.C. cingeva un'area di circa 426 ettari. La promulgazione della lex Hortensia, nel 287, aveva composto le rivendicazioni sociali della plebe nei confronti dei patrizi, garantendo un sufficiente livello di pace interna.

La romanizzazione del Lazio non fu, comunque, né breve né facile: interrotta nel 380 a.C. dalla rovinosa invasione dei galli, si completò solo all'inizio del III secolo a.C. con l'assoggettamento dei Sanniti (dominati dopo tre guerre successive, dal 343 al 290 a.C.) e degli Etruschi. L'egemonia etrusca aveva già subito duri colpi a causa della pressione gallica al Nord, mentre da Sud era venuta l'invasione sannita del 424. La conquista romana, iniziata con la caduta di Veio (396) e proseguita con quelle di Vulci (280) e di Volsinii (265) portò così la civiltà etrusca alla definitiva estinzione. La conquista dell'intera regione e la sottomissione delle varie genti che l'abitavano non produsse tuttavia un'identità politica, tanto che la riforma amministrativa augustea (fine I sec. a.C.) spezzettò il territorio laziale in tre diverse regioni: Campania, Etruria e Samnium.

 

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Ascesa e declino della Roma repubblicana

Già padrona del Sannio ed egemone in Campania, Roma completò la conquista dell'Italia assoggettando la Magna Grecia grazie alla vittoria su Pirro, che difendeva Taranto (272), e sottraendo la valle padana ai galli a partire dal 222 a.C. Il periodo tra il III e il II secolo a.C. vide l'irresistibile espansione di Roma anche nel bacino del Mediterraneo, di cui rimase dominatrice incontrastata soprattutto dopo la definitiva sconfitta di Cartagine (146 a.C.) nella terza guerra punica. Assorbiti i durissimi colpi portati da Annibale nella sua calata in Italia durante la seconda guerra punica, Roma poteva così dirsi pienamente avviata alla sua fase imperialistica. Decisiva per il raggiungimento dei suoi obiettivi di potenza fu, oltre alle capacità militari, anche la costruzione di un grande sistema di vie che, partendo da Roma, si irradiavano in tutte le direzioni: la via Appia, la via Aurelia, la via Cassia, la via Clodia, la via Salaria, la via Claudia Valeria, la via Casilina. Inoltre, fin dal IV secolo, fu edificata una complessa rete di acquedotti per rifornire la capitale, che continuava a ingrandirsi e a popolarsi.

La supremazia militare non impedì a Roma di assorbire gli influssi culturali di civiltà diverse, soprattutto di quella greca, che permeò di sé tutta la produzione letteraria, artistica e scientifica dell'intellettualità romana. è un fenomeno complesso dal quale deriveranno, per integrazione, anche concezioni politico-filosofiche nuove e maggiormente adatte a gestire territori estesissimi e fortemente diversificati.

Intanto le guerre di conquista alimentavano i conflitti sociali: i contadini impoveriti e gli alleati sfruttati crearono forti tensioni. I Gracchi, tribuni della plebe, proposero riforme economiche e sociali fortemente osteggiate dalla parte dominante del senato romano. La loro uccisione (Tiberio nel 133, il fratello Gaio nel 121) aprì a Roma la convulsa stagione delle guerre civili, stagione che denoterà la crisi delle istituzioni repubblicane. La lotta tra Gaio Mario, capo della fazione democratica, e Lucio Cornelio Silla, fautore del potere senatorio, si svolse tra l'88 e l'82 a.C. e si concluse con la vittoria di Silla il quale, diventato dittatore, tentò la restaurazione del governo senatorio. La seconda fase vide scendere in campo Cesare, Pompeo e Crasso, che insieme formarono il primo triumvirato (60 a.C.). L'ascesa di Pompeo successiva alla morte di Crasso da una parte e, dall'altra, l'enorme credito conseguito da Cesare quale conquistatore delle Gallie provocarono i contrasti culminati nella guerra civile vinta infine da Cesare con la decisiva battaglia di Farsalo (48 a.C.). Sconfitto Pompeo, Cesare si trovò a detenere un potere pressoché assoluto. Anche per questo, come è noto, venne ucciso alle Idi di marzo del 44 a.C. da una congiura di repubblicani intransigenti.

Roma e il Lazio in età imperiale

Dal secondo triumvirato, composto da Antonio, Lepido e Gaio Giulio Cesare Ottaviano, nipote del grande Cesare, scaturì un altro conflitto civile dal quale nacque l'Impero romano. Dopo la vittoria su Antonio nella battaglia di Azio (31 a.C.), Ottaviano instaurò un regime che, repubblicano nella forma, fu sostanzialmente un principato, avendo egli accentrato su di sé tutti i poteri dei magistrati repubblicani. Con il titolo di Augusto, conferitogli dal senato nel 27 a.C., Ottaviano arricchì il suo potere di una connotazione religiosa che sanciva definitivamente la sua investitura a imperatore.

 

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L'età imperiale, durata cinque secoli, comportò uno sviluppo straordinario dell'Urbe, che passò dai 400.000 abitanti stimati nell'80 a.C. al milione e più del tempo di Adriano (117-138 d.C.). Gli imperatori - da Augusto a Nerone, da Traiano ad Adriano, da Marco Aurelio a Costantino - contribuiranno ad arricchire Roma di edifici pubblici e privati sempre più monumentali e fastosi. Nel 271 d.C. Aureliano avvierà la costruzione della cinta muraria tuttora esistente.

Mentre Roma consolidava il suo ruolo di caput mundi, le terre laziali versavano in una condizione di subalternità che ne impediva l'evoluzione economica e culturale. Solo alcune zone particolarmente amene, nei Colli Albani o sulla costa, vennero valorizzate dai ricchi patrizi romani e dagli stessi imperatori che vi costruirono ville da destinare agli otia, ma anche alla produzione agricola. Tra queste ville spicca per fasto e splendore Villa Adriana, presso Tìvoli.

Già nel II secolo, tuttavia, la stabilità del sistema imperiale cominciò a vacillare: le prime invasioni barbariche sotto Marco Aurelio (161-180) ne scossero le basi politiche e sociali. Si apriva inoltre la questione religiosa, con le persecuzioni dei cristiani ordinate da Diocleziano e la conversione al cristianesimo di Costantino, evento di enorme portata politica. Nel 293 Diocleziano attuò una prima divisione dell'Impero attraverso la riforma che istituiva la "Tetrarchia"; infine Onorio (395) sancì la divisione ufficiale tra Impero d'Oriente e Impero d'Occidente, la cui capitale fu spostata a Ravenna. Per Roma fu l'inizio di un declino inarrestabile, dopo secoli di assoluta centralità politica e culturale. Nel 476, a Ravenna, l'ultimo imperatore d'Occidente Romolo Augustolo fu deposto dal re degli eruli Odoacre: a questa data si fa convenzionalmente risalire, per Roma e il Lazio come per il resto del mondo allora considerato civile, la fine dell'età antica e l'inizio di quella medievale.

