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Geografia Italia Territorio Storia Economia Emilia-Romagna
GEOGRAFIA - ITALIA - EMILIA-ROMAGNA
Piacenza(102.252 ab.). Situata sulla riva destra del Po e all'estremità della Via Emilia, Piacenza è una città di prevalente impronta lombarda, risultato della vicinanza geografica e storica con Milano. Porta dell'Emilia per chi vi giunge dal Piemonte, dalla Lombardia e dalla Liguria, Piacenza è chiusa dalla rete ferroviaria e autostradale che qui forma un importante nodo e separa la città dal suo fiume. è un importante mercato agricolo; fra le varie attività industriali ricordiamo le industrie chimiche, meccaniche, alimentari, tessili, dell'edilizia. Piacenza è una città ricca di emergenze artistiche, con un centro storico assai vasto, disseminato di numerosissimi e pregevoli palazzi, dei quali si ammirano in particolare gli scenografici scaloni e i raffinati serramenti in ferro battuto.STORIA. Le origini di Piacenza si riconnettono alla sua posizione fra il Po, la Pianura Padana e gli Appennini: si è notato come questo punto coincida, per la navigazione di risalita fluviale, con l'avvistamento della catena appenninica, riferimento che può spiegare le ragioni di una fondazione. Distrutta dai Galli nel 200 a.C., Placentia fu ricostruita dai Romani che ne fecero la testa di ponte a controllo del guado per la Transpadana. Nel 187 a.C. fu raggiunta dalla Via Emilia e in seguito dalla Via Postumia, che collegava l'alto Tirreno (Genova) con l'alto Adriatico (Aquileia). Devastata dai Goti di Totila nel 546, fu in seguito occupata da Bizantini, Longobardi e Franchi conquistando però una certa floridezza economica grazie ai commerci connessi alla navigazione fluviale. Nel 997 l'imperatore franco Ottone III concesse il dominio della città ed il titolo di conte al Vescovo Sigefredo. Nel 1130 fu costituito il Comune dei consoli, che partecipò attivamente alla Lega Lombarda contro Federico Barbarossa. Lo sviluppo commerciale, artigianale e finanziario della città produsse una crescita demografica che si manifestò in un'espansione urbana, principalmente lungo le direttrici della Val Trebbia (Genova) e della Via Emilia; due cinte murarie furono erette rispettivamente nel XII e nel XIII secolo. Tuttavia, i violenti conflitti fra le grandi famiglie guelfe e ghibelline portarono alla signoria di Alberto Scotti (1290-1303) e successivamente alla signoria milanese dei Visconti e poi degli Sforza. Piacenza seguì la sorte del ducato di Milano, caduto in mano ai francesi nel 1499. Fu da questi ceduta allo Stato della Chiesa (1521) e papa Paolo III Farnese ne fece, insieme a Parma, un ducato per il figlio Pier Luigi (1545). Nel periodo pontificio vennero realizzati importanti interventi, quali il completamento delle mura rafforzate da bastioni angolari (1526-45), l'edificazione del castello nel settore Ovest (1547-48), l'apertura di una grande arteria (l'attuale stradone Farnese). Come capitale designata del ducato, Piacenza avrebbe dovuto essere sede del Palazzo ducale che fu però solo iniziato; infatti, dopo l'uccisione di Pier Luigi Farnese (1547) per una congiura nobiliare, la capitale fu trasferita a Parma, mentre a Piacenza si andò rafforzando la classe aristocratica. Le famiglie patrizie, obbligate dai duchi Farnese a spostarsi dai castelli alla città, si diedero all'edificazione di numerosissimi sontuosi palazzi (nel 1748 ne sono individuati ben 123). A questo fervore d'iniziativa privata non corrisposero interventi pubblici e Piacenza, sempre più diversificata da Parma, rimase nell'assetto delineato nel Cinquecento. Nel corso dei due secoli successivi la città assunse sempre più fisionomia e funzioni di piazzaforte militare, prima sotto l'Austria (durante la Restaurazione), poi come importante città di guarnigione nel nuovo Stato unitario. Per lungo tempo perdurò una situazione di ristagno economico e demografico, con pochi interventi di rilievo (corso Vittorio Emanuele, corso Cavour e nella zona della stazione); solo dal secondo dopoguerra Piacenza cominciò un nuovo sviluppo urbano. ARTE. Nella parte centrale del centro storico Piacenza conserva la tipica struttura urbanistica a maglie ortogonali della città romana. Le strade sono per lo più strette, i connotati stilistici notevolmente omogenei, prevalentemente sette-ottocenteschi. Il fulcro della vita cittadina è l'elegante piazza dei Cavalli, così chiamata per le due bellissime statue equestri di Alessandro Farnese e del figlio Ranuccio, bronzi di Francesco Mochi (1620-25). Aperta nel XIII secolo, la piazza è dominata dal medievale Palazzo comunale, detto anche il Gotico, costruito a partire dal 1281 secondo il modello del broletto lombardo. è a due ordini: il profondo portico ad archi a sesto acuto e la parte superiore in laterizio, traforata da finestre polifore splendidamente decorate da ghiere in cotto. Il Duomo si affaccia sulla quadrilatera piazza aperta nel 1594. Costruito in due fasi, fra il 1122 e il 1233, è di architettura assai complessa, dovuta all'innesto di elementi gotici su una struttura romanica. La facciata a capanna, alleggerita da una serie di loggette e da un rosone centrale trecentesco, si apre in tre portali ornati da sculture opera di maestranze locali influenzate da Wiligelmo (portale sinistro) e da Nicolò (centrale e destro). L'interno, a croce latina e a tre navate, esprime linee romaniche nei possenti pilastri cilindrici e il segno del gotico nell'alzata superiore e nelle volte. Gli spicchi della cupola sono affrescati dal Morazzone e dal Guercino (1625-27), autore anche delle Sibille nelle lunette sottostanti. Opere, inoltre, dei bolognesi Camillo Procaccini (attivo soprattutto a Milano) e Ludovico Carracci (1609). La basilica di S. Antonino è uno tra i più antichi insediamenti religiosi sorti appena fuori del perimetro romano. Eretta nel IV secolo e cattedrale