«La strategia globale» di Ettore Musco
Favorite dalla vittoria sulla distanza e sullo spazio, dalla disponibilità dell'arma atomica, dalla rapidità fulminea dei mezzi di informazione, dalla velocità e capacità dei mezzi di trasporto, le concezioni politico-strategiche dell'epoca attuale scaturiscono dall'intricato ordito della dinamica internazionale, le cui componenti, sommandosi o armonizzandosi, contrastandosi o contrapponendosi, hanno diviso il mondo nei due blocchi occidentale ed orientale e nel conglomerato dei Paesi dei Terzo mondo. Siffatte componenti hanno imposto un intenso e profondo processo evolutivo, una svolta decisiva alle dottrine strategiche, e sono individuabili nel pensiero occidentale e nella ideologia orientale che si fronteggiano, nel ritmo rivoluzionario del progresso tecnologico, nei tempi troppo serrati della decolonizzazione, nell'alluvionale esplosione demografica, nel prodigioso sviluppo economico. Due sono le concezioni politico-strategiche dominanti e sono chiamate strategia diretta e strategia indiretta. La prima consiste nella contrapposizione degli armamenti nucleari delle due maggiori potenze mondiali (Stati Uniti ed Unione Sovietica). Non cerca una decisione con la strategia nucleare, ma con la minaccia della rappresaglia nucleare o dissuasione vuole impedire che altri la consegua. In questo campo i due blocchi occidentale e orientale hanno raggiunto un equilibrio di potenza, con un margine di vantaggio per l'Occidente, e su tale equilibrio riposa il convincimento che lo scatenarsi di un apocalittico conflitto atomico sia improbabile. Posti di fronte alla strategia della dissuasione, per riacquistare una certa libertà di azione si é fatto ricorso alla strategia indiretta (nota, come principio, sin dai tempi di Scipione l'Africano) che sospinge a combattere con mille diversi mezzi, e soprattutto in modo permanente, su tutti i fronti ideologici, politici, economici, sociali, psicologici. Così si è sostituito al termine di guerra quello di difesa, si è proclamata la coesistenza pacifica e la distensione, ma, contemporaneamente, si esercitano pressioni politiche ed economiche, si fanno guerre localizzate o limitate, si esasperano i nazionalismi, si sfruttano le crisi di decolonizzazione. Tutto ciò ad opera di due nuove forme di guerra: la guerra psicologica e la guerra rivoluzionaria. La prima può definirsi l'impiego pianificato di mezzi intellettuali al fine di ottenere la resa di un avversario per mezzo della demoralizzazione o della paralisi della sua volontà e si manifesta nelle sue due forme di offensiva e difensiva. La guerra rivoluzionaria, secondo una definizione dello Stato Maggiore francese, «è una dottrina di guerra elaborata dai teorici marxisti-leninisti e utilizzata da movimenti rivoluzionari diversi per impossessarsi del potere per mezzo di tecniche particolari. Impiega qualsiasi forma di lotta e si adatta a tutte le forme di guerra». Siffatte nuove forme di guerra costituiscono la «pace-guerra» del noto scrittore francese di problemi politicostrategici, generale Beaufre, il quale così definisce la strategia indiretta: «L'arte di saper sfruttare nel modo migliore il margine ristretto di libertà di azione che sfugge alla dissuasione e di ottenere importanti successi decisivi nonostante la limitazione talvolta estrema dei mezzi militari che possono essere impiegati». La Francia, come è noto, dissente dal pensiero statunitense, ritenendo non più valida la garanzia americana all'Europa, e ha proceduto alla costituzione di una forza d'urto nucleare (force de frappe) propria. Da quanto precede emerge che a fianco della strategia tradizionaie - e cioè dell'arte di condurre gli eserciti in guerra in funzione strumentale della politica con capi militari - si è venuta formando un'altra strategia ben più vasta e complessa e cioè la strategia globale che mira a perseguire i propri fini per vie diverse da quelle di un conflitto senza peraltro escluderlo laddove occorra. Essa può essere definita «l'arte di scegliere e di impiegare tra i mezzi a disposizione di uno Stato per l'esercizio della sua azione politica quelli che sembrino i più idonei a determinare la disintegrazione morale dell' avversario per raggiungere ben determinati scopi». Poiché essa, secondo il Beaufre, è «l'arte della dialettica delle volontà che usano la forza per risolvere il loro conflitto», la forza non è soltanto militare, ma anche ideologica, diplomatica, politica, economica. Nella strategia globale perciò i quattro parametri che costituiscono l'essenza della strategia hanno subito profonde modificazioni: l'incentivo da politico-militare è diventato ideologico; l'obiettivo da distruzione di eserciti si è mutato in distruzione del morale di interi popoli; la potenza si è: accresciuta enormemente sino a raggiungere dimensioni apocalittiche, ma resta allo stato potenziale; la direzione non è più prerogativa dei capi militari, ma è arte di governo. Perciò la direzione strategica suprema deve essere collocata ai vertici politici. Questi si varranno della collaborazione non solo dei capi militari, ma anche di operatori politici ad alto livello, di eminenti scienziati, di valenti economisti, di grandi industriali, dei migliori pubblicisti per dirigere la strategia globale di oggi e per prepararsi alla strategia spaziale di un domani, forse non lontano.