Il Medioevo e l'inizio dello Stato della Chiesa

Nell'Alto Medioevo il Lazio versava in uno stato di povertà e degrado: abbandonate e prive di manutenzione, vaste aree come la Maremma meridionale e l'Agro Pontino si impaludarono, mentre venne meno anche l'enorme mercato della città di Roma, la quale conobbe a sua volta un impressionante processo di rovina e spogliazione, accompagnato da un altrettanto impressionante processo di spopolamento.

 

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La regione dovette subire le scorrerie delle orde barbariche; Roma stessa venne devastata dai visigoti di Alarico (410) e dai vandali di Genserico (455). Non fu risparmiata nemmeno dalla guerra greco-gotica, dopo la quale la città passò sotto il dominio bizantino (552), anche se di fatto venne governata dalla Chiesa la quale, attraverso papi come Gregorio Magno (590-604), riuscì a porsi alla guida, anche temporale, di un nuovo embrione di Stato. A costituire la base del futuro Stato della Chiesa fu soprattutto la cosiddetta "donazione di Costantino", un documento falso con il quale papa Stefano II si fece riconoscere dal re dei franchi Pipino il Breve il possesso dell'Italia centrale (756).

Roma - che nel 727 contava presumibilmente poco più di 35.000 abitanti - si vide riconoscere un nuovo prestigio spirituale e politico quando Carlo Magno vi si fece incoronare imperatore nel Natale dell'anno 800. Tuttavia, le lotte tra aristocrazia e clero e le mire espansionistiche del duca di Spoleto, il liberatore del Lazio dai saraceni, allontanarono ogni prospettiva di ripresa economica e di pace sociale. Anche i secoli X e XI furono funestati dalle contese territoriali e politiche tra le famiglie feudali, come quelle dei Caetani, dei conti di Tuscolo, dei Frangipane, degli Orsini, dei Savelli, dei Monaldeschi e soprattutto dei Colonna, che nell'area prenestina costituirono un feudo di consistenti proporzioni. Ennesimo sfregio al territorio, nel 1084 i normanni di Roberto il Guiscardo invasero il Lazio e saccheggiarono Roma.

Negli anni dopo il Mille cominciarono anche a manifestarsi i primi fermenti di libertà comunale: Viterbo, Tarquinia (allora Corneto), Tivoli, Terracina, Anagni e altri centri minori cercarono forme di autonomia alleandosi di volta in volta con il papa o con l'impero. Anche Roma nel 1143 divenne libero comune, ma l'intervento di papa Clemente III nel 1188 limitò il ruolo e l'incidenza dell'autorità laica insediata sul Campidoglio. Le politiche autocratiche di Innocenzo III (1198-1216) e di Bonifacio VIII (1294-1303) cercarono di imporre il dominio universale della Chiesa, anche attraverso il consolidamento del potere temporale sull'Urbe e sull'Italia.

Tre secoli tra splendore e tenebre

Le lotte tra potere laico ed ecclesiastico culminarono nel trasferimento del papato ad Avignone (1309-1376). Il periodo avignonese e quello successivo del cosiddetto "scisma d'Occidente" (1378-1418) coincisero con un'epoca di estrema decadenza per Roma e il Lazio. Breve e illusoria fu inoltre l'esperienza di Cola di Rienzo (1353-54), che tentò di restaurare la Repubblica romana.

 

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Ma la Roma dei papi trovò nel Quattrocento il secolo della sua vera affermazione. L'azione di costruzione dello Stato della Chiesa riprese con vigore dopo la composizione dello scisma d'Occidente, sotto i pontificati di Martino V Colonna (1417-31) e di Niccolò V. La relativa stabilità politica contribuì ad avviare la ripresa economica, amministrativa e culturale che permise a Roma di diventare una capitale rinascimentale degna di un principato fra i maggiori d'Italia. La Chiesa diventò padrona incontrastata della regione vincendo militarmente la resistenza della nobiltà locale: i beni dei Colonna di Palestrina vennero incamerati, la Sabina venne assoggettata da Federico d'Urbino per conto di Pio II, papa Paolo II predominò sugli Anguillara. Il risanamento delle paludi pontine cominciò ad interessare l'amministrazione papale: su commissione di Leone X, Leonardo da Vinci studiò il progetto per la loro bonifica.

Dopo la brusca battuta d'arresto dovuta al tremendo "sacco" del 1527 (quando i lanzichenecchi al soldo di Carlo V devastarono la città), l'ascesa di Roma proseguì fino a soppiantare Firenze quale "capitale della cultura e delle arti". In effetti l'Urbe conosce uno splendido rinnovamento architettonico e urbanistico, assumendo caratteri cosmopoliti e ripopolandosi (un censimento del 1526 le assegna 55.000 abitanti). Papi come Giulio II (1503-13), Paolo III Farnese (1534-49) e Sisto V (1585-90, ricordato pure come il "papa degli obelischi") chiamano a lavorare a Roma i più grandi artisti e architetti del tempo. Aspetti assai più cupi dell'epoca sono invece l'istituzione del ghetto ebraico nel 1555 (dove gli ebrei saranno costretti a risiedere fino al 1870) o il processo per eresia a Giordano Bruno, mandato al rogo in Campo de' Fiori il 17 febbraio 1600.

Anche il Seicento fu un periodo di grande fervore architettonico, al termine del quale Roma assume quella scenografica connotazione barocca cui deve ancora oggi tanta parte del suo fascino. Committenti come i papi Paolo V Borghese, Urbano VIII Barberini, Innocenzo X Pamphilj e Alessandro VII Chigi forgiano il volto della città immettendovi elementi formali innovativi connessi ai mutamenti del contesto culturale e del gusto. Le contraddizioni del grande Seicento romano si leggono però nel crescente indebitamento pubblico, nell'indigenza dei ceti popolari, nella diffusione del brigantaggio nel contado. Significativa in questa incerta situazione sociale, la fondazione (1686) del conservatorio per ragazzi, primo nucleo dell'ospizio di S. Michele a Ripa Grande che diverrà la principale istituzione cittadina a carattere assistenziale e rieducativo.