sino all'850, venne riedificata nella prima metà dell'XI secolo, rimaneggiata più volte e poi restaurata nel secolo scorso. Nella chiesa nel 1183 avvenne l'incontro tra Federico Barbarossa e i rappresentanti della Lega Lombarda allo scopo di avviare le trattative per la pace di Costanza. S. Sisto, sorto come monastero benedettino nel IX secolo, fu completamente rifatto in epoca rinascimentale su progetto di Alessio Tramello (1499-11), profondamente influenzato da Bramante e da Biagio Rossetti. L'interno è impreziosito da affreschi e raffinate decorazioni. Nel presbiterio, splendido coro ligneo a tarsie del 1514; sul fondo, una copia sostituisce la celebre Madonna Sistina di Raffaello (ora a Dresda). Edifici religiosi molto interessanti sono la basilica di S. Savino, dall'interno in stile romanico lombardo, con notevoli capitelli con motivi zoomorfi e fitomorfi, e il santuario della Madonna di Campagna (1528), dall'interno a croce greca splendidamente affrescato dal Pordenone e da Bernardino Gatti (1529-31). Il gigantesco e incompiuto Palazzo Farnese, oggi sede museale, fu iniziato nel 1559 da Ottavio Farnese su progetto dell'urbinate Francesco Paciotto, venne proseguito da Jacopo Barozzi, detto il Vignola, architetto ufficiale di Casa Farnese; ma i duchi, residenti stabilmente a Parma, persero interesse per la fabbrica e i lavori furono interrotti (1602). Isolato nel contesto urbano circostante, l'edificio ha tre fronti in laterizio scanditi da comici in pietra; nella corte interna, dove il Vignola aveva previsto un teatro all'aperto, si eleva il maestoso loggiato a due ordini, con i raccordi angolari absidati. Al primo piano si apre la cappella ducale, a pianta ottagonale, elegante architettura di Bernardino Panizzari detto il Caramosino (1588 ca). Saldata al palazzo è la parte superstite della Cittadella viscontea (1373). Tra le maggiori istituzioni culturali cittadine figura la Galleria d'Arte Moderna Ricci-Oddi, costituita dalla collezione donata da Giuseppe Ricci-Oddi nel 1924 e da successivi accrescimenti. Collocata in un edificio appositamente progettato dall'architetto Giulio Arata (1925-31), raccoglie circa 500 opere di pittura, scultura e grafica, in prevalenza di artisti italiani, che documentano in modo esemplare, secondo ambiti culturali regionali, la vicenda dell'arte figurativa in Italia dal Romanticismo al Novecento. Fra le tante, si segnalano le opere di Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Giovanni Boldini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Medardo Rosso; Giuseppe de Nittis, Carlo Carrà, Felice Casorati, Francesco Messina. A 2,5 km dal centro, in direzione di Parma, sorge il collegio Alberoni, sede dell'omonima Galleria. Il complesso edilizio venne eretto nel 1751 per volere del cardinale Giulio Alberoni, già primo ministro di Filippo V di Spagna. Nell'appartamento del cardinale si trovano alcuni pregevoli dipinti, fra cui uno straordinario Ecce Homo di Antonello da Messina (firmato e datato 1473). LA PROVINCIA. La provincia di Piacenza (266.279 ab.; 2.589 kmq) costituisce l'estremo limite occidentale dell'Emilia e si estende su un territorio compreso tra il Po e l'Appennino ligure. è per la maggior parte montuoso e collinare, con una parte pianeggiante e molto fertile. Risorsa principale è l'agricoltura (ortaggi, frutta, cereali, viti). Importante è anche l'allevamento del bestiame. Le industrie sono prevalentemente di trasformazione dei prodotti agricoli (caseifici, zuccherifici, salumifici), ma non mancano industrie meccaniche, tessili, chimiche, degli idrocarburi. Centri principali sono Bobbio, Borgonovo Val Tidone, Carpaneto Piacentino, Castel Sangiovanni, Cortemaggiore, Fiorenzuola d'Arda. Il Palazzo del Comune a Piacenza
Ravenna(138.122 ab.). Situata nella bassa pianura romagnola, poco distante dalla linea di costa, Ravenna è una città monumentale di fama internazionale. è un importante centro agricolo-commerciale e un attivo centro industriale. La scoperta, negli anni '50 del XX secolo, di giacimenti di metano ha alimentato lo sviluppo delle industrie chimiche e petrolchimiche. Fra le altre attività industriali ricordiamo le industrie del settore alimentare. Antica città di mare arenata nel sedimento dei suoi fiumi, Ravenna ha recuperato la funzione portuale attraverso l'ampliamento del porto-canale Corsini, attivo porto mercantile (esportazione di prodotti chimici ed importazione di petrolio grezzo). Importante risorsa è anche il turismo. Disseminato delle splendide testimonianze del passato, il tessuto urbano di Ravenna appare tuttavia disomogeneo e di qualità discontinua, con un centro storico circondato da una disordinata periferia.STORIA. Antico porto di origine etrusca, punto d'incontro e di scambio fra la navigazione marittima e quella interna, Ravenna divenne colonia romana nel II secolo a.C. Augusto ne fece la sede della flotta ("classis") pretoria del Mediterraneo orientale allorchè, poco più a Sud, venne creato il porto di Classe per il ricovero e il rifornimento delle navi. La presenza della flotta produsse un incremento dei traffici e soprattutto dei legami culturali con l'Oriente, fenomeno che lascerà segni duraturi. Nella crisi dell'Impero romano, pur risentendo della difficile situazione di decadenza economica e degrado politico, Ravenna fu capitale (402), scelta dall'imperatore Onorio perchè protetta dalle acque. Dopo la caduta dell'Impero, fu residenza di Odoacre e, dal 493, del re ostrogoto Teodorico, col quale visse un periodo di duplice identità, gota e romana, ariana e cattolica. La conquista bizantina (540) segnò l'inizio di un periodo di prestigio politico per la città, durante il quale fu arricchita degli splendidi edifici e apparati musivi. Ravenna divenne il centro principale dell'Esarcato, ovvero di quel territorio dell'Impero bizantino comprendente parte dell'Emilia-Romagna. Passata ai Longobardi (751) e quindi ai Franchi (754), Ravenna fu da questi ultimi donata, con il suo territorio, a papa Stefano II. Né il principato vescovile, né le signorie dei Traversari (fine XII sec.-1240) e dei Da Polenta (1302-1441) lasciarono tracce rilevanti, però nel frattempo eventi naturali (deviazione del corso del Po a Nord e progressivo interramento del porto di Classe) avevano grandemente modificato l'assetto della costa e, di conseguenza, spostato altrove i traffici commerciali. Ravenna scivolò quindi in una posizione del tutto marginale e nel degrado, finiti i rapporti con l'Oriente e dovendo inoltre subire la concorrenza della crescente potenza di Venezia, che infine la sottomise nel 1441. Con il dominio veneziano, durato fino al 1509, si ebbe qualche intervento migliorativo, come il rinforzo delle fortificazioni e la pavimentazione delle strade. Recuperata da papa Giulio II e riunita allo stato della Chiesa, la città non uscì dalla sua condizione di isolamento e di ristagno economico, anche se si compirono alcune opere importanti, quali la deviazione a Sud dei fiumi Ronco e Montone, unificati in un unico alveo (i Fiumi Uniti, 1736), l'apertura del porto-canale Corsini (da Lorenzo Corsini, papa Clemente XII, 1738) e la costruzione della strada lastricata per Forlì (1786). Durante le campagne napoleoniche Ravenna fece parte delle Repubbliche Cispadana, Cisalpina, Italiana e del Regno Italico. Dopo il Congresso di Vienna ritornò a far parte dello Stato pontificio cui si ribellò nel 1859. Fu annessa al nuovo stato unitario nel 1860. Creati nuovi collegamenti ferroviari con Bologna, Ferrara e Rimini, potenziato il porto e intrapreso il restauro dei monumenti, la città iniziò un percorso di riqualificazione, ma solo nel secondo dopoguerra Ravenna conobbe una vera ripresa economica, legata alla scoperta di ingenti giacimenti di metano. La città diventò un importante polo portuale industriale, con uno scalo che è primo nell'Adriatico e secondo in Italia. Le conseguenze negative di questo repentino sviluppo si manifestano però in un notevole scadimento dell'area periurbana e nell'abbassamento dei suoli, causato dalla massiccia estrazione di gas e acqua per l'industria. ARTE. Ravenna è una delle più notevoli mete turistiche d'Italia e del mondo, nel suo genere una città unica, di importanza fondamentale nella storia della civiltà europea nel V-VI sec. La fulgida stagione artistica ravennate si articola in tre fasi successive, storicamente coincidenti con il periodo finale dell'Impero d'Occidente, con il dominio ostrogoto e con la riconquista da parte dell'imperatore d'Oriente Giustiniano. Il trasferimento della sede imperiale, per volere di Onorio, da Milano a Ravenna segna l'inizio di un'opera di abbellimento della città grazie soprattutto allo splendido mecenatismo di Galla Placidia, sorella di Onorio e lei stessa imperatrice in nome del figlio Valentiniano III. Del gruppo di monumenti fatti erigere da Galla Placidia fa parte il celebre Mausoleo a lei dedicato. Altri edifici placidiani sono l'ex basilica di S. Croce, già unita da un nartece al Mausoleo, rifatta nel 1716, e la basilica di S. Giovanni Evangelista, chiesa votiva fatta erigere da Galla Placidia (426-34), quasi del tutto ricostruita dopo gli ingenti danni subiti nell'incursione aerea del 1944. Risalente anch'esso alla prima metà del V secolo, il battistero Neoniano, più noto come battistero degli Ortodossi (per distinguerlo da quello degli Ariani) venne eretto dal vescovo Orso e poi completato dal vescovo Neone, dal quale prende il nome. Di forma ottagonale, notevolmente interrato, il battistero degli Ariani reca all'interno anche una raffigurazione a mosaico del Battesimo di Cristo, in cui la nudità del Redentore è tipicamente ariana e la personificazione del Giordano è una reminiscenza iconografica classica. Allo stesso periodo teodoriciano appartiene anche la chiesa di S. Apollinare Nuovo, fondata per il culto ariano da Teodorico tra il 493 e il 496; riconvertita al culto cattolico (560 ca.), viene più tardi dedicata a S. Apollinare, con l'appellativo "nuovo" per distinguerla da un'altra più antica. Fuori dal recinto urbano si erge isolato il mausoleo di Teodorico, secolare ed enigmatico simbolo di Ravenna "città morta". L'edificio, eretto dal re ostrogoto poco dopo il 520, ripropone la struttura centrale dei sepolcreti romani con inedita potenza plastica. Capolavoro della cultura artistica bizantina e simbolo della grandezza imperiale, la basilica di San Vitale fu consacrata nel 547, quando Giustiniano aveva scelto già da alcuni anni Ravenna come capitale dell'Esarcato. Superato il ponte sui Fiumi Uniti inizia l'area archeologica di Classe: sono visibili le basi di una fontana pubblica, di due magazzini e di altri edifici dell'insediamento portuale bizantino (V-VI sec.) insistente su strutture romane. A tre chilometri sorge la basilica di S. Apollinare in Classe, la cui decorazione conclude la parabola della produzione musiva ravennate. Tra gli altri monumenti cittadini ricordiamo il Duomo ricostruito in forme barocche (1734-43) sulla cattedrale paleocristiana purtroppo abbattuta, detta basilica Ursiana dal fondatore, il vescovo Orso (inizio V sec.); la Tomba di Dante, morto a Ravenna dove si trovava in esilio, ospite di Guido Novello Da Polenta; il tempietto neoclassico realizzato dall'architetto ravennate Camillo Morigia (1780) sostituì il precedente mausoleo di Pietro Lombardo (1483), del quale si sono fortunatamente conservati l'urna e il celebre bassorilievo raffigurante il poeta immerso nella lettura. Notevoli le istituzioni museali. Il Museo Nazionale ha sede negli edifici conventuali dell'ex monastero benedettino di S. Vitale, collegato alla basilica. è un'importante raccolta di carattere archeologico e di arti applicate, il cui primo nucleo fu organizzato dall'erudito camaldolese Pietro Canneti agli inizi