Declino e fine dello Stato della Chiesa

Nel secolo successivo la storia del Lazio si identificò con quella dello Stato Pontificio. In campo architettonico e culturale si ebbero ancora notevolissime realizzazioni; basti ricordare la spettacolare scalinata della Trinità dei Monti (1723-26) e la Fontana di Trevi, opera di grande effetto scenografico inaugurata nel 1762; o anche l'istituzione del Museo Pio-Clementino (decisa da Clemente XIV nel 1771), primo passo verso la trasformazione dei Palazzi Vaticani in complessi museali. Dal punto di vista politico-sociale, però, Roma e il Lazio conobbero una lenta e inarrestabile decadenza economica, né valsero a contrastarla gli incerti e tardivi sforzi riformatori fatti da Pio VI, eletto papa nel 1775, al fine di stimolare il libero commercio, o i parziali lavori di bonifica delle paludi pontine.

Ben più radicali sconvolgimenti politici furono provocati nello Stato pontificio dalla campagna d'Italia di Napoleone, durante la quale le truppe francesi occuparono Roma.

 

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Nel febbraio 1798 venne proclamata la prima Repubblica Romana, cancellata il 30 settembre 1799 dall'entrata in Roma delle truppe napoletane. Nel 1808 i francesi occuparono nuovamente la città dichiarando decaduto il potere temporale del papa, il quale fu esiliato a Savona. La riforma amministrativa varata dal nuovo governo riuniva per la prima volta Tuscia, Sabina e il Lazio tradizionalmente considerato nella stessa circoscrizione territoriale, facendo sbocciare quel germoglio di identità regionale che avrebbe assunto in età risorgimentale una sua più precisa fisionomia. Il periodo tra il 1809 e il 1814, per quanto breve, permise di conseguire risultati fecondi in termini di laicizzazione e di modernizzazione dello Stato. Si sviluppò un embrione di industrializzazione e di razionalizzazione dell'agricoltura, ebbero impulso gli scavi archeologici e nuovi progetti urbanistici (risistemazione di piazza del Popolo) di segno neoclassico.

Il Congresso di Vienna (1815) restituì al papa tutte le sue prerogative di sovrano assoluto. Il lungo periodo rigidamente conservatore che seguì fu interrotto dalla proclamazione della seconda Repubblica romana (febbraio 1849 - aprile 1850), breve e luminosa esperienza che ebbe in Mazzini e Garibaldi le sue guide carismatiche. Lo Stato pontificio cessò di esistere solo nel 1870 con la "breccia di Porta Pia", la sua annessione all'Italia e la proclamazione di Roma capitale. Venne così abolito il potere temporale del papa, la cui giurisdizione fu limitata alla Città del Vaticano e alla residenza estiva di Castel Gandolfo. Questo Stato di appena 44 ettari fu riconosciuto e ratificato da governo italiano e papato con il Concordato nel 1929.

Roma e il Lazio nell'Italia unita

L'attribuzione a Roma della funzione di capitale del Regno d'Italia ha segnato profondamente la vicenda urbanistica e demografica della città. Divenendo sede delle massime autorità e istituzioni dello Stato, palazzi e ville hanno assunto funzioni pubbliche, e quartieri residenziali hanno dovuto ospitare il sempre più numeroso ceto impiegatizio. Ma, oltre a ciò, Roma ha esercitato una potente forza d'attrazione nei confronti del Lazio e delle regioni centro-meridionali, le cui popolazioni povere e contadine vedevano nella capitale la possibilità di una promozione sociale ed economica. Dai 273.952 abitanti del 1881, Roma passa progressivamente ai 930.926 del 1931; l'incremento demografico innesca grandi trasformazioni urbanistiche. Nel 1876 si intraprendono i lavori di innalzamento degli argini del Tevere, in previsione dell'ampliamento urbano sulla riva destra del fiume; nel 1883 iniziano i lavori per la costruzione del quartiere industriale Testaccio. Nel 1907-13, con il sindaco Ernesto Nathan, sono attuate efficaci iniziative nel campo dell'edilizia, della medicina sociale, dell'istruzione, della municipalizzazione dei pubblici servizi. Durante il fascismo Roma viene dotata di un nuovo piano regolatore, entrato in vigore nel 1931. Gli interventi compiuti nel ventennio ad opera di architetti e urbanisti italiani - come Marcello Piacentini e Attilio Spaccarelli - non furono banali; vennero aperte via della Conciliazione e via dell'Impero, oggi dei Fori Imperiali; si costituirono quartieri signorili, come i Prati, abitati dai ceti medio-alti; sorse il quartiere E42, poi EUR, concepito per ospitare l'Esposizione universale del 1942 (non inaugurata a causa della guerra). Nel 1937-39 fu fondata Cinecittà, allora il più moderno e attrezzato centro cinematografico d'Europa.

Liberata il 4 giugno 1944 dalle truppe alleate, Roma ridiventa il centro della vita democratica del Paese, ma deve anche far fronte ad un crescente processo di inurbamento della popolazione locale. Inizia così l'abnorme crescita edilizia della città, condotta in modo disordinato e anarchico, con la costituzione delle borgate, quartieri dormitorio isolati dal contesto urbano. Nel 1960 Roma ospita la XVII Olimpiade, per la quale vengono realizzati impianti sportivi di rilievo, fra i quali lo Stadio Flaminio, il Palazzetto dello Sport e il Velodromo. Gli anni Ottanta del XX secolo sono quelli di maggior pressione demografica: Roma oltrepassa i tre milioni di abitanti; di questi, circa 900.000 risultano abitare in insediamenti urbani abusivi, come evidenziano i rilievi condotti dall'amministrazione comunale nel 1976-85. Dall'ultimo decennio del secolo la popolazione romana è andata decrescendo (2.546.804 nel 2001), mentre a partire dal 1995 sono state realizzate importanti opere pubbliche anche in vista del Giubileo del 2000: su tutte il grandioso Auditorium dell'architetto Renzo Piano nel quartiere Flaminio, inaugurato nel 2002.

Il territorio laziale è stato dichiarato regione nel 1927, suddivisa nelle province di Roma, Viterbo, Rieti e Frosinone cui si è aggiunta nel 1934 quella di Littoria (ribattezzata Latina nel 1945). Rimasto a lungo, nonostante i non pochi provvedimenti, un'area depressa, il territorio regionale ha conosciuto, a partire dal 1926, una certa ripresa dell'economia a seguito del risanamento delle paludi pontine e della colonizzazione dell'Agro romano.