del Settecento e poi via via accresciuto principalmente dai reperti provenienti dagli scavi nel territorio ravennate. Il Museo arcivescovile, collocato nello storico Episcopio ravennate, edificio di fondazione antichissima (prima del 396), raccoglie materiale prevalentemente lapideo proveniente dalla distrutta basilica Ursiana e altri pezzi di diversa origine. Il pezzo forte della collezione è la cattedra dell'arcivescovo Massimiano (VI sec.) in avorio scolpito. Nella Pinacoteca comunale è ben documentata la pittura romagnola dal XIV al XVIII secolo; molto popolare la statua giacente di Guidarello Guidarelli, giovane cavaliere ucciso nel 1501, capolavoro di Tullio Lombardo (1525). La Pinacoteca è alloggiata nell'ex monastero dei Canonici Lateranensi, che su un lato mostra la cosiddetta Loggia Lombardesca, elegante struttura a due ordini di arcate sovrapposte, realizzata da mestri marmorari lombardi all'inizio del Cinquecento. Visita virtuale all'interno della Cappella di Sant'Andrea, a Ravenna LA PROVINCIA. La provincia di Ravenna (350.223 ab.; 1.859 kmq) è compresa fra le province di Forlì-Cesena, Ferrara, Bologna, l'Appennino Tosco-Emiliano e il mare Adriatico e si estende su un territorio per la maggior parte pianeggiante. La parte bassa della pianura è frutto di un secolare modellamento dovuto alla grande instabilità idrografica, faticosamente arginata da una lunga opera di bonifica idraulica, conclusa solamente nella prima metà del Novecento. Principale risorsa è l'agricoltura (produzione di barbabietole da zucchero, ortaggi, cereali, frutta, uva) che alimenta anche l'industria (zuccherifici, molini, oleifici). Molto importante l'industria turistico-alberghiera che si è sviluppata lungo il litorale romagnolo (Cervia, Milano Marittima). Fra i centri principali ricordiamo: Alfonsine, Bagnacavallo, Brisighella, Conselice, Faenza, Lugo.
Luoghi di interesseBasilica di S. VitaleLa basilica di S. Vitale fu voluta da Ecclesio, che resse il vescovato di Ravenna all'incirca nel decennio tra il 522 e il 532. I lavori ebbero inizio negli anni successivi al 525. La fine dei lavori all'edificio varia dal 547 fino al 548, anno in cui il vescovo Massimiano la consacrò, come ricorda un'iscrizione nella chiesa. La pianta centrale richiama tanto l'architettura classica quanto quella coeva bizantina. Dai due corpi ottagonali concentrici sporgono il nartece e l'abside affiancata da due ambienti di servizio; in origine il monumentale nartece si allargava in un quadriportico, ora scomparso. Il rivestimento esterno è in laterizio, scandito da lesene; un portale marmoreo rinascimentale si apre sul lato Sud. L'interno è di grande suggestione per la scansione spaziale e per la luce che, dalle finestre in alabastro, si diffonde variamente sui rivestimenti marmorei e musivi. L'ambiente è composto dal deambulatorio circolare che regge i matronei e dal vano centrale sottostante la cupola, dilatato da esedre aperte da due ordini di arcatelle. I bellissimi capitelli, sormontati da pulvini, recano rilievi a foglie di loto. La zona del presbiterio risplende dei celebri mosaici, con scene ancora intrise di naturalismo e realismo e tipiche figurazioni nello stile statico e solenne proprio dell'arte bizantina. Sull'arcone d'ingresso, incorniciati da medaglioni, i volti di Cristo, degli apostoli e dei santi Gervasio e Protasio; all'interno, sopra le trifore, Offerte di Abele e di Melchisedec, storie della vita di Mosè e Isaia (a destra), Ospitalità di Abramo, Sacrificio d'Isacco, Mosè che riceve le leggi e Geremia (a sinistra); nell'arcone absidale, le città di Gerusalemme e Betlemme, da cui si protendono due angeli. Alle pareti del presbiterio le due famose scene celebrative del potere imperiale orientale che, nonostante la stilizzazione formale, in alcuni volti rivelano penetrante realismo: Teodora con corteo di due ministri e sette matrone e Giustiniano col vescovo Massimiano e seguito di sacerdoti, funzionari e soldati; nel catino, il Redentore tra arcangeli che offre a S. Vitale la corona del martirio e riceve dal vescovo Ecclesio il modello della chiesa.Visita virtuale all'interno della Basilica di San Vitale, a Ravenna Basilica di S. Apollinare NuovoLa basilica di S. Apollinare Nuovo fu eretta da Teodorico all'inizio del secolo VI, come chiesa palatina di culto ariano intitolata a Gesù Cristo. Nel 548 venne modificata in parte dal vescovo Agnallo che avvalendosi dell'editto di Giustiniano la riportò al culto cattolico. Il nome che la chiesa porta attualmente, invece, le venne dato quando, timorosi per il pericolo di un attacco da parte dei pirati, alcuni monaci benedettini di Classe trasportarono le spoglie del loro santo in questa chiesa. Purtroppo l'esterno della chiesa non mostra più oggi il suo antico aspetto. Il quadriportico, per esempio, fu sostituito verso il XVI secolo da un porticato di marmo greco, vennero fatti ritocchi alla facciata, ed anche l'abside subì dei cambiamenti. Al contrario, il campanile non ha subito variazioni: risalente al IX secolo è traforato da monofore, bifore e trifore che ne alleggeriscono la massa ed il volume man mano che si innalza. Sulle pareti della navata centrale corre una sontuosa decorazione musiva organizzata su tre fasce sovrapposte; quella più alta, di epoca teodoriciana, alterna a decorazioni simboliche episodi della vita di Cristo, espressi con uno stile narrativo aderente alla tradizione ellenistico-romana; nella fascia mediana, solenni e plastiche figure di santi e profeti; nell'inferiore, in gran parte del periodo bizantino, due lunghe teorie di martiri (a destra) e di vergini precedute dai Re Magi (a sinistra), rispettivamente rivolti a Cristo e alla Vergine, entrambi in trono fra angeli. Notevoli anche le raffigurazioni iniziali (teodoriciane) del Palazzo di Teodorico, del porto e città di Classe, con scene urbane del tutto schematiche e fantastiche.
Basilica di Sant'Apollinare in ClasseFu edificata dal vescovo Ursicino (533-36) e consacrata dal vescovo Massimiano (549); il campanile cilindrico che la affianca, reso slanciato anche dal graduale allargarsi delle aperture, risale al X secolo. L'interno della chiesa è a tre navate, con file di colonne sormontate da raffinati capitelli a foglie d'acanto "girate dal vento". Il fulcro visivo e prospettico della basilica è nell'ampia conca absidale rivestita di mosaici, eseguiti di epoche diverse ma tutti di cultura bizantina, senza più alcun residuo naturalistico. Sull'arco trionfale, Cristo benedicente fra i simboli degli evangelisti (IX sec.), a cui tendono dodici agnelli (gli apostoli) fuoriuscenti dalle turrite città di Gerusalemme e Betlemme (VII sec.); sotto, due palme dorate (VII sec.); più in basso, gli arcangeli Michele e Gabriele (VI sec.), sovrapposti ai busti degli evangelisti Matteo e Luca (XII sec.). Nel catino, in alto, indicata dalla mano dell'Eterno, la rappresentazione simbolica della Trasfigurazione di Cristo sul Monte Tabor, in cui Cristo è la croce iscritta nel cerchio stellato, affiancata dalle figure di Mosè ed Elia; sotto, in un astratto paesaggio di rocce, alberi, fiori, arbusti e uccelli, si mostra la figura solenne di S. Apollinare orante tra dodici pecorelle, simboleggianti il gregge dei fedeli; fra le finestre, le figure dei vescovi Ursicino, Orso, Severo ed Ecclesio (VI sec.); più tarde sono le scene poste alle estremità: a destra, i Sacrifici di Abele, Melchisedec e Abramo; a sinistra, l'Imperatore Costantino IV che consegna i privilegi alla chiesa di Ravenna.Ravenna : la chiesa di Sant'Apollinare in Classe Visita virtuale all'interno della Basilica di Sant'Apollinare in Classe, a Ravenna Battistero NeonianoCominciata verso la prima metà del V secolo e terminata completamente verso il 450 può essere considerata una delle più antiche costruzioni di Ravenna . A pianta ottagonale, appare interrato di tre metri rispetto all'attuale piano stradale. Al semplice e disadorno esterno in laterizi si contrappone lo spazio interno, illusionisticamente ampliato dai due ordini di arcate e arcatelle e dalla diversa intensità cromatica del manto decorativo. La ricca decorazione musiva della parte inferiore alterna tralci e iscrizioni con sontuose tarsie lapidee; sopra, tra le finestre, figure di profeti in stucco, inquadrati da classiche edicole. Come smaterializzata nei vividi colori intrisi di luce appare la ruotante sequenza degli apostoli nella cupola, che reca al centro il Battesimo di Cristo; qui si avverte già il passaggio dal naturalismo ellenistico-romano ai nuovi schemi astratti bizantini. Interessante a questo proposito è il confronto con gli stessi soggetti - gli Apostoli - raffigurati nei mosaici del battistero degli Ariani, datato alla prima metà del VI secolo, e appartenente ormai alla fase teodoriciana (inizio sec. VI).Visita virtuale all'interno del Battistero Neoniano, a Ravenna Battistero degli ArianiEdificato alla fine del V secolo è ispirato al Battistero Neoniano: si noti, per esempio, nella aprte esterna la sporgenza di absidi nei lati alterni della costruzione ottagonale; nella parte interna la concezione generale dell'apparato decorativo. Non si deve però pensare ad nun'imitazione in quanto vi sono fra le due costruzioni enormi differenze prima fra tutte la presenza, originariamente, di un deambulatorio che correva lungo il perimetro esterno, interrompendosi soltanto in corrispondenza dell'abside orientale, di dimensioni maggiori delle altre, diversamente che nel battistero cattolico. Internamente lo spazio è disadorno, tranne la cupola: solo i mosaici della cupola sono stati conservati. Nel medaglione sommitale, incorniciato da una ghirlanda di alloro piuttosto stilizzata, la scena del battesimo di Cristo è trattata con grande scioltezza e fa posto ad alcune reminiscenze classiche. Il corpo di Cristo è l'asse portante dell'opera, qui raffigurato come un giovane glabro, aureoloato, immerso nelle acque. Il Battista, sta alla sua sinistra, coperto da una pelle di pantera annodata sulla spalla, alla quale si appoggia il lungo bastone ricurvo che sostituisce l'usuale croce astile. Da uno scoglio emergente dall'acqua del fiume, egli si china in avanti sporgendo la destra priva di attingitoio, che si limita a toccare i capelli del Cristo. L'acqua battesimale viene in realtà versata dal becco della Colomba che discende verticalmente dalla sommità del medaglione. Dietro questa stupefacente singolarità iconografica si celano certamente forti e determinate ragioni