Nel dopoguerra gli interventi della Cassa per il Mezzogiorno sono stati mirati a promuovere l'economia regionale, avviando nella parte meridionale del Lazio un processo di industrializzazione che è venuto consolidandosi negli anni. Viceversa, le province di Viterbo e di Rieti sono state scarsamente coinvolte da significativi processi di integrazione territoriale e produttiva. Si sta inoltre promuovendo da tempo un turismo capace di valorizzare il ricco e diversificato patrimonio d'arte, di storia e d'ambiente distribuito nelle province laziali, da sempre penalizzate dal prestigio del capoluogo.

 

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IL PERCORSO ARTISTICO E CULTURALE

Dagli Etruschi alla Roma repubblicana

Le civiltà preromane si espressero in manufatti già evoluti riguardo al procedimento tecnico e considerevoli anche dal punto di vista della qualità artistica. Tra queste civiltà, il segno maggiore e più duraturo è stato lasciato, entro il territorio laziale, dalla civiltà etrusca; significative testimonianze di questa cultura sono, tra le altre, le necropoli dei Monterozzi a Tarquinia e della Banditaccia a Cervèteri, oltre ai numerosi reperti conservati nei musei regionali.

Oltre che dagli Etruschi, la nascente civiltà romana derivò i modelli per la propria produzione artistica dalle colonie greche; fino al IV-III secolo a.C. Roma rientra in un ambito artistico di stampo etrusco-campano, ma a partire dal III-II secolo a.C. lo stile magno-greco comincia ad caratterizzare le costruzioni civili e religiose, improntate a un'inedita monumentalità. Dal 241 a.C., data dell'annessione della Sicilia, cominciarono l'importazione a Roma di opere d'arte greca e il trasferimento nell'Urbe di artisti greci; l'influsso greco-ellenistico si approfondisce a scapito delle precedenti scelte tipologiche e stilistiche, prevalentemente ispirate da ragioni di pubblica utilità. Sono le mura, le strade, i ponti, gli acquedotti costruiti a Roma e in altre città provinciali a dare la misura dell'originalità dell'architettura romana, che impiega sin dal IV secolo l'arco e la volta come elementi strutturali e che utilizza il calcestruzzo e la pozzolana come materiali da costruzione. Il più antico esempio di acquedotto romano risale al 312 a.C.

Alla fine del III secolo i romani iniziarono a prendere coscienza dell'arte come alta forma di linguaggio, simbolo di prestigio e di potere. Ciò riguardò soprattutto l'architettura, ma anche la scultura, che si adeguò progressivamente alle preziosità greche e poi, dopo l'apoteosi di Alessandro Magno, a tutte le forme più elaborate della scultura ellenistica. Grande importanza assumono, per esempio, il rilievo storico con funzione commemorativa (fregio della basilica Emilia) e il ritratto scultoreo, connesso con la celebrazione del prestigio delle gens. In architettura si afferma, per influsso ellenistico, una tendenza alla grandiosità ed anche nell'edilizia domestica il modulo arcaico della casa a un piano con atrio centrale si evolve in soluzioni di grande complessità, che toccherà i più alti esiti in epoca imperiale.

 

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L'età imperiale

L'età di Cesare e specialmente di Ottaviano Augusto segnarono l'avvento di un linguaggio classico, ispirato ad un ideale di equilibrio. L'influenza ellenistica divenne sempre più forte, esprimendosi nelle nuove proporzioni e nelle decorazioni degli edifici pubblici, spesso opera di architetti greci. Il rinnovamento edilizio di Roma comportò la sostituzione di molte strutture lignee con altre in pietra e laterizi talora rivestite di marmi, anche per l'apertura delle cave di Carrara. Dopo la vittoria di Azio (31 a.C.) cominciarono ad apparire costruzioni con finalità autocelebrative, come gli archi trionfali, diffusi ben oltre il Lazio. A Roma sorgono l'Ara Pacis Augustae, con i suoi austeri rilievi, e al foro repubblicano si aggiunge quello di Augusto. Grandi edifici pubblici come fori, anfiteatri, basiliche e terme arricchiscono anche le città provinciali dell'occidente e specialmente delle Gallie. Nasce un collezionismo che mira ad assicurarsi copie di opere greche dell'età aurea, o quantomeno opere nello stile dei grandi maestri. Le sfarzose ville suburbane d'età imperiale sfoggiano ninfei in grotta, peristili, terme (Villa di Adriano a Tivoli, ecc.). L'arte del mosaico pavimentale raggiunse, tra il II e il IV secolo livelli di eccezionale qualità. Grazie all'adozione del vetro in lastre, iniziò l'uso delle finestre. Vitruvio compose il celebre trattato De architectura, documento illuminante sulla mentalità pragmatica degli architetti romani.
Con l'età imperiale l'architettura assume caratteri di particolare grandiosità: regge (la Domus aurea di Nerone), anfiteatri (il Colosseo, voluto da Vespasiano), terme (di Caracalla, di Diocleziano).

 

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Ma è soprattutto con Traiano che Roma si arricchisce di imponenti opere pubbliche: il foro, i mercati e le terme di Traiano, tutte progettate dal grande architetto Apollodoro di Damasco. Con Adriano la forma classica trova uno dei suoi vertici (il Pantheon; il mausoleo di Adriano, poi Castel S. Angelo). In età imperiale la scultura tocca i suoi esiti più originali, emancipandosi dalla forma classica per espressività ed energia plastica. Di fondamentale importanza sono la ritrattistica e il rilievo storico, che passano dal registro solenne a quello epico-drammatico (rilievi della Colonna traiana, degli Archi di Tito, di Severo, ecc.). Con la riforma di Diocleziano e il declino della centralità politica di Roma, anche la costruzione di grandiose opere pubbliche subisce una battuta d'arresto; tuttavia non pochi sono i monumenti significativi dell'epoca, tra i quali le Terme di Diocleziano e il Tempio di Minerva Medica, primo edificio a sperimentare le volte a nervature portanti. L'Arco di Costantino è l'ultima espressione di un legame con la tradizione antica; l'affermarsi del cristianesimo porterà nuovi significati nell'arte, pur utilizzando ancora come modello di riferimento quello tardo-imperiale.