teologiche, che oggi tuttavia non riusciamo più ad afferrare. In posizione simmetrica ripsetto al battista si trova un vecchio barbuto, con lunghi capelli ricadenti sulle spalle, dai quali dietro al capo si alzano due chele di granchio, è seduto sulla riva davanti a un vaso capovolto dal quale defluisce l'acqua del fiume. Il vecchio ha il corpo nudo fino al bacino, le gambe coperte da un panneggio e tiene nella destra una canna palustre. La completa aderenza al tipo romano della divinità fluviale rende superflua la denominazione che compare invece sopra la personificazione del Giordano nel tondo del battistero neoniano. La fascia esterna della decorazione musiva contiene i dodici apostoli recanti la corona rituale, disposti in due file guidate rispettivamente da Pietro - con l'attributo della chiave - e da Paolo - con l'attributo del rotolo -, fermi ai lati di un trono vuoto con un cuscino di porpora ricamato, al quale è appoggiata una croce incrostata di gemme. Si riconoscono condensati in un unico partito decorativo gli stessi motivi iconografici che nel modello neoniano erano svolti in due fasce. D'altra parte, questi mosaici nei quali un albero di palma è intercalato alle figure degli apostoli, potrebbero forse essere confrontati con la Teoria dei martiri in S. Apollinare Nuovo.Visita virtuale all'interno del Battistero degli Ariani, a Ravenna
Mausoleo di Galla PlacidiaCostruito fra il 425 e il 450, il piccolo edificio a pianta cruciforme nasconde all'interno un incantevole rivestimento a mosaico che ricopre tutta la parte superiore e riproduce nella cupola semisferica un cielo notturno, creando un effetto di dilatazione dello spazio. Riflessa dalle tessere del mosaico, la luce - il mezzo espressivo più immateriale, metafora dello splendore divino - brilla come l'essenza stessa di quelle figurazioni simboliche, affioranti dal blu lapislazzuli dello sfondo. Nel tamburo campeggiano otto figure di apostoli, di solenne ieraticità; nelle volte a botte si alternano, con gusto tipicamente orientale, motivi floreali stilizzati ed elaborati girali di acanto; nella lunetta sull'entrata, la scena del Buon Pastore, di matrice ellenistica; di fronte, S. Lorenzo davanti alla graticola; nelle lunette laterali si fronteggiano due coppie di cervi alla fonte. A terra, tre sarcofagi marmorei, quello centrale è romano (creduto di Galla Placidia), i laterali risalgono al V e al VI secolo.Visita virtuale all'interno del mausoleo di Galla Placidia, a Ravenna Mausoleo di TeodoricoNel luogo della necropoli dei Goti, il re Teoderico volle erigere il proprio mausoleo. Costruito nel 520, rimase però incompiuto nell'interno e in alcune parti dell'esterno; inoltre, alcuni elementi furono asportati, altri perduti e prorpio per questo motivo oggi alcuni tratti del mausoleo risultano di difficile interpretazione. Il mausoleo è formato da due ordini di prismi decagonali, formati di blocchi perfettamente squadrati di pietra d'Istria. La parte inferiore è più larga e ha su ciascun lato una nicchia voltata a tutto sesto, che nel lato a Ovest lascia il posto alla porta d'accesso alla camera inferiore, che ha pianta a croce ed è coperta da una volta a crociera. La parte superiore è, invece, più stretta e termina in alto con una doppia fascia circolare orlata superiormente con un motivo ornamentale detto "a tenaglie" ed è coperto da una cupola formata da un monolito con dodici anse sul bordo, nelle quali furono incisi i nomi di otto apostoli e degli evangelisti. Come sotto anche nella parte siperiore vi è una camera sepolcrale a forma circolare. Lo stato odierno del mausoleo ci impedisce di persumere come potesse essere la sua struttura precedentemente. Si pensa che un loggiato raccordasse la parte del corpo superiore sotto la fascia circolare, al perimetro del corpo inferiore. Tuttavia molti dettagli restano oscuri. Per esempio, il significato e la funzione delle dodici anse del monolito. Qualcuno ha fornito una soluzione abbastanza pratica spiegando la presenza di quei fori per fare passare le canape che avrebbero dovuto sollevare la mole del mausoleo di oltre trecento tonnellate. Per alcuni la struttura del mausoleo riprende quella di una tenda usata nelle regioni orientali dai Goti per cui le anse sarebbero una stilizzazione degli elementi strutturali della copertura che fuoriescono dal cielo della tenda, terminando a forma di grosso uncino. Analogamente, il fregio a tenaglia, riprodurrebbe un gancio in uso nelle tende d'Oriente, anziché essere un semplice motivo ornamentale analogo a quelli ritrovati anche su alcuni gioielli dei Goti.