L'Alto Medioevo

In età paleocristiana sorgono a Roma importanti edifici religiosi che riprendono sostanzialmente il tipo delle basiliche costantiniane (S. Giovanni in Laterano e S. Pietro, sorta sulla tomba dell'apostolo). Il mosaico, la pittura e la scultura propongono temi di ispirazione sacra e anche la ritrattistica si adegua a tipologie antieroiche. Nel frattempo il primato artistico si trasferisce a Costantinopoli, dove sull'eredità tradoromana sorge la civiltà bizantina. Quest'ultima eserciterà la sua influenza anche a Roma, con i suoi moduli stilistici improntati ad una staticità ieratica.

Una svolta si ebbe con l'affermazione dell'ordine benedettino, i cui monasteri di Subiaco e Montecassino (fondati nel VI secolo) furono centri irradiatori di sviluppo economico e di conservazione culturale. Ma solo tra l'VIII e il IX secolo la produzione artistica accoglierà gli elementi innovativi apportati da maestranze comacine affluite nella regione. Nel Viterbese compaiono forme lombarde, mentre nella Roma nel XII secolo lo stile romanico ebbe qualche riscontro, sia pure mescolato alla tradizione basilicale, nella ricostruzione di importanti chiese. In architettura comincia a farsi strada una tendenza al colorismo, attraverso l'impiego di ceramica colorata e di marmi bianchi e policromi a contrasto col cotto. A fine secolo questa tecnica avrà esecutori d'eccellenza nei marmorari romani Cosmati e Vassalletto. Sono di quest'epoca il chiostro di S. Scolastica a Subiaco e l'elegante portico del Duomo di Civita Castellana, addirittura anticipatore di forme rinascimentali.

Cosa cambia nel Medioevo maturo

Le architetture fondate nel Lazio dall'ordine cistercense si basano su una versione dello stile gotico che richiama il romanico nelle sue caratteristiche di robustezza, plasticità e severità. Esemplare è il complesso dell'abbazia di Fossanova, edificato tra il 1187 e il 1206 secondo una concezione che si ritrova anche in altre abbazie cistercensi della regione, come quelle di Casamari e di Valvisciolo. A Roma l'influenza gotica è chiaramente ravvisabile nel coro di S. Maria sopra Minerva e in S. Maria in Aracoeli. L'edificio civile più rappresentativo del nuovo stile è invece la loggia del Palazzo dei Papi a Viterbo.

 

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Nella seconda metà del Duecento la scultura ha in Roma il suo maggiore rappresentante nel toscano Arnolfo di Cambio, artefice di una sintesi tra il Gotico-classico e i più recenti modelli francesi. Nelle sue statue-ritratto di Bonifacio VIII e Carlo I d'Angiò egli esprime un linguaggio plastico improntato ad una solenne compostezza e, insieme, recupera un effetto di realismo che apparteneva al mondo classico. Arnolfo rinnova anche la tipologia dei cibori nei due capolavori di S. Paolo fuori le Mura e di S. Cecilia in Trastevere, due strutture architettoniche nelle quali si conferma l'adesione dell'artista ad uno stile classicheggiante.

Per quanto riguarda la pittura, il mecenatismo del papato e l'esempio dei grandi toscani (come Cimabue, presente a Roma nel 1272) permettono lo sviluppo di personalità artistiche come Jacopo Torriti, i cui disegni per i mosaici di S. Maria Maggiore risentono tuttavia ancora della tradizione bizantina, e dell'innovatore Pietro Cavallini, protagonista del revival proto-classico romano (affreschi di S. Cecilia in Trastevere). Col trasferimento della corte pontificia ad Avignone le committenze vengono a mancare, mentre giunge nel Lazio l'impronta della pittura senese con importanti tracce a Bolsena, a Montefiascone, a Viterbo, fino a Rieti e Subiaco.

Il Quattrocento e il mecenatismo papale

Il nuovo secolo vede il consolidamento del potere papale e la ripresa del ruolo di committente da parte di pontefici come Niccolò V e Sisto IV. Il piano di riassetto urbanistico concepito da Niccolò non venne realizzato a causa della brevità del pontificato (1447-1455), ma aveva comportato l'adesione di artisti toscani e lombardi, egualmente affascinati dalle vestigia della romanità e partecipi del progetto papale di ispirarsi ad esse nelle nuove opere, volte ad esaltare la potenza della Chiesa. La presenza di Leon Battista Alberti fu fondamentale: le riflessioni e le soluzioni proposte nei suoi trattati Descriptio Urbis Romae e De re aedificatoria ispirarono gli edifici costruiti in quegli anni e soprattutto Palazzo Venezia.

In pittura, esaurita anche a Roma la preziosa stagione del tardo-Gotico, l'azione del mecenatismo papale fu determinante. Al Beato Angelico è affidato l'incarico di affrescare la Cappella di Niccolò V in Vaticano. Qui l'artista tocca uno dei suoi vertici espressivi: composti gruppi di figure umane sono collocate entro architetture insolitamente maestose, frutto della suggestione prodotta nell'artista dalla grandezza romana. Il Giubileo del 1450 richiamò a Roma artisti diversissimi tra di loro: Andrea del Castagno, i Vivarini, Antoniazzo Romano e molti altri furono invitati dal papa a dare lustro alla città con le loro opere. A Roma lavorò anche Donatello (tabernacolo del Tesoro di S. Pietro; pietra tombale di Giovanni Crivelli in S. Maria in Aracoeli), la cui innovativa opera in scultura deve moltissimo allo studio appassionato e critico condotto sulla statuaria antica nei due soggiorni romani (1409 cr. e 1430).

Il pontificato di Sisto IV (1471-1484) fu contrassegnato da una fervida attività artistica, cui concorsero Perugino, Botticelli, Domenico Ghirlandaio e Luca Signorelli, autori dei primi affreschi della Cappella Sistina, e Pinturicchio, molto attivo a Roma dove affrescò, tra l'altro, ambienti dell'Appartamento Borgia in Vaticano. Melozzo da Forlì realizzò gli affreschi nell'abside della chiesa dei Santi Apostoli a Roma e quelli della Cappella del Tesoro a Loreto, esempi tra i più significativi della raggiunta maturità tecnica ed espressiva dell'artista. Intense sono anche le opere scultoree, segnatamente di Mino da Fiesole, Giovanni Dalmata e Andrea Bregno.

 

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Gli affreschi di Filippino Lippi nella Cappella Carafa di S. Maria sopra Minerva sono l'occasione per sfoggiare un repertorio decorativo ispirato alle antiche vestigia. Il secolo si chiude con la Pietà di Michelangelo, ora in S. Pietro; la limpida struttura formale del gruppo rappresenta una sintesi del percorso stilistico e tecnico compiuto dall'arte figurativa nel Quattrocento.

Roma crocevia delle arti

Il primo quarto del Cinquecento vede affluire a Roma i massimi artisti del tempo, chiamati dai papi Giulio II e Leone X, entrambi tesi a restaurare la grandezza monumentale e culturale della città come presupposto al rafforzamento del proprio potere sul piano politico. La città diventa un cantiere di ricerca delle vestigia del passato, le cui solenni testimonianze rafforzano la tendenza classicista delle arti. A Roma convergono Bramante, Raffaello, Leonardo, Michelangelo. Nominato da Giulio II sovrintendente generale alle fabbriche papali, Bramante progetta e avvia grandi lavori, tra cui la ricostruzione della basilica costantiniana di S. Pietro. La concezione bramantesca è imperniata sul rigoroso recupero dell'architettura antica, interpretata però in forme "moderne".

 

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Altri architetti partecipano, assieme al Bramante, al rinnovamento urbanistico ed edilizio di Roma; in particolare Baldassarre Peruzzi, che realizza la Villa di delizie per il banchiere Agostino Chigi, detta più tardi la Farnesina.

In pittura Raffaello opera in piena sintonia con questi ideali di maestosità ed equilibrio. Egli compie un immenso lavoro, coadiuvato da discepoli che organizza in una feconda scuola. Oltre al ciclo di affreschi delle Stanze vaticane, Raffaello realizza splendidi ritratti dei grandi protagonisti del tempo (ritratti di Giulio II e di Leone X) e tele di soggetto sacro, fino alla Trasfigurazione che rimarrà incompiuta per la prematura morte del maestro.

Altra grande impresa pittorica del pontificato di Giulio II è la realizzazione degli affreschi della volta della Cappella Sistina. In quattro anni, nonostante le forti tensioni con il committente, Michelangelo realizza un programma iconografico ricchissimo e complesso, conferendo alle sue immagini una grandiosità ed un'energia che appaiono già in contrasto con un ideale di equilibrio classicista. A Roma Michelangelo lavora anche a più riprese al tormentato progetto del monumento funebre di Giulio II ed elabora grandiose architetture tra cui piazza del Campidoglio e la cupola di S. Pietro. Amico e collaboratore di Michelangelo, Sebastiano del Piombo opera a Roma, ma anche altrove nella regione: sua è la Pietà destinata alla chiesa dei Francescani a Viterbo.

La salita al soglio pontificio di Clemente VII (1521) segna una ripresa dei lavori nella Sala di Costantino, nei Palazzi Vaticani, interrotti alla morte di Raffaello ed ora affidati al suo "erede" Giulio Romano. Con questo artista, trasferitosi in seguito presso la corte dei Gonzaga a Mantova, inizia la diffusione della grande scuola romana presso le corti italiane ed europee.

La ripresa dell'arte dopo il Sacco di Roma

Oltre ad apportare distruzione e violenza, il Sacco di Roma (1527) fu un evento traumatico anche per la produzione artistica, perché provocò la diaspora degli artisti dalla città verso altri centri d'Italia: Sebastiano del Piombo, Perin del Vaga, Rosso Fiorentino, Cellini, il Parmigianino ed altri ancora furono il veicolo della diffusione della cultura figurativa romana in Italia e in Europa. Rientrato a Roma dopo il Sacco, papa Clemente VII cercò di sanare in parte le ferite inferte da un evento così devastante. Baldassarre Peruzzi accettò di tornare a Roma e, come architetto pontificio, ricostruì il Palazzo di Pietro Massimo secondo un linguaggio innovativo che sarà raccolto dagli architetti della generazione successiva. Lo stesso Michelangelo lavorò ancora a Roma, realizzando il Giudizio Universale (1536-41) nella Sistina e gli affreschi della Cappella Paolina (1542-49), commissionatigli dal successore di Clemente VII, papa Paolo III Farnese. Queste opere segnano una svolta decisiva nell'arte michelangiolesca: lo stravolgimento di regole e convenzioni denota uno stato di profonda inquietudine spirituale, indice dei tempi travagliati in cui lo scisma luterano ha posto anche la Chiesa di fronte alla necessità di una sua riforma interna.

 

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Intanto, ancora per iniziativa di Paolo III, si interviene sull'assetto urbanistico di Roma che da quest'attività edilizia uscirà rinnovata. Antonio da Sangallo il Giovane progetta Palazzo Farnese (terminato poi da Michelangelo) e, fuori Roma, realizza altre costruzioni civili e difensive sui latifondi della potente famiglia Farnese. Ad allestire gli appartamenti privati di Paolo III a Castel Sant'Angelo viene chiamato Perin del Vaga, di ritorno a Roma a dieci anni dal Sacco. La schiera dei suoi aiuti è composta da pittori di varia provenienza - Daniele da Volterra, Pellegrino Tibaldi, Marco Pino, Livio Agresti ed altri - che diventeranno protagonisti della scena artistica romana. Oltre a Perino e alla sua cerchia, attorno alla metà del secolo affluiscono a Roma molti altri illustri artisti italiani e stranieri; ognuno di essi lascia traccia del proprio passaggio, ricevendo in cambio le impressioni profonde provocate dal contatto con le testimonianze antiche e moderne dell'arte romana.

La controriforma e la crisi del Manierismo

Verso la metà del Cinquecento il clima artistico romano si presenta particolarmente vivace e ricco di fermenti. Alla produzione devozionale si affianca un'intensa attività di costruzione e decorazione profana, commissionata dalla ristretta cerchia delle famiglie nobili. Architetti di spicco sono Pirro Ligorio (Casina di Pio IV a Roma, Villa D'Este a Tivoli), Giulio Merisi (Palazzo Spada), Jacopo Vignola (Villa Giulia a Roma, Palazzo Farnese a Caprarola). Tuttavia l'opera riformatrice del Concilio di Trento (1545-1563) inizia a coinvolgere anche il patrimonio architettonico e artistico romano; alla costruzione ex-novo e al restauro di edifici religiosi contribuisce l'ordine dei Gesuiti, strenuo propugnatore dell'ortodossia cattolica conciliare. La chiesa del Gesù, opera degli architetti Vignola e di Giacomo Della Porta, diventerà il modello di riferimento per le successive chiese gesuite. La controriforma propugnata dal Concilio si oppone inoltre a qualunque intromissione di temi e motivi profani nell'arte figurativa sacra. In ottemperanza alle disposizioni tridentine, si registra nelle rappresentazioni sacre un abbandono delle licenze manieristiche a favore di una semplicità espositiva che fornisca ai fedeli chiari modelli di devozione. In artisti come i fratelli Taddeo e Federico Zuccari, se da una parte la decorazione profana si rifà ancora ad un'iconografia desunta dal mondo mitologico, la produzione sacra abbandona la complessità e la ricercatezza del Manierismo (Flagellazione, Oratorio di Santa Lucia al Gonfalone in Roma).