Reggio Emilia(141.482 ab.). La città di Reggio Emilia si trova lungo la Via Emilia fra Parma e Modena. è un importante mercato agricolo (cereali, uva, foraggi, frutta e verdura) e zootecnico (allevamento di bovini e suini). L'agricoltura alimenta industrie casearie, enologiche, conciarie, molitorie, a cui si affiancano industrie metal-meccaniche, chimiche, delle confezioni, dell'edilizia e dei materiali da costruzione.STORIA. I primi insediamenti abitativi umani risalgono all'età neolitica e del Bronzo, come testimoniano i ritrovamenti archeologici negli immediati dintorni della città. Fondata nel 175 a.C. come luogo di sosta equidistante dalle due colonie di Modena e Parma, la città trasse il nome di Regium Lepidi dal console M. Emilio Lepido, cui si deve la realizzazione della Via Emilia. Fiorente centro commerciale, con le invasioni barbariche ebbe una crisi economica e demografica che la ridusse alla cittadella fortificata vescovile (IX sec.), corrispondente al nucleo centrale della città storica. Passò dai Bizantini ai Longobardi (568) e, alla fine dell'VIII secolo, ai Franchi che la trasformarono in contea. Verso la fine dell'XI secolo nacquero diversi nuovi borghi e insediamenti lungo la sponda sinistra del torrente Cròstolo, che anticamente scorreva accanto alla città. Divenuta Comune agli inizi del XII secolo, partecipò alla Lega Lombarda contro Federico Barbarossa (1167). Una ritrovata prosperità economica produsse nuove opere urbane, prima fra tutte la costruzione, tra il 1199 e il 1314, di una poderosa cerchia di mura, modello tra i più significativi non solo dell'area emiliana: l'alveo del torrente fu spostato a Ovest, mentre l'impianto urbano venne ruotato di 45 gradi rispetto a quello romano, determinando la caratteristica forma esagonale che chiude tuttora il perimetro del centro storico. In seguito alle lotte fra Guelfi e Ghibellini il governo della città fu affidato a Obizzo d'Este la cui politica anticomunale venne continuata dal successore Azzo VIII. Nel 1331 Reggio venne conquistata da Ludovico il Bavaro e poi fu contesa da Gonzaga, Visconti ed Este, che la riconquistarono definitivamente nel 1409. Il dominio estense, protrattosi fino al 1796 (solo interrotto dal 1512 al 1523 dall'occupazione da parte di papa Giulio II), portò un notevole benessere economico che arricchì la città di ragguardevoli edifici, di impronta prevalentemente ferrarese. Si sviluppò in questo periodo l'industria della seta, che raggiunse un primato e una notorietà europei. Nel 1570 fu realizzato l'intervento della Tagliata, cioè il completo abbattimento di tutto quanto si trovava nel raggio di 600 metri dalle mura. Tale drastico provvedimento bloccò ogni espansione urbana fino alla fine del XIX secolo. Per tutto il Seicento non vennero realizzate opere di rilievo, con l'eccezione del santuario della Beata Vergine della Ghiara (1597-1619), e l'economia restò legata alle strutture agricole e artigianali tradizionali. Un lungo periodo di pace e l'avvio delle riforme dell'assolutismo illuminato determinarono l'inizio della ripresa, ma solo la caduta del governo estense e la proclamazione della Repubblica cispadana furono d'impulso a nuove prospettive. Proprio a Reggio si tenne il congresso che portò alla proclamazione della Repubblica Cispadana, con l'adozione del vessillo tricolore bianco, rosso e verde. Dopo la Restaurazione la città ritornò alla dinastia d'Austria-Este e partecipò attivamente ai moti risorgimentali del 1831, 1848 e del 1859. Nel 1860 venne annessa al nuovo stato unitario. Con l'Ottocento lo stile neoclassico è introdotto come linguaggio ufficiale dell'architettura pubblica e privata: la famiglia degli architetti Marchelli è l'indiscussa protagonista del rinnovamento estetico della città. Nella seconda metà dell'Ottocento vengono realizzati il Teatro municipale e i giardini pubblici, mentre più tardi, tra il 1880 e il 1900, sono abbattute completamente le mura. Solo nei primi decenni del Novecento la città inizia ad espandersi, differenziando le destinazioni dell'abitato: nel centro storico, le funzioni commerciali e direzionali; nella prima periferia Sud i nuovi quartieri residenziali; a Nord la zona industriale, collegata alla ferrovia. Elemento primario e propulsore dell'industria cittadina furono le Officine Meccaniche Reggiane, alla cui produzione è legata la realizzazione e il potenziamento del vicino aeroporto. Dal secondo dopoguerra la città ha purtroppo avuto un'espansione scoordinata e tumultuosa, nonostante l'adozioni di diversi piani regolatori. ARTE. Poche tracce rimangono a testimoniare l'esistenza della romana Regium Lepidi, il cui tessuto viario a scacchiera appare appena riconoscibile in quanto alterato dal successivo impianto urbanistico medievale. Bisogna giungere all'epoca romanica per poter ricostruire la storia artistica della città attraverso i suoi monumenti: il Duomo fondato nel IX secolo è stato più volte rifatto e rimaneggiato, ma conserva ancora il suo aspetto romanico nella parte superiore della facciata, con gli archetti pensili e i due grandi oculi laterali. Sulla facciata incombe un'insolita torre ottagonale (1267) recante la pregevole Madonna con Bambino e offerenti in rame sbalzato e dorato, di Bartolomeo Spani (XV sec.). Durante il Cinquecento, Prospero Sogari detto il Clemente eseguì il rivestimento marmoreo, comprese le sculture, della parte inferiore della fronte della cattedrale. L'interno, a croce latina, conserva un bellissimo coro quattrocentesco e alcuni ammirevoli mausolei tra cui quello di Valerio Malaguzzi, zio materno dell'Ariosto, opera dello Spani. Accanto al tempio è il Battistero, dalla pianta a T, originale creazione tardo-quattrocentesca di Bartolomeo Spani per il suo protettore vescovo Arlotti. Sulla stessa piazza Prampolini - il luogo più rappresentativo della città, che prende il nome dl Camillo Prampolini, illustre uomo politico reggiano - affaccia anche il Palazzo comunale, risalente al XV secolo, ma rifatto nella seconda metà del Cinquecento. L'elegante facciata è settecentesca, opera dell'architetto Lodovico Bolognini