La svolta caravaggesca e il Classicismo di Carracci

Sullo scorcio del XVI secolo si profilano a Roma novità importantissime in campo figurativo, con l'affermarsi di due personalità artistiche assai diverse tra loro ma accomunate dall'insofferenza verso gli schemi manieristici e dall'aderenza al "naturale": il lombardo Caravaggio e il bolognese Annibale Carracci.

 

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Legato alla cerchia della famiglia Farnese, Carracci matura un Classicismo non letterario, che esprime al meglio nel ciclo d'affreschi della Galleria Farnese, compiuto in collaborazione con il cugino Ludovico. Una volta giunto a Roma, Caravaggio lavora brevemente presso la bottega del Cavalier d'Arpino, pittore laziale tra i più richiesti ed esponente del tardo Manierismo romano (sua è la decorazione del Palazzo dei Conservatori in Campidoglio), quindi si mette in proprio e, grazie al mecenatismo del cardinale Del Monte, realizza numerose tele per S. Luigi dei Francesi, S. Maria del Popolo, S. Agostino ed per altre chiese della città. L'influenza di Caravaggio su pittori italiani e stranieri, attivi anche a Roma, sarà enorme. In questa schiera, assai eterogenea, si contano artisti come Orazio Gentileschi e la figlia Artemisia, Carlo Saraceni, Orazio Borgianni, il francese Jean Valentin de Boulogne. Anche la lezione di Carracci si imprimerà con forza nei circoli pittorici del tempo; si parla di seguaci diretti del maestro come gli emiliani Francesco Albani, il Domenichino e, soprattutto, Guido Reni; oppure del Guercino, un altro artista emiliano formatosi alla scuola dei Carracci e chiamato a Roma da papa Gregorio XV Ludovisi per affrescare il Carro d'Aurora presso il Casino Ludovisi (1621).

L'apoteosi del Barocco

La prima metà del Seicento vede l'affermarsi del Barocco, che proprio a Roma tocca i massimi vertici. La città papale rimane il grande punto di riferimento dell'arte europea, grazie anche al mecenatismo dei pontefici, centrato soprattutto sulla basilica di S. Pietro, e all'attività di collezionismo dei nobili. Roma assume un aspetto sempre più ricco e fastoso: basti pensare alle sistemazioni di Piazza Navona e Piazza del Popolo. Oltre allo splendido mecenatismo di Urbano VIII Barberini, di Innocenzo X Pamphili e di Alessandro VII Chigi, non va ancora una volta dimenticato il ruolo del potente ordine gesuita, la cui azione di propaganda cattolica trovò nell'arte barocca uno strumento di grande efficacia.

Dominatore della scena artistica romana per quasi sessant'anni, Gian Lorenzo Bernini impresse alla città un volto grandioso e scenografico, in particolare con lo spettacolare colonnato di S. Pietro. Come scultore infuse nella sua opera un senso di dinamicità, una tensione drammatica definitivamente lontane dalla tradizione rinascimentale e manieristica. A lui si oppone, per temperamento e sensibilità artistica, Francesco Borromini, autore di architetture originalissime quali la chiesa e il convento di S. Carlino alle Quattro Fontane, l'Oratorio dei Filippini, la chiesa di S. Ivo alla Sapienza. Campione incontrastato della pittura barocca è invece Pietro da Cortona, anche eccellente architetto (facciata di S. Maria della Pace, cupola di S. Carlo al Corso, ecc.).

 

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I suoi affreschi, realizzati su commissione di Urbano VIII (volta del salone di Palazzo Barberini) e di Innocenzo X (decorazione della Galleria di Palazzo Pamphili) mostrano un'esuberanza coloristica e una magnificenza scenografica destinata ad essere per molti artisti italiani e stranieri un modello irrinunciabile nella grande pittura aulica e religiosa.

Ma nel Seicento anche il filone classicista conosce importanti sviluppi, soprattutto con Nicolas Poussin, francese stabilitosi a Roma, e con il romano Andrea Sacchi, autore di un grande affresco su una volta di Palazzo Barberini, la Divina Sapienza, esempio di equilibrio formale e chiarezza espositiva. In scultura, un autentico caposcuola, capace di tener testa al Bernini, è il bolognese Alessandro Algardi, esponente del Classicismo di scuola carracciana (Sepolcro di Leone XI in S. Pietro). Nella seconda metà del secolo XVII il panorama figurativo romano è dominato dalla figura di Carlo Maratta, allievo del Sacchi e fautore di un fortunato compromesso tra tendenze barocche e aspirazioni classiciste.

Oltre che a Roma, molti artisti della grande stagione barocca sono attivi in tutta la regione e vivaci sono le scuole locali, tra cui quelle viterbese e sabina.

Dal Barocco al barrocchetto

Tra Sei e Settecento Roma è al centro di innumerevoli interventi di trasformazione architettonica e monumentale, volti a dare alla città un aspetto festoso ed accogliente. La lezione di Bernini, Borromini e Cortona funge da punto di riferimento obbligato per alcune personalità minori, per quanto interessanti, come Carlo Rainaldi, associato al Bernini nel progetto delle chiese gemelle di Piazza del Popolo. All'impresa partecipò anche Carlo Fontana, cui si deve una serie di intelligenti interventi minori su edifici pubblici, piazze e fontane della città. Ad aprire la stagione dei grandi lavori settecenteschi è la costruzione della scalinata di Trinità dei Monti, dovuta a Francesco De Sanctis. Non meno spettacolare è il progetto di Nicola Salvi per la Fontana di Trevi. Il delicato barocchetto che ispira altri interventi su edifici e piazze cittadine svanisce presto, soppiantato da una tendenza classicista particolarmente evidente, tra l'altro, nel progetto per la facciata di S. Giovanni in Laterano (1732).

Neoclassicismo e Purismo a Roma

Poco dopo la metà del Settecento si diffonde un'attenzione nuova verso l'"antico", alimentata dagli eccezionali ritrovamenti degli scavi a Ercolano e Pompei. A questo rinato interesse per l'antichità partecipano studiosi come Winckelmann, il quale fa di Roma e del suo contado un luogo quasi mitico, dove è ancora possibile recuperare un passato che appare ancora tangibile nei suoi aspetti artistici e monumentali. Il sentimento di sublime grandezza del passato è mirabilmente espresso nelle incisioni di Giovan Battista Piranesi dedicate alle Antichità Romane. La fama delle grandi collezioni archeologiche e antiquarie, come la Albani e la Borghese, si diffonde in Europa. Il cardinale Alessandro Albani, anzi, fa costruire sulla via Salaria una villa perché fosse l'ambientazione ideale per la sua preziosa raccolta di antichità. In pittura ha fortuna il ritratto-souvenir, di cui fu maestro Pompeo Batoni. Si tratta di ritratti commissionati dai numerosi, abbienti viaggiatori stranieri desiderosi di immortalare la propria esperienza romana. Un altro filone è quello del paesaggismo, sostenuto dai numerosi pittori stranieri attivi nelle accademie sorte a Roma e che predilige scenari campestri costellati di antiche rovine.

 

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La seconda stagione neoclassica romana è dominata dal veneto Antonio Canova, destinato a una fama grandissima in tutto il mondo dell'arte. Giunto a Roma nel 1779, egli fa proprie le teorie di Winckelmann e sin dalle sue prime sculture romane persegue la ricerca del bello in senso neoclassico, ovvero depurando la forma da ogni elemento superfluo, da ogni forzatura barocca. Tra le sue opere più significative vanno annoverati i monumenti funebri dei papi Clemente XIII e XIV in S. Pietro, improntati a compostezza e voluta semplicità. Grande fortuna in ambito romano e internazionale incontrò pure l'opera dello scultore danese Bertel Thorvaldsen, dapprima di stretta osservanza canoviana, poi interprete di istanze classiciste diverse. In architettura emerge la personalità di Giuseppe Valadier, autore tra l'altro della sistemazione del parco del Pincio e di innovativi restauri. Ma la temperie romantica è alle porte e già artisti e teorici dell'arte si rivolgono all'arte italiana dei cosiddetti "primitivi" e del primo Rinascimento. Nel primo trentennio dell'Ottocento Roma è centro di diffusione della corrente purista, che fa capo ad artisti quali il pittore Tomaso Minardi e lo scultore Pietro Tenerani. Il purismo traeva ispirazione dalla singolare esperienza dei nazareni, un gruppo di pittori provenienti dall'Accademia viennese e riunitosi a Roma in una sorta di confraternita facente capo a Friedrich Overbeck e Franz Pforr. Il nazareno Philipp Veit partecipa tra l'altro alla realizzazione degli affreschi delle lunette presso il Museo Chiaramonti in Vaticano (1817). Tali affreschi volevano celebrare la politica di papa PioVII il quale, dopo la Restaurazione, si era impegnato della tutela del patrimonio artistico romano. Effetti positivi di tale politica erano stati il restauro e l'esposizione degli arazzi di Raffaello, il restauro del Colosseo nonché la restituzione da Parigi delle opere d'arte trafugate a Roma durante il regime napoleonico.

Roma capitale d'Italia

Gli anni successivi all'Unità d'Italia comportano alcune qualificanti trasformazioni nell'assetto urbano di Roma: nel 1867 l'area della Stazione Termini era stata costruita su progetto di Salvatore Bianchi in forme neopalladiane, mentre tre anni prima era stata aperta Via Nazionale, destinata ad unire la stazione al centro cittadino. Su Via Nazionale viene eretto il Palazzo delle Esposizioni (1880) di Pio Piacentini, mentre con Piazza dell'Esedra (1888), posta tra la stazione e Via Nazionale, l'architetto Gaetano Koch crea un ingresso scenografico alla città ispirato alle terme di Diocleziano.

Una volta diventata Roma capitale del regno, vi si costruiscono grandi edifici pubblici improntati ad una concezione monumentale ispirata all'architettura imperiale o rinascimentale; tra questi, il Ministero delle Finanze, progettato da Raffaele Canevari (1872), il Palazzo di Giustizia, progettato da Guglielmo Calderini (1887-1911), l'ampliamento di Palazzo di Montecitorio, iniziato nel 1902 su progetto di Ernesto Basile. I palazzi pubblici sono concepiti secondo uno stile magniloquente e poco attento al contesto in cui sono inseriti; tale insensibilità è particolarmente evidente nel Vittoriano, il grandioso monumento progettato da Giuseppe Sacconi (1911) e dedicato a Vittorio Emanuele II. Su un piano più generale, a partire dal 1880, nonostante due piani regolatori (del 1873 e del 1883), vi verifica a Roma una crescita urbana incontrollata e confusa, dove alle iniziative pubbliche si mescolano le speculazioni private.

 

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All'inizio del XX secolo anche Roma è partecipe del movimento futurista con Balla, Boccioni e Severini, ma l'esperienza figurativa più significativa matura negli anni Trenta con la cosiddetta Scuola Romana di Scipione, Mario Mafai, Antonietta Raphael (poi anche Fausto Pirandello), cui si accostano negli anni Quaranta artisti come Guttuso e Manzù.

In architettura, sebbene il razionalismo sia accolto con favore dagli architetti del Gruppo 7, che organizzerà a Roma nel 1928 la prima mostra di architettura razionale, durante il ventennio fascista domina uno stile piuttosto eclettico, all'insegna della monumentalità: significativi in tal senso sono la Città Universitaria del 1933-35 (progetto generale di Marcello Piacentini e partecipazione, fra gli altri, di Mario Sironi e Arturo Martini) e gli edifici dell'E42 (poi EUR) e del Foro Italico. Nel Lazio, l'operazione di risanamento delle paludi pontine portò alla fondazione ex-novo di centri urbani come Littoria (ora Latina) e Sabaudia, concepiti secondo l'ideale piacentiniano di spazi urbani razionalmente divisi e funzionalmente collegati.

Il gran crogiolo del dopoguerra, e dei decenni successivi, vede emergere figure nuove - riunite in gruppi o meno - sia in architettura (Pier Luigi Nervi, Gae Aulenti, Paolo Portoghesi), sia in pittura (da Dorazio a Turcato e a Burri, da Lucio Fontana a Capogrossi e a Schifano, da Jannis Kounellis a Tano Festa), sia in scultura (da Consagra a Mirko Basaldella e a Leoncillo, da Pascali a Ceroli e agli stessi Fontana e Kounellis). Il più significativo evento urbanistico della storia recente di Roma è la realizzazione del grande Auditorium (2002), progettato dall'architetto genovese Renzo Piano.

 

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