che al primo piano dell'edificio realizzò la Sala del Tricolore, dove nel gennaio del 1797 il vessillo bianco, rosso e verde fu proclamato simbolo della Repubblica Cispadana. La basilica di S. Prospero, tra le più antiche chiese di Reggio, fu ricostruita nel 1514-23; la facciata, eseguita nel 1753, crea un curioso contrasto cromatico con il grandioso campanile ottagonale in pietra rimasto incompiuto al terzo ordine, opera dei fratelli Pacchioni (1536-51), su disegno di Cristoforo Ricci riveduto da Giulio Romano. All'interno, nel presbiterio e nel catino dell'abside, il grande ciclo di affreschi di Camillo Procaccini (fine XVI secolo) con il potente verismo del Giudizio universale; un magnifico coro ligneo a due ordini di stalli intagliati (tarsie di Cristoforo e Giuseppe De Venetiis, 1545-46). Nonostante le distruzioni sono ancora molti i palazzi signorili che documentano un passato splendore in campo storico e artistico. Lungo la Via Emilia, principale via cittadina - interessata all'azione riformatrice neoclassica dei Marchelli -, sorgono tra gli altri il Palazzo Fontanelli-Sacrati, dalla raffinata facciata quattrocentesca, il Palazzo Ruini con facciata seicentesca ma con parti interne dell'inizio del Cinquecento. Sulla stessa via prospetta la chiesa dei Ss. Pietro e Prospero, con annesso monastero. Il grande e luminoso interno mostra pregevoli dipinti di scuola reggiana e bolognese. Il santuario della Madonna della Ghiara è considerato un capolavoro dell'architettura del Seicento: ad un sobrio paramento esterno in laterizio corrisponde un sontuoso interno a croce greca splendidamente decorato in stucco dorato, a cornice di un ciclo di affreschi che ricopre le volte, eseguito dai più valenti artisti emiliani del tempo (Alessandro Tiarini, Luca Ferrari, Camillo Gavasseti, Lionello Spada ed altri). Nel contesto urbano della Reggio ottocentesca si inserisce la grandiosa struttura del Teatro Municipale (1857), tra i più belli e funzionali d'Europa, oggi intitolato allo scomparso attore reggiano Romolo Valli. Eretto in stile neoclassico da Cesare Costa, ha un'elegante facciata aperta da un lungo portico architravato. La splendida sala interna, con rosse tappezzerie e affreschi allegorici nella volta, è a ferro di cavallo con quattro ordini di palchi e la galleria. Nei pressi, i Musei Civici, iniziati nel 1799 con l'acquisto delle raccolte dello scienziato Lazzaro Spallanzani, arricchite nella seconda metà dell'Ottocento per opera di Gaetano Chierici. A queste si aggiunsero, nel 1975, le nuove Raccolte di Preistoria, Protostoria e Archeologia reggiana e, nel 1977, la Galleria Fontanesi. Nel Gabinetto di Numismatica è custodito il tesoro tardo-antico di oreficeria e monete. Il Museo Spallanzani di Storia naturale è ancora ordinato secondo lo stato della scienza alla fine del Settecento, con l'importantissima raccolta zoologica, mineralogica e paleontologica del celebre scienziato. Il Museo di Paletnologia Gaetano Chierici è tra i più antichi d'Italia e anch'esso conservato nell'originarlo ordinamento, modello per i musei di preistoria e protostoria del tardo Ottocento. Nella Galleria Antonio Fontanesi - intitolata al celebre pittore ottocentesco (1818-1882) cui Reggio diede i natali - è ben presentata una vasta raccolta di dipinti soprattutto di artisti locali, dal XV al XIX secolo. Le nuove Raccolte dì Preistoria, Protostoria e di Archeologia romana comprendono i materiali rinvenuti durante gli scavi degli ultimi decenni del Novecento, tra i quali la celebre Venere neolitica, proveniente da Chiozza di Scandiano, e i cippi di Rubiera, segnacoli funerari etruschi (620-580 a.C.) decorati con fregi e lunghe iscrizioni. Ospitata nell'eccentrico edificio medioevaleggiante opera di Ascanio Ferrari, la Galleria Parmeggiani raccoglie oggetti (armi, oreficerie, tessuti, dipinti e arredi) che sono per la maggior parte dei falsi, raro esempio di gusto collezionistico dell'epoca, nell'ambiguo accostamento tra oggetti originali e prodotti ottocenteschi in stile medievale e rinascimentale. La collezione, costituita in Francia tra Ottocento e Novecento dal pittore e mercante asturiano Ignacio León y Escosura, dal pittore Cesare Detti e dallo stesso Parmeggiani, fu da questi trasferita in Italia sotto il falso nome di Louis Marcy nel 1924. LA PROVINCIA. La provincia di Reggio Emilia (443.445 ab.; 2.293 kmq) occupa un territorio metà montuoso-collinare, metà pianeggiante la cui risorsa principale è l'agricoltura (cereali, ortaggi, frutta, uva) che, unitamente all'allevamento di bovini e suini, alimenta l'industria casearia, dei salumi ed enologica. Importanti sono anche le industrie metalmeccaniche, chimiche, dei laterizi, delle ceramiche. Centri principali sono Castelnovo ne' Monti, Correggio, Guastalla, Luzzara, Novellera, Scandiano. Reggio Emilia: scorcio del centro Regione Emilia RomagnaItalia - TurismoItaly - ItaliaIl Resto del CarlinoLa Repubblica - BolognaCorriere di BolognaCorriere RomagnaImola OggiGazzetta di ModenaGazzetta di MantovaGazzetta di ReggioRomagna OggiGazzetta di ParmaLa Provincia PaveseLa Nuova FerraraLibertàIl PiacenzaRegione Emilia RomagnaTele Liberta TvYou Tube Video Taro TvTele Ducato TV"Di Tv NetReggio OnlineTrc ModenaTRCTele SanternoE Tv Rete 7 Tele Tricolore BolognaVideo Regione TvTele RomagnaSm Tv San MarinoAsterisco RadioCiao RadioRadio Citta del CapoRadio Citta FujikoRadio InternationalRadio KairosLove FmRadio NettunoPlay StudioRadio BrunoRadio BudrioRadio Centrale WebRadio Centro EmiliaCremonia RadioRadio Dolce VitaRadio FioreRadio GammaRadio IcaroRadio KrockLatte MieleRadio MalvisiModena Radio CityRadio PicoRadio NovaRadio RecordRadio RcbRadio ReggioRadio RispostaRumore Web RadioRadio SabbiaRadio SoundRadio Sound 95Radio SonoraRadio RsdCnt Rm Ingv Centro Nazionale TerremotiEarth Quake Live - Terremoti![]() Italia - TurismoItaly - ItaliaCnt Rm Ingv Centro Nazionale TerremotiEarth Quake Live - TerremotiMinistero della Salute ItalianoMinistero degli esteri italianoLa Farnesina - Viaggiare sicuriU.S. Department of StateU. 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